lunedì 24 aprile 2023

"La Madonna piange, e Odifreddi raglia"

L'allusione, nel titolo, al simpatico quadrupede domestico fa il verso a quello "provocatorio" del nostro simpatico matematico Piergiorgio Odifreddi, campione delle schiere laiciste, paladino della razionalità opposta alle credenze cristiane, che ha
pubblicato sul suo canale You Tube, col titolo : La Madonna piange, e Odifreddi ride" l'intervento che ha fatto a Rete 4, durante il "TG4 Diario del Giorno" dell'11 marzo scorso, circa il susseguirsi dei fenomeni soprannaturali, o presunti tali, delle statuette della Madonna che piangono.

Chiamato a rappresentare la posizione laica di fronte a tali fenomeni, il nostro loquace matematico come al solito non si è limitato ad esternare tranquillamente il suo comprensibile scetticismo, ma ha assunto subito la veste del castigatore delle superstizioni religiose. Così ha inesorabilmente sentenziato che si tratta solo del frutto dell'immaginazione dei cristiani intellettualmente limitati: "Ho detto altre volte che ci siano tipi diversi tipi di religiosità. Ce n'è una "alta" per le persone intellettualmente più attrezzate che questi fenomeni li guardano con molto sospetto, anzi che preferirebbero, forse, che non ci fossero. Ma se ci fosse solo quel tipo di religiosità, il cristianesimo, ed in particolare il cattolicesimo, sarebbe una religione per pochi e ci sarebbe, poi, la massa delle persone più semplici, quali, tra l'altro, il vangelo stesso diceva di indirizzarsi, beati i poveri di Spirito..."

Quindi Odifreddi riconosce l'esistenza di una frangia di cristiani più "evoluti", ma la distingue dalla "massa" dei credenti che lui definisce letteralmente dei "cretini", come nel suo pamphlet "Perché non possiamo essere cristiani ...", cioè sempliciotti che credono a delle favole, persone stupide non molto intelligenti, quelli che per lui sono i "poveri di Spirito". Ed a provarlo ci sarebbe addirittura il vangelo stesso che dice di indirizzarsi proprio a tali persone.

In realtà sarebbe molto divertente vedere la faccia stupita di Odifreddi se gli si dicesse che la frase "Beati i poveri di spirito" nei Vangeli non esiste. Purtroppo il nostro matematico conosce molto poco i vangeli, infatti questa frase, che troviamo nel vangelo di Matteo, l'unico che la riporta, è "Beati i poveri in spirito" (Mt 5, 3). Nell'originale greco troviamo, infatti, "τῷ πνεύματι", cioè "to(i) pnèumati" ossia "poveri in spirito". La frase fa quindi riferimento al concetto di una povertà nella disposizione interiore, non ad un difetto fisico. Da dove tutto ciò? I vangeli non sono altro che una rilettura dell'Antico Testamento alla luce della Rivelazione portata da Gesù. E nella Scrittura troviamo molto ben chiara la figura dei "poveri" di Dio, in termine ebraico, gli "‘anawîm". Citati per ben 21 volte nell'Antico Testamento, gli "‘anawîm" sono coloro che non montano in superbia, ma che si affidano totalmente al Signore. Costoro sono i prediletti del Signore e tra di essi si colloca anche Maria, la madre di Gesù, che professa "l’umiltà della serva". Nel suo cantico viene lodato Dio che privilegia gli ultimi, gli ‘anawîm appunto, rispetto ai ricchi: "Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato vuoti i ricchi, ha soccorso Israele suo servo" (Lc1,46-55).

Lungi dalle fesserie di Odifreddi i poveri in Spirito sono il seme fecondo della salvezza nel terreno delle vicende umane e san Paolo li vede incarnati nella figura di Cristo: "da ricco che era, egli si è fatto povero per noi, perché divenissimo ricchi per mezzo della sua povertà" (2Corinzi 8, 9).

Ma nel suo intervento Odifreddi riesce a dire un'altra fesseria, forse ancora più grossa della prima, infatti afferma: "Addirittura nei Vangeli c'è scritto qualcosa di più, perché ad un certo punto Gesù dice: questo popolo vuole dei segni, ma io segni non ne faccio se non il segno di Giona. Questo è interessante perché il resto dei Vangeli non va in quella direzione..." Quindi Odifreddi pensa di aver colto in fallo non solo i poveri cristiani, ma addirittura gli evangelisti che avrebbero, a suo dire, mistificato le parole e tradito gli intendimenti di Gesù stesso. 
Sarà come dice? Odifreddi fa riferimento ad un altro passo del vangelo di Matteo dove è scritto: "Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: «Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno». Ed egli rispose: «Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!" (Mt 12, 38-41). Come al solito per capire bene il senso di una affermazione occorre valutare bene il contesto in cui si trova. Tutto il capitolo 12 del vangelo di Matteo è dedicato alla polemica esistente tra Gesù e i Farisei e gli Scribi. Questi ultimi volevano farlo cadere in fallo per poter così avere dei motivi per accusarlo di ciarlataneria e falsità al fine di screditarlo. Ma Gesù considera questa generazione, cioè tutti coloro che come i Farisei e gli Scribi non si convertono alla sua predicazione, contrariamente a quanto avevano fatto gli abitanti di Ninive con la predicazione di Giona, dei perversi e degli adulteri. A loro, e solo a loro, Gesù nega ogni segno nell'attesa della sua Resurrezione, cioè il segno di Giona. Stesso atteggiamento, ad esempio, avrà Gesù con Erode Antipa (Lc 23, 8-12), mentre con chi si converte e dimostra la sua fede Gesù concede un segno come anticipo della beatitudine del Regno dei Cieli. Quando Gesù opera un segno loda sempre la fede, "Và la tua fede ti ha salvato" è la frase che dice molte volte nei vangeli, al cieco Bartimeo (Mc 10, 46-52), al lebbroso risanato che torna indietro a lodarlo (Lc 17, 11-19), alla peccatrice che gli lava i piedi (Luca 7,36-50) e così via.

Evidentemente Odifreddi, se commette tali errori nel fare i suoi riferimenti ai Vangeli, non deve averli letti con sufficiente attenzione, oppure non li ha ben capiti. Per carità, niente di irreparabile, basta impegnarsi di più, credo che Odifreddi possa farcela. Però, nel frattempo, sarebbe meglio non ergersi a maestrino saputello sempre pronto a bacchettare i poveri cristiani ignoranti, un bel bagno di umiltà non fa mai male.