mercoledì 24 dicembre 2025

mercoledì 17 dicembre 2025

Sapiens Sapiens e le bugie sull'Immacolata Concezione.

E' appena trascorsa la festa dell'Immacolata Concezione, una bellissima espressione della fede cristiana cattolica, che ci introduce dolcemente nel Mistero d'Amore del Natale. Ma anche quest'anno questa ricorrenza viene attaccata e vituperata dai soliti siti laicisti odiatori del cristianesimo. Non poteva mancare all'appelo il Canale YT Sapiens Sapiens, dell'odiatore Fratarcangeli, tra i più attivi del genere, che invece di rispettare la fede e le convinzioni altrui, come tutti i cristiani rispettano la sua decisione di apostatare dal cristianesimo, non perde l'occasione di catturare qualche clic e guadagnare un po' di soldini, attaccando il dogma dell'Immacolata Concezione, ma facendo sfoggio di una ignoranza abissale e, francamente, imbarazzante.

Fratarcangeli, infatti, con fare tra l'ironico e il finto stupito, si chiede come mai la Chiesa si sia "accorta" che Maria, la madre di Gesù, sia stata concepita senza peccato, solo nel 1854, dopo quasi due millenni? Adombrando così un motivo di convenienza e di losca opportunità nella formulazione del dogma. Ma Fratarcangeli è un disinformato, infatti non sa che Il dogma dell’Immacolata Concezione non nasce nel 1854, ma viene solo definito in quell’anno. In teologia, infatti c’è una distinzione importante: la verità rivelata può essere presente fin dall’inizio, la definizione dogmatica arriva quando la Chiesa ritiene necessario chiarire formalmente ciò che i fedeli hanno sempre creduto. Riguardo all’Immacolata, infatti, abbiamo testimonianze liturgiche già dal VII-VIII secolo, riflessioni teologiche costanti dal Medioevo e una convinzione popolare diffusissima. I primi a sviluppare la dottrina di Maria come una seconda Eva, pura, immacolata, incorrotta ed innocente e quindi immune anche dal peccato originale furono i Padri della Chiesa Giustino martire, Ireneo di Lione e Cirillo di Gerusalemme nei secoli II e III. Per Efrem il siro, IV secolo, Maria era innocente come Eva prima della caduta (Frederick Holweck, Immaculate Conception, in The Catholic Encyclopedia, vol. 7, New York, Robert Appleton Company, 1910). Anche il grande teologo Agostino d'Ippona (354-430) è uno dei primi teologi che parlano della natura perfetta e speciale di Maria.

Attorno a questo argomento della fede, però, nacque nei secoli successivi, una discussione tra i teologi cattolici che furono sostanzialmente divisi sulla questione: a grandi linee, i domenicani sostenevano la redenzione anticipata degli scolastici ("macolisti"), mentre i francescani sostenevano la redenzione preventiva di Scoto ("immacolisti"). Quindi, quando nel 1854, Pio IX, dichiara l'immacolata concezione di Maria, non “inventa” una dottrina nuova, ma riconosce ufficialmente una verità già creduta, dopo secoli di riflessione, proprio al fine di portare una definitiva parola di chiarezza a beneficio della fede e della vita della Chiesa. Non si trattò di un capriccio, di una astrusità gratuita da parte del Papa, come lascia intendere Fratarcangeli, ma di una cosa seria, la definitiva decisione della Chiesa che termina una discussione teologica secolare.

Ma Fratarcangeli non si ferma qui, continuando nella sua ignoranza afferma che il dogma non avrebbe senso perché non ci sarebbe nessun "peccato originale" in quanto i due personaggi biblici che lo avrebbero commesso, Adamo ed Eva, non sarebbero mai esistiti. Si rimane stupiti davanti a tanta ignoranza e superficialità. Prima di lasciarsi andare a queste sciocchezze Fratarcangeli dovrebbe sapere che la Chiesa cattolica non insegna il “creazionismo letterale”. Nel Catechismo viene chiarito che i racconti dei primi capitoli della Genesi sono veri, ma non nel senso di un reportage storico. Sono un genere teologico e simbolico che trasmette una verità profonda. La posizione cattolica attuale è compatibile con scienza ed evoluzione, ritiene che l'umanità ha un’origine evolutiva, che “Adamo ed Eva” rappresentano la prima umanità dotata di anima spirituale, alla quale Dio offre una relazione speciale. Il peccato originale non è un evento “mitico” nel senso di inventato, ma una realtà spirituale, descrive l’umanità che agli inizi rifiuta Dio, rompendo l’armonia interiore, con gli altri e con il creato. Il Catechismo (nn. 390-406) parla chiaramente di linguaggio simbolico che esprime un fatto reale: l’ingresso del male morale nella storia umana. Ciò che non capisce Fratarcangeli sulla Scrittura è che non importa se “Adamo ed Eva” siano stati due individui specifici, ciò che è importante è che la prima umanità ha rotto il rapporto con Dio e questa ferita ricade su tutti i discendenti. Questa è la verità teologica del peccato originale.

Altra sciocchezza detta nel video riguarda l'episodio evangelico di Maria che, rispettando la Legge mosaica, si reca al tempio per la purificazione. Un euforico Fratarcangeli, che pensa di aver dato scacco matto ai creduloni cristiani, chiede retoricamente: "Perché Maria va a purificarsi al Tempio se è immacolata?" La domanda è talmente stupida e provocatoria che non meriterebbe neppure una risposta, ma a beneficio di chi vuole conoscere la verità, fornirò una breve risposta. Nel Vangelo si parla della “purificazione” secondo la Legge di Mosè (Lc 2,22-24). Quindi Maria sta solamente adempiendo ad un obbligo di Legge, non lo fa perché è impura, ma come atto di umiltà e partecipazione alla condizione del suo popolo. L'accostamento di tale rito con il dogma dell'Immacolata Concezione è solo pretestuosa e strumentale, infatti questa Verità di fede riguarda esclusivamente il concepimento di Maria, non la sua condizione legale secondo la legge mosaica. Anche se senza peccato, ella viveva all'interno di un sistema rituale che chiedeva certi gesti simbolici. Gesù stesso, pur essendo Dio e perfettamente puro, si sottopone al battesimo di Giovanni, che era un rito di penitenza. Non perché ne avesse bisogno, ma per solidarietà con l’umanità, per obbedienza alla volontà del Padre e per dare compimento alla legge. Maria agisce allo stesso modo: umiltà, obbedienza, partecipazione ai riti del suo popolo.

Alla fine del video Fratarcangeli afferma: "La necessità di un mito dell'Immacolata Concezione, perché di un mito si tratta, piaccia o no, fu forse sentita per rendere pensabile che Dio non potesse scegliere una donna concepita con la macchia del peccato originale. Che fosse un mito senza fondamento lo aveva capito nel 1617 anche il Cardinale Bellarmino [...] quando ammise che nelle scritture, testualmente, non c'era niente di tutto questo".

Si tratta del solito gioco sporco di Fratarcangeli che con tale affermazione vuole far passare il messaggio che persino un reverendissimo cardinale della portata del Bellarmino avrebbe ammesso la natura truffaldina dell'operato della Chiesa nel dogmatizzare ciò che è solo un mito. Ma non bisogna mai fidarsi di un hater, nelle loro affermazioni si nasconde sempre l'imbroglio. Infatti quella citazione appartiene al clima di dibattito teologico che si andava sviluppando nel XVII secolo attorno all'Immacolata Concezione di Maria di Nazareth. Bellarmino non fu mai contrario alla dottrina dell'Immacolata Concezione, solo osservava che non esisteva, a suo giudizio, un testo biblico che provasse esplicitamente quella dottrina. L'alto prelato non stava affermando che la dottrina fosse falsa o eretica, ma che non poteva essere comprovata direttamente con un testo biblico isolato. Questa posizione rifletteva una prudenza teologica comune nel dibattito teologico dell’epoca. In quel periodo Bellarmino stesso era favorevole in linea di principio alla definizione e promozione della Immacolata Concezione, ma riteneva che la Scrittura non offrisse prove testuali evidenti per sostenerla con forza teologica isolata, ma che si poteva desumere dal contesto. Infatti Bellarmino sostenne personalmente e teologicamente la causa dell’Immacolata Concezione attraverso lettere (una del 1617 e una del 1618) e sermoni (John A. Hardon, SJ Archivio e Corporazione).

Quindi a differenza delle maligne insinuazioni di Fratarcangeli, il Cardinale Bellarmino non affermò mai che l'Immacolata Concezione fosse un mito, ma anzi affermò che la sentenza favorevole all’Immacolata Concezione non era da ritenersi eretica, in quanto la Chiesa, ossia la Sede Apostolica, ha definito il contrario (Atti e Documenti pubblicati nel cinquantesimo anniversario della stessa Definizione. Vol. I, Tipografia Vaticana, Roma 1904, p. 12). Ciò dimostra il fatto che il dogma non è un capriccio del Papa o un'operazione truffaldina, ma nasce e si sviluppa in un ambito di riflessione e confronto teologico serio e profondo.

Purtroppo siamo di fronte all'ennesimo video spazzatura che diffonde notizie false al solo scopo di abbindolare i poco informati e fomentare astio contro la Chiesa cattolica e i cristiani. In particolare il canale Sapiens Sapiens è tra i più attivi in questa deprecabile attività.

domenica 7 dicembre 2025

Sapiens Sapiens e la manipolazione visiva

Stavolta non compare la classica scritta "FALSO" sull'immagine di copertina dell'ennesimo video del Canale YT Sapiens Sapiens, in quanto l'oggetto della mia critica riguarda proprio quell'immagine e preferisco non modificarla affinchè sia chiara a tutti i lettori.

