giovedì 28 marzo 2013

Sola Scriptura? Il difficile dialogo con i protestanti.

Tra i più irriducibili e spietati avversari della Chiesa Cattolica che mi è capitato di conoscere ci sono stati alcuni appartenenti ad un gruppo religioso di origine protestante appartenente all’universo delle cosiddette “Chiese Evangeliche”. Anche in rete è facile imbattersi in siti dove gruppi di cristiani riformati si producono in invettive e contumelie verso i cristiani cattolici, considerati delle povere vittime della Chiesa Cattolica Romana, ritenuta la Grande Babilonia evocata dall’Apocalisse di Giovanni.

L’origine di tutte le critiche risiede nel fatto che gli Evangelisti adottano in modo integralista i cosiddetti “Cinque sola” della Riforma Protestante:

-Sola fide, cioè solo attraverso la Fede l'Uomo viene giustificato, 
non dalle buone opere;

-Sola gratia – cioè solo attraverso la Grazia di Dio l'uomo viene salvato, non dalle sue azioni;

-Solus Christus – cioè solo Cristo
, non la Chiesa, ha autorità sui fedeli;

- Sola scriptura
– solo le Scritture stanno alla base della fede cristiana, non la tradizione della Chiesa

-Soli Deo Gloria – cioè solo Dio è degno di ogni gloria ed onore.

Tra queste cinque formule quella che viene più frequentemente utilizzata per rimproverare la Chiesa Cattolica è certamente la “Sola Scriptura”. Il Cattolicesimo avrebbe aggiunto alla Rivelazione tutta una serie di false dottrine che non essendo giustificabili con la sola Scrittura costituirebbero un allontanamento dall’originale fede apostolica. Questa impostazione ha, però, un grosso punto debole, infatti, come è noto, è stata la Tradizione della Grande Chiesa Cattolica, nel corso dei primi due secoli dell’era cristiana, che ha individuato un canone degli scritti apostolici distinguendo quelli da ritenersi ispirati e costituenti così la Parola di Dio. Tutto ciò implica necessariamente il fatto che la sola Scrittura non può essere il solo locus theologicus, ma che occorre anche considerare come tale la Tradizione della Chiesa da cui il primo locus dipende.

Forte di tale convincimento ho sentito il bisogno di confrontarmi con gli amministratori di un sito web d’ispirazione evangelica, scelto a caso tra quelli più fortemente critici con la Chiesa Cattolica (nella fattispecie un sito di Pentecostali), con l’intento di capire su quali basi storico-teologiche possano fondare tanta sicurezza delle proprie tesi e giustificare tanto livore nei confronti del credo cattolico.

Cominciai, così, per suscitare il dibattito, a porre un quesito: come si può essere sicuri che i veri vangeli siano quelli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni e non invece quelli di Tommaso, Filippo o di Giacomo? Mi fu risposto che è stato lo Spirito Santo ad illuminare gli uomini guidandoli a capire ed individuare i vangeli come la vera Parola di Dio. Risposta alquanto laconica, allora insistetti: ma chi furono questi uomini illuminati dallo Spirito? Feci notare che il Canone delle Scritture, cioè quello che i cristiani riconoscono come Parola di Dio, è stato definito da vari Concili. Innanzitutto il Concilio di Trento del 1546 che ha riaffermato un elenco di libri canonici già riportato dal Concilio di Firenze del 1441. Fu, in pratica, l’ufficializzazione di una scelta ormai consolidata che si formalizzò nei concili africani di Ippona (393 d.C.) e di Cartagine (397 d.C. e 419 d.C.). Ma prima di questi Concili sappiamo che già nel II secolo papa Pio, morto nel 157, aveva approvato una prima lista ufficiale di testi da ritenersi ispirati (Canone Muratoriano). Fatta questa premessa feci notare ai Pentecostali che se ritengono come ispirati solo i vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, cioè quelli scelti dalla Chiesa Cattolica, riconoscendo così implicitamente che in tale Chiesa ha operato lo Spirito Santo, su quali basi poi negano il resto della sua dottrina? In pratica non si capisce come fanno i Pentecostali a stabilire, e con quali strumenti, quando la dottrina cattolica sbaglia e quando, invece, è giusta.

