lunedì 30 aprile 2018

La terribile morte di Alfie: la dittatura laicista non fa sconti


E, così, dopo cinque giorni dal distacco dal respiratore lo sfortunato bambino inglese, Alfie Evans è volato in cielo. Una morte terribile, lenta, agonica, senza che i genitori potessero intervenire in alcun modo.

Ma così ha voluto la dittatura laicista, la cultura dello scarto, i giudici hanno decretato che la vita del piccolo Alfie non aveva più alcun valore e che, quindi, andava soppressa. A nulla sono valse le considerazioni dei medici di un ospedale di Monaco Baviera specializzato nel trattamento dei malati terminali e/o quelle del Professor Bruno Dalla Piccola, direttore scientifico dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma: il piccolo si poteva e si doveva accompagnare verso il suo destino garantendo idratazione, nutrizione, respirazione e, quando e se necessario, supporto per il dolore.

Ma per quei giudici la vita di Alfie non aveva più alcun valore. Inutile supportare un corpicciolo di carne inutile. Assurdo far pesare sulle casse dello Stato una cura palliativa del tutto superflua. La morte come soluzione, la vita come un "optional". Se è decente, bene, altrimenti la soppressione.

Ma stavolta l'orrore si è spinto oltre l'inimmaginabile, la soppressione deve essere certa, senza tentennamenti, non si deve derogare dall'ordine impartito. E' lo Stato laicista che decide e che impone la sua morale, quindi Alfie deve morire in ospedale, non può uscire, non può essere riconsegnato ai genitori. Troppo forte il rischio di una stupida umanizzazione della morte, di un "morboso" amore per una vita inutile.  
Non solo l'orribile pretesa di poter decidere quando una vita debba o meno avere un valore, ma anche l'esercizio di un potere di vita e di morte su tutti i cittadini. E' lo Stato laicista il proprietario della vita di Alfie e neppure la sua mamma ha voce in capitolo sulla sua vita o sulla sua morte.

Stiamo scivolando sempre più velocemente lungo la china pericolosa del relativismo laicista, non è solo più il folle concepire la morte come panacea per ogni male, ma anche l'imposizione di tale "trattamento" e della morale deteriore che lo determina. Alfie ha "diritto" a morire perché la sua non era più vita, punto. Se i suoi genitori non sono d'accordo, pazienza, si devono adeguare perché se per loro la vita non dipende dalla sua qualità, ma dal fatto che esiste, dall'amore che fa scaturire, dal miracolo della sua bellezza in quanto tale, significa che sono solo dei retrogradi e, peggio, molto peggio, se ancora invischiati in quella superstizione di Dio e del Cristianesimo.

Ma non è solo il nord Europa ad essere attraversato da una simile follia, anche qui in Italia la stessa prevaricazione laicista si fa sentire in quelle istituzioni comunali che in barba alle indicazioni del Parlamento decidono di violare il diritto dei bambini ad avere un padre ed una madre. A Torino, a Roma, gli uffici comunali registrano come famiglie gruppi di persone che famiglie non sono. Tolgono a dei poveri bambini ignari l'affetto, la presenza, il valore, unici ed insostituibili, di una madre e di un padre. Atti irresponsabili che inoltre possono ratificare e, peggio, coprire squallide operazioni di mercato. 

Anche qui, il solito sovvertimento. Il capriccio e l'egoismo divengono valori e diritti, mentre i diritti veri vengono calpestati.     

mercoledì 11 aprile 2018

Biglino e le fonti della Bibbia

Un’altra questione che Biglino propone spesso al suo pubblico di seguaci durante le sue conferenze è quella riguardante le origini della Bibbia, cioè il discorso sulle sue fonti e sugli autori. Il suo giudizio è sprezzante, in poche parole distrugge ogni credibilità del testo sacro, un testo che a suo dire sarebbe stato rimaneggiato più volte e di cui non sappiamo nulla. 