Il video in questione è dedicato ad una piccola setta religiosa statunitense, un gruppo marginale, violento e razzista, composto da appena una settantina di adepti. Ovviamente non ho nulla da eccepire sui contenuti del video, che sono
ampiamente condivisibili, ma quello che stona è decisamente l'immagine di copertina del video che solleva più domande sull’autore del contenuto che non sull’oggetto dell’inchiesta. L’immagine scelta, infatti, non ritrae né i luoghi né i simboli riconducibili alla setta in questione: al contrario, mostra una chiesa medioevale, chiaramente cattolica europea, e un’orda di presunti “fanatici” brandenti crocifissi, in un’atmosfera esasperata e caricaturale.

L’uso di una chiesa cattolica come sfondo per raccontare una realtà completamente diversa geograficamente, culturalmente e teologicamente è una manipolazione visiva evidente. La setta oggetto del video, la semisconosciuta "Westboro Baptist Church", è completamente iconoclasta e questo cozza fortemente con la presenza dei crocifissi nell'immagine di copertina. Non si tratta, dunque, di un errore estetico, ma di una precisa strategia comunicativa: evocare nell’osservatore un immaginario familiare e facilmente identificabile, accostando simboli riconoscibili a una narrazione che non gli appartiene. Questa scelta genera una sovrapposizione indebita tra il cattolicesimo, religione globalmente diffusa e variegata, e una minuscola setta estremista americana che nulla condivide con esso. Il risultato è una mistificazione che, anziché chiarire, disorienta deliberatamente.

La rappresentazione di “fanatici con crocifissi” agisce come una leva emozionale più che informativa. L'hater Fratarcangeli cerca evidentemente di associare la violenza della setta al cristianesimo nel suo complesso, sfruttando l’impatto immediato dei simboli religiosi per catturare l’attenzione e indirizzare l’interpretazione del pubblico prima ancora che il contenuto venga visto.

Questa tecnica, ampiamente utilizzata nella comunicazione ideologica, non aiuta lo spettatore a comprendere il fenomeno reale, anzi lo trascina in un terreno simbolico distorto, dove tutto è ridotto a stereotipo e sensazionalismo. Un intento ideologico mascherato da informazione

La distanza tra la realtà dei fatti e la copertina proposta rivela un intento che va oltre la semplice promozione: l’obiettivo sembra essere quello di alimentare una narrativa più ampia, in cui i simboli religiosi più riconoscibili vengono associati a fanatismo e violenza, indipendentemente dal contesto. In questo modo, l’autore del video utilizza la setta come pretesto per veicolare un messaggio ideologico che punta a delegittimare un intero immaginario religioso, ben più vasto e complesso.

Il risultato non è un’inchiesta, ma un’operazione retorica: si denuncia un gruppo estremista, ma si insinua anche un legame, totalmente infondato, con tradizioni religiose che non c’entrano nulla.

La copertina, dunque, non è solo fuorviante: è rivelatrice. Racconta molto più delle intenzioni dell’autore che della setta di cui vorrebbe parlare. Un’immagine accurata avrebbe potuto introdurre il pubblico a un fenomeno realmente sconosciuto e circoscritto; quella scelta, invece, tradisce la volontà di costruire un racconto manipolatorio, basato su associazioni simboliche ingannevoli.

In un’epoca in cui le immagini guidano la percezione pubblica, simili operazioni non sono innocue. Criticarle significa difendere non solo la correttezza informativa, ma anche la responsabilità culturale di chi comunica.

venerdì 5 dicembre 2025

Sapiens Sapiens e il Dio ingiusto

 

In questo video l'hater Fratarcangeli si atteggia a fine pensatore ed è fermamente convinto di aver assestato un colpo mortale alla teologia cattolica di un Dio buono e benevolente. Con il suo solito fare malizioso, di chi coglie il gatto con il sorcio in bocca, enuncia trionfante: "Se il Dio cristiano è davvero onnipotente, buono, giusto, saggio, benevolente e perfettissimo allora non dovrebbe imporre l'esistenza senza consenso, invece secondo la dottrina classica nessuno di noi ha potuto scegliere di esistere, né ha potuto scegliere i termini del gioco: la libertà, il peccato, la redenzione, la dannazione. Questo è incompatibile con l'immagine di un Dio perfettamente giusto, saggio e benevolente".

Come è chiaramente evidente, si tratta di un sofisma, cioè un ragionamento capzioso, in apparenza logico, ma sostanzialmente fallace. Infatti basta analizzare questa accusa con un minimo di logica, liberandosi da ogni visione ideologica, che subito è palese la sua inconsistenza.
Nessuno può “chiedere” il permesso di essere creato e obiettare che “Dio dovrebbe chiedere il permesso prima di creare” è logicamente contraddittorio: per dare il permesso, infatti, si dovrebbe già esistere. Ma se già si esiste, non si ha più bisogno di essere creato. Quindi l’idea stessa di “imposizione ingiusta” è concettualmente priva di senso. 

Già solo questa considerazione smonta in modo convincente e definitivo l'assurdità di Fratarcangeli. Ma il nostro hater, evidentemente accortosi della fallacia del suo discorso, si affretta a precisare: "Se il consenso prima della creazione è impossibile, allora Dio agisce unilateralmente, non in una relazione di libertà reciproca". Ma la "toppa" è peggio del buco, infatti la giustizia riguarda le relazioni tra soggetti. Perché qualcosa sia “ingiusto”, devono esserci: due soggetti morali, un’azione che danneggia uno dei due e una consapevolezza o volontà di compiere il torto. Ma prima della creazione l’uomo non è un soggetto morale. Il rapporto Creatore–creatura non è simmetrico e non può essere giudicato con le stesse categorie della giustizia contrattuale tra esseri già esistenti. 
Inoltre c'è da considerare il fatto che la creazione non può essere considerata una decisione unilaterale o una bizzarria di un Dio che non aveva nient'altro da fare, perché si tratta della comunicazione del suo Amore. Dio, infatti, è Amore (1Gv 4,8) e, in quanto tale, è relazione, vicinanza, donazione. L'amore perfetto non può restare da solo, fine a sè stesso.  

Ancora insiste Fratarcangeli: "Oltretutto l'obiezione: "il consenso prima dell'esistenza è impossibile" è teologicamente elusiva: un Dio onnipotente può rendere possibile qualsiasi condizione logicamente concepibile, inclusa la scelta di esistere oppure no". Come giustamente viene detto Dio può rendere possibile ciò che è logicamente concepibile. Ma è concepibile la possibilità di un consenso da chi non esiste? Dove non c'è esistenza, c'è il nulla. 

Prosegue Fratarcangeli: "La creazione, dicono, è un dono gratuito, non un contratto", ma un dono che potenzialmente può condurre alla dannazione eterna non è un dono, ma un'imposizione". Anche in questo caso siamo di fronte ad un ragionamento sbagliato: Dio crea per donare il bene, non per dominare e siccome è un Dio benevolo l’esistenza è concessa perché sia partecipazione al bene, non una condanna. Essere creati è un atto di amore, non un obbligo imposto. L'eventualità della dannazione è dovuta solo alla nostra scelta di fare il male invece del bene. La dannazione non dipende, quindi, da Dio. D'altra parte se Dio non creasse nessuno per evitare una possibile dannazione, il risultato sarebbe: zero persone, zero libertà, zero amore, zero significato. È davvero più giusto un universo completamente vuoto, piuttosto che uno popolato da esseri liberi e capaci di bene, anche se comporta dei limiti? La creazione è simile a un dono: non è un’imposizione, perché non sopprime alcuna libertà pre-esistente. È il conferimento della libertà stessa.

Ultima, folle, considerazione di Fratarcangeli: "Altra arrampicata sugli specchi: "Si dice che il consenso entra dopo con il libero arbitrio morale durante la vita". Ma questa non è nè giustizia, nè equità: la posta in gioco, il giudizio eterno, la dannazione è già fissata senza aver consultato l'individuo. Quindi la libertà successiva non compensa l'assenza di scelta iniziale".
Anche in questo caso abbiamo una visione sbagliata della teologia cattolica: la dannazione non è fissata, ma dipende solo dalla libera scelta dell'uomo. Non è una eventualità creata da Dio, ma una conseguenza della libertà dell'uomo di rifiutare il bene per il male. 
Secondo il ragionamento di Fratarcangeli si giungerebbe all'assurdità di ritenere che anche mettere al mondo dei figli sarebbe un'ingiustizia, infatti ai nascituri non abbiamo chiesto il consenso all'esistenza e la vita che gli doniamo non sarà sicuramente tutta rosa e fiori, ma comporterà, inevitabilmente, il rischio della perdizione. Ma chi ha un minimo di sale in zucca sa bene che generare una vita, mettere al mondo un bambino, è un'atto d'amore, non un'ingiustizia, perchè si dona la vita, cioè la possibilità di fare il bene, di dare e ricevere amore, di esistere. Certamente ci sono dei rischi, ma amare comporta sempre un rischio, altrimenti non sarebbe più amore, ma convenienza.   

