martedì 31 dicembre 2013

Buon 2014!!!


La fine dell'anno solare quasi coincide anche con il compleanno del mio blog, nato il 27 dicembre del 2011. Due anni in cui nella mia vita quotidiana si è fatto largo questo appuntamento con la condivisione scritta delle mie riflessioni e i miei studi storici. Questa avventura continua a piacermi ancora molto e in special modo perché si è creata una piccola cerchia di persone che ha voglia di condividere i loro pensieri e i loro modi di vedere la realtà. Anche se molte volte è la polemica a caratterizzare le nostre chiacchierate, penso che ognuno, pur rimanendo sulle sue posizioni, non può che giovarsi del confronto, almeno solo per iniziare una riflessione o semplicemente per conoscere posizioni e motivazioni diverse.

Sono contento che il blog venga discretamente letto, o almeno solo visitato, 17400 volte in questo ultimo anno con circa 1000 commenti, ma ciò che mi preme di più è riuscire a far sentire un parere cristiano, con gli argomenti trattati nei miei post e i commenti dei lettori, che sappia essere una voce in più in difesa della Verità del Vangelo. Devo anche ricordare che molta parte delle riflessioni sono ottimamente suscitate dai lettori laici, che avranno sempre la possibilità di partecipare. Per tutto questo devo ringraziare gli amici che mi seguono come il caro amico Minstrel, sempre puntuale con i suoi illuminanti link, la raffinata eloquenza di Felsineus, l'utile puntigliosità di Myself, la competenza di GG, le utili informazioni di Bragadin, le domande di Max e, poi, Fra, Mirko e tutti coloro che hanno lasciato commenti, anche coloro che semplicemente hanno partecipato con la loro silente lettura.

Anche nel prossimo anno tratterò in rassegna temi riguardanti la vita della Chiesa, il Cristianesimo, senza, naturalemnte, tralasciare l'attualità, il piano di confronto preferito dai lettori.

Non mi resta ora che salutare tutti gli amici che mi seguono, ovviamente anche quelli silenti. A tutti quanti un augurio di un felice e sereno 2014!!!

venerdì 27 dicembre 2013

Il Natale un mito pagano?


E’ Natale, i cristiani festeggiano la nascita di nostro Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione di Gesù, il Verbo che si è fatto uomo (Gv 1, 14), Egli è il Figlio di Dio, cioè l’Emmanuele (Dio-con-noi) fin dalla sua nascita (Is 7, 14). E’ attraverso questo mistero che la Salvezza è entrata nel mondo, salvezza che si compirà con il sacrificio perfetto della sua Morte e Resurrezione.

Questo è tutto ciò che i cristiani hanno sempre creduto e celebrato nella santa notte di Natale, eppure anche questa manifestazione della fede, tra le più sentite e care al popolo cristiano, viene attaccata e derisa. Dalla falsa storiografia laicista, che immagina fantasiose origini pagane dei vangeli, fino alle malignità della setta dei Testimoni di Geova, ogni anno, all’approssimarsi della festa del Natale i cristiani sono bombardati dall’accusa di essere degli idolatri, di festeggiare una festa pagana, di adorare il “dies natalis solis invict”, il “Sole invitto”, una divinità pagana dell’antica Roma. Secondo queste visioni pseudostoriche la Chiesa avrebbe imposto per la nascita di Gesù la data del 25 dicembre proprio per contrastare e sostituire il già esistente culto del “Sole Invitto” a favore di quello di Cristo.

Riguardo alle assurde accuse dei Testimoni di Geova si può far loro notare che l’adorazione che i cristiani fanno del Bambino nella mangiatoia è perfettamente conforme alla Bibbia. Quel Bambino è veramente nato (Mt 1, 25; Lc 2, 7-11; Gv 1, 14; Gal 4, 4), Egli è l’Unigenito Dio (Gv 1, 18), il Re dei re (Ap 17, 14), Figlio e Signore di Davide (Mt 22, 41-46). I cristiani non fanno altro che seguire l’invito della Scrittura: “Vi annuncio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 10-11). Si tratta della stessa gioia con cui la moltitudine celeste ha guidato i pastori da Gesù bambino (Lc 2, 13-14). Conoscere o meno la data esatta della nascita di nostro Signore è del tutto secondario, la Chiesa e i cristiani celebrano un evento salvifico, non certo una data.