A tal proposito lo studioso piemontese afferma: “…noi non sappiamo chi li ha scritti, non sappiamo quando sono stati scritti, non sappiamo come fossero scritti in origine, non sappiamo come fossero letti in origine. Quindi l’Antico Testamento è un libro privo di fonti […] coloro che sono innamorati della Bibbia e delle fonti devono prendere la Bibbia e gettarla nel cassonetto (sic), perché la Bibbia non ha fonti, nel senso che non sappiamo chi l’ha scritta e allora buttiamola se non sappiamo chi l’ha scritta. E’ verità consolidata che l’AT che leggevano in origine non è quello che leggiamo oggi perché è i testi sono stati più volte rimaneggiati”. 

La questione sollevata da Biglino è assolutamente ridicola e tradisce impietosamente la sua impreparazione su temi del genere. Solamente un dilettante come lui poteva scandalizzarsi del fatto che dell’Antico Testamento non abbiamo la certezza dell’identità dei suoi autori. Questo perché di quasi tutti i componimenti letterari antichi non si conosce con certezza chi sia l’autore. Ad esempio della famosa “Epopea di Gilgamesh”, poema sumero scritto circa 4500 anni fa, nessuno conosce chi sia l’autore, eppure nessuno si sognerebbe di affermare che sia uno scritto falso da “gettare nel cassonetto”. Lo stesso vale, ad esempio, per l’Enûma Eliš, poema teogonico e cosmogonico accadico risalente al 1700 a.C o per l’Odissea o l’Iliade di Omero, poemi scritti nell’VIII/VII secolo a.C. Nessuno sa chi abbia scritto tali poemi, nessuno è certo che l’Iliade e l’Odissea siano stati veramente scritti da Omero, ma nessuno mette in dubbio l’autenticità di tali scritti. Infatti a conferire l’autenticità ad uno scritto molto antico non è tanto la mera conoscenza dell’identità dell'autore, quasi sempre sconosciuta o fittizia (nell’età antica è tipico il fenomeno della pseudoepigrafia), ma l’esistenza di fonti, cioè le versioni scritte più vicine possibili agli originali. 
Ad esempio del poema Enûma Eliš i più antichi manoscritti risalgono all’anno 1000 a.C. a circa 700 anni dagli originali (Giovanni Pettinato “Mitologia assiro-babilonese” Torino, UTET, 2005, p.101), dell’Iliade il più antico manoscritto esistente, il “Marcianus 454”, conservato nella biblioteca marciana di Venezia, è del X secolo d.C. a più di 1700 anni dall’originale. Eppure sulla scorta di una tale documentazione nessuno studioso si sogna di considerare l’Iliade o l’odissea come delle contraffazioni, ma sono considerati testimoni importanti della cultura e delle mentalità di quei tempi. 

Contrariamente alle baggianate di Biglino anche l’Antico Testamento ebraico ha le sue fonti. La tradizione testuale della Bibbia è molto più importante dei testi sopra ricordati. I testimoni più antichi sono i manoscritti biblici scoperti nel 1947 a Qumran, in Palestina, che contengono frammenti più o meno ampi di tutti i testi della Bibbia ebraica e risalgono a un ampio periodo che va dal 250 a.C. circa al 68 d.C. a circa 350-400 anni dagli originali. Stessa situazione si riscontra anche per il testo greco della Bibbia, quello conosciuto come la versione dei LXX (Septuaginta), i cui più antichi manoscritti, alcuni frammenti del Levitico e del Deuteronomio, due libri del Pentateuco, sono risalenti al II secolo a.C. (Rahlfs nn. 801, 819, e 957). Questi documenti costituiscono, assieme alla tradizione ebraica e cristiana, una validissima assicurazione di autenticità del messaggio biblico, così come è stato composto in origine.

Biglino trova assurdo che molti dei supposti autori dei libri della Bibbia abbiano dei nomi fittizi o che siano addirittura sconosciuti. Infatti afferma: “I libri della Bibbia sono stati intestati, ad esempio c’è il libro di Ezechiele, c’è il libro di Malachìa, c’è il libro di Isaia. Ma, ad esempio, Malachìa non è un nome proprio, ma significa “colui che sta portando un annuncio”, non è esistita una persona che si chiamava Malachìa, cioè non si sa chi sia Malachìa”. 