Quella di Fratarcangeli è la tipica disperazione di chi odia Dio e il bene che ci ha donato, una disperazione che impedisce una visione chiara della realtà. Per dire che imporre l’esistenza sia ingiusto, bisognerebbe prima dimostrare che esistere è peggio del non esistere. Ma il non-esistere non è un bene, né un male: è semplicemente nulla. Perciò non è possibile dire di subire un’ingiustizia se non si possiede nemmeno la possibilità di un’esperienza. Solo chi esiste può beneficiare o soffrire. Il non esistente non può essere “privato” di nulla né “forzato” a nulla. L’esistenza è il prerequisito di ogni possibile valore, significato, relazione, gioia.

martedì 25 novembre 2025

I miti sulle Crociate: La conquista musulmana avvenne senza le violenze efferate dei crociati.

Altro mito sulle Crociate molto diffuso e radicato nel nostro immaginario collettivo è quello che descrive l'espansione dell'Islam come un'avanzata quasi benevola e tollerante. Una narrazione in cui le armate musulmane sarebbero state accolte con giubilo da popolazioni desiderose di liberarsi dal giogo bizantino, a differenza dall’efferatezze perpetrate dai crociati cristiani, gente barbara e rozza, che nelle loro spedizioni massacrarono genti inermi e distrussero gran parte delle città conquistate. Questa visione edulcorata, però, si scontra duramente con la realtà documentata da innumerevoli fonti storiche.La verità è che l'espansione islamica, come molte conquiste del tempo, fu tutt'altro che pacifica. La realtà storica è stata caratterizzata da violenze e distruzioni spaventose. Questo articolo vuole gettare una luce cruda su episodi chiave che demoliscono la favola di una conquista illuminata.

Dopo la conquista della penisola Arabica e della Palestina le armate musulmane si riversarono nei territori metropolitani dell'impero Bizantino, venendo a contatto con la popolazione cristiana, come nel caso del fiorente Egitto. Nel 639 il califfo ‘Umar iniziò l’invasione dell’Egitto con piccoli eserciti che indussero le difese bizantine a ritirarsi nelle città fortificate. Nel 640, ad Eliopoli, i bizantini decisero di affrontare i musulmani, ma riportarono una rovinosa sconfitta con i musulmani festanti che abbatterono e trucidarono moltissimi bizantini. Successivamente gli arabi sferrarono l’attacco alla città di Nikiou, priva di difese, massacrandone la popolazione, cosa che fecero anche in molti villaggi circostanti (John Bagot Glubb “Le grandi conquiste arabe” Aldo Martello, Ed. Milano 1963 pp 313). L'anno dopo, nel 641, fu sottoposta all’assedio la grande città di Alessandria che si arrese quasi senza combattere. Quattro anni dopo, i Bizantini con un’azione a sorpresa, liberarono la città e la posero sotto il loro controllo. Il ritorno dei musulmani fu implacabile, fecero irruzione nella città massacrandone gli abitanti e abbandonandosi a saccheggi e incendi. Quando la città era stata già mezza distrutta, Amr ibn Aasi diede ordine di cessare la strage (John Bagot Glubb “Le grandi conquiste arabe” Aldo Martello, Ed. Milano 1963 pp 386).

Dopo l’Egitto le armate mussulmane si scagliarono senza tregua contro il resto dell’Africa del nord ancora in possesso dell’Impero Bizantino. Nel 705 la grande città di Cartagine fu rasa al suolo e la maggior parte degli abitanti venne uccisa (Bat Ye’or “The Decline of the Easter Christianty under Islam: from Jihad to Dhimmitude” Farleigh Dickinson University Press, Rutherford 1996, p.48). Le armate arabe continuarono la loro violenta espansione sottomettendo le tribù berbere dell’Atlante fino ad attaccare proditoriamente nel 711, con un’armata di 7/10 mila uomini, la Spagna visigota. Lo sbarco delle forze islamiche colse completamente di sorpresa Roderigo, il re dei Visigoti. Questi organizzò un esercito e si mise in marcia verso sud dalla sua capitale Toledo. Nella battaglia sul fiume Guadalete i visigoti furono sonoramente sconfitti e lo stesso re Roderico annegò mentre cercava di sottrarsi al massacro. Il generale musulmano spedì immersa in salamoia al califfo di Damasco quella che pensava fosse la testa di Roderico (Paul Fregosi “Jihad in the west: Muslim conquest from the 7th to the 21stCenturies” Prometheus Books, Amherst 1996, p. 94). Negli anni successivi tutta l’Andalusia fu conquistata, fu stabilita a Cordoba la nuova capitale musulmana dove vi fu edificata una grande moschea sul sito su cui sorgeva una precedente cattedrale cristiana (Rodney Stark “Gli eserciti di Dio” Lindau, 2010, p. 34).

L'idea di una popolazione "desiderosa di essere conquistata" si smonta definitivamente analizzando la successiva invasione della Sicilia avvenuta nell’827 da parte delle forze musulmane. A differenza di un'annessione rapida, la conquista della Sicilia fu una guerra di logoramento durata 70 anni (Paul Fregosi “Jihad in the West: Muslim conquest from the 7th to 21st Centuries” Prometheus Books, Amherst 1998, p.94). Le forze musulmane si scontrarono con la strenua resistenza dell'esercito bizantino e della popolazione locale. La durata del conflitto è testimoniata dalle tappe della conquista, scandite da decenni di innumerevoli scontri e massacri: Palermo cadde nell'831, Siracusa resistette fino all'878 e Taormina, l'ultimo baluardo bizantino, fu presa solo nel 902. Questa cronaca settantennale di assedi e massacri non descrive un popolo che accoglie "con giubilo" i suoi liberatori, descrive una nazione che combatte e muore per decenni pur di non essere sottomessa. 

Dalla loro base siciliana, le truppe islamiche si riversarono nell'Italia meridionale: nell'840 conquistarono Taranto e Bari, rasero al suolo Capua e occuparono Benevento. Pochi ricordano che la stessa Roma fu saccheggiata per ben due volte, nell'843 e di nuovo nell'846. Durante queste incursioni, le più famose chiese della città furono depredate dei loro tesori e il Papa fu costretto a pagare un ingente tributo (Rodney Stark “Gli eserciti di Dio” Lindau, 2010, pagg 35). Non si trattava di una guerra in terre lontane, ma di un attacco diretto al centro simbolico della cristianità occidentale, un colpo che portò la violenza della conquista sulla soglia stessa dell'identità europea.

Nel 1009, in barba alla fantomatica tolleranza islamica, si raggiunse l'apice della provocazione e del dispregio della fede cristiana, infatti il califfo fatimide al-Hākim ordinò di radere al suolo la chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, il luogo più sacro della cristianità. L'ordine, riportato dal cronista Yanya ibn Sa’id al-Antaki, non lasciava spazio a interpretazioni: Hākim ordinò a Yaruk, governatore della Palestina, di “demolire la chiesa del Santo Sepolcro e rimuovere ogni suo simbolo, distruggendone ogni traccia e ricordo”. L'esecuzione fu meticolosa. Il figlio di Yaruk "rapinò tutti i sacri arredi che vi si trovavano e fece abbattere la chiesa fino alle fondamenta", dopodiché gli esecutori "faticarono parecchio per demolire il sepolcro e cancellarne ogni traccia, facendone a pezzi buona parte" (Martin Biddle “Il mistero della tomba di Cristo” Newton & Compton Editori, Roma 2000). Questo oltraggio non fu un semplice atto di guerra, ma una profanazione deliberata che sollevò un’ondata di rabbia in tutta l’Europa, contribuendo ad accendere gli animi che avrebbero portato alla Prima Crociata (Rodney Stark “Gli eserciti di Dio”pag.130).

Nel 1268, il sultano mamelucco Baybars conquistò la città crociata di Antiochia. Irritato dalla fuga del suo sovrano, Boemondo VI, Baybars gli scrisse una lettera per assicurarsi che conoscesse in ogni dettaglio il destino della sua gente. Le sue parole sono una testimonianza unica e agghiacciante della brutalità della conquista:
"Avessi visto i tuoi cavalieri, prostrati sotto le zampe dei cavalli, le tue case prese d'assalto dai saccheggiatori e corse dai predoni, le tue ricchezze pesate a quintali, le tue dame vendute a quattro per volta e comprate al prezzo di un dinàr della tua stessa roba! Avessi visto le tue chiese con le croci spezzate, i fogli dei falsi Vangeli sparpagliati, i sepolcri dei Patriarchi sconvolti! Avessi visto il tuo nemico musulmano calpestare il luogo della messa, e sgozzati sull'altare monaci e preti e diaconi, e i Patriarchi colpiti da repentina sciagura, e i principi reali ridotti in schiavitù! Avessi visto gli incendi propagarsi per i tuoi palazzi, e i vostri morti bruciare al fuoco di questo mondo prima che a quello dell'altro; i tuoi palazzi resi irriconoscibili, la chiesa di San Paolo e quella di Qusyàn crollate e distrutte, allora avresti detto: «Oh foss'io polvere, e non avessi mai avuto una lettera con tale notizia!" (Thomas F. Madden “Le crociate. Una storia nuova” Lindau, Torino 2005, p.261).
Non è propaganda nemica. È il vanto del carnefice, una testimonianza inconfutabile la cui brutalità è superata solo dall'orgoglio con cui viene descritta.

