lunedì 28 novembre 2016

Parte XIV – La formazione del canone del Nuovo Testamento

Oggetto di numerosi sospetti e malignità, il processo di formazione del Nuovo Testamento è sicuramente tra gli argomenti più coinvolti nell’operazione calunniosa di D. Brown e compari ai danni della Chiesa Cattolica. Ne “Il Codice da Vinci”, senza alcun dubbio, si attribuisce a Costantino l’opera di formazione del canone del Nuovo Testamento. 

A pag. 271-275, de “Il Codice da Vinci”, si legge: "…La vita di Gesù è stata scritta da migliaia di suoi seguaci in tutte le terre […] Più di ottanta vangeli sono stati presi in considerazione per il Nuovo Testamento [...] “Chi ha scelto quali vangeli includere?” […] “Aha!” esclamò Teabing, con entusiasmo: “Ecco la fondamentale ironia del cristianesimo! La Bibbia come noi la conosciamo oggi è stata collazionata dall’Imperatore romano pagano Costantino il Grande” …". Queste stupidaggini non appartengono alla “genialità” di D. Brown, già M. Baigent, R. Leigh e H. Lincoln in “The Holy Blood and The Holy Grail” hanno indugiato molto su questa falsità: "Il Concilio di Nicea decise, con una votazione, che Gesù era un dio e non un profeta mortale […] (Costantino), un anno dopo il Concilio di Nicea, sanzionò la confisca e la distruzione di tutte le opere che contestavano gli insegnamenti ortodossi: le opere dei pagani che parlavano di Gesù e quelle dei cristiani “eretici”…".

Anche L. Gardner ci fornisce una sua versione di tale operazione nel suo libro “La linea di sangue del santo Graal”. A pagina 45 si legge: "A quell’epoca fu fatta una raccolta di scritti scelti a cura del vescovo Atanasio di Alessandria. Questi testi vennero ratificati e autorizzati dal Concilio d’Ippona (393 d.C.) e dal Concilio di Cartagine (397 d.C.). In anni successivi, la scelta fu strategicamente limitata di nuovo e molti testi importanti vennero esclusi. In effetti, soltanto quattro furono infine approvati dal Concilio di Trento nel 1546: i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni".

Mentre quell’asino di D. Brown spara corbellerie di ogni tipo, come quella secondo la quale nel periodo della redazione dei vangeli, I sec. d.C., Gesù avrebbe avuto migliaia di seguaci in tutte le terre (sic!), L. Gardner si sforza di riportare qualche dato storico per dimostrare che la formazione del Canone sia iniziata solo dopo il Concilio di Nicea per impulso di Costantino. 

Uno sforzo vano, la ricostruzione di L. Gardner è imprecisa e lacunosa. Affermare che la scelta definitiva dei testi che formeranno il Nuovo Testamento risalga al Concilio di Trento del 1546 è una vera e propria sciocchezza. In realtà in quella occasione la Chiesa, con il decreto ”De canonicis Scripturis”, non fece altro che riaffermare un elenco di libri canonici già riportata dal Concilio di Firenze del 1441. Questo decreto, a sua volta, non fu altro che l’ufficializzazione di una scelta ormai consolidata che si formalizzò nei concili africani di Ippona (393 d.C.) e di Cartagine (397 d.C. e 419 d.C.). Gli atti del concilio di Ippona del 393 d.C., a cui partecipò S. Agostino, sono andati perduti, ma abbiamo il riassunto approvato al Concilio di Cartagine del 397 d.C.: "Oltre alle Scritture canoniche nulla dev’essere letto sotto il nome di divine Scritture. E le scritture canoniche sono: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth, i quattro dei Re, i due dei Paralipomeni, Giobbe, Salterio di David, cinque libri di Salomone [Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico], i dodici Profeti [i minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia], Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele, Tobia, Giuditta, Ester, i due di Esdra [Neemia ed Esdra], i due dei Maccabei. Del Nuovo Testamento quattro libri di Evangeli, un libro di Atti degli Apostoli, tredici lettere di Paolo apostolo, una del medesimo agli Ebrei, due di Pietro, tre di Giovanni, una di Giacomo, una di Giuda, l’Apocalisse di Giovanni…". 