Come visto non c’è nulla di cui stupirsi, se rimaniamo all’esempio dei poemi omerici, anche lo stesso nome di “Omero” non è affatto un nome proprio, ma significa "colui che non vede"(ho mè horôn), oppure “il cieco" (hómēros) e, infatti, Omero viene sempre raffigurato come un vecchio uomo cieco. Questo fatto non desta alcuna sorpresa presso gli storici: molto probabilmente un uomo dal nome di Omero non è mai esistito, ma ciò non toglie niente al valore storico e letterario di questi poemi.

Altra questione che sempre solleva Biglino è che il testo della Bibbia che leggiamo oggi, non sarebbe uguale a quello scritto in origine perchè, secondo lui, ogni volta che si trascriveva il testo della Bibbia questo veniva sempre cambiato. Ma anche qui Biglino dice una falsità, ad esempio proprio tra i rotoli scoperti a Qumram, la famosa località sul Mar Morto, ce n'è uno, il "1QIsa", datato paleograficamente al 125/100 a.C.,  che contiene tutti i 66 capitoli del libro di Isaia. Questo rotolo costituisce una fenomenale testimonianza della fedeltà con cui il libro di Isaia è stato copiato nei secoli dagli scribi ebrei, infatti "1QIsa" è sostanzialmente identico al testo masoretico, di mille anni posteriore.   

Gli studiosi seri, quelli accademici, conoscono da tempo questi aspetti, li considerano e ne tengono conto, sanno come considerarli e come valutarne il giusto peso. Con tale lavoro viene perfezionata sempre più la conoscenza scientifica e tecnica di questo testo. Con il suo dilettantismo Biglino finisce solo per scatenare una tempesta in un bicchiere d’acqua riuscendo ad impressionare solo chi non è competente su tali temi. 


Bibliografia 

J. A. Soggin “Storia d’Israele” – Paideia Editrice Bologna 1984; 
Giovanni Pettinato “Mitologia assiro-babilonese” Torino, UTET, 2005; 
Jean Bottéro e Samuel Noah Kramer "Uomini e dèi della Mesopotamia" Milano, Mondadori, 2012.

martedì 3 aprile 2018

La leggenda della terra piatta

Nel 2012, l’allora presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, riferendosi a coloro che ancora intendono affidarsi al petrolio come la principale fonte energetica e volendoli qualificare come persone di mentalità vecchia e sorpassata, affermò in un discorso pubblico: “Lasciate che vi dica una cosa. Se alcune di queste persone fossero state nei dintorni quando Colombo salpò, sarebbero state soci fondatori della Società della Terra Piatta. Esse non avrebbero creduto che il mondo è rotondo. Abbiamo sentito queste persone in passato” (B.Obama, Discorso sull’energia al Prince George’s County Community College, Largo, MD, 15 Marzo 2012). 

Incredibilmente, solo sei anni fa, il presidente degli Stati Uniti ha trovato perfettamente normale associare l’idea di arretratezza e di ostacolo al progresso allo scetticismo di coloro che contestarono il famoso viaggio di Cristoforo Colombo nel XV secolo, in quanto assurdamente convinti che la Terra fosse piatta e non rotonda. Ancora oggi, infatti, è molto diffusa l’idea che Colombo con il suo viaggio verso occidente abbia dimostrato che la Terra è rotonda e non piatta, come invece credeva la Chiesa cattolica retrograda ed antiscientifica. 

Si tratta dell’ennesimo, clamoroso, falso storico costruito ad arte contro la Chiesa. La sfericità della Terra era già stata dimostrata da Pitagora e da altri matematici greci nel VI secolo a.C. Due secoli più tardi anche Aristotele, osservando la forma dell’ombra della Terra sulla Luna e la curvatura della costa, era giunto alla stessa considerazione. Addirittura nel II secolo a.C. Eratostene stimò con un eccezionale grado di approssimazione la forma e la circonferenza del nostro pianeta. Ai tempi di Colombo queste teorie erano ben note, specialmente ai dotti di Salamanca che lo contestarono. Eppure è molto diffusa la convinzione che di questa sapienza degli antichi si fosse persa la cognizione in età medioevale per colpa di una Chiesa retrograda ed oscurantista. 