Ma ancora più tristemente nota è forse la presa di Costantinopoli, la capitale dell'Impero Bizantino, del 29 maggio 1453, quando i jihadisti, come i crociati a Gerusalemme nel 1099, spezzarono la lunga resistenza opposta al loro assedio. La violenza che si scatenò fu tremenda, il famoso storico delle Crociate Steven Runciman descrive la scena iniziale affermando che "il sangue scorreva a fiumi dalle alture di Petra al Corno d'Oro" (S. Runciman “Gli ultimi giorni di Costantinopoli, 1453” Piemme, Casale Monferrato, 1997, p. 156). Soldati, uomini, donne e bambini furono uccisi indiscriminatamente per le strade. La furia si abbatté sui luoghi sacri e in particolare sulla Hagia Sophia, per quasi mille anni la più grande chiesa della cristianità. I fedeli rifugiati al suo interno assistettero all'interruzione dell'Orthros (il mattutino), quindi le persone deboli e gli anziani furono uccisi, gli altri ridotti in schiavitù. Quando la carneficina cessò, il sultano Mehmed II ordinò di trasformare la magnifica cattedrale in una moschea. Fu il simbolo della fine di un'era: la caduta di un impero millenario e la sottomissione di milioni di cristiani.

La narrazione di un'espansione islamica interamente pacifica e illuminata è un mito moderno che non regge alla prova delle fonti storiche. Gli episodi qui riportati, dalla guerra settantennale in Sicilia ai sacchi di Roma, dalla distruzione del Santo Sepolcro alla vanagloriosa crudeltà di Baybars e alla caduta di Costantinopoli, dipingono un quadro molto diverso, fatto di conquiste brutali, massacri e sottomissione.
Riconoscere questa realtà non è un giudizio sommario, non è un'accusa all'Islam, ma un atto di onestà intellettuale, necessario per comprendere che la storia è fatta di fonti e documenti, non di leggende e miti.


Bibliografia

L. Gardet “Conoscere l’Islam” Edizioni Paoline, 1961;
John Bagot Glubb “Le grandi conquiste arabe” Aldo Martello, Ed. Milano 1963;
Franco Cardini, Le Crociate tra il mito e la storia, Istituto di Cultura Nova Civitas, Roma 1971;
Moshe Gil “A History of Palestine 634-1099” Cambridge University Press, Cambridge 1992;
Jonathan Riley Smith, "Storia delle Crociate", A. Mondadori Editore, Milano 1994;
Franco Cardini "Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia", Piemme Casale Mon.to (AL) 1994;
Paul Fregosi “Jihad in the west: Muslim conquest from the 7th to the 21stCenturies” Prometheus Books, Amherst 1996;
Bat Ye’or “The Decline of the Easter Christianty under Islam: from Jihad to Dhimmitude” Farleigh Dickinson University Press, Rutherford 1996;
S. Runciman “Gli ultimi giorni di Costantinopoli, 1453” Piemme, Casale Monferrato, 1997;
Luigi Negri "False accuse alla Chiesa" Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997;
Martin Biddle “Il mistero della tomba di Cristo” Newton & Compton Editori, Roma 2000;
Luigi Negri, "Controstoria. Una rilettura di mille anni di vita della Chiesa", San Paolo, Cinisello B.mo (MI) 2000;
Thomas F. Madden “Le crociate. Una storia nuova” Lindau, Torino 2005;
Rodney Stark “Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate” Lindau, Torino, 2010.

martedì 28 ottobre 2025

Sapiens Sapiens e i Cristianesimi perduti

Il canale Sapiens Sapiens, nella sua crociata contro il cristianesimo, affronta l'argomento del cristianesimo delle origini. L'hater Fratarcangeli ci svela che non è mai esistita una sola versione del cristianesimo, ma che in realtà, addirittura già a partire dal I secolo, si sviluppò immediatamente una grande varietà di credenze che declinarono la fede in Gesù in forme diversissime tra loro. In pratica non c'è mai stata una storia originaria, ma una ridda di vicende contraddittorie che descrissero ed elaborarono la resurrezione, le opere e la personalità stessa di Gesù in modi molto differenti. Fratarcangeli, affidandosi solamente ad alcune conclusioni a lui producenti, dello studioso americano Bart Ehrman, afferma che subito dopo la morte di Gesù siano sorti gruppi differenti di suoi seguaci che avrebbero "costruito", ognuno, una sorta di Cristo immaginario. Questi gruppi, inoltre, avrebbero avuto all'inizio una pari dignità e solo la prepotenza di un gruppo ha fatto prevalere una teologia "ufficiale" su tutte le altre (sic). Quindi una grande varietà di forme e credenze, che poi si sono ridotte all’ortodossia in quelle idee teologiche sopravvissute fino ad oggi.

Questa ricostruzione è completamente ideologica e palesemente sbagliata, infatti ignora la primaria esistenza del gruppo originario formato dalla cerchia di Gesù e dei primi seguaci a loro associati. Di questo gruppo ne parla la totalità degli storici, perfino lo stesso Bart Ehrman, l'autore del libro "Cristianesimi perduti", deve ammettere la loro esistenza e li chiama "proto-ortodossi". Questo gruppo, che compare nelle lettere di Paolo e negli Atti degli apostoli, scritti composti molto vicino ai fatti narrati, rappresentò la prima Chiesa dov'era conservata la testimonianza di Cristo risorto. E’ la comunità guidata da Giacomo, “il fratello del Signore” (Mt 13, 55 e Mc 6, 3), pienamente ortodossa anche se spesso in disaccordo con Paolo, dotata di teologia arcaica, ma con una chiara affermazione della divinità di Gesù (J. Danielou “La teologia del Giudeo-cristianesimo” EDB 1974). Le diverse fonti disponibili, tra loro indipendenti, mostrano che al centro della predicazione di Gesù c'era l'annuncio del Regno di Dio. Questa è la nozione comune dei vangeli canonici e del Vangelo di Tommaso, i vangeli più antichi, e che questa base comune non sia stata attribuita retroattivamente lo testimonia il fatto che essa svolge un ruolo molto limitato negli altri testi delle prime generazioni cristiane, a partire dalle lettere paoline (Enrico Norelli, "La Nascita del Cristianesimo", Il Mulino, 2014, Bologna, pag. 19).

Quindi all'inizio è esistita una base comune, un messaggio nuovo e potente che si è imposto nonostante la morte dello stesso Gesù. Infatti a quel tempo molti altri si presentarono come salvatori d'Israele, come Simone di Perea, il pastore Athronges, un profeta samaritano anonimo, un altro profeta anonimo egiziano, un certo Gesù figlio di Anania, ecc., ma il loro messaggio scomparve rapidamente con la loro soppressione violenta. Per Gesù non andò così, gli storici indicano tra le ragioni per cui il suo annuncio fu in grado di sopravvivere alla violenta repressione, la presenza di un gruppo di discepoli in grado di elaborare e conservare i ricordi relativi a Gesù (Enrico Norelli "La Nascita del Cristianesimo", Il Mulino, 2014, Bologna, pag. 22). Essi furono i missionari autorizzati dalla loro esperienza con Gesù ad annunciare il vero ed unico Vangelo alle genti e tale annuncio ebbe come conseguenza la formazione di comunità e di Chiese dove gli Apostoli istituirono dei vescovi incaricati di tutelare e tramandare il messaggio di Gesù originario. Così l'ortodossia risale, per mezzo dei vescovi e degli Apostoli, a Gesù stesso. La prima epistola di Clemente (circa 95 d.C.) così descrive la storia della Chiesa: "Gli Apostoli hanno ricevuto il Vangelo dal nostro Signore Gesù Cristo [...] e i nostri Apostoli sapevano da Gesù Cristo che sarebbero sorte contestazioni sul titolo di vescovo. Per questo motivo, avendo ricevuto una perfetta prescienza, essi stabilirono i vescovi e decisero quando essi fossero morti, succedessero nel loro ministero altri uomini provati" (I Clem. 42, 44).

E', quindi, la trasmissione del messaggio di Gesù, il Vangelo, che passa per gli Apostoli e arriva fino ai vescovi a garantire l'ortodossia. Se una Chiesa può produrre un elenco di vescovi che la colleghi agli Apostoli, allora può proclamarsi ortodossa. Questo è ciò che afferma il cristiano palestinese Egesippo nel 160 d.C.: "In ogni successione e in ogni città tutto è come predicano la Legge, i profeti e il Signore" (in Eusebio, Storia ecclesiastica IV 22, 2-3). Anche Ireneo, vescovo di Lione, nel 180 d.C. scrive che basta essere d'accordo con la Chiesa di Roma che è nell'ortodossia grazie alla successione, per qualificarsi ortodossi (Contro le Eresie III 3, 2). Questa concezione è anche usata da Tertulliano che nel 200 d.C. scrive che una Chiesa può definirsi ortodossa nella misura in cui, attraverso la successione dei suoi vescovi, può ricollegarsi agli Apostoli (La prescrizione degli eretici III, 32). Sempre nel II secolo Ignazio vescovo di Antiochia esorta i cristiani di Filadelfia a rimanere uniti sotto la guida del vescovo e del suo collegio di presbiteri, a fuggire dalle divisioni e dalle eresie e a non ascoltare chi agisce senza il vescovo (Lettera ai Filadelfiesi, Capitolo 3). Nella sua lettera agli smirnesi (Ad Smyrnenses) utilizza per la prima volta il termine di Chiesa Cattolica, chiarendo che l'esistenza di Chiese locali non elimina la consapevolezza di essere Chiesa di Gesù Cristo (Giorgio Acquaviva "La Chiesa Madre di Gerusalemme", Piemme, Casale Monferrato (AL), 1994, pag 64).

