giovedì 13 settembre 2018

Biglino e il peccato originale

Uno degli argomenti che Biglino ripropone continuamente nelle sue conferenze riguarda la dottrina cristiana del peccato originale. Secondo lo studioso piemontese la disubbidienza di Adamo ed Eva verso Dio, narrata nel terzo capitolo della Genesi, non significherebbe affatto che ogni uomo sia macchiato da un peccato originale. 

Biglino, infatti, afferma: “Il peccato originale è quello che dà origine a tutto. Noi nasciamo tutti peccatori, cioè macchiati, abbiamo necessità di un intermediario che, se facciamo i buoni, ci riconduce alla riconciliazione e alla vita eterna che ci è stata tolta quando Adamo ed Eva compirono l’infamia di quella disubbidienza […] Ma, in realtà il peccato originale non esiste, per gli ebrei nella Bibbia non vi è alcun concetto del genere”. 

Siccome presso gli ebrei non esisterebbe il concetto di una trasmissione del peccato, per Biglino il terzo capitolo della Genesi non giustificherebbe il dogma cattolico di un peccato originale trasmesso ad ogni uomo. Quindi, come al solito, si tratterebbe dell’ennesima mistificazione della Chiesa cattolica volta a condizionare e tenere in soggezione le masse ed esercitare così il suo potere su di esse. Biglino ama ripetere trionfalmente che se non esistono né il peccato originale e né Dio (come è noto, infatti, per Biglino nella Bibbia non si parla di Dio, ma di un essere extraterrestre, n.d.r.), vengono a mancare sia il “movente” che il “mandante” e ciò rende la Bibbia un libro come un altro, senza niente di sacro. 

Ma, allora, se la Bibbia non ne parla, la Chiesa Cattolica dove trae questa idea del “peccato originale”? Secondo Biglino non ci sono dubbi, è stata tutta un’idea di Paolo di Tarso, considerato il vero “inventore” del Cristianesimo. Lo studioso piemontese così afferma: “Tra Genesi 3 e la lettera ai Romani dove si inizia a ventilare l’idea del peccato originale, dove l’apostolo Paolo dice: “Per mezzo di un uomo la morte è entrata nel mondo” non c’è coincidenza, anzi c’è da chiedersi dove Paolo trova quell’idea. Anche per la teologia cattolica il peccato è individuale”. 

In effetti, nel moderno ebraismo, sebbene alcune correnti considerino Adamo come colui che portò la morte nel mondo, la maggioranza delle opinioni rabbiniche non ritengono che fosse anche il responsabile dei peccati dell'intera umanità. E’ interessare notare come Biglino si affidi ad una generica interpretazione ebraica per negare che il concetto di “peccato originale” sia presente nella Bibbia, ma questa grande considerazione che Biglino ha dell’odierna interpretazione ebraica della Bibbia viaggia a corrente alternata: quando questa non è producente a validare le sue teorie viene inesorabilmente ignorata o criticata. Si possono fare tantissimi esempi di tale comportamento: tutti i rabbini ebraici, ad esempio, affermano chiaramente la presenza di Dio nella Bibbia oppure credono che in tanti passi della Scrittura, Dio e le sue manifestazioni, siano rappresentate attraverso antropomorfismi, ecc. In tutti questi casi per Biglino anche gli ebrei, improvvisamente, sono traviati dalla “teologia” e quindi sbagliano. 

Ma a sbagliare in realtà è proprio Biglino che dimostra tutta la sua ignoranza mostrando di non conoscere il fatto che l’ebraismo non ha un’unica dottrina, ma diversi punti di vista. La dottrina del "peccato ereditario" non si riscontra nella maggior parte dell'ebraismo odierno, ma lungo tutta la storia dell’ebraismo ci sono state correnti di ebrei ortodossi che hanno dato la colpa ad Adamo per la complessiva corruzione del mondo, ed è noto che ci sono stati alcuni rabbini dei tempi talmudici che ritenevano la morte una punizione per l'umanità a causa del peccato di Adamo (Alfred J. Kolatch “Judaism's Rejection Of Original Sin” The Jewish Book of Why/The Second Jewish Book of Why, Jonathan David Publishers, 1989). 

Generalmente Biglino si presenta come un grande studioso della Bibbia, ma è solo un bluff, infatti ha una profonda ignoranza della Bibbia. Egli non conosce il fatto che il concetto di un peccato originario, che abbia rotto l’armonia del creato ed alterato il rapporto tra Dio e l’umanità, con ripercussioni che sarebbero ereditate da ogni uomo, si riscontra in più punti della Scrittura e non vi è solo il riferimento alle conseguenze del peccato che si ritrova nel terzo capitolo della Genesi. Nella stessa Genesi, al capitolo quarto, Dio esorta Caino a dominare la sua natura macchiata dal peccato: “Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo” (Genesi 4,7) oppure al capitolo ottavo, dove Dio si rende conto che l’uomo, ogni uomo, sarà sempre incline al male e, quindi, promette di non colpirlo più, come aveva fatto col diluvio: “Il Signore ne odorò la soave fragranza e pensò: «Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto” (Gn 8,21). 

In alcuni trattati del Talmud e della Mishnah che riguardano i danni provocati dalle azioni sbagliate dell’uomo e la liturgia della espiazione dai peccati (Yom Kippur), viene espressamente indicato, a commento di Gn 8, 21, che "L'uomo è responsabile del peccato perché è dotato di libero arbitrio; egli è per sua natura fragile, e la tendenza della mente sarebbe verso il male” (Yoma 20a; Sanhedrin 105a). 