In realtà il processo di formazione del Canone inizia e, sostanzialmente, si chiude molto tempo prima del Concilio di Nicea e, quindi, dell’avvento di Costantino. Nel II sec. d.C. esistevano diversi testi che riportavano i fatti della vita di Gesù e le sue parole, questi circolavano tra le nascenti comunità cristiane e, come abbiamo visto attraverso la testimonianza di Giustino (150 d.C.), venivano letti durante le celebrazioni liturgiche. Nessuna autorità aveva ancora stabilito quale tra questi scritti poteva essere considerato degno di fede o meno. La situazione precipitò quando Marcione, figlio del vescovo di Sinope, nel Ponto, nel 144 d.C., giunto a Roma, propose, per avvalorare le sue tesi, una rigida selezione degli scritti che dovevano essere reputati veritieri. Essendo uno gnostico rifiutava tutto l’Antico Testamento, perché espressione di un dio inferiore, mentre accettava solo gli scritti cristiani meno influenzati dalla tradizione ebraica, quindi diverse lettere di Paolo e il solo vangelo di Luca, in quanto discepolo di Paolo. Considerato eretico e scomunicato, fonderà una chiesa che sopravvisse fino al V secolo. La sua iniziativa, però, ebbe l’effetto di suscitare la questione riguardante la selezione dei testi da ritenere sacri.

Un documento di eccezionale importanza che ci documenta la primissima scelta dei quattro vangeli canonici ed il rifiuto di tutti gli altri è il Frammento Muratoriano. Questo documento, detto “frammento” in quanto mutilo all’inizio ed alla fine, prende il nome da Ludovico Antonio Muratori, storico, bibliotecario ed erudito che nel 1740 lo scoprì. Risalente all’VIII secolo, questo documento fa riferimento ad una prima lista ufficiale scritta in latino (forse una traduzione dal greco) ed approvata da Pio, vescovo di Roma, morto nel 157 d.C. (cioè Pio I, n.d.r.). In quell’epoca, si legge nel documento, vengono considerati sacri i quattro vangeli canonici, gli Atti degli Apostoli, attribuiti a Luca, e tredici lettere paoline. 

Riporto alcuni brani di questo importantissimo documento: «[...] ai quali pure egli [probabilmente Marco, n.d.r.] fu presente e così ha [es]posto. Il terzo libro dell’evangelo [è quello] secondo Luca. Questo medico, Luca, preso con sé da Paolo come esperto di diritto, lo compose dopo l’ascensione di Cristo secondo ciò che egli [Paolo] credeva. Neppure lui però vide il Signore in carne, e perciò cominciò a raccontare così come poteva ottenere [il materiale], dalla nascita di Giovanni. Il quarto degli evangeli [è quello] di Giovanni, [uno] dei discepoli. Poiché i suoi condiscepoli e vescovi lo esortavano, disse: «Digiunate con me per tre giorni da oggi e ci racconteremo a vicenda ciò che ad ognuno verrà rivelato». In quella stessa notte fu rivelato ad Andrea, [uno] degli apostoli, che Giovanni doveva mettere tutto per iscritto in nome proprio, mentre tutti [lo] avrebbero esaminato. E perciò, sebbene diversi princìpi siano insegnati nei singoli libri dei vangeli, ciò non costituisce però una differenza per la fede dei credenti, essendo tutte le cose spiegate dall’unico e normativo Spirito: ciò che riguarda nascita, passione, risurrezione, vita sociale con i suoi discepoli, la duplice venuta, dapprima, disprezzato nell’umiltà, che è già avvenuto, la seconda volta, illustre, con potere regale, che deve [ancora] avvenire [...] Così non solo egli si professa testimone oculare ed auricolare, ma anche scrittore di tutte le cose mirabili del Signore, per ordine. Gli Atti poi di tutti gli Apostoli sono scritti in un unico libro. Luca raccoglie per l’ottimo Teófilo le singole cose che sono state fatte in presenza sua e lo fa vedere chiaramente omettendo la passione di Pietro e anche la partenza di Paolo dall’Urbe [cioè Roma], per la Spagna. Le lettere di Paolo poi rivelano esse stesse, a chi vuol capire, da che località e in che circostanza sono state inviate. Prima di tutte ai Corinzi, vietando l’eresia dello scisma; poi ai Galati [vietando] la circoncisione; poi ai Romani [spiega] esattamente l’ordine delle Scritture e che Cristo è il loro principio. Delle quali [lettere] è necessario che parliamo singolarmente. Lo stesso beato apostolo Paolo, in ciò seguendo la regola del suo predecessore Giovanni, scrive nominativamente a sole sette chiese in quest’ordine: ai Corinzi la prima [lettera], agli Efesini la seconda, ai Filippesi la terza, ai Colossesi la quarta, ai Galati la quinta, ai Tessalonicesi la sesta, ai Romani la settima. Sebbene sia tornato a scrivere ai Corinzi e ai Tessalonicesi per correggerli, si vede che una sola chiesa è diffusa per tutta la terra. Perché anche Giovanni scrive nell’Apocalisse a sette chiese, ma parla a tutte. Ma una a Filémone e una a Tito e due a Timóteo [le scrisse] per affetto e amore. Sono ritenute sacre per l’onore della Chiesa cattolica, per il regolamento della disciplina ecclesiale. Circola anche una [lettera] ai Laodicesi, un’altra agli Alessandrini, falsificate col nome di Paolo dalla setta di Marcione, e molte altre cose che non possono essere accettate nella chiesa cattolica. Non conviene che il fiele sia mescolato con il miele. Però una lettera di Giuda e due con la soprascritta "di Giovanni" sono ricevute nella Chiesa cattolica, come pure la Sapienza scritta in onor suo dagli amici di Salomone. Riceviamo anche le Apocalissi di Giovanni e di Pietro soltanto. Alcuni di noi però non vogliono che questa sia letta nella chiesa [cioè l’assemblea]. Il Pastore l’ha scritto poc’anzi, nella nostra città di Roma, Erma, mentre sedeva sulla cattedra della chiesa della città di Roma il vescovo Pio, suo fratello. Perciò conviene che sia letto, però non si può leggere pubblicamente nella chiesa al popolo, né tra i profeti il cui numero è completo, né tra gli apostoli della fine dei tempi. Non accettiamo del tutto nulla di Arsinoo o Valentino o Milziade, che scrissero anche un nuovo libro di Salmi per Marcione insieme con Basilide asiano, fondatore dei Catafrigi […]». 

