giovedì 28 febbraio 2019

I miti sulle crociate: il Cristianesimo e L’Islam si diffusero allo stesso modo – Reciprocità tra crociate e jihad

Un altro mito molto diffuso che riguarda le crociate è quello secondo il quale, in fondo, cristiani e musulmani hanno agito secondo i medesimi intenti, ossia quelli della guerra “santa”, cioè l’imposizione violenta del proprio credo. 

Secondo questa visione le crociate non sarebbero altro che l’equivalente del jihad islamico, è la posizione più diffusa tra i laicisti, gli atei militanti contro le religioni. Il loro pensiero è che le religioni sono tutte uguali e che ognuna di esse non ha fatto altro che seminare morte, prevaricazione e terrore. Oggi i mussulmani uccidono inneggiando al jihad, ma in passato anche la chiesa scatenava le crociate. 

Ma è davvero storicamente sostenibile questa analogia? Ovviamente no, si tratta di uno dei tanti miti che ingenuamente si credono sulle crociate. Come è noto l’idea comune che si ha generalmente sulle crociate è quella derivante dall'interpretazione illuminista e protestante che le considera un vergognoso esempio del fanatismo e dell'intolleranza cattolica. Ma è tutta una falsità laicista, le cose stanno in ben altro modo. 

La prima differenza risiede proprio nel dato storico, l’imponente invasione delle armate islamiche che in poche decine di anni assoggettarono tutto il Medio Oriente, l’altopiano iranico, il Nord Africa e la penisola Iberica, furono dovute allo slancio conquistatore che i guerrieri islamici ebbero dalle direttive del Corano, cioè il comando di difendere l’Islam da tutti i suoi nemici ovunque questi si trovino. Nel libro sacro dell’Islam ci sono circa un centinaio di versetti che incitano i fedeli alla lotta contro i miscredenti. Questa “lotta” fu vista come uno “sforzo” (in arabo appunto “jihad”) che la comunità islamica doveva compiere per diffondere il culto islamico. Il Corano è molto chiaro sulla necessità di tale sforzo: “O Profeta, combatti i miscredenti e gli ipocriti, e sii severo con loro. Il loro rifugio sarà l’inferno, qual triste rifugio” (Corano IX, 73). Tale sforzo doveva concretizzarsi sul campo di battaglia “Quando [in combattimento] incontrate i miscredenti, colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati, poi legateli strettamente” (Corano XLVII, 4) e ancora “O voi che credete, combattete i miscredenti che vi stanno attorno, che trovino durezza in voi. Sappiate che Allah è con i timorati” (Corano IX, 123). 

L’Islam, quindi, fu un movimento religioso esclusivista che non ammetteva altri culti. Su questo punto il Corano è categorico: “Combatteteli finché non ci sia più persecuzione e il culto sia [reso solo] ad Allah” (Corano II, 193) e ancora: “Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate” (Corano IX, 5). Quindi per le armate musulmane le varie conquiste avevano il preciso scopo di rendere il mondo interamente devoto all’Islam. Certamente la maggioranza dell’Islam moderno intende questi versetti contro l’occupazione straniera o l’oppressione da parte di un governo interno, cioè li considera come fautori di uno jihad difensivo, che nulla ebbe a che vedere con l’espansione islamica. Questa visone appartiene, però, ad un Islam moderno che non corrisponde con quella dei tempi del profeta Maometto. Ma anche se la chiamata allo sforzo bellico, da parte del Corano, sia da intendersi solo come una guerra difensiva, per i seguaci del Profeta un paese non musulmano era sempre considerato un ostacolo alla diffusione dell’Islam, un attacco al Corano, e quindi occorreva conquistarlo. Un concetto di guerra a scopo difensivo molto vago che, di fatto, faceva passare qualsiasi conflitto per difensivo, anche se presupponeva una guerra offensiva. 

Le crociate, invece, come vedremo in dettaglio nei prossimi articoli, non furono un atto di imperialismo religioso con lo scopo della conversione forzata dei musulmani al cristianesimo. La “guerra santa”, a cui papa Urbano II si appellò per poter bandire la crociata, non aveva alcuna intenzione di diffondere la fede cristiana, ma rappresentò la risposta del mondo cristiano, rinviata troppe volte, all'offensiva militare islamica. Fu l'unica reazione possibile alle aggressioni islamiche, il tentativo di arginare la conquista musulmana di terre cristiane, proteggere i pellegrini e tutelare i luoghi santi. 