I laicisti, invece, farneticano di origini pagane del cristianesimo, di un Gesù imposto come divinità sull’esempio di tantissime altre divinità che sarebbero nate tutte il 25 dicembre, in quanto solstizio d’inverno e quindi per simboleggiare la vittoria della luce sulle tenebre. Questa teoria si basa sul nulla assoluto, non basta fare delle semplici associazioni, occorre trovare riscontri precisi e comprovati per poter fare tali affermazioni. Ma tali riscontri sono inesistenti. I cristiani hanno sempre adorato il Cristo dei vangeli come realizzazione delle promesse di Dio, come il Messia che doveva venire. Il culto cristiano si fonda, infatti, su quello ebraico dove si ritrova il concetto della luce portata dal Messia per sconfiggere l’oscurità del peccato. Il Cristianesimo identifica questa luce con Cristo venuto al mondo per portare la Verità. Già nell’Antico Testamento e, quindi, molti secoli prima dell’avvento del culto del “Sole Invitto”, la figura del Messia che doveva venire è legata al sole. Dal libro di Malachia si può leggere: “la mia giustizia sorgerà come un sole e i suoi raggi porteranno la guarigione...il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi...” (Mal 3, 20-21). L’immagine della Giustizia di Dio come un sole nascente è presente anche in Isaia (30, 26; 60, 1) e nel libro della Sapienza (5, 6). Fino a poco prima della nascita di Gesù, gli Ebrei ritenevano il sole un simbolo messianico. Su un documento ritrovato a Qumram si può leggere: “La sua parola è come parola del cielo; il suo insegnamento è secondo la volontà di Dio. Il suo eterno sole splenderà e il suo fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra; sulla tenebra splenderà. Allora la tenebra sparirà dalla terra, l'oscurità dalla terraferma” (Apocrifo di Levi (4Q541), frammento 9, colonna 1, righe 2-6).

I Vangeli hanno interpretato questi riferimenti dell’antico Testamento come l’annuncio profetico della venuta del Messia, così nel cantico di Zaccaria (Lc 1, 79), questa venuta viene profetizzata: "ci verrà incontro dall'alto come luce che sorge" ed infatti nel capitolo successivo Gesù è presentato come "luce per illuminare le nazioni" (Lc 2, 32). Anche nel Vangelo di Giovanni è presente l’associazione Cristo-Luce (Gv 1, 4-9; 8, 12) come contrapposizione tra salvezza e perdizione. Sulla scorta di tale tradizione scritturale anche i primi cristiani ponevano il sole come simbolo di Gesù. Nel II secolo lo pregavano rivolti verso il sole nascente, come testimonia Tertulliano: “…molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e che nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia” (Tertulliano, Ad nationes, apologeticum, de testimonio animae) e la lettera di Plinio il giovane a Traiano: “Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi in un giorno fissato prima dell’alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio…” (Epist. X, 96, 1-9).