Quindi già nel 157 d.C. la Chiesa, non solo aveva ufficialmente scelto i quattro vangeli canonici, gli Atti degli Apostoli e le lettere paoline, ma aveva già rifiutato alcuni scritti, tra cui quelli della setta (cioè gli gnostici) di Marcione (sempre lui!), ritenuti falsi e non ispirati: “Non conviene che il fiele sia mescolato con il miele”. Interessante è notare anche la condanna dello gnostico Valentino. Quindi già verso la metà del II secolo d.C. è unanime, da parte della chiesa Cristiana degli inizi, l’esclusione totale degli scritti gnostici, e questo a circa 150 anni dal Concilio di Nicea. 

Tutti gli scritti che oggi fanno parte del canone sono menzionati nel complesso dai Padri apostolici (cioè contemporanei o immediatamente successivi agli apostoli) con la sola eccezione della III lettera di Giovanni. Ciò si spiega col fatto che è molto breve (13 versetti in tutto) ed il suo contenuto dottrinalmente trascurabile. Questa lettera entrerà più tardi nel canone. 

Verso il 180 d.C., Ireneo, Vescovo di Lione, riconosce come “Scrittura Sacra” i quattro Vangeli del Nuovo Testamento (dice che il vangelo è unico, ma tetramorfo), le 13 lettere di Paolo, gli Atti degli Apostoli e alcune lettere cattoliche (la prima di Pietro e le prime due di Giovanni). Gli stessi vangeli sono riconosciuti “ispirati” e veritieri anche dall’apologista Tertulliano (150 – 222 d.C.) che a proposito afferma: "…costituiamo innanzitutto [il Nuovo Testamento] come strumento evangelico e apostolico…" (Adversus Marcionem, IV). Clemente (150 – 215 d.C.), vescovo di Alessandria, in Egitto, conosce questi testi e li accetta come canonici. 

Un quadro preciso della situazione di quel tempo ce lo fornisce Origene, il famoso teologo-filosofo cristiano nato nel 185 d.C. ad Alessandria e morto nel 254 d.C. Per sfuggire alle varie persecuzioni (quelle di Settimio Severo del 202 d.C e di suo figlio Caracalla nel 215 d.C.) Origene è costretto a spostarsi dall’Egitto verso la Palestina e venire, così, in contatto con molte comunità cristiane. Egli divide il canone in scritti accettati da tutti e dovunque, cioè i quattro vangeli del nuovo Testamento, le 13 lettere paoline, gli Atti degli Apostoli, la prima lettera di Pietro, la prima di Giovanni con la sua Apocalisse, e scritti discussi, cioè la seconda lettera di Pietro, la lettera di Giacomo e la seconda e terza lettera di Giovanni (In Eusebio, Historia ecclesiastica VI,25,3-14). Tra queste solo la lettera agli Ebrei entrerà nel canone più tardi, nel 380 d.C., proprio perché si dubitò a lungo sull’attribuzione a Paolo.

