mercoledì 25 marzo 2015

Il Nestorianesimo, un Gesù solo uomo che ospita la divinità.

L’eresia trattata oggi è il Nestorianesimo, un’eresia che nacque nel V secolo e che ebbe un’enorme diffusione, specialmente in Oriente, arrivando fino in India ed addirittura in Cina. Il Nestorianesimo nacque con le migliori intenzioni per combattere l’ancora diffusa e perniciosa eresia ariana proponendo una nuova visione cristologica. 

Questa dottrina prende il nome da Nestorio, un siriano nato a Germanicia attorno al 380-381. Si formò alla scuola di Antiochia che adottava la teologia che parte dall’umanità di Cristo per arrivare alla sua divinità, a differenza di quella Alessandrina che poneva, invece, il Verbo come punto di partenza. Questa formazione di Nestorio svolgerà un ruolo decisivo sullo sviluppo della sua nuova teologia. Egli divenne prima monaco e poi prete ed era molto stimato per la sua spiritualità ed eloquenza. Proprio queste qualità gli accattivarono i favori della corte di Costantinopoli al punto di venire eletto patriarca di Costantinopoli nel 428. Tutto ebbe inizio quando un prete di Costantinopoli, Anastasio, in un’omelia attaccò violentemente il titolo di Theotokos, che la tradizione attribuiva a Maria, la madre di Gesù, cioè il titolo di Madre di Dio. Il popolo ne fu scandalizzato, ma, nella sorpresa generale, il patriarca Nestorio prese le difese di Anastasio, spiegando che Maria non poteva essere la madre di Dio perché lei ha semplicemente generato l’uomo Gesù, mentre non c’entra nulla con il Verbo che si è unito accidentalmente, e solo in seguito, all’umanità di Gesù. 

Per Nestorio, quindi, l’unione delle due nature è avvenuta in Cristo semplicemente per giustapposizione, cioè il Verbo divino si è unito accanto all’uomo Gesù, per cui, in sostanza, esisterebbero due Cristi, quello divino e quello umano. Per Nestorio non esisterebbe l’unione ipostatica, cioè l’unione della natura divina ed umana in Cristo e ciò contraddiceva il dettato niceno sulla consustanzialità. Come risultato di questa giustapposizione delle due nature si ha l’impossibilità, per Nestorio, di considerare Maria la madre di Dio, ma tutt’al più solo la madre di Cristo. Tutto ciò, allora, provocò profonda impressione perché la venerazione di Maria come la madre di Dio apparteneva profondamente alla fede cristiana, fin dalle più antiche tradizioni. A contrastare energicamente la nuova teologia nestoriana fu principalmente Cirillo, il vescovo di Alessandria, che, facendosi il campione della fede, attaccò Nestorio. Per derimere la questione si rivolsero al Papa, che a quell’epoca era Celestino I, il quale attraverso un sinodo, prese le parti di Cirillo condannando Nestorio. A questo punto Nestorio chiamò in causa l’imperatore, Teodosio II, che, deciso a fare chiarezza, convocò un Concilio a Efeso per la Pentecoste del 431 che quell’anno cadeva il 7 giugno. A quella data arrivarono pochissimi vescovi ad Efeso cosicché Cirillo di Alessandria, incaricato dal Papa di presiedere il Concilio, e Memnone, vescovo di Efeso, decisero di rimandare l’inizio del Concilio. Siccome i vescovi convocati tardavano ad arrivare e stavano sopraggiungendo una cinquantina di vescovi siriani favorevoli a Nestorio, il 22 giugno Cirillo diede inizio al Concilio che, senza che ci sia stato un contraddittorio, condannò Nestorio e la sua teologia, riaffermando con forza il credo niceno. Il 24 giugno arrivò ad Efeso Giovanni di Antiochia a capo dei vescovi siriani, partigiani di Nestorio, che contestò l’operato di Cirillo e, per protesta, convocò un nuovo Concilio con cui scomunicò, a sua volta, Cirillo e Memnone. L’imperatore, seccato da tutto questo, avallò le scomuniche dei tre personaggi. A questo punto si verificò un fatto eccezionale, infatti, mentre Nestorio non ebbe alcuna approvazione dal popolo, cioè dalla comunità cristiana di Costantinopoli, al punto che fu subito sostituito e spedito in esilio, prima a Petra e poi nella grande oasi di El Kharga, vicino Tebe, in Egitto, dove morì nel 451, Cirillo fu accolto ad Alessandria come un trionfatore mentre Memnone continuò tranquillamente a guidare la sua diocesi fino alla morte. In pratica fu l’approvazione popolare a stabilire chi avesse ragione ad Efeso. 