Quindi quello che va dicendo Fratarcangeli nel suo video è completamente falso, i cosiddetti "cristianesimi" alternativi sono sorti solo successivamente quando gruppi di ebrei convertiti al cristianesimo non vollero lasciare totalmente le loro tradizioni ebraiche (Ebioniti e giudaizzanti vari) e solo a partire dell'anno 90, quando i "nazareni", cioè coloro che credono nella divinità di Gesù, vengono inseriti nell'elenco delle maledizioni riservate ai minim, cioè gli eretici, nella recita dello Sh' moné es' re', la preghiera mattutina quotidiana, si manifestano tendenze centrifughe con gruppi eterodossi che ritengono Gesù solo un profeta (Giorgio Acquaviva "La Chiesa Madre di Gerusalemme", Piemme, Casale Monferrato (AL), 1994, pag 63). Successivamente, solo a partire dal II, secolo avviene la comparsa di gruppi che rielaborarono la figura di Cristo realizzando un sincretismo con tradizioni magico esoteriche iraniche e greco-elleniste, i cosiddetti gnostici. Questi gruppi per legittimare il proprio credo cominciarono a fabbricare dei testi, con attribuzioni pseudoepigrafiche, come le varie apocalissi citate nel video e vari vangeli gnostici, come quelli cosiddetti "di Pietro", "di Filippo", di "Maria", e così via. tutti testi, quindi, comparsi molto dopo i vangeli canonici (B: Ehrman "Cristianesimi perduti", pag 39). Ma i Padri della Chiesa, come Ireneo di Lone, li individuano subito come eretici non potendo fornire alcuna successione apostolica riconosciuta: "Prima di Valentino non c'erano Valentiniani, né prima di Marcione Marcioniti, né assolutamente nessuna di tutte queste dottrine perverse che abbiamo elencato esistevano prima degli innovatori e degli inventori di queste perversità" (Ireneo di Lione, Contro le Eresie III 4, 3).

Il gruppo originario degli Apostoli, e le Chiese sorte dalla loro predicazione hanno, quindi, conservato il messaggio di Gesù preservandolo dalla repressione giudeo-romana e solo grazie a questa circostanza si è potuto formare, già a metà del II secolo, un nucleo di quattro vangeli che non fu mai sostituito e solo raramente rifiutato, anzi ha mantenuto la sua importanza centrale pur coesistendo con una ricca pluralità di altri libri su Gesù, quelli che oggi chiamiamo "apocrifi". Questi scritti, a differenza di quanto affermato da Ehrman e ripreso da Fratarcangeli, non furono affatto creduti per secoli da un gran numero di cristiani, ma hanno rappresentato l'espressione di gruppi periferici con visioni alternative che non hanno mai raggiunto un consenso identificabile o una longevità. Ma tutto questo per Fratarcangeli non ha importanza, per lui ogni gruppo scissionista è rappresentativo del "cristianesimo" anche se attestato da un singolo frammento di papiro. Il nostro hater mette tutto sullo stesso piano, sia i vangeli canonici che quelli apocrifi. In realtà i quattro vangeli canonici hanno predominato fin da subito su tutti gli altri scritti cristiani, almeno dalla metà del secondo secolo. Non furono mai sostituiti e mai rifiutati per un solo ed unico motivo: erano i testi più antichi, più affidabili, più coerenti con la primitiva tradizione orale e più vicini ai fatti narrati. Questo fu l’unico criterio per cui furono ritenuti l’insegnamento cristiano ortodosso a partire da Ireneo di Lione, ben prima del Concilio di Nicea e dell’imperatore Costantino. Nel canone delle Scritture che saranno reputate ispirate, non furono inseriti molti testi anche se aderivano alle convinzioni teologiche ortodosse. Infatti scritti come la Didaché, l'apocalisse di Pietro, il Pastore di Erma, la lettera di Barnaba, ecc. pur essendo pienamente ortodossi non entrarono mai nel canone perchè non direttamente collegabili alla tradizione apostolica. Nel canone furono inseriti i testi più diffusi, più antichi e collegati direttamente con la tradizione apostolica.

La contraddizione di Ehrman, ripresa da Fratarcangeli, è, quindi, evidente: si afferma che fin dal principio il cristianesimo è stato sempre e ovunque irrimediabilmente diviso in sette proliferanti, senza un centro che tenesse insieme alcunché, ma allo stesso tempo determinato a sradicare ogni pluralità o "scelta" in favore dell'omogeneità. Insomma c'era o non c'era questo centro? Ovviamente se veramente c'è stato Ehrman non ha dubbi: non può che essere la "cattiva" Chiesa cattolica che ha soppresso tutti i variegati riti cristiani tranne il proprio.

Infatti altra assurdità antistorica è proprio quella di affermare che tutti questi "cristianesimi" siano scomparsi perchè attivamente soppressi dall'ortodossia cattolica tramite l'oppressione e la violenza. il problema è che non viene mai citata una fonte, un fatto documentato, un qualcosa che confermi in modo inoppugnabile chi sia stato nei primi quattro secoli a perpetrare, dove e in che modo, tali violenze.

La realtà è ben diversa, lo storico e studioso canadese di testi biblici, Bockmuehl, Dean Ireland's Professor of the Exegesis of Holy Scripture all'Università di Oxford, e fellow del Keble College, sempre a Oxford, afferma che la scomparsa delle opinioni marginali non fu dovuta ad alcuna “soppressione”, ma svanirono da sole "presumibilmente perchè prive di ossigeno di seguaci o di plausibilità".

La verità è che queste dottrine alternative sostenute dai vari gruppi eterodossi si estinsero da sole molto prima che la versione ortodossa avesse la capacità di “sopprimere” attivamente qualsiasi cosa, ovvero a partire dal IV secolo. Ma a quel tempo la maggior parte di queste varianti del cristianesimo erano sparuti gruppi, vaghi ricordi o fantasmi letterari.

La storia si basa sullo studio delle fonti e dei documenti, ma anche sul confronto dei vari studi ed opinioni degli specialisti, quindi tutt'altra cosa dei contenuti propinati da un canale come "Sapiens Sapiens" basato sull'odio verso la Chiesa e il cristianesimo. Quando è quello il sentimento che anima una divulgazione è sempre il caso di aspettarci contenuti falsi ed ingannevoli.

Bibliografia

J. Danielou “La teologia del Giudeo-cristianesimo” EDB 1974;
Giorgio Acquaviva "La Chiesa Madre di Gerusalemme", Piemme, Casale Monferrato (AL), 1994;
Bruce Metzger "Il canone del Nuovo Testamento: origine, sviluppo e significato" Brescia, Paidea, 1997;
Simon Benoit "Giudaismo e Cristianesimo, una storia antica" Editori Laterza, Bari, 2005;
B. Ehrman "Cristianesimi perduti" Carocci editore, 2012;
Enrico Norelli "La Nascita del Cristianesimo", Il Mulino, 2014, Bologna;
Markus Bockmuehl
https://www.theosthinktank.co.uk/comment/2024/04/09/catherine-nixey-heresy-jesus-christ-and-the-other-sons-of-god-london-picador-2024

venerdì 12 settembre 2025

"CRONACHE DI STORIA E FEDE", inizia la mia attività apologetica su YouTube

"Troppo spesso ci si imbatte in canali di divulgazione apertamente anticlericali e denigratori della fede cristiana. Ebbene, la maggior parte di questi diffonde notizie false e sparge odio verso la Chiesa al solo scopo di racimolare qualche clic e guadagnarci sopra. Questo canale si ripropone di portare un po' di correttezza storica e di inquadrare i fatti in una cornice storica più attendibile eliminando l'ideologia laicista anticristiana. Si rivolge ad un pubblico maturo, desideroso di conoscere la realtà dei fatti, senza ideologie mistificatorie".

Questa è la descrizione del mio canale YouTube che potete trovare qui. Si tratta della riproposizione in formato video, con alcune opportune modifiche, dei miei articoli più popolari al fine di raggiungere un maggiore numero di persone e diffonfere maggiormente una visione storica più obiettiva degli eventi che hanno riguardato la storia della Chiesa. L'intento è, ovviamente, apologetico, cioè di difesa della fede cristiana sempre più attaccata da personaggi senza ritegno che per molti clic (e qualche misero spicciolo) diffondono menzogne e faldità.

Spero che l'iniziativa sia di vostro gradimento e vi saluto.


Luis

giovedì 28 agosto 2025

Sapiens Sapiens e la retorica sulla Donazione di Costantino.

Vero e proprio cavallo di battaglia di ogni propaganda anticlericale laicista è la solita storia della cosiddetta “Donazione di Costantino”, il clamoroso documento falso che sarebbe stato fatto realizzare appositamente dalla Chiesa per poter acquisire e giustificare, in modo ovviamente fraudolento, il suo potere temporale. Ho già avuto modo di affrontare questo argomento, quindi per eventuali approfondimenti è possibili reperirli qui.

Come facilmente era prevedibile non poteva sottrarsi l’hater Fratarcangeli che si unisce al coro degli ignoranti accusando di falsità e truffa volontaria la Chiesa. Il nostro campione del laicismo d’accatto, con la sua solita aria stralunata e fintamente meravigliata, ci informa: “Questo documento diventerà incredibilmente importante nel corso del tempo, poiché con esso ufficialmente la Chiesa ha giustificato per secoli il suo immenso patrimonio terreno […] utilizzò questo documento fondamentale per reclamare proprietà e il dominio su una serie di terre, monumenti, chiese e ricchezze in tutta Europa […] l’importanza di questo documento […] diventerà evidente solo nell’XI secolo, cioè durante il cosiddetto “Grande scisma d’Oriente” del 1054

Ma è avvenuto veramente come dice Fratarcangeli? Davvero la Chiesa si è resa protagonista della più grande truffa mai concepita? Veramente la Chiesa ha costruito deliberatamente un falso documento per “impossessarsi di ricchezze in tutta Europa”? Ovviamente no, occorre sempre considerare il fatto che le informazioni divulgate da canali come “Sapiens Sapiens”, ed in generale dei vari “haters” del Cristianesimo, sono sempre ideologicamente orientate verso l’anticlericalismo e, quindi, pur di raggiungere il loro obiettivo si fanno beffe di ogni regola dell’analisi storica, selezionando le informazioni e le fonti da cui trarre elementi favorevoli per la loro tesi precostituita, tagliando tutto il resto che invece non è producente o la smentisce.