L’idea di un peccato ereditario che è stato introdotto nel mondo dalla disubbidienza di Adamo è sempre stato presente nell’ebraismo, nei Salmi, ad esempio, si ritrova, nitido, il concetto di un peccato originale trasmesso alla natura umana: "Ecco, io sono stato formato nell'iniquità, e mia madre mi ha concepito nel peccato" (Salmo 51, 5). In generale i rabbini che abbracciavano questa corrente di pensiero distinguevano tre modi di interpretazione: a) una corruzione della stirpe da un punto di vista ereditario; b) il peccato di Adamo che viene punito attraverso la sua progenie e c) che tutti i peccati sono il risultato delle azioni di Adamo (Shaul Magid “From Metaphysics to Midrash: Myth, History, and the Interpretation of Scripture in Lurianic Kabbala” Indiana University Press, 2008, p. 238). 

Evidentemente Paolo di Tarso aderiva al primo modo di interpretazione, nel pieno solco della tradizione rabbinica ebraica e, quindi, non c’è affatto da stupirsi, come fa Biglino, dell’insegnamento sul nuovo Adamo, cioè Gesù che salva, che ritroviamo nelle lettere ai Corinti ed ai Romani. Paolo non inventa niente, ma si rifà alla tradizione giudeocristiana che, a sua volta, affonda le sue origini nella Scrittura. L’Antico Testamento è pieno di profezie sul Messia che viene a salvare il suo popolo dai peccati. Nel libro di Isaia, che come è noto non è legato solo ad un periodo preciso della storia di Israele, ma riguarda una pluralità di autori e periodi storici, viene chiaramente indicata la condizione umana di soggezione al peccato che verrà spazzata via dal Messia promesso da Dio: “Pertanto così dice il Signore Dio: Ecco, io pongo una pietra in Sion, una pietra scelta, angolare, preziosa, saldamente fondata: chi crede non si turberà […] Sarà annullata la vostra alleanza con la morte; la vostra lega con gli inferi non reggerà. Quando passerà il flagello del distruttore, voi sarete una massa da lui calpestata” (Isaia 28, 16-18) ed anche “Dopo il tormento dell'anima sua vedrà la luce e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità" (Isaia 53, 11). 

I primi cristiani erano ebrei e come tali hanno visto in Gesù il Messia promesso dalle Scritture venuto a togliere i peccati del mondo e il peccato originale. Questa visione è poi confluita nei vangeli, fonti, alcuna delle quali, anche indipendenti da Paolo di Tarso. Il vangelo di Matteo, tra queste, riporta: “Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 21), oppure “È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto” (Mt 18, 11), ed ancora “Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” Mt (26, 27-28). Il vangelo di Luca, riferendosi a Gesù, riporta un antico cantico giudeocristiano che recita: “Benedetto il Signore Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo […] per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati“ Lc (1-68). E’ il famoso cantico di Zaccaria, un inno puramente giudeocristiano di lode a Dio in cui vi troviamo molte frasi tratte dall’Antico Testamento (Giuliano Vigini “Il NT, il vangelo e gli atti degli apostoli” Ed. Paoline, 2000, pag 220). 

Infine una piccola notazione: Biglino è solito affermare: “Per mezzo di un uomo la morte è entrata nel mondo” non c’è coincidenza, anzi c’è da chiedersi dove Paolo trova quell’idea. Anche per la teologia cattolica il peccato è individuale”. Purtroppo l’ignoranza di Biglino non si limita solo alla non conoscenza della Bibbia, ma comprende anche la dottrina cattolica. Infatti egli non sa che la teologia cattolica non considera affatto il peccato originale come un peccato individuale, ma consiste unicamente in una privazione della santità e della giustizia originali che ha portato la natura umana ad essere incline al male, cioè la “concupiscenza” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 405). Questa inclinazione al male costituisce una “macchia”, non un vero peccato, ma che rende l’umanità lontana da Dio. Per questo Tommaso d’Aquino chiamava questo peccato “labes naturae”, ossia, macchia della natura umana (Tommaso d’Aquino I.II. quest.82 art.3). 

Tutti, nessuno eccettuato, sono morti per i peccati, tanto originale che commessi volontariamente o coll’ignoranza, o coll’opera, o coll’omissione: e per tutti i morti, è morto il Solo ch’era vivo, cioè che non aveva assolutamente alcun peccato” (Agostino d’Ippona “De Civitate Dei” lib. XX c.6). 



BIBLIOGRAFIA 

Alfred J. Kolatch “Judaism's Rejection Of Original Sin” The Jewish Book of Why/The Second Jewish Book of Why, Jonathan David Publishers, 1989; 
Giuliano Vigini “Il NT, il vangelo e gli atti degli apostoli” Ed. Paoline, 2000; 
Shaul Magid “From Metaphysics to Midrash: Myth, History, and the Interpretation of Scripture in Lurianic Kabbala” Indiana University Press, 2008. 

Segnalo anche il link del blog del caro amico Yuri Leveratto da cui ho tratto tanto interessante materiale: 
http://yurileveratto2.blogspot.com/2016/03/mauro-biglino-sostiene-che-il-peccato.html