Questa vicenda, innanzitutto, ci testimonia la profonda devozione che il popolo cristiano già tributava, nel V secolo, alla figura della Vergine come la madre di Dio. Fu la negazione di questa antichissima tradizione a causare il profondo scandalo che portò alla scomunica del nestorianesimo. Il Concilio di Efeso, benché si svolse in maniera un po’ controversa, in fondo stabilì che Maria è veramente madre di Dio, perché Cristo ha un’unica persona che è la persona divina.

Su questo punto la Scrittura è inequivocabile. Ogni volta che Cristo dice “io”, indica la sua persona, cioè la coscienza di se stesso, è un “io” divino che, però, sostiene anche la natura umana. Così, ad esempio, abbiamo un “io” che compie i miracoli: “Fanciulla, io ti dico, alzati!” (Mc 5, 41) ed un “io” che si stanca, che ha sete, fame. Questo “io” si pone come il nuovo Mosè: “Avete udito che cosa è stato detto agli antichi? Ma io vi dico…”. Eppure Gesù è anche uomo, perché dice che chi non mangerà la sua carne non avrà la vita eterna (Gv 6, 54). E cosa c’è di più umano della carne? Quando lo accusano: “Tu che sei un semplice uomo ti fai Dio?” Lui non nega assolutamente questo, ma risponde: “Se non credete a me, credete alle opere” (Gv 8, 38). 

Alla luce della Scrittura la visione nestoriana di due Cristi, uno figlio di Dio e l’altro di Maria è insostenibile. Nell’annunciazione l’angelo Gabriele dice a Maria che concepirà un figlio. E’ un unico figlio, non due figli (Lc 1, 26-38). E’ l’Emmanuele che vuol dire “Dio con noi”, quindi il figlio della vergine profetizzata da Isaia 7, 10-15, è il Dio con noi e colei che lo ha generato è la madre di Dio.

Bibliografia

Catholic Encyclopedia, Volume I. New York 1907, Robert Appleton Company;
Giovanni Filoramo, D. Menozzi (a cura di), "Storia del Cristianesimo", I, Roma-Bari 1997; 
Potestà, Gian Luca , Vian, Giovanni, Storia del Cristianesimo, Il Mulino, Bologna 2010;
http://it.wikipedia.org/wiki/Concilio_di_Efeso
http://it.wikipedia.org/wiki/Nestorio

lunedì 16 marzo 2015

Je suis Charlie, ma solo se offendi le religioni.

Non c'è stato bisogno di aspettare molto tempo per veder clamorosamente smentita la penosa messa in scena del laicismo internazionale sulla libertà di pensiero e di stampa. "Je suis Charlie" è stato il mantra ripetuto e sbandierato ossessivamente dai laicisti, di tutto si può parlare, tutto si può vituperare. Stranamente, però, la lobby gay internazionale deve appartenere ad un laicismo particolare, infatti se è da considerare come un'espressione di libertà offendere la fede di milioni di persone, lo stesso concetto perde ogni valore se non ci si esprime in modo perfettamente allineato col pensiero gay friendly.   