L’interlocutore pentecostale ammise che furono dei vescovi cattolici a proclamare ufficialmente quali fossero i libri ispirati e quelli non ispirati, cioè quelli che dovevano essere considerati Scrittura e quali non dovevano esserlo, ma precisò che tali vescovi non erano cattolici romani perché allora non esisteva il papato come lo intendiamo oggi. Secondo loro, a quel tempo al vescovo di Roma non era affatto riconosciuto il primato di giurisdizione sopra tutti gli altri vescovi, come invece avviene oggi. Il vescovo di Roma, per quanto godesse di prestigio perché vescovo di una delle chiese più antiche, non avrebbe avuto il potere che ha oggi.

Quindi per i pentecostali, quelli che ho potuto contattare, occorre dividere la Chiesa Cattolica Romana dal resto della Chiesa Universale e fu solo quest’ultima a riconoscere (non a stabilire) il canone del Nuovo Testamento. Secondo loro questa fantomatica Chiesa Cattolica Romana, il cui vescovo, a quei tempi, non era affatto considerato come capo universale della Chiesa Cattolica, non avrebbe avuto parte nel processo di formazione del Canone delle Scritture ispirate. Inoltre, sempre secondo ciò che mi fu riferito, il Canone non avrebbe preso la sua autorità dai Concili della Chiesa Antica in quanto questa possedeva già la Scrittura. Secondo i pentecostali i Concili si limitarono a proclamare in maniera pubblica e solenne quello che la Chiesa per secoli aveva già accettato.

Queste risposte hanno una qualche giustificazione storica? I vescovi che nel 397 al Concilio di Cartagine non appartenevano forse ad un’unica Chiesa? Nel IV secolo non c’era ancora stato alcuno scisma all’interno della Chiesa cristiana, quindi replicai ai pentecostali che non è giustificabile pensare che i vescovi che hanno partecipato al Concilio non fossero tutti in comunione tra loro e, quindi, anche con la Chiesa di Dio a Roma.

Anche l’idea che la Chiesa di Roma nel IV secolo non avesse ancora un riconosciuto ruolo di guida della cristianità si scontra con molte evidenze storiche: nel I secolo, a soli 60 anni dalla morte di Gesù il vescovo di Roma, Clemente I, manda lettere pastorali alla Chiesa di Corinto; Ignazio di Antiochia, agli inizi del II secolo, scrivendo ai romani, riconosce nella Chiesa di Roma quella che può insegnare alle altre per i meriti di Pietro e Paolo; Policarpo, vescovo di Smirne, martirizzato nel 167, va a Roma per consultare il papa Aniceto sulla questione della datazione della Pasqua; Policarpo, vescovo di Smirne, martirizzato nel 167, va a Roma per consultare il papa Aniceto sulla questione della Pasqua; Ireneo, vescovo di Lione, nel II secolo, nel suo "Adversus haereres", indica nella comunione con la Chiesa di Roma il criterio sicuro per conoscere l'autentica regola della fede, trasmessa dalla tradizione apostolica; nel II secolo i vescovi eretici, come Marcione, Valentino, ecc., vanno proprio a Roma per tentare di vedersi validare le loro dottrine; nel III secolo papa Stefano riesce ad imporre a tutta la Chiesa cristiana il riconoscimento della validità del battesimo amministrato dagli eretici e scismatici; il vescovo di Cartagine Cipriano nel suo "De Cath.Eccl.unitate" afferma che "non c'è che una sola Chiesa e una sola Cattedra" cioè quella di Pietro, di Roma; ecc.

Ma è ingiustificata anche la teoria che il Canone non dipenderebbe la sua autorità dai Concili perché la Chiesa avrebbe posseduto già la Scrittura. Certamente nei primi tre secoli esisteva già un corpus iniziale della Scrittura, formato dai quattro vangeli e da pochi altri scritti, ma non era affatto chiaro e universalmente riconosciuto cosa fosse o meno ispirato. Quindi di fronte alla confusione portata dagli eretici (gnostici, montanisti, marcionisti, ecc.) la Chiesa, attraverso i Concili, ha stabilito ufficialmente, guidata dallo Spirito Santo, quale Scrittura fosse veramente ispirata. Non ha senso, quindi, affermare che il Canone non ha preso la sua autorità dai Concili, senza questi che lo fissarono, un Canone non sarebbe potuto neppure esistere.