Altra grossa differenza risiede nel fatto che lo “sforzo”, cioè il jihad, per affermare il culto di Allah come l’unico possibile è specificatamente comandato dal Corano e rappresenta il più nobile dovere dei musulmani: “Metterete sullo stesso piano quelli che danno da bere ai pellegrini e servono il Sacro Tempio e quelli che credono in Allah e nell’Ultimo Giorno e lottano per la Sua causa? Non sono uguali di fronte ad Allah. Allah non guida gli ingiusti. Coloro che credono, che sono emigrati e che lottano sul sentiero di Allah con i loro beni e le loro vite hanno i più alti gradi presso Allah. Essi sono i vincenti” (Corano IX, 19-20). Per l’Islam il jihad è un elemento costitutivo non legato ad un particolare momento storico, ogni buon musulmano è chiamato al jihad affinché l’Islam si affermi come l’unico culto a Dio in tutto il pianeta. 

Per i cristiani, invece, la crociata fu solamente una necessità, una estrema misura presa per un male estremo, quando la misura era ormai colma. Ha, quindi, un senso solo nel periodo storico in cui si dovettero prendere quelle decisioni. Nei vangeli non c'è alcun invito alla guerra permanente, anzi Gesù dice di amare i propri nemici e pregare per quelli che ci perseguitano (Mt 5, 45). La crociata fu un'espressione storica di un cristianesimo fortemente identitario come fu la Cristianità medioevale ma essa non scaturisce direttamente dall'annuncio evangelico. Se togliamo il jihad dall'Islam finiamo per parlare di un'altra religione, ma eliminando le crociate dalla tradizione cristiana il cuore del messaggio di Cristo non risulta minimamente toccato. 

Contro questa visione di solito c’è l’accusa di molti denigratori della Bibbia secondo la quale anche nel libro sacro del Cristianesimo e dell’Ebraismo esista un richiamo alla violenza esattamente come compare nel Corano. Per supportare tale teoria dell’equivalenza morale tra i due scritti vengono spesso citati passi del Deuteronomio o del libro dei Numeri in cui Dio comanda agli Ebrei lo sterminio dei popoli pagani con cui vennero a contatto. Ma, in realtà, questi passi biblici riguardano solo il popolo ebraico di 3500 anni fa, non hanno assolutamente carattere universale come, invece, hanno i versetti del Corano dove si ha una esortazione dei fedeli a lottare contro i miscredenti senza specificare quali di loro siano da combattere o per quanto tempo. Tutto ciò è talmente vero che in nessun caso ebrei e cristiani abbiano dato vita a gruppi terroristici diffusi in tutto il mondo che si siano rifatti alle Scritture per giustificare attentati e stragi. 

Un altro aspetto da sottolineare è che ebrei e cristiani considerano la Scrittura biblica solo come ispirata da Dio e scritta da agiografi umani con la propria cultura ed il proprio pensiero. Quindi l’immagine di Dio che ne traspare è sempre mediata dall’elemento umano. Per l’Islam, invece, questi versetti violenti del Corano devono essere sempre interpretati alla lettera poiché non si tratta di un libro ispirato da Dio, come nel caso della Bibbia, ma dettato direttamente da Allah a Maometto il suo Profeta. Il Corano secondo i mussulmani è parola di Dio increata, ovvero preesistente alla stessa creazione dell’uomo. Questo, purtroppo, significa che molti musulmani si sentono giustificati dalla propria fede ad uccidere per mettere in pratica il Corano e lo fanno restando tragicamente coerenti col libro sacro dell’Islam. Viceversa cristiani ed ebrei quando leggono la Bibbia non pensano affatto di dover compiere azione violente perché riportate sul loro libro sacro. Per la stragrande maggioranza dei musulmani il Corano è intoccabile e non interpretabile, mentre ebrei e cristiani hanno secoli di critica testuale ed una tradizione interpretativa che ha permesso loro una lettura più matura ed autentica rispetto a quella meramente testuale. 

Per concludere si può dire che tra le crociate e il jihad islamico esiste la sostanziale differenza che le prime furono una difesa contro l’aggressività islamica e che la seconda è una parte costitutiva dell’Islam. Ancora oggi lo testimoniano gli innumerevoli episodi di inaudita violenza da parte musulmana che subiscono tantissimi uomini e donne per il solo fatto di essere cristiani e di testimoniare la propria fede. 



Bibliografia 

J. Schacht “Introduzione al diritto musulmano” Ed. Fondazione G. Agnelli, Torino 1995; 
P. Fregosi “Jihad in the west: muslim conquests from the 7th to the 21st centuries” Prometheus Books, New York 1998; 
R. Spencer “Guida all’Islam e alle crociate” Lindau, Torino 2008;

lunedì 18 febbraio 2019

Biglino e il DNA degli Elohim.