Tenendo conto di tutte queste testimonianze dei Padri Apostolici si può affermare con certezza che verso il 200 d.C., quindi oltre un secolo prima dell’avvento di Costantino, è ormai formato il nucleo centrale del canone ed è costituito dai quattro vangeli, da 13 lettere paoline, dagli Atti degli Apostoli e dall’Apocalisse di Giovanni. Le lettere cattoliche entreranno nel canone più tardi nel IV secolo (la lettera di Giacomo, ad esempio, entrerà solo verso il 350 d.C.). L. Gardner afferma che Giacomo, capo dei giudeo-cristiani, si opponeva con forza a Paolo fautore di un cristianesimo alieno dal messaggio autentico di Gesù. Questa cretinata viene smentita proprio dall’entrata nel canone della lettera di Giacomo, nel 350 d.C., dopo l’era Costantiniana.

Eusebio di Cesarea, il più grande storico della Chiesa primitiva, scrisse, tra la fine del III secolo e l’inizio del IV, il suo più grande lavoro, l’“Historia ecclesiastica”. Tra le innumerevoli notizie riportate (di cui ho fatto enorme uso, n.d.r.) c’è anche un interessantissimo brano in cui viene presentata nel dettaglio la situazione al suo tempo circa la formazione del canone: "Arrivati a questo punto, ci sembra ragionevole ricapitolare [la lista] degli scritti del Nuovo Testamento di cui abbiamo parlato. E, senza alcun dubbio, si deve collocare prima di tutto la santa tetrade degli evangeli, cui segue il libro degli Atti degli Apostoli. Dopo questo, si debbono citare le lettere di Paolo, a seguito delle quali si deve collocare la prima attribuita a Giovanni e similmente la prima lettera di Pietro. A seguito di queste opere si sistemerà, se si vorrà, l’Apocalisse di Giovanni, su cui esporremo a suo tempo ciò che si pensa. E questo per i libri universalmente accettati. Tra gli scritti contestati, ma tuttavia riconosciuti dalla maggior parte, c’è la lettera attribuita a Giacomo, quella di Giuda, la seconda lettera di Pietro e le lettere dette seconda e terza di Giovanni, che sono dell’evangelista o di un altro che porta lo stesso nome. Tra gli apocrifi vengono anche collocati il libro degli Atti di Paolo, l’opera intitolata Il Pastore, l’Apocalisse di Pietro e dopo questi la lettera attribuita a Barnaba, i cosiddetti Insegnamenti degli Apostoli (più noti col nome Didaché, n.d.r.), poi, come s’è già detto, l’Apocalisse di Giovanni, se si vuole. Qualcuno, come ho già detto, la rifiuta, ma altri la uniscono ai libri universalmente accettati. Tra questi stessi libri alcuni hanno ancora collocato il Vangelo secondo gli Ebrei, che piace soprattutto a quegli Ebrei che hanno creduto a Cristo. Pur stando così le cose per i libri contestati, tuttavia abbiamo giudicato necessario farne ugualmente la lista, separando i libri veri, autentici e accettati secondo la tradizione ecclesiastica, dagli altri che, a differenza di quelli, non sono testamentari (cioè vincolanti, n.d.r.), e inoltre contestati, sebbene conosciuti, dalla maggior parte degli scrittori ecclesiastici; affinché possiamo distinguere questi stessi e quelli che, presso gli eretici, sono presentati sotto il nome degli apostoli, sia che si tratti dei vangeli di Pietro, di Tommaso e di Mattia o di altri ancora, o degli Atti di Andrea, di Giovanni o di altri apostoli. Assolutamente nessuno mai tra gli scrittori ecclesiastici ha ritenuto giusto di ritrovare i loro ricordi in una di queste opere. D’altra parte, il carattere del discorso si allontana dallo stile apostolico; il pensiero e la dottrina che essi contengono sono talmente lontani dalla vera ortodossia da poter chiaramente provare che questi libri sono delle costruzioni di eretici. Perciò non si debbono neppure collocare tra gli apocrifi, ma si debbono rigettare come del tutto assurdi ed empi" (Historia Ecclesiastica III, 25, 1-7).

Anche Eusebio, come Origene, divide gli scritti in “accettati” (il testo greco riporta il vocabolo “homologoúmena” cioè “sui quali vi è accordo”), “discussi” (nel testo greco “antilegómena”) e, aggiunge, “apocrifi”, cioè da rigettare. Come si può notare i quattro vangeli, anche qui denominati “la tetrade”, sono i primi ad essere universalmente accettati assieme agli Atti ed alle lettere di Paolo. Tra gli scritti rifiutati, è interessante notare, ci sono i vangeli provenienti dagli ambienti eretici (come quelli gnostici) che, per darsi autorità, si presentano sotto il nome degli apostoli. Tra questi c’è pure il famoso vangelo gnostico detto “di Tommaso”. Gli altri testi gnostici, tanto cari a D. Brown, non sono neppure menzionati singolarmente, ma respinti in blocco come “costruzioni di eretici…del tutto assurdi ed empi”. 