A questa mia ultima replica non ottenni più risposta, ma solo un messaggio sulla mia posta privata che recitava:

Ho visto che scrivi sul blog, ma cosa ti interessa la storia? Non dovresti piuttosto ravvederti e credere all'Evangelo, invece di sapere come sono andate le cose tantissimo tempo fa? Ho deciso di non perdere tanto tempo con questa questione inutile

Curioso l’atteggiamento di questi Pentecostali, condannano senza riserve la Chiesa Cattolica per la sua storia, ma mi invitano a tralasciarla per potermi ravvedere.

giovedì 21 marzo 2013

Papa Francesco


E’ trascorsa una settimana dall’elezione al soglio pontificio del cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, una nomina che ha subito suscitato molto entusiasmo. In questi giorni i media ci hanno trasmesso tantissime immagini di gioia e felicità, sembra proprio che questo nuovo papa abbia messo veramente tutti d’accordo. In un momento difficile per la vita della Chiesa, sconquassata dalle vicende legate agli scandali sulla pedofilia, alle vicende poco chiare relative allo I.O.R., ai lugubri scenari di lotte intestine adombrate dallo scandalo dei Vatileaks, questo evento è stato un segnale di cambiamento. Il nuovo papa parla di pulizia e di ritorno alla povertà, alla semplicità e trasparenza proprie del santo di Assisi a cui si è ispirato per la scelta del nome da pontefice. Tutto ciò potrebbe lasciar pensare ad un pontificato precedente non all’altezza, ma io non credo sia così, penso piuttosto che anche Benedetto XVI deve essersi reso conto della necessità di una tale svolta rendendola possibile con le sue dimissioni, visto che, per motivi di salute, lui non poteva esserne il protagonista. 

Papa Bergoglio proviene da ambienti lontani anni luce dalle logiche della Curia romana, un vescovo che appartiene alla cosiddetta Chiesa della base, vicino ai poveri, ai malati e ai diseredati, ha rappresentato veramente un elemento di novità, al punto che il suo nome non era quello più frequentemente pronosticati dai media tra quelli papabili e questo la dice assai lunga sulla supposta manovrabilità del conclave e della divisione dei cardinali elettori in fazioni contrastanti . 

Ovviamente ci sono state anche le solite becere accuse della propaganda laicista che per infangare il nuovo papa si è inventata la storia di fantasiose collusioni con il regime dittatoriale di Videla, tutto abbondantemente confutato da tantissimi documenti e da testimonianze, tra cui quella importante del premio Nobel per la pace del 1980, Adolfo Perez Esquivel, che ha documentato le atrocità della giunta: "Forse Bergoglio non ha avuto il coraggio di altri sacerdoti, ma non ha mai collaborato con la dittatura. Bergoglio non era complice della dittatura. Non può essere accusato di questo". 

Sicuramente le premesse ci dicono che siamo di fronte ad un papa importante, una forte personalità in grado di operare la svolta che tutti si attendono. Un papa che ha allargato maggiormente il divario tra i cosiddetti cristiani modernisti, che ne hanno lodato lo spirito di Assisi, tanto caro a Giovanni Paolo II, e i cristiani tradizionalisti preconciliari, che non accettano l’informale atteggiamento del nuovo papa e le sue aperture ai fedeli delle altre religioni. Io mi chiedo che senso hanno tali contrasti, come possiamo stabilire come deve essere un papa? Un papa è un papa, è il vicario di Cristo, è sempre il successore dell’apostolo a cui diede le chiavi del regno dei cieli. E’ il suo magistero che testimonia la presenza di Cristo sulla terra e di questo dobbiamo solo ringraziare il Signore. 

C’è molto da fare nella Chiesa, questo papa ci ha dato una nuova speranza e la consapevolezza che Cristo è sempre sollecito con la sua Chiesa. A noi non resta che affidarci alla preghiera per accompagnare il nuovo papa nel suo gravoso impegno e fare la nostra parte per l’edificazione del Regno.

mercoledì 13 marzo 2013

Una chiassosa ipocrisia

E' appena iniziato il conclave, si vive un clima di preghiera e speranza, una fase importante della vita della Chiesa, tutti i cristiani del mondo guardano a Roma per sapere quale pastore lo Spirito donerà al gregge del Signore. Pur essendo un evento molto enfatizzato dai media, l'attesa per la nomina del nuovo pontefice resta sempre un tempo proprio della Chiesa, direi quasi un momento intimo per le speranze e la fede di ciascun credente.

Eppure anche in questo frangente la falsa e rumorosa propaganda laicista non rinuncia a calpestare la sensibilità e la libertà dei credenti, infatti durante l'attesa per la prima fumata in piazza San Pietro, nel pomeriggio di martedì 12, due esponenti del gruppo femminista ucraino, famoso per le dimostrazioni a seno nudo, hanno inscenato una patetica gazzarra urlando farneticanti accuse agitando un fumogeno rosso.