Iniziamo col dire che la cosiddetta “Donazione di Costantino”, il cui vero nome è “Constitutum Constantinii”, non è mai stato considerato un documento importante, come si vorrebbe far credere, tanto è vero che ad oggi gli studiosi non hanno potuto chiarire con certezza quando, dove, da chi e con quale intenzione sia stato redatto questo testo. Finora la ricerca storica non è riuscita a concordare neppure sullo scopo e sul carattere del finto atto di donazione. Queste difficoltà degli storici ci danno una chiara indicazione di come sia altamente improbabile associare a tale documento l’importanza che generalmente gli viene attribuita da chi ha interesse ad alimentare una propaganda anticlericale. Il fatto stesso che tale documento sia venuto alla ribalta solo dopo circa due secoli dalla sua realizzazione, come afferma lo stesso Fratarcangeli, è già indicazione chiara di come la sua composizione non sia avvenuta per realizzare una truffa.

Ciò che veramente sappiamo è che il cosiddetto “patrimonio di San Pietro”, cioè l’insieme dei possedimenti territoriali della Chiesa nell’Italia centrale, si è formato attraverso delle pacifiche donazioni: quella di Sutri (dai Longobardi nel 728), la Promissio carisiaca (dai Franchi nel 754) e la Constitutio romana (ancora dai Franchi nell’824). Quindi il potere temporale della Chiesa non ha avuto alcuna relazione con questo documento, ma si realizzò almeno un secolo prima per volontà dei Longobardi e dei Franchi che riconobbero alla Chiesa un importante ruolo politico e sociale.

Storicamente, invece, gli storici pensano che questo documento facesse parte di una raccolta di decretali, cioè di lettere provenienti dalla Curia romana e concernenti il governo della Chiesa, comparse tra l’847 e l’852 d.C., attribuite falsamente a vari papi come Clemente I (del I secolo), Melchiade (IV secolo), Gregorio II (VIII secolo) e altri, che servirono per esaltare l’autorità della Santa Sede in modo da poter difendere meglio i vescovi locali e garantire l’indipendenza della Chiesa contro le pretese dei poteri secolari dell’Imperatore (Sacro Romano Impero Germanico) e dei signorotti locali. Non si trattò, dunque, di una truffa, ma dell’esigenza di mettere nero su bianco ciò che era da tutti già pacificamente riconosciuto e ciò venne fatto secondo l’usanza degli antichi ricorrendo alla pseudoepigrafia. Per avere maggiori dettagli vi consiglio di leggere questo mio articolo qui.

A provare la scarsa importanza che aveva questo documento è il fatto che quando nel 1140 d.C. il monaco camaldolese Graziano, professore di diritto a Bologna, riordinò sistematicamente le leggi ecclesiastiche emanate fino a quell’epoca realizzando il famoso Decretum (magistri) Gratiani (Decreto (del maestro) Graziano), non prese in considerazione la falsa donazione di Costantino che non venne inserita nella raccolta. Poco più tardi, nello stesso decennio 1140-1150, la sua compilazione fu ampliata e approfondita in una seconda redazione, ma la falsa donazione seguitò a non farne parte. Si tratta di un’assenza significativa, se si considera che verso la metà del XII secolo il Decretum Gratiani comprendeva quasi quattromila autorità ordinate secondo criteri logico-dialettici, i cosiddetti dicta Gratiani.

Oltre al Decretum Gratiani gli studiosi hanno esaminato altre diciassette collezioni giuridiche risalenti al periodo tra il X e la metà dell’XI secolo e solo due riportano, e solo parzialmente, il testo del falso atto di donazione. In esso l’interesse si concentrava non tanto sul testo della donazione, quanto sulla professione di fede dell’imperatore (J. Petersmann, Die kanonistische Überlieferung des Constitutum Constantini bis zum Dekret Gratians, in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, 30 (1974), pp. 356-449).

Anche le prime summe di decretali di Rufino o di Stefano di Tournai e quella dello stesso Paucapalea intorno al 1160-1170 non inserirono la falsa Donazione (D. Maffei, La Donazione di Costantino, nei Giuristi MedioevaliEd. Lefebvre Giuffrè, 1964, pp. 33 segg., e J. Petersmann, Kanonistische Überlieferung, cit., pp. 393 segg.). E persino la rielaborazione del Decretum Gratiani da parte del cardinale Laborans, importante opera di aggiornamento, iniziata nel 1162 e conclusasi nel 1182, non contiene la falsa Donazione (N. Martin, Die Compilatio Decretorum des Kardinal Laborans, Eine Umarbeitung des gratianischen Dekrets aus dem 12. Jh., in Proceedings of the Sixth International Congress of Medieval Canon Law (Berkeley California 28 July-2 August 1980), ed. by S. Kuttner, K. Pennington, Rom 1985, I, pp. 11-12, 144-156; II, p. 68).

Ora, un documento così importante sul quale sarebbe, secondo Fratarcangeli, basato tutto il potere temporale della Chiesa, perché non è stato a lungo inserito nelle raccolte più importanti dei documenti e delle leggi ecclesiastiche? Come mai abbiamo notizia dell’uso di tale documento solo in una occasione e solo per questioni secondarie e marginali? E’ più che evidente che le informazioni contenute nel video di Fratarcangeli sono false e tendenziose, storicamente non affidabili. Durante la crisi del Grande scisma d’Oriente del 1054 questo documento non fu mai usato e, come abbiamo visto, non faceva parte neppure delle raccolte più importanti dei documenti ecclesiastici. Possibile che la Chiesa si adoperi a produrre un falso su cui basare tutto il suo potere per poi ignorarlo quasi totalmente?

La verità è ben altra, l’enorme rinomanza che tale secondario documento ha avuto successivamente è dovuta non tanto alla Chiesa, ma ai suoi avversari. La falsa Donazione di Costantino è stato un documento molto più comodo ai Protestanti e agli illuministi. Essi se ne sono serviti come prezioso pretesto per portare avanti i loro attacchi alla Chiesa di Roma. Il primo a rendersene conto è stato ovviamente Martin Lutero, il grande riformatore, il quale per convincersi e convincere i suoi protettori della bontà delle sue posizioni contro la Chiesa cattolica, non esitò ad usare la retorica della falsa Donazione di Costantino come origine della malvagità della Chiesa di Roma.

Da una lettera di Lutero leggiamo: “Ho qui in mano l’edizione di Hutten de La falsa donazione di Costantino del Valla […]. Sono profondamente turbato, non ho alcun dubbio che il papa sia l’Anticristo, come lo concepisce anche l’opinione popolare; lo dimostra qualsiasi cosa faccia, viva, dica o sancisca” (D.M. Whitford, Martin Luther’s Political Encounters, in The Cambridge Companion to Martin Luther, Cambridge 2003, pag 74)

Più tardi, nel 1520, quando scrisse per giustificarsi dopo aver bruciato la bolla Exsurge Domine a Wittenberg, Lutero si difende facendo riferimento alla donazione: “Il papa sostiene e incoraggia questa menzogna, che Costantino gli abbia donato Roma, terre, impero e potere” (D.M. Whitford, Martin Luther’s Political Encounters, in The Cambridge Companion to Martin Luther, Cambridge 2003, pag 173). Da questo momento in poi, in qualsiasi lezione, prefazione, commento o scritto in cui sostenne la propria visione del papato come Anticristo, Lutero menziona la donazione.

E’ solo l’inizio, da quel momento l’anticlericalismo di ogni secolo alimenterà questa calunnia, ingigantendo a dismisura l’importanza e la portata della falsa Donazione, facendosi beffe della storia e della realtà dei fatti. Fenomeno che perdura fino ad oggi con buon ultimo il “nostro” hater Fratarcangeli.

La Donazione di Costantino fu certamente un falso storico, ma l’accusa di truffa intenzionale alla Chiesa appare ingiustificata senza prove dirette di dolo. Il suo uso sporadico, e non sistematico, fu probabilmente il frutto di un contesto culturale in cui la verità documentaria era meno rigorosamente verificabile e dove la funzione simbolica del potere era più forte della precisione giuridica. Inoltre, la stessa Chiesa ha accolto e riconosciuto la scoperta del falso, segno di una volontà di verità.


Bibliografia


O. Bertolini “Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi”, Cappelli, Bologna 1961;
D. Maffei, "La Donazione di Costantino, nei Giuristi Medioevali", Ed. Lefebvre Giuffrè, 1964;
L. Duchesne “I primi tempi dello Stato Pontificio”, Einaudi, Torino 1967;
J. Fleckstein “Carlo Magno”, Ed. Paoline 1969;
P. De Leo “Ricerche sui falsi medioevali: il Constitutum, Constantini” Ed. Meridionali Riunte, R. Calabria 1974;
J. Petersmann, "Die kanonistische Überlieferung des Constitutum Constantini bis zum Dekret Gratians", in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, 30 1974;
Berkeley California 28 July-2 August 1980), ed. by S. Kuttner, K. Pennington, Rom 1985;
D.M. Whitford, "Martin Luther’s Political Encounters", in The Cambridge Companion to Martin Luther, Cambridge 2003;
F. Cardini e M. Montesano “Storia medievale”, Firenze, Le Monnier Università, 2006;

venerdì 6 giugno 2025

Metapseudica e il Gesù ribelle nazoreo - parte seconda

Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto che esistono considerazioni di carattere generale che rendono totalmente assurda la teoria secondo la quale il Vangelo riporti chiari riferimenti alla natura violenta e sediziosa del gruppo dei seguaci di Gesù. Ciononostante, per togliere ogni dubbio, in questa seconda parte affronterò in dettaglio le interpretazioni di alcuni passi dei Vangeli che vengono proposte in questo video.