Nelle sue conferenze lo studioso piemontese Mauro Biglino non perde occasione di accusare traduttori, edizioni critiche, esegeti e filologi di essere tutti assoggettati al potere della “teologia”. Questo oscuro mostro, che Biglino non ben identifica, ma che, a suo dire, avrebbe soggiogato e plagiato la mente e le coscienze di milioni di persone durante tutti i secoli della storia umana, avrebbe imposto una traduzione dall’ebraico e dal greco della Bibbia completamente falsa e tendenziosa. Tutto ciò piace ed affascina oltremodo i suoi numerosi appassionati seguaci, che assistono alle sue conferenze e comprano i suoi libri, finalmente soddisfatti di avere qualcosa di tangibile e convincente per poter accusare la Chiesa Cattolica, ed in generale tutte le religioni, di far parte del più grande complotto mai organizzato nella storia dell’umanità. Ovviamente queste persone non hanno alcuna competenza per saggiare la veridicità delle strabilianti affermazioni di Biglino, ma questo, ai loro occhi, è un dettaglio trascurabile. L’importante è svergognare la cricca dei professoroni accademici e, specialmente, la Chiesa Cattolica. 


Per Biglino le versioni ufficiali delle Bibbie cattoliche sarebbero basate su traduzioni infedeli che non corrisponderebbero al vero significato dei vari termini ebraici del testo. Tutto ciò perché devono essere giustificate determinate “visioni” teologiche che, ovviamente, non esisterebbero nella Bibbia. Tra le più sconcertanti accuse di Biglino ci sarebbe l’infedele traduzione del termine ebraico “tselem”. Scrive Biglino in un articolo riportato sul sito della casa editrice “Unoeditori”:

Nelle traduzioni che abbiamo in casa si dice che non siamo stati fatti ad “immagine e somiglianza” degli Elohim. la Bibbia in realtà utilizza un’espressione che indica: che noi siamo stati fatti a somiglianza degli Elohim, ma non ad immagine, bensì con lo tselem degli Elohim. Il termine tselem definisce in modo specifico “un quid di materiale che contiene l’immagine”, ovvero quel qualcosa che contiene l’immagine loro e che è “stata tagliata fuori da loro”. In sintesi, gli Elohim hanno compiuto degli interventi di ingegneria genetica utilizzando due DNA (il loro e quello degli ominidi)”.

Ma non basta, anche la donna, cioè Eva, è stato il frutto di un intervento di ingegneria genetica. Sempre sullo stesso sito si può leggere cosa pensa Biglino del racconto biblico della creazione della donna: “Anche nella Bibbia che abbiamo in casa, senza la necessità di traduzioni particolari, si legge chiaramente che gli Elohim hanno indotto all’Adam, quindi al maschio, un sonno profondo, hanno prelevato qualcosa dalla sua parte laterale ricurva – quella che normalmente viene tradotta con costola – hanno richiuso la carne, nel punto in cui hanno effettuato il prelievo, e con quel quid prelevato hanno formato la femmina”.

Ovviamente questa assurda teoria dell’uomo e della donna fabbricati attraverso interventi di ingegneria genetica deriva dall’altrettanto assurda teoria del cosiddetto “paleocontatto”, cioè quella fantasiosa convinzione, ovviamente non suffragata da alcuna seria prova scientifica, che il nostro pianeta sia stato visitato anticamente da avanzatissime civiltà aliene. Ma in questa sede non voglio soffermarmi sull’assurdità di tale teoria, quanto rimanere al testo della Bibbia e mostrare il goffo e scorretto tentativo di Biglino di piegarlo ai suoi interessi. 

Biglino tiene sempre a precisare come lui si affidi a ciò che indicano i dizionari di ebraico antico e come le bibbie nostrane, in special modo quelle cattoliche, regolarmente ignorano proponendo false traduzioni. In questa fattispecie il termine ebraico preso in considerazione è “tselem”, infatti in Genesi 1, 26 leggiamo: ”Facciamo l’uomo a nostra immagine (tselem) e somiglianza”.
Secondo Biglino questo termine “definisce in modo specifico un quid di materiale che contiene l’immagine”, egli trae tale conclusione dal fatto che il famoso dizionario di ebraico biblico, disponibile in rete, il Brown-Driver-Briggs (BDB), traduce il termine “tselem” con “Something cut off”, cioè qualcosa di “tagliato fuori”, cioè di “prelevato”, il DNA degli Elohim. 