Come è facile notare tutto questo risale a molto tempo prima che l’imperatore romano Eliogabalo, nativo di Emesa in Siria, facesse costruire a Roma, nel 220 d.C., un tempio al dio sole adorato nella sua terra d’origine e che l’imperatore Aureliano, nel 274, ne istituisse il culto. Sebbene per la Chiesa la questione non avesse importanza, infatti nei Vangeli non è riportata la data precisa della nascita di Gesù, tuttavia nella cristianità la discussione su quale doveva essere questa data esisteva da tempo, molto prima di Aureliano e della festa del "Sol Invictus". Attorno al 215, secondo il vescovo di Alessandria Clemente, in Oriente esisteva molta confusione: alcuni fissavano la nascita il 20 di maggio, altri il 20 di aprile, altri ancora il 18 di novembre, cosicché Clemente annota: "che non si contentano di sapere in che anno è nato il Signore, ma con curiosità troppo spinta vanno a cercarne anche il giorno" (Stromata, I,21,146). In Occidente è Ippolito di Roma, attorno al 204, ben 70 anni prima di Aureliano, nel Commentario su Daniele, ad accennare alla data del 25 dicembre: “La prima venuta di nostro Signore, quella nella carne, nella quale egli nacque a Betlemme, ebbe luogo otto giorni prima delle calende di Gennaio, di mercoledì, nel quarantaduesimo anno del regno di Augusto” (IV, 23, 3). Lo studioso Paul de Lagarde ha evidenziato come la data del 25 dicembre era presumibilmente calcolata in Occidente già nel 221, nella Cronografia di Sesto Giulio Africano (S. K. Roll, Toward the Origin of Christmas, Peeters Publishers, 1995). Attorno al 337 Papa Giulio I istituisce il Natale cristiano, cioè il dies natalis Christi, nella data del 25 dicembre, secondo quanto ci confermano il Calendario di Furio Dionisio Filocalo, del 354, che riporta un frammento di calendario liturgico cristiano, “a Roma il 25 dicembre si celebrava la nascita di Cristo” e da Giovanni Crisostomo che ad Antiochia, nel 390 scriveva: “In questo giorno [25 dicembre] anche la natività di Cristo fu ultimamente fissata in Roma”. Tale istituzione giunge alla fine di una discussione in seno alla cristianità completamente indipendente da qualsiasi influenza pagana che nulla ha a che vedere con commistioni col “Sol Invictus” di Aureliano.

Ma perché proprio il 25 dicembre? Gli storici si sono sbizzarriti in un’infinità di ipotesi, c’è chi, come gli storici H. Usener e B. Botte, sostiene la tesi della sostituzione della festa pagana del “Sol Invictus” e chi, come lo storico L. Duchesne, fa derivare quella data da considerazioni di natura astronomica. In quei tempi si credeva che la creazione del mondo fosse avvenuta all’equinozio di primavera, ritenuta allora al 25 marzo, quindi anche il concepimento di Cristo, la nuova creazione, doveva essere avvenuta nella stessa data. Da qui una nascita nove mesi dopo il 25 dicembre. A mio modesto avviso queste teorie, seppur meritevoli di rispetto e suffragate da molti riferimenti, devono cedere il passo agli studi del professor Shemarjahu Talmon, ebreo, dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Grazie allo studio del Libro dei Giubilei ritrovato nella biblioteca essena di Qumram lo studioso è riuscito a ricostruire in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali che servivano al Tempio. Sapendo che, secondo il vangelo di Luca, la classe di Zaccaria, il padre di Giovanni il Battista, era quella di Abia e che prestava servizio liturgico al tempio due volte l'anno, come le altre, e una di quelle volte era proprio nell'ultima settimana di settembre, lo studioso israeliano è riuscito a stabilire che la data di nascita di Gesù potrebbe essere proprio il 25 dicembre (S. Talmon, The Calendar Reckoning of the sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in Scripta Hierosolymitana, Vol. 4, Gerusalemme, 1958). Certamente tale ipotesi deve superare alcune difficoltà, ma si tratta indubbiamente di una ricerca condotta su documenti reali e non su interpretazioni di miti e leggende. Così ciò che poteva sembrare solo un mito assume una forte verosomiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l'annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l'annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest'ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso, per convenienza o per influssi pagani. Il fatto che vi fossero dei pastori con le loro greggi all'aperto nella notte in cui nacque Gesù (Lc 2, 8) non è un motivo per escludere che fosse inverno, infatti, ancor oggi a Betlemme è possibile vedere ovini al pascolo nei freddi giorni natalizi (W. Hendriksen, Exposition of the Gospel according to Matthew. New Testament Commentary, Baker Book House, 1973, vol. I, p. 182). La scoperta di Talmon dimostra come, generalmente, la tradizione cristiana abbia basi molto solide e che sia stata trasmessa fedelmente.