1) Nel video viene data per scontata l'identità tra i “nazirei”, cioè i Giudei che hanno fatto il voto di nazireato, e i “nazorei”, cioè il nome con cui vennero chiamati i primissimi seguaci di Gesù. Siccome in Atti 24, 5 è detto che Paolo di Tarso fomenta rivolte tra tutti i Giudei e che è capo della setta dei “Nazorei”, allora Gesù, essendo un nazireo, diviene automaticamente un ribelle sedizioso. Questa visione è completamente errata, innanzitutto perché i "nazirei" (dall'ebraico: נזיר, Nazir, cioè "consacrato", "separato") sono i Giudei che hanno fatto il voto di "Nazireato" cioè la consacrazione a Dio con il conseguente voto di seguire alcuni rigidi precetti di vita, quindi niente a che vedere con sediziosi antiromani, mentre il termine “nazorei”, che è analogo al termine “Nazareni”, riguarda esclusivamente i seguaci del “Nazareno”, cioè Gesù, così come riportato negli Atti degli apostoli e nel Talmud ebraico. Fu applicata a Gesù nel Vangelo di Matteo (Mt 2, 23) ed i Giudei ed i musulmani l'usano anche oggi per designare i cristiani; Il riferimento al fatto che Paolo era un nazareno intendeva collegarlo a un contesto generalmente disprezzato e umile. Era un termine di spregio usato per i seguaci di Gesù. La città di Nazareth godeva di una cattiva reputazione (Giovanni 1:46).

2) Nei Vangeli sia i “nazirei” che i “nazorei” non sono mai associati a elementi che possano far pensare ad una loro natura violenta o sediziosa. L’unico passo che può lasciare interdetti è il famoso versetto 5 del capitolo 24 degli Atti degli apostoli, che abbiamo appena visto, dove viene detto:

Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della setta dei Nazorei” (Atti 24, 5)

Qui Paolo è associato ai “Nazorei”, cioè ai seguaci di Gesù, non c’entra niente il voto di Nazireato (che, comunque, non ha nulla a che vedere con l’essere un sedizioso). Paolo è considerato il “capo” di una setta di eretici, infatti il termine “setta”, in greco αἵρεσις ha letteralmente il significato di “eresia”, cioè di divisione, di dogma contrario alla Legge. Quindi siamo di fronte ad una accusa religiosa, non di sedizione antiromana. Paolo veniva considerato un eretico, in Atti 18, 13, infatti, leggiamo: “Costui persuade la gente ad adorare Dio in modo contrario alla legge”. Le rivolte che si generavano durante la sua predicazione erano, quindi, scatenate dai Giudei contro di lui e non contro i romani. Non deve confondere l'accusa che fa Tertullo contro Paolo di fomentare tumulti, serve solo per impressionare i romani che erano molto sensibili all'ordine pubblico. Questi tumulti non sono mai di origine politica e tanto meno rivolti contro i romani, Paolo è sempre stato al centro di dispute religiose e ciò è provato dalla lettera del Tribuno Lisia al procuratore Felice che ritiene Paolo innocente da qualsiasi reato per cui è prevista la morte, cioè la sedizione politica (Atti 23, 26).

3) Come altra “prova” il video riporta il fatto che i ribelli antiromani fossero denominati anche “Galilei” e siccome i primi seguaci di Gesù erano tutti Galilei ecco provata la loro vera identità. Come evidenza di tale fatto vengono citati due brani tratti da due opere dello storico giudaico filoromano Giuseppe Flavio. Il primo è tratto dalle Antichità Giudaiche dove leggiamo:

Indignati da questo, i Galilei istigarono le masse giudaiche a prendere le armi per vendicare la propria libertà; la schiavitù, dicevano, è per sé acerba, ma quando è unita all'insolenza, è proprio intollerabile” (Ant. Giud. XX 120).

Come al solito siamo di fronte ad una frase estrapolata dal suo contesto nella speranza che nessuno vada a controllare cosa veramente volesse dire Giuseppe Flavio. In realtà la vicenda riguarda una sollevazione dei Galilei contro i Samaritani e non contro i romani. Era successo che i Samaritani avevano devastato parte del territorio galileo, ma Ventidio Cumano, l’allora procuratore romano della Giudea, scontentò i Galilei che si erano appellati a lui per avere giustizia contro i Samaritani. Da qui ne seguì una sollevazione, ma, come detto, dei Galilei contro i Samaritani, distruggendo alcuni loro villaggi, non contro i romani! Insomma, si fecero giustizia da soli. (Ant. Giud. XX 118-122). Quindi niente che lasci pensare che i Galilei fossero dei ribelli antiromani.

Il secondo brano è tratto da Guerra Giudaica dove leggiamo:

“… mentre all’interno più feroci degli altri due erano gli Zeloti, fra i quali si distingueva per i disegni delittuosi e per la temerarietà il Gruppo dei Galilei” (Guerra giudaica IV, 558).

In questo caso Giuseppe Flavio sta parlando della sollevazione del 70 d.C., quindi non dei tempi di Gesù e non si riferisce a tutti i Galilei, ma solo ad un gruppo di essi. G. Flavio dice che tra gli Zeloti c’era un gruppo proveniente dalla Galilea. Anche qui, niente che lasci pensare che qualunque galileo fosse automaticamente un ribelle antiromano. Invece talune fonti ci confermano che il termine “Galilei” indicò per un certo tempo i primi seguaci di Gesù e che non erano affatto dei ribelli, ma piuttosto contrari ad una sollevazione violenta. Una lettera di Bar Kokhba, il capo della sollevazione ebrea del 135 d.C. contro i romani, ritrovata nel deserto di Giuda, parla dei "Galilei" come potenziali nemici in quanto contrari ad unirsi agli insorti (cfr. P. Benoit, J.T. Milik, R. de Vaux, Discoveries in the Judean Desert of Jordan II. Les grottes de Murabba'at, Oxford, Clarendon Press, 1961, pp. 159-160). Esattamente il contrario di quanto è affermato questo video.
Quindi quando nel Vangelo una donna riconosce Pietro come Galileo: “E’ vero tu sei certamente uno di loro, infatti sei Galileo” (Mc 14, 70) non lo sta accusando di essere un ribelle sedizioso antiromano, ma di far parte del gruppo di Gesù. Infatti esclama: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”. Viene, quindi, associato il termine “nazareno” con la “Galilea”, un riferimento chiaramente geografico. Siccome Gesù e i suoi erano in larga maggioranza provenienti dalla Galilea è logico che anche Pietro è riconosciuto in quanto galileo. E lo stesso vale per Luca 22, 59 dove Pietro è riconosciuto come appartenente al gruppo di Gesù in quanto Galileo, quindi, anche qui, solo un riferimento geografico;

4) Abbiamo visto che essere un nazireo non aveva assolutamente il significato di “ribelle antiromano”, ma che era una pratica devozionale e penitenziale molto forte, per consacrarsi in modo speciale a Yahweh. Il termine "sacro" significa certamente "separato", ma associandola a Yahweh assume un significato speciale, ossia che era riservato a Dio e, quindi, acquisiva un valore speciale, divino. Nei vangeli Gesù non è mai appellato come nazireo, ma come nazoreo, cioè nazaretano, ossia proveniente dal piccolo paese di Nazareth di Galilea. Prova di ciò la troviamo quando Pietro, in Atti 10, 38, dice chiaramente: “Gesù, quello da Nazareth”, in greco: “Ἰησοῦν (Gesù) τὸν (quello) ἀπὸ (da) Ναζαρέθ (Nazareth)”. Qui si dice che “viene da”, non una qualità “che si è”. Alla luce di ciò non si può affermare che l’appellativo dato ai primi cristiani si riferisse ad un ipotetico voto inesistente di nazireato di Gesù, ma al fatto che Gesù era conosciuto come il Nazareno, cioè originario di Nazareth. Località esistente a quel tempo come attestano tanti studiosi e gli scavi archeologici;

5) Completamente sbagliate sono le interpretazioni di alcuni passi del vangelo di Luca riportate nel video. In Luca 22, 36 viene proposta una metafora di Gesù. Egli mette in guardia gli apostoli dal fatto che dovranno prepararsi per sopportare l’ostilità universale, infatti dal momento che Gesù verrà “annoverato tra i malfattori” (Lc 22, 37), il loro apostolato non potrà più essere pacifico e tranquillo, ma avranno tutti contro. Gli apostoli non comprendono il vero senso di queste parole ed intendono il suo invito in senso materiale mostrando di avere già delle spade. Irritato del fatto che gli apostoli non capiscono il vero senso delle sue parole, Gesù esclama: “Basta!” (Lc 22, 38). Dal contesto si capisce bene che Gesù non intende riferirsi al fatto che due spade siano sufficienti (sic!), ma che vuole interrompere la conversazione. Anche qui nessuna indicazione di rivoluzionari, ma di persone ancora abbastanza sempliciotte che non riescono a capire ciò che dice loro Gesù.