Ovviamente non c’è alcunché di vero, gli ecclesiastici del medioevo erano perfettamente a conoscenza del fatto che la Terra fosse una sfera. A provarlo sono le innumerevoli testimonianze documentali a partire dal VII secolo. Tra questi uno dei più noti sostenitori della terra a forma di globo, il monaco inglese, teologo e storico, Beda il Venerabile (673-735). Egli nel suo libro “Sul Calcolo del Tempo” (De temporum ratione), affermava esplicitamente che la forma della terra fosse tonda “come una palla”, non “come uno scudo”: “Chiamiamo la terra un globo, non come se la forma di una sfera possa esprimere diversità da pianure e montagne, ma perché se tutte le cose sono racchiuse in un contorno, allora la circonferenza della terra raffigurerà un globo perfetto… In verità si tratta di una sfera posta al centro dell’universo; nella sua ampiezza è come un cerchio, e non circolare come uno scudo, ma piuttosto come una palla, e si estende dal suo centro con perfetta rotondità su tutti i lati”. (Russell, Jeffrey B. “Inventing the Flat Earth” New York: Praeger Publishers. 1991 p. 87). 

Il più grande teologo della Chiesa Cattolica del Medioevo, Tommaso d’Aquino (1225-1274), aveva ben chiara la nozione della Terra come di un globo. Nella sua opera maggiore, la Summa Theologica, scrisse: “Il fisico dimostra che la terra sia rotonda in un modo, l’astronomo in un altro: in quanto il secondo prova questo mediante la matematica, per esempio dalle forme delle eclissi, o qualcosa del genere, mentre il primo lo dimostra mediante la fisica, come ad esempio dal movimento di corpi pesanti verso il centro, e così via” (Tommaso d’Aquino “Summa Theologiae" Domanda 54: La distinzione delle abitudini, Articolo 2, Risposta alle obiezioni 2”). 

Abbiamo tantissimi altri esempi di studiosi ecclesiastici medioevali che affermano la loro convinzione che la Terra fosse una sfera: il frate Ruggero Bacone (1220-1292), inventore degli occhiali, gli scienziati Giovanni Buridano (1301-1358) e Nicola Oresme (1320-1382), il monaco Giovanni di Sacrobosco (c. 1195-c. 1256) che scrisse il “Trattato della Sfera” in cui afferma esplicitamente che la comparsa di navi all’orizzonte dimostrava che la Terra era curva. 

Statua equestre di
Carlo Magno del IX sec. con
il "globus cruciger"
conservata al Louvre. Parigi. 
Altra prova schiacciante è costituita dal fatto che già nel V secolo i re europei medievali portavano un simbolo chiamato il "globus cruciger" cioè “il globo che porta la croce”, come simbolo cristiano del potere reale. Il globo rappresentava la terra ed era sormontata da una croce a simboleggiare la signoria di Cristo su di essa. Veniva tenuta dal sovrano a rappresentare il fatto che l’imperatore governava il mondo per volere divino. L’uso di questo simbolo risale addirittura ai primi del III secolo, infatti compare sul lato posteriore delle monete dell’imperatore Arcadio (395-408), e sulle monete dell’imperatore Teodosio II (423). 

Nell 1991 il noto storico statunitense Jeffrey Burton Russell demolì completamente il mito della “Terra piatta” nel suo studio definitivo “Inventando la Terra Piatta“, ma anche l’altrettanto noto evoluzionista Stephen Jay Gould (1941-2002) affermò: “Non c’è mai stato un periodo di ‘oscurità della terra piatta’ tra gli studiosi. La conoscenza greca della sfericità mai svanì, e tutti i maggiori studiosi medievali accettarono la rotondità della terra, come un dato di fatto della cosmologia” (S.J. Gould “The Late Birth of a Flat Earth”, in: “Dinosauro nel pagliaio: riflessioni sulla storia naturale”, 1° edizione Brossura, pp. 38–50, New York: Three Rivers Press, NY,1997). 