Eusebio ci spiega anche il motivo di queste scelte: sono accettati solo quelli temporalmente più vicini al tempo di Gesù, che hanno un legame diretto con la predicazione apostolica come garanzia di fedeltà ai fatti narrati e che sono unanimemente accettati dalle comunità cristiane. Non è stata, quindi, come afferma D. Brown, una eliminazione di testi “scomodi” non allineati con la dottrina prevalente, tanto è vero che moltissimi testi in linea con la dottrina cristiana, ma che non rispondevano pienamente ai requisiti richiesti, non sono entrati nel canone. Questo è il caso, ad esempio, dell’Apocalisse di Pietro, del Pastore di Erma o della Didachè.

Quando, nel 367, il vescovo di Alessandria Atanasio stila una lista dei testi da ritenersi canonici non fa altro che riportare 27 scritti già da tempo largamente accettati ed approvati dalle comunità cristiane. Questa medesima lista sarà sottoposta alle decisioni conciliari di Ippona (393 d.C.) e Cartagine (397 e 419 d.C.) divenendo così, assieme a secondarie aggiunte successive, il Canone delle Scritture della Chiesa Cattolica.

Quindi nessuna confisca e distruzione di testi scomodi, la formazione del Canone è stato un processo lungo ed articolato che si svolse nell’arco di tre secoli e che si concluse, sostanzialmente, molto tempo prima dell’avvento di Costantino. I vangeli gnostici non hanno mai riscosso credito in nessuna epoca, neppure in occasione della riforma protestante, che pure ripropose la questione della canonicità di alcuni scritti neotestamentari. I vangeli gnostici sono sempre stati considerati inattendibili.

Tutte queste informazioni le ho tratte, senza alcuna difficoltà, da comuni enciclopedie e da siti internet specializzati. Fonti facilmente accessibili a chiunque, senza dover avere per forza una competenza particolare o la necessità di addentrarsi in complicati studi. Ma allora mi chiedo: non poteva farlo anche D. Brown? Perché giocare con argomenti così importanti per milioni di persone, quando non si ha la minima base storica per supportare certe fantasie? Quello che voglio censurare non è la legittima libertà di scrivere un romanzo, ma il disprezzo per la verità storica, la mancanza di rispetto verso la fede cristiana e la mancanza di qualsiasi scrupolo pur di conseguire il successo commerciale.

martedì 22 novembre 2016

Luigi Tosti e l’odio verso la Chiesa e i cristiani.

Sconosciuto al grande pubblico, questo, ormai ex, magistrato del Tribunale di Camerino (MC), nel lontano 2002 balzò improvvisamente agli onori della cronaca per la sua sconcertante iniziativa di voler bandire il crocifisso dalle aule dei tribunali della Repubblica italiana. 

Questo personaggio è un classico rappresentante del laicismo in Italia, autentico eroe degli atei e degli agnostici anticristiani, poneva come motivazione della sua assurda campagna contro il crocifisso tutto il fantasioso repertorio di accuse e contumelie alla Chiesa e ai cristiani tipico della propaganda laicista e il fatto che lo Stato Italiano, che appellava ironicamente come “Vaticalia”, fosse, appunto, succube del Vaticano (sic). Spinse a tal punto la sua folle iniziativa fino ad affrontare una grottesca battaglia legale che nel 2012 lo vide assolto dall’accusa di essersi rifiutato di tenere le udienze nelle aule dove fosse esposto il crocifisso. Dato, questo, che sconfessa clamorosamente il nostro ex giudice sul fatto che l’Italia sia veramente un paese succube del Vaticano. 

Le argomentazioni di Luigi Tosti ripropongono il campionario classico delle fantasiose accuse e leggende che l’immaginario collettivo laicista rivolge contro la Chiesa e la sua storia. Ciò che mi colpì di tale personaggio fu la cieca pervicacia nel sostenere, con espressioni spesso becere e volgari, argomentazioni del tutto fallaci. Considerando che il Tosti, essendo un Magistrato, quindi una persona che avrebbe dovuto disporre di una cultura al di sopra della media e, non nego, spinto anche da una certa curiosità, decisi di confrontarmi personalmente con tale personaggio per cercare di capire la solidità delle sue argomentazioni. A tal proposito visitai il suo blog e in risposta dell’ennesimo post di invettive verso la Chiesa e i cristiani gettai l’amo…

