martedì 28 febbraio 2017

La riflessione sull'eutanasia

In Italia, in questi giorni, sta imperversando il discorso sui temi riguardanti il fine vita, l’eutanasia e la sua regolamentazione. Il tutto è dovuto alla tristissima vicenda di Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, rimasto tetraplegico in seguito ad un grave incidente, che, recatosi in Svizzera, ha posto fine alla sua vita con una eutanasia assistita, pratica che in quel paese è legale. L’opinione pubblica laica, favorevole all’eutanasia, è così tornata all’attacco per sollecitare una legge che introduca nel nostro ordinamento la possibilità di poter disporre della propria vita fino alle estreme conseguenze. Si tratterebbe di una decisione di gran rilievo, in quanto verrebbero sconfessati nuovamente (la prima legge a farlo è stata quella sull’interruzione volontaria della gravidanza) i principi di inviolabilità della vita umana su cui si basa la nostra Carta Costituzionale. 

Tra i tanti pareri espressi e le opinioni più diffuse dal mondo laico a favore di una tale legge ho voluto confrontarmi con il pensiero di una persona di grandissima cultura, il noto magistrato Carlo Nordio che dalle pagine del quotidiano romano “Il messaggero” ha voluto denunciare il “groviglio ideologico” che, a suo parere, bloccherebbe le leggi sull’eutanasia. Secondo Nordio la questione si concentrerebbe su tre temi: quello etico, quello giuridico e quello economico. 

Dal punto di vista etico Nordio, nel suo articolo, afferma che è la Chiesa a definire la vita umana un bene indisponibile in quanto dono di Dio. Il magistrato però obietta che chi riceve un dono può farne ciò che vuole, altrimenti non si tratterebbe più di un regalo, ma al massimo di un prestito. Obiezione, a mio parere, alquanto debole. Con la vita umana non stiamo parlando di un semplice dono, di una scatola di cioccolatini o un dopobarba, che se non piace si butta, ma per i cristiani si tratta di un dono di Dio, un bene prezioso a cui bisogna riservare una particolare considerazione. E’ come un prezioso tesoro, tipo il Colosseo di Roma, un’eredità del passato, un dono per la città. Il Comune non può certo venderlo ad acquirenti facoltosi o abbatterlo per costruirci un centro commerciale, scatenerebbe una protesta generale. Per Nordio, invece, l’etica laica ha sempre accettato l’idea del suicidio considerandola lecita e per provarlo cita tutta una serie di suicidi fin dall’epoca degli antichi greci. Dimentica, però, il magistrato che qualsiasi ordinamento giuridico, compreso quello degli antichi, ha sempre limitato, ed anche ritenuto illecita, tale pratica. Non si deve confondere la norma etica con i comportamenti messi in atto.

Dal punto di vista giuridico Nordio pensa che il nostro codice penale punisca il suicidio assistito perché in contrasto con l’ideologia fascista che riteneva il cittadino “un suddito sottomesso alle funzioni dello Stato”. E tale impostazione, sempre secondo Nordio, avrebbe costituito quel dato comune con il comunismo ed il cattolicesimo che ha permesso l’esistenza di un codice penale che ancora condanni l’eutanasia dopo settant’anni di Repubblica. A mio parere, invece, fascismo, comunismo e cattolicesimo non c’entrano niente, ma credo che tanta parte di tale impostazione ci derivi dalle nostre comuni radici cristiane. Proprio quelle che il laicismo di affanna a negare e che, invece, permeano tutta la nostra visione sociale della vita. Se consideriamo un orrore la pena di morte, se la pena inflitta è sempre volta alla riabilitazione del reo, se siamo così sensibili alle politiche sociali di aiuto dei meno abbienti, tutto ciò è dovuto al fatto che la nostra società si è formata e coagulata attorno ad una impostazione cristiana della realtà, dove l’uomo è al centro di tutto e la sua vita considerata come un qualcosa di sacro che va difeso e protetto. 

Infine, Nordio tratta la questione anche da un punto di vista economico ritenendo uno scandalo che il povero Fabiano Antoniani si sia dovuto pagare le spese per andare a morire. Penso che con questo il magistrato abbia voluto auspicare che l’eventuale eutanasia divenuta legale debba essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Ma questo implicherebbe una legge che rendesse lecito il ricorso all’eutanasia e che, quindi, considerasse come un diritto la scelta di voler morire. Tutto ciò non esiste, almeno per ora, in Italia, quindi mi sembra quantomeno prematuro scandalizzarsi. Ciò che a mio modo di vedere sarebbe veramente scandalizzante é una legge che riconosca un diritto a morire. Come può essere concepito un diritto del genere? La nostra Costituzione contempla un diritto alla vita, non alla morte. 