Altro passo richiamato dal video sono i versetti successivi, cioè Luca 22, 49: questo passo deve essere letto nel contesto concitato di una colluttazione, i discepoli non attaccano nessuno, ma vogliono difendere Gesù per sottrarlo all’arresto, ne esce fuori un colpo di spada che accidentalmente colpisce l’orecchio del servo del Sommo Sacerdote. Che c’è di strano? Se non si colpisce la testa, ma la si sfiora è possibile colpire solo l’orecchio. Ma anche qui Gesù torna ad inquietarsi esclamando: “Lasciate, basta così!” (Luca 22, 51). Non deve meravigliare il fatto che gli apostoli portassero delle armi: il termine che troviamo per “spada” è “μάχαιρα” (machaira) (La parola.net) che significa “coltello grande, usato per ammazzare gli animali e per tagliare la carne”, quindi dei semplici attrezzi di uso comune, non spade da combattimento, come ci si potrebbe aspettare da dei ribelli adusi alla guerra. C’è, inoltre, da considerare che in Palestina si viveva un perenne clima di agitazione sociale e di insicurezza, facilmente si poteva essere coinvolti in zuffe e lungo le strade extraurbane c’era il rischio fondato d’imbattersi nei briganti. Era, quindi, considerato normale, per la propria sicurezza, possedere un’arma personale. Il fatto, quindi, che qualche apostolo fosse in possesso di coltelli non fa di loro dei rivoluzionari.

6) Ancora, nel video, per cercare di “provare” le intenzioni da rivoluzionario violento di Gesù, viene riportato il passo del vangelo di Matteo: “Non pensate che sia venuto a portare la pace sulla Terra” (Mt 10, 34). Funicello, l’autore del video, spiega che il termine greco “γῆν” per “terra” significa principalmente “territorio circoscritto”, un “paese”, nulla a che vedere con il “mondo”, quindi secondo lui è palese che Gesù voleva riferirsi ad una sua azione circoscritta alla Giudea. Innanzitutto, ammesso e non concesso che sia così, ci sarebbe da capire perché questo territorio circoscritto debba per forza essere la Giudea e non la Galilea o qualsiasi altro “paese”, visto che nessuno di questi luoghi viene indicato con precisione, ma in realtà le cose non stanno come dice Funicello. In Matteo 10, 34 il termine “γῆν” può significare sia “terra” in senso di “mondo”, oppure di terreno ed anche di “paese”, ma studiando bene i vangeli si scopre che in Matteo questo termine, quando deve indicare un paese è sempre seguito dal nome del paese, terra o nazione a cui si riferisce: “ed entrò nel paese (γῆν) d'Israele” (Mt 2:20), “vennero nella terra (γῆν) di Gennesaret” (Mt 14, 34) e così via. Invece in Matteo 10, 34 il termine “γῆν” non è seguito da alcuna indicazione precisa di luogo, quindi è chiaro il suo senso generico di “mondo”. Infatti il senso delle parole di Gesù sono chiaramente allegoriche: il suo messaggio è rivolto a chiunque (cioè il mondo) ed è un “segno di contraddizione” (Lc 2, 34) che, senza volerle, provoca necessariamente discordie per le esigenze di scelta che richiede.

Il video di Funicello dice ancora altre cose, ma penso che le considerazioni che ho riportato in questo post possano essere sufficienti per capire perché la teoria secondo la quale i vangeli nascondano una natura violenta di Gesù e dei suoi seguaci, sia una solenne sciocchezza. Perfino il famoso storico Bart Ehrman, notoriamente agnostico, nel descrivere brevemente l'opera di Hermann Reimarus e le sue analisi sul Gesù storico, visto come un capo politico rivoluzionario il cui messaggio era stato distorto dai discepoli (soprattutto Paolo), taglia corto e scrive: "Oggi nessuno studioso concorda con questa ricostruzione del Gesù storico". (Bart D. Ehrman, I Cristianesimi perduti, Carocci, 2006, pag.218).

Per concludere riporto quest’altra interessante riflessione di un altro storico importante, John P. Meyer che nel suo imprescindibile “Un ebreo marginale” scrive: “Certamente ci saranno sempre degli scrittori che asseriscono che gli Evangelisti hanno celato l'autentico Gesù storico - cioè, Gesù il violento rivoluzionario che fu messo a morte per aver cercato di suscitare una rivolta contro Roma- e lo hanno sostituito con l'imbarazzante figura del mite ed amorevole Gesù dei vangeli. In un certo senso, non c'è motivo di discutere con questi tanto convinti teorici della cospirazione. La massa di tradizioni evangeliche prodotte dagli studiosi per confutare la teoria della 'cospirazione' non fa altro che dimostrare a questi teorici della ' cospirazione' la pervasiva natura della mistificazione. Questa situazione Somiglia un po' a un circolo vizioso. Da un lato, i teorici della ' cospirazione' sostengono che la mistificazione è stata così massiccia e ampia da ingannare la maggior parte degli studiosi. Tuttavia, dall'altro lato, ci viene chiesto di supporre che gli Evangelisti siano stati straordinariamente inetti nella loro mistificazione. Inavvertitamente essi avrebbero lasciato nei Vangeli materiale sufficiente perché coloro che hanno occhi per vedere - ossia i teorici della cospirazione- possano intendere la verità nascosta di Gesù, Il rivoluzionario armato. (..) Certamente, malgrado i fatti, Gesù lo zelota rimarrà perennemente popolare nelle volgarizzazioni dei Mass- media, proprio come rimarrà totalmente anacronistico” (John P. Meier, Un ebreo marginale vol. 3, Ed. Queriniana 2010, p. 608-609)

Bibliografia

P. Benoit, J.T. Milik, R. de Vaux, "Discoveries in the Judean Desert of Jordan II" Les grottes de Murabba'at, Oxford, Clarendon Press, 1961;
F. Giuseppe "La Guerra giudaica" a cura di G. Vitucci, Mondatori Editore, 1997;
Bart D. Ehrman, "I Cristianesimi perduti", Carocci, 2006
John P. Meier, "Un ebreo marginale" vol. 3, Ed. Queriniana 2010;

martedì 3 giugno 2025

Educare all'amore? Quando un procuratore eccede i suoi compiti

Di fronte a certi fatti di cronaca nera che coinvolgono i giovani, il dolore e lo sconcerto sono comprensibili. Ma quando il ruolo istituzionale si confonde con quello morale o educativo, è lecito e doveroso porsi delle domande. La procuratrice Anna Maria Lucchetta, rispondendo alle domande dei giornalisti circa l'omicidio della povera ragazza Martina Carbonaro da parte del suo ex fidanzato Alessio Tucci, avvenuto solo qualche giorno fa, ha dichiarato: "Dobbiamo educare all'amore". Parole forti, indubbiamente sentite che hanno fatto il giro dei media e raccolto molta attenzione. Ma qui sorge un problema: davvero è compito di un procuratore, un rappresentante della giustizia, fare appelli pedagogici? E soprattutto, che messaggio veicola un'affermazione del genere?

Viviamo in un'epoca in cui tutto si mescola: giustizia e psicologia, diritto e pedagogia. Ma un magistrato non è un educatore. Un procuratore ha il dovere di indagare, accusare, portare prove, non di dire ai cittadini come devono educare i propri figli, ma sopratutto veicolare il messaggio che nessuno, se non lui, è capace di educare i propri figli e che il fenomeno sia di proporzioni gigantesche, come se fosse un'emergenza nazionale.

L'idea che la magistratura debba intervenire anche sul piano educativo e morale è pericolosa. Significa estendere il campo d'azione di un potere già enorme, quello giudiziario, in una sfera che dovrebbe restare, in primis, personale, poi sociale e al limite politica. "Educare all'amore" è una bella espressione, ma detta da un procuratore assume un significato diverso: implica che lo Stato, nella sua forma giudiziaria, debba anche farsi guida morale.

Questo è un problema non da poco. Un giudice, un procuratore, sono lì per applicare la legge, non per insegnare, quando la giustizia si trasforma in un pulpito da cui lanciare messaggi morali, non stiamo più parlando di diritto, ma di ideologia e la giustizia non dovrebbe mai essere ideologica. La retorica usata dalla Lucchetta: "tutti dobbiamo educare all'amore" parte da una premessa discutibile ed, appunto, ideologica: che siamo tutti, in qualche modo, responsabili dei crimini commessi da pochi. La stragrande maggioranza dei ragazzi non uccide, non violenta, non aggredisce, non esiste nessuna emergenza nazionale.

Generalizzare, anche con buone intenzioni, è sempre pericoloso, perchè crea una colpa collettiva dove non esiste, e in più deresponsabilizza i veri colpevoli. Se tutto è colpa della società, della fantomatica mentalità "patriarcale", allora non è colpa di nessuno. Se tutti dobbiamo "imparare ad amare", allora chi ha commesso il crimine è solo il prodotto di un ambiente tossico, non una persona che ha scelto consapevolmente di compiere il male.

La giustizia deve essere giusta, non emotiva, nè empatica e men che meno pedagogica. Deve essere lucida, imparziale, coerente. Quando un procuratore prende la parola, ci si aspetta rigore, precisione, rispetto del ruolo, non frasi ad effetto buone per i social. Non si risolve la violenza con gli slogan, nè si raddrizza la società con le frasi ad effetto, serve coraggio, responsabilità e una sana distinzione dei ruoli. Perchè un Paese che affida l'educazione ai procuratori ha smesso di credere nella propria comunità e ha cominciato, lentamente, a farsi processare da se stesso.