Complimenti Luigi Tosti, un bel "pastone" ideologico dove ha messo il meglio di tutto il fantasioso ed immaginario universo antireligioso e, specialmente, anticattolico. Una bruttura che le rende veramente "onore";

Al che Luigi Tosti mi rispose: “Complimenti, Luigi Ruggini. Soprattutto per la documentatissima replica, supportata da prove inoppugnabili sull'inesistenza storica dei crimini della tua augusta religione e dei tuoi augusti papi criminali (nonché Santi). Il tuo il tipico commento del fedele cattolico integralista che, posto di fronte ai crimini della tua religione, nient'altro sa fare se non farsi gonfiare il fegato dai bollori di ira e sparare critiche a vanvera. La "fortuna", molto relativa, è che i fanatici religiosi dei tuo stampo non sono più adusi all'uso del rogo, dell'Inquisizione e dei Kalashnikov”.

Come supponevo il nostro ex giudice partì subito in quarta, ma lo rassicurai facendogli notare che non c’era bisogno di perdere la calma e che ero in grado di documentare esaustivamente ogni mia asserzione. Ma il Tosti continuò sulla stessa strada come un turbine: “Noto, signor Ruggini, che seguita sempre a mantenersi sulla vaghezza apodittica delle sue tesi confutative delle VERITA' storiche, che mi sono limitato a rispolverare. Noto anche che […] lei, da buon cattolico, tenta di annichilire i crimini della sua religione con l'arguto argomento della "contestualizzazione", secondo cui sono le vittime della vostra criminalità i veri "colpevoli", in quanto non si sono adeguate alle "usanze" dei tempi in cui perpetravate i vostri crimini. Si tratta di un argomento a dir poco indegno, in base al quale sono stati Giordano Bruno, Galileo Galilei, gli eretici e le streghe arse sui roghi i veri "colpevoli", perché non si sono adeguati alle "regole" praticate dalla religione del tempo”. Infine sentenziò: “Vede, la differenza tra le religioni e l'Ateismo sta nel fatto che nel nome degli dei sono stati perpetrati i più deliranti crimini ed atrocità, mentre non è esistita alcuna associazione atea che abbia mai sterminato, torturato, inquisito altri esseri umani al grido: "Dio lo vuole!!".

Mi apparve subito chiaro il modo ideologico con cui il Tosti richiamava determinati eventi storici che riguardavano alcune condotte della Chiesa. Glielo feci notare: “Vede, sig. Tosti, quello che le contesto è il suo modo ideologico di analizzare la storia. Il suo è un modo di fare che non potrà mai arrivare ad una accettabile oggettività perché inficiata dal suo pregiudizio. La contestualizzazione a cui mi riferisco non è certamente quella che lei ha tratteggiato. Se non ci si cala seriamente nell'ambiente storico non si potrà mai capire che la Chiesa ha sempre avuto la necessità di offrire ai propri membri, che non sono tutti eroi o scienziati, l’ambiente ideale dove possano fiorire la loro fede e la loro vita cristiana. Perciò, quando alcuni pretendono di chiamarsi cristiani minacciando l’accordo ecclesiale, essa può e deve togliere loro i mezzi per nuocere.
Non si può parlare di Giordano Bruno, Paleario, ecc. senza ricordare il periodo di Controriforma dove la Chiesa aveva l'ansia di difendere la fede attaccata da tutte le parti. Per contestualizzazione, quindi, intendo l'innegabile circostanza che in ogni epoca la violenza utilizzata dalla Chiesa sia stata una reazione, una difesa della fede e dell'ordine costituito contro la sovversione portata dall'eresia. Diversamente le dittature e le rivoluzioni laiciste atee miravano a distruggere un sistema di valori per imporne un altro, non unanimemente condiviso, attuando l’intento con azioni invasive e prevaricatrici particolarmente violente e repressive. Non si trattò mai di un’azione di legittima difesa, ma di una vera e propria azione di sopraffazione messa in atto, il più delle volte, da un limitato gruppo di pressione nei confronti della maggioranza”.

A questo punto intervennero anche altri utenti del blog che, ovviamente, presero le parti del Tosti. Gli feci notare che il loro era un tipico atteggiamento “laicista”. Al Tosti tale vocabolo non piacque: “Per Luigi Ruggini. "Laicista" è colui che crede nel "principio di laicità" che, è bene ricordartelo, è uno dei principi "SUPREMI" sui quali si fonda la nostra Costituzione repubblicana. Questo principio consiste, come dice la Corte Costituzionale, nell'obbligo dello Stato italiano di essere imparziale, neutrale ed equidistante nei confronti delle ideologie religiose, positive o negative che esse siano […] Semmai sono quelli come te, che sostengono che la Chiesa cattolica e i cattolici debbano essere privilegiati dallo Stato italiano a discapito degli atei e di coloro che credono in dei "inferiori" al vostro, che debbono vergognarsi”. 