Fragili, ingenue e tragiche al tempo stesso. Così mi sono sembrate le argomentazioni di una delle menti più illuminate a favore dell’eutanasia. La carenza più vistosa mi è sembrata l’assoluta incapacità di considerare la vita umana per come viene definita dalla nostra Costituzione, cioè un valore fondamentale. Se la vita umana è tale come può essere relativizzata da una opinione personale? Se la vita ha valore solo se ne vale la pena di essere vissuta, la vita stessa perde di valore e viene meno un cardine fondamentale della nostra Carta Costituzionale. Non può esistere un diritto a morire, perché sarebbe un falso diritto in quanto distruggerebbe ogni altro diritto. Ogni uomo ha diritto ad essere amato, non abbandonato alla sua disperazione. E’ per quella che si arriva a desiderare la morte. Nel triste caso di Fabiano Antoniani lo scandalo non è stato quello di aver dovuto cercare la morte in Svizzera, ma di non aver trovato quell’amore che gli avrebbe impedito di considerare la vita un peso.

6 commenti:

  1. "Nel triste caso di Fabiano Antoniani lo scandalo [...] è stato [...] di non aver trovato quell’amore che gli avrebbe impedito di considerare la vita un peso."

    Nel seguito l'ultima lettera di Antoniani, in cui sono spiegate le ragioni della sua scelta, così che sia chiaro, per rispetto di Antoniani e dei suoi cari, che non si è trattato di "mancanza di amore".

    "Io, Fabiano Antoniani, Dj Fabo, nato a Milano 9 febbraio 1977, all'età di sette anni frequento la scuola di musica per imparare a suonare la chitarra. Da bambino spesso suonavo come primo chitarrista e partecipo a numerosi saggi. Visto il talento i miei genitori mi costringono a frequentare il Conservatorio di Milano, villa Simonetta, ma a causa del mio comportamento ribelle vengo espulso. Lascio il mondo della musica. Da sempre lavoratore, appena diplomato da geometra, inizio a lavorare per svariate aziende. Per otto anni lavoro con la mia seconda passione, il motocross, dove mi occupo del reparto commerciale del team supermotard Daverio (durante le competizioni più importanti: mondiale ed italiano) e contemporaneamente lo pratico come sport. Nel 2009, a causa di un incidente durante una gara, sono costretto ad abbandonare il mondo del motocross. Contemporaneamente, in questi anni, mi trasferisco, nei periodi estivi, ad Ibiza per un periodo di studi dove ricomincio a lavorare con la musica più moderna. Forse a causa della magica influenza dell'isola, forse per vocazione, subito mi rendo conto che il mio unico e vero posto è dietro la consolle! È così che in un momento, ringraziando gli studi di musica del passato, la mia musicalità e le numerose conoscenze di dj set, in poco tempo inizio a suonare un po' ovunque. Mi licenzio da un contratto a tempo indeterminato a Milano, ma ormai capisco che il mio posto è altrove. Per lavoro, passione e amore negli ultimi anni riesco a dividermi tra l'Italia e Goa, dove lavoro e vivo mantenendomi con la musica: scoperta per caso in uno dei viaggi più indimenticabili della mia vita (India), capisco che il mio posto e il mio futuro sarebbero stati in India. Mi trasferisco per otto mesi l'anno con la mia fidanzata e riconosco finalmente me stesso, dopo aver indossato numerosi abiti che mi andavano stretti.

    Purtroppo, in uno dei rientri in Italia, dopo aver suonato una sera in un locale di Milano, tornando a casa, un rovinoso incidente mi spezza i sogni e la mia vita. Giovane adulto sempre vivace e vero amante della vita, non riesco a fare a meno degli amici per esserne al centro trascinandoli con me. Generoso, forse un po' insicuro quando si tratta di scelte importanti da fare da solo. Vittima spesso della mia stessa vivacità, facilmente mi annoio, pronto a gettarmi per primo nelle situazioni più disparate. Un trascinatore. Incapace di sopportare il dolore sia fisico che mentale. Preferisco stare solo, ora, che non poter vivere come prima. Vivo oggi a casa di mia madre a Milano con una persona che ci aiuta e la mia fidanzata che passa più tempo possibile con me. Mi portano fuori ma spesso non ne ho voglia.

    Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione, non trovando più il senso della mia vita ora. Fermamente deciso, trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia."

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    1. Ti ringrazio della tua solerzia nel far conoscere in dettaglio la tremenda esperienza di Antoniani e, anche, perché in questo modo ti sconfessi e confermi, in qualche modo, la mia affermazione. Antoniani dice: ""Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione, non trovando più il senso della mia vita ora. Fermamente deciso, trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia". Purtroppo il dj milanese non ha trovato più un senso alla sua vita, nessuno ha saputo dargli una risposta, niente che lo facesse sentire ancora una persona. Le sue giornate erano di "sofferenza e disperazione". L'unica soluzione proposta è stata la morte, una sconfitta per tutti noi.

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    2. Ma... in verità tu hai parlato di "non aver trovato quell’amore che gli avrebbe impedito di considerare la vita un peso", ma Antoniani scrisse che le sue sofferenze erano causate dal "incapacità di sopportare il dolore sia fisico e mentale", non dalla mancanza di amore. Anzi, a quanto pare la sua fidanzata passava più tempo possibile con Antoniani, ed era lui a preferire restare solo.
      Andare dicendo che uno è morto per "mancanza di amore", quando le cause sono state altre, non è certo rispettoso né del defunto né dei parenti e degli amici.

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    3. Caro Myself, dalle parole di Antoniani non si evincono affatto le tue, personali, conclusioni. Se uno dice di essere sofferente, non solo fisicamente, ma anche mentalmente, e disperato, al punto di non trovare più un senso alla vita, a mio modo di vedere, è evidente che è subentrato un deficit morale, una mancanza affettiva, in una parola: l'amore per la vita. Il povero Antoniani, evidentemente, non è riuscito a colmare questa mancanza trovando solo la disperata soluzione propugnata dalle solite associazioni piazziste di morte.

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    4. "Caro Myself, dalle parole di Antoniani non si evincono affatto le tue, PERSONALI, conclusioni."

      Veramente le mie non sono delle conclusioni: ho solamente riportato ciò che Antoniani ha scritto e ho notato che non ha parlato di "mancanza di amore". Questi sono fatti oggettivi, per niente personali. Poi è certamente possibile che Antoniani soffrisse di una "mancanza di amore" e che non l'abbia scritto, ma questa è la tua PERSONALE idea - e sta a te portare i fatti per dimostrarla.

      "Se uno dice di essere sofferente, non solo fisicamente, ma anche mentalmente, e disperato, al punto di non trovare più un senso alla vita, A MIO MODO DI VEDERE..."

      OK, almeno sei consapevole che si tratta della tua opinione.

      "..., è evidente che è subentrato un deficit morale, una mancanza affettiva, in una parola: l'amore per la vita."

      Riformulando la questione in questo modo allora la tua affermazione diventa una banalità: "La gente sceglie di morire perché non ama più la vita", ovvio...

      Dubito però che tu volessi davvero concludere il post con un'ovvietà del genere.
      Infatti la tua ultima frase era: "Nel triste caso di Fabiano Antoniani lo scandalo non è stato quello di aver dovuto cercare la morte in Svizzera, ma di non aver trovato quell’amore che gli avrebbe impedito di considerare la vita un peso". Quindi tu affermi che Antoniani soffriva di una "mancanza di amore" e che è scandaloso che non vi si sia posto rimedio. Capisci che questa suona facilmente come un'accusa terribile verso i cari di Antoniani: stai dicendo che essi non lo hanno amato a sufficienza e che questa è stata la causa della sua morte. Ora è certamente lecito fare questo genere di accuse quando si hanno delle prove, ma non quando si tratta solamente di un'opinioni personali.

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    5. Caro Myself, non credo che la mia sia stata una banalità. Se Antoniani ha scelto di voler morire è sicuramente perché non ha dato più alla sua vita un valore. Ma un valore la vita lo ha sempre, perché è una sua caratteristica ontologica che non dipende da fattori contingenti. Solo che Antoniani non ha più scorto questo valore perché era disperato, gli è mancato qualcosa. Siccome per me la vita è relazione, cioè amore, tira tu le conclusioni.

      Io non ho mai affermato che i parenti di Antoniani non abbiamo amato il loro sfortunato congiunto, questo lo dici tu. Sto solo affermando che ad un certo punto della sua vita Antoniani non ha più avuto amore per la vita, ha patito un deficit, e questo è un dato di fatto oggettivo. Invece di una valorizzazione della sua preziosa vita, ha incontrato la disperata soluzione della morte.

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