Bibliografia

H. Usener “Das Weihnachtsfest”, Bonn, 1911;
B. Botte “Les origines de la Noël et de l'Epiphanie”, Louvain, 1932;
L. Duchesne “Origines du culte chrétien. Étude sur la liturgie latine avant Charlemagne”, Paris, 1925;
O. Cullmann ”Studi di teologia biblica”, cap. I Editrice A.V.E. Roma 1969;
Grande Enciclopedia Illustrata della Bibbia, Edizioni PIEMME, Casale Monferrato 1997, Vol. II.;
F. Cumont, “Le religioni orientali nel paganesimo romano”, Laterza, Bari, 1967;
W. Hendriksen, “Exposition of the Gospel according to Matthew”. New Testament Commentary, Baker Book House, 1973, vol. I.;
C. P. Thiede “La nascita del cristianesimo”, Milano, Mondadori, 1999;
S. Talmon, “The Calendar Reckoning of the sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls”, in Scripta Hierosolymitana, Vol. 4, Gerusalemme, 1958;
Enciclopedia Cattolica, vol VIII, Città del Vaticano, 1952;
Enciclopedia Britannica, W. Benton Publisher, Chicago, London 1952;
S. K. Roll “Toward the Origin of Christmas”, Peeters Publishers, 1995;
G. Ibba, Qumran. Correnti del pensiero giudaico (II a.C.-I d.C.), Carocci, Roma-Urbino 2007.

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lunedì 23 dicembre 2013

La falsa Donazione di Costantino



Un pezzo forte della storiografia anticattolica laicista è sicuramente l’accusa rivolta alla Chiesa Cattolica di aver falsificato e mistificato ogni sorta di documento per accaparrarsi e giustificare il suo potere temporale. Secondo questa visione laicista il controllo di un vasto possedimento terriero nell’Italia centrale, il cosiddetto Patrimonio di San Pietro, sarebbe da ricondurre ad una “Donazione di Costantino”, cioè un falso documento, apparso per la prima volta nel IX secolo, che si presentava come un editto dell'anno 324 con il quale l’Imperatore Costantino avrebbe concesso al Papa, all'epoca Silvestro I, e ai suoi successori le insegne imperiali e la sovranità temporale su molti territori del Sacro Romano Impero. Questo documento, in effetti, si rivelò essere un falso sulla base degli studi dell’umanista Lorenzo Valla nel 1440 e per i laicisti costituisce la prova definitiva dell’inganno perpetrato dalla Chiesa di aver fabbricato un falso con cui poter giustificare la nascita e la consistenza dello Stato Pontificio, nonché la liceità del potere temporale dei Papi.

Lasciando da parte visioni ideologiche che nulla hanno a che fare con lo studio della storia, in realtà occorre evidenziare che la nascita di un potere temporale dei Papi e la costituzione di uno stato pontificio sono eventi giustificati da precise motivazioni storiche che nulla hanno a che fare con falsificazioni o mistificazioni e fantomatiche volontà di potere. Al tempo dell’editto di Milano, nel 313 d.C., quando i due padroni dell’impero romano di allora, Costantino e Licinio, resero il cristianesimo una religione lecita, il vescovo di Roma era ancora un’autorità esclusivamente religiosa e restava un suddito dell’Impero senza nessuna autorità giuridica sovrana sui territori della penisola italiana. Una volta divenuto imperatore assoluto, Costantino sposterà la sua residenza nella “Nuova Roma”, Costantinopoli, lasciando la “Vecchia Roma” una città ormai ai margini dell’Impero e ciò rese possibile, in pratica, una certa indipendenza del Papa che andò sempre più aumentando fino ad avere una consacrazione nel “Codice di Giustiniano” del 534 d.C. dove l’imperatore conferma la funzione dei vescovi come giudici, amministratori e protettori delle città a loro soggette, anche se l’autorità civile suprema in Italia resta ufficialmente quella dell’imperatore, esercitata attraverso l’esarca con sede a Ravenna. Nel corso degli anni la progressiva debolezza dell’esarcato ridurrà questa autorità al punto che i suoi interventi diverranno sempre più inefficaci, specialmente nel contrastare militarmente le invasioni barbariche, e carente dei mezzi amministrativi in grado di organizzare politicamente ed economicamente i territori imperiali. Viceversa i Papi, tra cui spicca la figura di san Leone I, godevano di un prestigio considerevole e apparivano l’unica protezione possibile contro la barbarie. Gli imperatori, assenti e inefficienti, capaci solamente di imporre un regime fiscale insopportabile, appartenevano ormai ad un mondo troppo distante. In un’Italia dove regnava incontrastata l’anarchia e sempre più teatro di scorrerie e violenze di ogni tipo, i Papi furono progressivamente indotti ad arruolare truppe per difendere le città italiane ed amministrare la giustizia a tutela dell’ordine pubblico.