A quel punto precisai che: “Per me, invece, laicista è un termine che indica la persona intollerante che offende, denigra e, mentendo, infanga il credente. […] La nostra Costituzione repubblicana insegna primariamente il rispetto per le idee e per il credo altrui, fondando la nostra società su quei valori della persona umana che sono condivisi da tutti gli uomini che amano la pace, la tolleranza e la fratellanza. Valori che, guarda caso, scarseggiano ampiamente nel vostro, laicistico, argomentare. La nostra società è laica e tutti i credi e le idee sono in egual modo tutelate e libere di essere professate. Io sono un cittadino italiano e, quindi, non penso affatto che la Chiesa e i cristiani debbano essere privilegiati dallo Stato. Purtroppo, però, mi sto rendendo conto che in Italia si sta facendo largo questo laicismo intollerante, di cui lei è solo uno dei tanti rappresentanti, che non rispettando il credo altrui tradisce i valori su cui si basa la nostra Costituzione”.

Molto probabilmente sorpreso dalla mia pazienza e dalla mia volontà di confronto, il Tosti tirò fuori tutto il suo repertorio di fesserie laiciste: “Noto che il sig. Ruggini è colto da rododendro quando gli si spiattellano le VERITA' scomode. Il termine laicista è stato coniato da idioti cattolici che tentano di contrabbandare il loro confessionalismo per laicità, anzi per "sana" laicità. […] Nella Repubblica Pontificia italiana, altrimenti detta Vaticalia o Colonia del Vaticano, la laicità delineata dalla Costituzione è un miraggio. Solo i perfetti e patentati disonesti lo possono negare. Basta considerare che SOLO il Papa, i vescovi, i preti cattolici utilizzano quotidianamente la Televisione di Stato, altrimenti detta RAI, diffondendo le loro perle di saggezza quotidianamente, e soprattutto durante i telegiornali. Solo i cattolici possono far insegnare la loro strampalata e immorale religione nelle scuole dello Stato e spese dei cattolici. Solo i cattolici sono stati i beneficiari della legge sul mantenimento del clero (8 per mille). […] Solo i preti cattolici vengono assunti e stipendiati come cappellani militari ed ospedalieri ai danni e a spese di tutti gli italiani. Solo i cattolici vengono sovvenzionati per le riparazioni, costruzioni e ristrutturazioni delle loro chiese. Solo la Chiesa cattolica viene esentata dall'IMU, ICI, TASI TARI sugli immobili e non paga l'erogazione dell'acqua e il servizio di nettezza urbana. La Chiesa cattolica vive parassitariamente ai danni degli italiani con un prelievo dai 7 ai 20 miliardi l'anno. Tutti gli altri sono considerati delle sorti di frammenti fecali, rispetto ai cattolici…”.

Di fronte a questo fuoco di fila di banalità laiciste gli feci notare quanto fosse ridicolo definire l’Italia come “Vaticalia”: “Mi parla di “Vaticalia”, mi vien da ridere!!!! Se la Chiesa fosse così potente come lei afferma, perché in Italia c’è l’aborto? Come è possibile che nella Repubblica Pontificia italiana è legale andare contro la Chiesa? Perché c’è il divorzio? Perché è possibile ricorrere alla fecondazione eterologa? La televisione di Stato utilizzata dal Papa? Ma non dica fesserie, si tratta solo di un servizio pubblico, in Italia il Papa è seguito da milioni di persone, oltre ad essere una personalità come Obama, Hollande o la Merkel. Perché non si lamenta pure del fatto che in tutti i Tg ci sono sempre anche questi personaggi? L’ora di religione cattolica nelle scuole fa parte del Concordato tra la Chiesa e lo Stato Italiano, è un dato storico, l’Italia è un Paese di profonde radici cristiane e cattoliche, è normale che sia un dialogo particolare. L’importante è il fatto che chiunque è liberissimo di non frequentare, nessuna imposizione. L’8 per mille non è beneficiato solo dalla Chiesa cattolica, ma da qualsiasi altra confessione religiosa, e non, che ne faccia richiesta, e poi, è bene ricordare che questa “famigerata” contribuzione è VOLONTARIA e non imposta a nessuno! L’esenzione da IMU e quant’altro, è regolata da una legge, quella per il sostegno alle associazioni “no profit” impegnate nel sociale, di cui ne beneficiano TUTTI e non solo la Chiesa cattolica, quindi non venga a raccontare sciocchezze! Ed anche la storia che la Chiesa cattolica parassitizzi l’Italia è una bufala laicista! A fronte di un contributo di circa un miliardo di euro, che la Chiesa riceve con l’8xmille, ne vengono restituiti almeno 11 in beni e servizi, ad esempio solo le parrocchie in ambito sociale forniscono aiuti per almeno 260 milioni di euro all’anno. Quando per portare avanti il proprio odio ideologico arrivate ad infangare, a mentire e a manipolare la realtà, significa che avete perso di vista i principi su cui si basa quella Costituzione che vi vantate tanto di difendere”.