Ma allora perché si è diffusa questa credenza di un medioevo in cui si sarebbe persa la conoscenza degli antichi greci? Come al solito l’ennesima calunnia contro il cristianesimo e la Chiesa nasce in ambiente positivista nel XIX secolo. Dapprima è lo scrittore ed esploratore americano Washington Irving che nel 1828 nel suo romanzo “La vita e i viaggi di Cristoforo Colombo” s’inventò di sana pianta la falsa immagine di un Colombo unico sostenitore della teoria di una Terra rotonda contro l'ignoranza medioevale dei cristiani e della Chiesa. Irving immaginò che gli uomini di Chiesa credenti nella terra piatta, i dotti di Salamanca, si opposero con fermezza al piano di Colombo di viaggiare per le Indie, in quanto la sua nave sarebbe potuta cadere dal bordo della terra durante il tentativo di navigare attraverso l’Atlantico. Successivamente questa storia di fantasia è stata fatta diventare un fatto storico dai positivisti darwinisti del tardo XIX° secolo che la utilizzarono come un mezzo per mettere in ridicolo i cristiani. Per il positivismo dell’800 bisognava far passare a tutti i costi la religione come una superstizione e la Chiesa Cattolica come un centro di pensiero retrogrado ed oscurantista. Scrive lo storico Noble nella prefazione allo studio del Russell: Divenne sapere convenzionale dal 1870 al 1920 a seguito della “guerra tra scienza e religione”, quando per molti intellettuali in Europa e negli Stati Uniti tutta la religione divenne sinonimo di superstizione e la scienza divenne l’unica fonte legittima di verità. Fu durante gli ultimi anni del XIX secolo e i primi anni del XX° secolo, poi, che il viaggio di Colombo divenne un simbolo così diffuso della futilità dell’immaginazione religiosa e della forza liberatrice dell’empirismo scientifico” (D. Noble, Prefazione in Jeffrey Burton Russell “Inventing the Flat Earth” New York: Praeger Publishers. 1991).

Ma, allora, perché i dotti di Salamanca avversarono il progetto di Colombo di navigare verso Ovest per raggiungere le Indie? A Colombo si contestava il fatto che le sue navi non avrebbero potuto trasportare abbastanza provviste, acqua fresca e cibo, per la durata del viaggio. I dotti di Salamanca, infatti, avevano fatto i conti molto meglio di Colombo e avevano previsto, a ragione, una distanza molto più lunga che non quella che aveva calcolato il navigatore genovese. Egli ebbe solo la fortuna di imbattersi in un nuovo continente tra l’Europa e l’Asia di cui nessuno, nel 1492, sospettava l’esistenza. Era quindi la dimensione della Terra, non la forma, ad essere oggetto del contendere. 

La leggenda della “Terra piatta” fu, quindi, l’invenzione di intellettuali positivisti nel loro tentativo di screditare gli scettici del Darwinismo. Tutto ciò mette in risalto due aspetti, il primo è che non esistevano prove convincenti a favore della teoria di Darwin, visto il bisogno d’inventarsi una leggenda contro i suoi oppositori e l’altro è che la Chiesa, contrariamente al mainstream laicista e positivista, non è affatto quel mostro di oscurantismo ed arretratezza scientifica che molti credono. Questa vicenda conferma un dato molto importante: nella storia dell’umanità non c’è mai stata una guerra della Chiesa contro la scienza, ma piuttosto una guerra dei laicisti contro Dio.


Bibliografia

Jeffrey Burton Russell “Inventing the Flat Earth” New York: Praeger Publishers. 1991;
S.J. Gould “The Late Birth of a Flat Earth”, in: “Dinosauro nel pagliaio: riflessioni sulla storia naturale”, 1° edizione Brossura, pp. 38–50, New York: Three Rivers Press, NY,1997
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