Durante il VII secolo la penisola italiana assistette alla sempre più pressante infiltrazione del potente popolo germanico dei Longobardi che, una volta insediatosi nel nord d’Italia, agli inizi del VIII secolo, iniziò la sua espansione verso il centro della penisola muovendo guerra contro l’esercito bizantino. Avvenne così che per contrastare i bizantini ed accaparrarsi le simpatie dei signorotti locali fedeli al Papa ed ostili all’Impero di Bisanzio, il re longobardo Liutprando diede inizio ad una donazione al papato, che all’epoca era retto da Zaccaria, delle terre strappate all’Impero. Nel 741 furono donate Amelia, Orte, Bieda, Bomarzo, nel 728 il castello di Sutri e poi, progressivamente passarono sotto l’amministrazione dei Papi tutto il Lazio, il ducato di Spoleto, l'Esarcato e la Pentapoli. Si era così formato il primo nucleo dello Stato Pontificio.

Ma i rapporti tra la Chiesa e i Longobardi finirono per logorarsi ben presto, infatti il nuovo re longobardo Astolfo abbandonò la politica filopapale del predecessore per farsi sempre più minaccioso contro Roma. Nel 752 Astolfo conquistò definitivamente l’esarcato bizantino e volle estendere il suo dominio anche sull'Italia centrale. Falliti i tentativi di un accordo pacifico col re longobardo, il papa di allora, Stefano II, dopo che il re longobardo attaccò la stessa Roma saccheggiandone il territorio circostante, partì direttamente per la Francia, dove, nei colloqui di Ponthion, sollecitò Pipino il Breve, il re dei Franchi, ad intervenire in Italia. Pipino riportò completa vittoria su Astolfo e restituì al Papa le terre sottratte. Veniva, così, riconosciuta ufficialmente la giurisdizione temporale del Papa su Roma e sull’Italia rendendo di fatto il papato l’erede del potere imperiale in Occidente.

Come ci si può facilmente rendere conto la nascita del potere temporale del papato non è avvenuta per soddisfare una volontà di potere dei vari Papi, né si è realizzato con la forza delle armi, ma per delle donazioni che i vari re barbarici hanno fatto per una precisa esigenza di protezione e sostentamento della Chiesa, riconoscendo in essa l’unica autorità capace di garantire pace e sicurezza sociale in quei territori. Scrivono gli storici Franco Cardini e Marina Montesano: “A conferma di questa tesi, ci sarebbe il fatto storico della nascita della "repubblica di san Pietro" nell'VIII secolo, intesa non solo come "Stato dei Papi" ma anche come entità politica autonoma, dotata di proprie strutture di governo e di un territorio. Il ruolo comunque della donazione è stato ridimensionato, non essendo più considerato l'atto formale di nascita di un potere temporale papale; ma rispetto alle molteplici donazioni avvenute anche prima del 728 a favore della Chiesa romana, va sottolineato che la donazione di Sutri acquista un valore simbolico notevole dato che ciò segna il riconoscimento di una sovranità che di fatto il papato esercitava sui territori romani, a discapito del governatore bizantino” (Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Università, 2006). In un’epoca che vedeva nella proprietà terriera la condizione necessaria per un qualsiasi riconoscimento sociale, la Chiesa seppe fare di Roma e del Patrimonio di San Pietro un centro di civilizzazione e la sede di una autorità spirituale, proprio nel mezzo di un mondo in sfacelo.