Da questo punto in poi il nostro confronto proseguì sulla stessa falsariga con il Tosti sempre inviperito, ma sostanzialmente incapace di fornire una valida confutazione alle mie obiezioni (per chi ne fosse interessato l’intero contraddittorio è reperibile qui). Questo confronto mi diede l’ennesima conferma di quanto sia basso il livello culturale delle argomentazioni laiciste contro la Chiesa e la religione. Sono caratterizzate da un’ignoranza storica abissale, frutto della manipolazione iniziata in età illuminista, da un’impressionante stravolgimento della realtà e da un disprezzo ed astio senza precedenti. Il sig. Luigi Tosti incarna perfettamente ognuna di tali caratteristiche e questo lo rende il personaggio paradigma di ogni laicista.

giovedì 10 novembre 2016

Il laicismo di Veronesi

E' morto il professor Umberto Veronesi, l'oncologo italiano più conosciuto. Aveva 90 anni, una vita spesa a combattere il cancro. Diceva sempre di desiderare di veder sconfitto questo male, il male del secolo. Un desiderio che, purtroppo per lui, non si è avverato, ma è certo che la sua opera costituisce un importantissimo contributo per sconfiggere in futuro questo tremendo male. La scienza perde un grande scienziato.

Ma a rendere ancor più triste, almeno a mio parere, questa perdita è anche l'atteggiamento apertamente antireligioso che ha sempre avuto Veronesi. Non se ne va, infatti, solo un uomo di scienza, ma anche un acceso polemista che non perdeva occasione di esternare il suo astio verso la religione. Nei suoi interventi pubblici non mancavano mai affermazioni contro Dio e i credenti. Per lui la scienza e la fede erano inconciliabili perché mentre la prima si pone sempre dei dubbi, la seconda crede ciecamente in una specie di leggenda senza il diritto di criticarla o metterne in dubbio dogmi e misteri. Questa avversione verso la fede traspare anche da alcuni suoi libri in cui si affannava a dimostrare l'inesistenza di Dio. Diceva che il cancro è molto simile a un campo di concentramento. "Così come Auschwitz- raccontava - per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio". Si chiedeva: "Come puoi credere nella Provvidenza o nell'amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del non so".

Per Veronesi il credente è un povero illuso che, temendo la morte, ha bisogno di costruirsi un mondo immaginario che chiama "aldilà". Il laico, invece, secondo Veronesi, sarebbe una persona più seria che affronterebbe con più coraggio la morte. 


E' un vero peccato che una tale intelligenza, seppur laica, non avesse alcun rispetto per i credenti e la religione. Si può pensarla a modo proprio, non credere in Dio, ma perché avere una tale disistima verso coloro che credono? Veronesi pensava forse che sia molto più sensato credere che tutto abbia avuto origine dal nulla? Eppure gli scienziati sanno bene che in natura ogni effetto ha la sua causa, allora? E la fede è davvero cieca ed immotivata o non si basa in realtà sulla testimonianza di coloro che hanno visto e vissuto Cristo? La fiducia non è forse l'unico sistema con cui riusciamo a conoscere moltissima parte della realtà che ci circonda come, ad esempio, i rapporti di amicizia o di amore? E la concezione di Dio di Veronesi, cioè vedere in una malattia una manifestazione del capriccioso suo volere, non è forse un po’ infantile? I cristiani sanno che le malattie dell’uomo altro non sono che un errore causato dalla nostra inadeguatezza. Allo stesso modo, anche ciò che avvenne ad Auschwitz fu l'ennesimo errore della libertà dell’uomo, una libertà usata malissimo. Che c'è di stupido nel credere in questo?

Veronesi si chiedeva perché Dio non intervenisse ad impedire il male, la malattia, ma essendo il male la nostra volontaria lontananza da Dio, l’impedimento di questa libertà non è anch’essa una forma di intollerabile violenza? Dio non sceglie di non intervenire, ma lo fa rispettando la nostra condizione di esseri liberi di amare o meno. E lo fa a modo suo, nascostamente, nel rispetto della nostra volontà traendo da ogni male un bene più grande.