Questo gruppo, appartenente alla nuova generazione del femminismo più intollerante, non è nuovo a queste imprese, infatti già nel 2012 si rese protagonista di un raid ad un angelus di papa Benedetto XVI accusando il pontefice di omofobia ed intimandogli di starsene zitto. Anche in occasione dell'annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI, il solito gruppo aveva inscenato una manifestazione di ironico giubilo a Parigi, davanti ed all'interno alla basilica di Notre Dame.

Espressione del più bieco ed intollerante laicismo, questo gruppo di esaltate si caratterizza principalmente per la sua antireligiosità e specialmente per il suo anticristianesimo. Il loro modo di agire, irrispettoso e violento, non tiene in alcun conto della libertà e della sensibilità dei credenti arrivando a violare ogni forma di rispetto, come quando abbatterono una croce eretta nella piazza principale di Kiev a ricordo delle vittime dello stalinismo o quando disturbarono la pacifica manifestazione per la famiglia di gennaio scorso a Parigi.

Cosa sperano di ottenere in questo modo? Che frutti può portare la violenza e la contrapposizione? Accusano la Chiesa di omofobia, ma la Chiesa ha sempre detto di non aver nulla contro le persone omosessuali. Il fatto è che queste femministe devono per forza inscenare queste pagliacciate per la debolezza dei loro argomenti. A mio parere sono solamente un prodotto del pregiudizio anticristiano, e anticattolico, che il laicismo imperante sta cercando di inculcare nelle nuove generazioni. Altro che difendere i diritti delle persone, non credo proprio che si tratti solo di attiviste che vanno a offendere la gente a casa loro. Un'impressione suffragata da un inquietante rivelazione fatta da una giornalista televisiva ucraina durante il programma televisivo d’inchiesta “Groshi”, secondo la quale il sacro furore delle femministe ucraine sarebbe in realtà a pagamento, un lauto pagamento.

Odio verso la Chiesa e verso il papa, ma non una protesta per per la vita umana calpestata nei paesi sottosviluppati e tremendamente falcidiata dalla piaga dell'aborto. Offendono il cattolicesimo, ma non osano denunciare i veri problemi del loro paese come le gravi violazioni di diritti civili, gli attacchi alla libertà di stampa e i processi politici agli oppositori.



  

mercoledì 6 marzo 2013

Il senso democratico laicista

Agli europei indoor di atletica in corso a Goteborg, in Svezia, l’italiano Daniele Greco ha vinto l’oro nel salto triplo battendo in finale i due russi Samitov e Fyodorov. L’atleta pugliese ha così bissato la buona prestazione alle Olimpiadi di Londra dove si classificò quarto confermando il suo altissimo valore internazionale. Ha poi festeggiato mostrando al pubblico una maglietta con scritto "Gesù vive in me".

Un’impresa del genere, che ha dato lustro alla nostra atletica attualmente avara di soddisfazioni, dovrebbe suscitare un unanime entusiasmo eppure la solita propaganda laicista non si è fatta mancare l’inevitabile caduta di stile censurando il comportamento dell’atleta italiano. Su molti siti laicisti (vedi, ad esempio, qui e qui) Daniele Greco è stato accusato di “atteggiamento clericale”, di aver “offeso gli italiani non credenti” calpestando la loro “sensibilità” in dispregio della “laicità” dello stato italiano.

Di fronte a tali prese di posizione è difficile non restare allibiti da tale grettezza di pensiero. Che delitto avrebbe mai commesso il triplista italiano? Quello di aver espresso un personale convincimento? E da quando in qua è vietato esprimere liberamente le proprie convinzioni? Daniele Greco rappresentava forse una istituzione italiana o stava semplicemente ringraziando una Persona a lui cara? E se invece la scritta fosse stata: “io mi sento ateo” sarebbe stata offensiva per i credenti? I nostri cari laicisti avrebbero starnazzato per tale forma di violenza?

Il problema dei laicisti è proprio quello di non sopportare il fatto che esistano i credenti, che vivano per il loro Dio e che ne diano testimonianza, arrivando a negare anche la più elementare libertà personale che è quella dell’espressione.

E’ desolante constatare il completo “appiattimento” mentale che contraddistingue il pensiero laicista sempre pronto a calpestare le libertà altrui per imporre la loro triste e disperata visione della vita.