Alla luce di tutto ciò la storiella laicista di una Chiesa truffaldina e manipolatrice cade miseramente, infatti l’autorità temporale papale era largamente riconosciuta e si concretizzò senza il bisogno di manovre e raggiri. Ma, allora, a che servì produrre un documento falso come la “Donazione di Costantino”? Tale documento faceva parte di una raccolta di decretali, cioè di lettere provenienti dalla Curia romana e concernenti il governo della Chiesa, comparse tra l’847 e l’852 d.C., attribuite falsamente a vari papi come Clemente I (del I secolo), Melchiade (IV secolo), Gregorio II (VIII secolo) e altri, che servirono per esaltare l’autorità della Santa Sede in modo da poter difendere meglio i vescovi locali e garantire l’indipendenza della Chiesa contro le pretese dei poteri secolari dell’Imperatore (Sacro Romano Impero Germanico) e dei signorotti locali. Non si trattò, dunque, di una truffa, ma dell’esigenza di mettere nero su bianco ciò che era da tutti già pacificamente riconosciuto e ciò venne fatto secondo l’usanza degli antichi ricorrendo alla pseudoepigrafia. Nel mondo giudaico-cristiano il passato rappresentava un autentico valore normativo e ciò spiega come mai si cercasse di affidare i propri scritti ad un autore prestigioso. Basti pensare, nell’Antico Testamento, al libro della Sapienza attribuito a Salomone o ai carmi del Servo sofferente di Jahvé attribuiti ad Isaia e, nel Nuovo Testamento, alla lettera agli Ebrei attribuita a Paolo di Tarso. Si tratta di una mentalità che si diffuse anche nell’alto medioevo e che cercò di giustificare, sul piano formale, realtà sostanziali già esistenti. Sono documenti che non possono essere giudicati secondo la nostra moderna concezione dell’esattezza storica.

E’, quindi, un errore credere che le false decretali, tra cui la “Donazione di Costantino”, siano all’origine del primato papale e del suo potere temporale. Il primato del Papa nacque dalle parole di Cristo all’apostolo Pietro e il potere temporale dalla volontà dei re barbarici, come Liutprando, Pipino e Carlo Magno, di inserire la Chiesa nella nuova società civile romano-barbarica evitando la sua sottomissione al potere secolare.

Bibliografia

L. Duchesne “I primi tempi dello Stato Pontificio”, Einaudi, Torino 1967;
O. Bertolini “Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi”, Cappelli, Bologna 1961;
J. Fleckstein “Carlo Magno”, Ed. Paoline 1969;
P. De Leo “Ricerche sui falsi medioevali: il Constitutum, Constantini” Ed. Meridionali Riunte, R. Calabria 1974; 
F. Cardini e M. Montesano “Storia medievale”, Firenze, Le Monnier Università, 2006;

martedì 3 dicembre 2013

Il totalitarismo laicista


Nel silenzio più totale dei media nostrani, in questi giorni, in Spagna, si sta consumando uno dei teatrini più penosi che solo l'intolleranza laicista poteva organizzare. Mi riferisco all'indegno attacco che Associazioni, partiti politici ed intellettuali spagnoli hanno sferrato contro il libro "Sposati e sii sottomessa" (uscito in Spagna col titolo di "Càsate y sé sumisa") di Costanza Miriano, una giornalista cattolica italiana.

Il libro è accusato di istigare la violenza contro le donne, di maschilismo, di cancellare l'emancipazione femminile, mentre, invece, è solo una riflessione sulla propria vita di una moglie e madre. L'autrice non ha scritto un manuale comportamentale con regole che devono essere imposte, né ha lanciato una nuova filosofia. In Spagna circolano liberamente tanti libri dove la figura della donna è sottomessa a quella dell'uomo, eppure nessuno ha mai avuto da ridire. Eclatante è l'esempio del romanzo "Cinquanta sfumature di grigio", dove una donna accetta di essere sottomessa sessualmente, un best seller tranquillamente diffuso in tutte le edicole spagnole senza suscitare alcun scandalo. Ma l'intolleranza laicista anticattolica è implacabile e così in Spagna si è arrivati perfino ad interrogazioni parlamentari, denunce e manifestazioni di piazza con la distruzione pubblica del libro. Insomma una vera censura e una violenza che ricorda tristemente i roghi dei libri della Germania nazista del 1933. 

Ma perché il libro della Miriano suscita tanto astio ed odio? In fondo si tratta solo di consigli in materia coniugale dati dall'autrice alle sue amiche, ma il laicismo spagnolo, quello più pernicioso di stampo zapateriano, considera questo libro come un pericolo per la loro ideologia che deve essere imposta alle generazioni spagnole come una verità assoluta. Si svela così il vero volto del laicismo assurto a ideologia di Stato: negazione della libertà individuale, negazione della libertà di parola e di pensiero. Le armi tipiche di ogni regime totalitario.