Ma sarà vero tutto questo? Se andiamo a consultare il BDB alla voce “tselem” (in ebraico צֶ֫לֶם) troviamo che come primo e principale significato vi è “image”, cioè “immagine”, proprio come giustamente traducono tutte le versioni più accreditate della Bibbia. Solo dopo, per meglio spiegare il concetto sotteso a “tselem”, il BDB spiega che tale termine significa qualcosa di ritagliato (Something cut off), ma nel senso di intagliare una statua, infatti viene riportato un brano del libro di Ezechiele dove si parla espressamente di immagini realizzate in oro, argento e gioielli: “Con i tuoi splendidi gioielli d’oro e d’argento, che io ti avevo dati, facesti immagini (tselem) umane e te ne servisti per peccare”. (Ez 16, 17). Come si può notare non c’è niente che lasci pensare a qualcosa di tagliato fuori, cioè di prelevato. 

Al fine di rendere ancora più chiaro il senso di tale termine il resto della definizione del BDB propone un confronto con un altro termine ebraico: “Pesel” (in ebraico “מֶּסֶל”) che il BDB traduce con “immagine”, “statua” e l’autorevole orientalista tedesco Theodor Nöldeke, indicato con la sigla “”, traduce con “schnitzbild” che in tedesco significa “scolpito”. Quindi il BDB vuole alludere ad un qualcosa ricavato da un intaglio, un qualcosa di sagomato, una scultura. Tra l’altro tutte le principali lingue semite hanno la radice di tale termine con lo stesso significato di “immagine”, “statua”:

Accadico = salmu = statua, rilievo, disegno, immagine

Ugaritico = şlm = immagine, statua

Fenicio = şlm = statua 

Punico = şlm = immagine, disegno

Siriaco = şalmö = immagine, statua

Tutto ciò è talmente vero che lo stesso termine “tselem” è usato con il significato di “immagine” in altri passi della Genesi dove vengono generati dei figli. Ad esempio Adamo genera suo figlio a sua somiglianza e immagine (tselem) (Gn 5, 3). Come l’uomo è immagine di Dio, così il figlio è immagine del padre. Anche per quanto riguarda il racconto biblico della creazione della donna (Gn 2, 21), dove Biglino affibbia al termine “tsela” (in ebraico “צֶ֫לַע”) il significato di “quid di materiale” per procedere ad una clonazione, il BDB è perentorio nel tradurlo come “costola”, “lato”. Anche qui niente che lasci pensare ad interventi di ingegneria genetica o cose del genere.

E’ ormai palese l’uso strumentale dei dizionari da parte di Biglino che usa in modo altamente scorretto prendendo solo ciò che è producente per le sue tesi fantasiose ed ignorando tutto il resto che lo smentisce. Nel caso della dicitura “something cut out”, questa è inserita in un contesto che va considerato, ma che Biglino tralascia senza tanti problemi, deformando la citazione del dizionario sicuro del fatto che nessuno dei suoi “seguaci” andrà mai a controllare.

Ma oltre ad essere scorretto, Biglino dimostra anche una profonda ignoranza dei più basilari principi di esegesi biblica. Per suffragare la sua strampalata teoria sull’ingegneria genetica, Biglino mischia senza alcun problema citazioni prese da due racconti della creazione dell’uomo molto differenti tra di loro. La creazione riportata in Genesi 1, 26, dove Biglino trova il termine “tselem” distorcendone il significato, è una sintesi teologica che appartiene ad una tradizione, quella “elohista” più recente, risalente all’incirca al 500 a.C., mentre la creazione narrata in Genesi 2, 21, dove Biglino distorce il termine “tsela”, è un racconto molto più antico, risalente all’incirca al 1000 a.C. appartenente ad un’altra tradizione, quella “yahvista”, del tutto differente e dove non compare il termine “tselem”. Ma per la crassa ignoranza di Biglino tutto ciò non fa alcuna differenza, se è producente alla sua teoria non valgono regole grammaticali, competenze filologiche, esami del contesto, niente, l’importante è poter confezionare una storiella falsamente plausibile, ben certo che sarà accolta con entusiasmo dai suoi fans. Con tanti saluti allo studio serio della Bibbia.


Bibliografia 

Stanislav Segert “A Basic Grammar of the Ugaritic Language”, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, California 1997; 
Jeremy Black, Andrew George, Nicholas Postgate “A Concise Dictionary of Akkadian”, Edizioni Otto Harrassowitz, 1999)”;
Chicago Assyrian Dictionary (CAD) Volume (tsade) per l’accadico;
Philippe Reymond “Dizionario di ebraico e aramaico biblici” Ed. Società Biblica Britannica, 2011;
Dizionario “Brown-Driver-Briggs” Hebrew and English Lexicon 
Biblehub.com.