I due famosi stilisti, tra l'altro dichiaratamente omosessuali, Domenico Dolce e Stefano Gabbana si sono permessi di esprimere una loro convizione facendo la seguente dichiarazione: "La famiglia è quella tradizionale, non ci convincono i bambini sintetici e gli uteri in affitto". Non l'avessero mai fatto! Subito dall'Inghilterra il famoso musicista Elton John, gay dichiarato, sposato con un uomo e che ha adottato due bambini, si è scagliato contro i due stilisti italiani tacciandoli di bigottismo ed ha scatenato contro di loro una vera e propria maledizione lanciando una campagna contro tutti i loro prodotti attraverso l'hashtag #Boycott Dolce e Gabbana. Al cantante inglese si sono uniti molti altri personaggi famosi dello spettacolo e dello sport come Ricky Martin, Courtney Love, Martina Navratilova che hanno appoggiato l'iniziativa di boicottare l'azienda Dolce&Gabbana.

Così come è già successo al povero Barilla, anche gli stilisti Dolce e Gabbana hanno sperimentato sulla loro pelle che significa esercitare l'elementare diritto ad avere una propria personale opinione che, però, non va a genio alla lobby gay: si viene colpiti immediatamente nei propri interessi e di quelli di tantissima gente che lavora per Dolce e Gabbana che, per questo, possono avere pesanti ripercussioni per il loro impiego. E tutto per aver semplicemente espresso un proprio parere personale senza offendere nessuno. Alla faccia di Charlie!     

giovedì 12 marzo 2015

Il concetto di amore per il laicisti.



Qui da noi, in Italia, gli strenui difensori del matrimonio naturale, cioè quello tra una donna ed un uomo, sono continuamente apostrofati dalla propaganda laicista come retrogradi, oscurantisti residuati medioevali. Ora il libero pensiero, l'evoluta mentalità laicista ci martella sul fatto che il concetto di matrimonio è da cambiare, la stessa famiglia ha ormai assunto una nuova concezione. Questa visione deriva da una nuova consapevolezza, la cosiddetta teoria "gender", secondo la quale, senza che la sua validità scientifica sia stata minimamente dimostrata, ognuno è libero di fare ciò che vuole, liberarsi dai vecchi stereotipi, sentirsi a piacimento "donna" o "uomo" ed essere libero di regolarsi di conseguenza. Il mantra sbandierato in modo ossessivo è che "basta amare".

Ma così facendo, non riconoscendo alcuna morale naturale, come sarà possibile mantenere una dirittura, una visione oggettivamente orientata verso un sistema che sia veramente producente per la società umana? Se accettiamo il matrimonio omosessuale in quanto una manifestazione di amore, allora perchè non accettare anche la poligamia? Un uomo sposato con tante donne o viceversa? E se due fratelli si vogliono bene? Perché ancora il tabù dell'incesto? Navigando nello sconfinato mare del web mi sono imbattuto nella notizia di un curioso matrimonio che si è celebrato in Thailandia il 14 febbraio scorso. Si tratta del primo triplo matrimonio omosessuale celebrato al mondo, come è possibile vedere nella foto pubblicata sopra. Ormai non ci si può più meravigliare di niente, senza punti di riferimento diviene tutto possibile e, come al solito, a farne le spese è sempre il soggetto più debole, cioè i bambini ai quali viene negato il diritto ad essere amati, allevati in modo sano e naturale, da una mamma ed un padre. 

Essere liberi non può significare semplicemente esaudire ogni proprio desiderio senza tenere in alcun conto responsabilità e conseguenze, ma operare per il bene, quello che dovrebbe essere oggettivo, cioè costruire col matrimonio un ambiente d'amore adatto a produrre, accogliere e formare la vita. Ma il laicismo da questo orecchio non ci sente, c'è una soluzione per tutto: fecondazione eterologa, eugenetica, affitto dell'utero, possibilità di adozione per le coppie omosessuali, ecc. Ma amare non significa avere tutto, bensì rispettare gli altri. 

 

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