La guerra è, forse, il più bestiale comportamento umano, lo scatenamento delle violenze più atroci e delle crudeltà più efferate. Ogni guerra, dalla più antica a quella più moderna, è solo uno spaventoso dramma, una tragedia per l’umanità. Ma per la vulgata laicista ci sono guerre molto più drammatiche ed efferate di altre e tra queste ci sono sicuramente le Crociate. Tra le accuse che vengono solitamente rivolte alla Chiesa ed ai cristiani cattolici non manca mai lo stracciarsi delle vesti per il comportamento eccessivamente violento e criminale tenuto dalle armate crociate nelle loro guerre di conquista. Secondo la polemica laicista le cosiddette “armate di Cristo” si abbandonarono a massacri di popolazioni, trucidando ebrei e arabi e seviziando chiunque si trovasse sul loro cammino, lasciando l’illuminata civiltà islamica in rovina. In particolare fa sempre molta impressione l’orrendo massacro della popolazione di Gerusalemme a cui si abbandonarono i crociati quando, nel luglio del 1099, all’epilogo della prima Crociata, la città venne conquistata. A mo’ di esempio, tra i tantissimi, si può citare il New York Times che nel 1999 considerò le crociate un genocidio paragonabile nientemeno alle atrocità hitleriane o alla pulizia etnica del Kosovo (
New York Times, 20 giugno 1999, sez. 4, p.15).
Ma è stato davvero così? Veramente le armate crociate si sono comportate con una violenza ed una crudeltà ben maggiore delle armate islamiche e di ogni altro esercito di allora? Ovviamente no, si tratta dell’ennesima esagerazione di chi non conosce la storia, oppure la conosce fin troppo bene, ma la piega ai suoi interessi ideologici. In realtà le spedizioni crociate si comportarono e fecero la guerra come qualsiasi altro esercito del tempo, e come purtroppo accade per qualsiasi esercito in guerra, non sono mancati episodi di crudeltà ed efferatezza. Certamente può far impressione che dei cristiani, seppur soldati in guerra, possano derogare dai loro principi morali ed abbandonarsi a massacri di civili, ma ciò che occorre sempre ricordare è che non fu il Papa, quindi la Chiesa, ad ordinare i massacri e le violenze. Questi furono compiuti da soldati che agirono al di fuori e contro le intenzioni della Crociata. Alle crociate non parteciparono solamente truppe regolari sotto il controllo dei loro signori e del legato pontificio, ma turbe di pellegrini che al di fuori di ogni controllo, incitati da monaci indisciplinati e da ogni sorta di predicatori improvvisati, che compirono razzie e massacri di cui furono vittime specialmente le comunità ebraiche. Ma dovunque i vescovi cattolici e i governanti fedeli all’imperatore si opposero ai massacri, difendendo principalmente gli ebrei. Come esempio si legga questo
mio articolo in proposito.
Mi si dirà che saccheggi e bottino delle città musulmane conquistate non erano perpetrati solo dalle formazioni irregolari, ma che furono compiuti anche da quelle “regolari” con a capo Re, Baroni e legati pontifici. Questo è vero, ma anche qui occorre valutare il fatto che le Crociate furono spedizioni che avevano uno scarso, se non inesistente, supporto logistico. Finché attraversavano territori amici, i vari stati cristiani fornivano loro i necessari vettovagliamenti, ma una volta in Asia, in territorio nemico, tale approvvigionamento poteva avvenire solo attraverso i saccheggi. Quindi, come per qualsiasi altro esercito in quelle condizioni, anche l’esercito crociato aveva la necessità di fare continuamente bottino per garantirsi almeno la sussistenza. Così scrive lo storico J. Riley Smith riferendosi alla prima spedizione crociata: “Il passaggio dei crociati nei Balcani e in Anatolia fu indubbiamente accompagnato da una serie di saccheggi. Ma d’altra parte, i crociati non avevano un sistema stabile di rifornimenti, quindi la loro sopravvivenza era legata alla capacità di procurarsi dei viveri. Mentre in territorio cristiano dipendevano dalle donazioni dei governanti locali, una volta entrati nella devastata terra di nessuno in cui l’Asia Minore si stava trasformando si ritrovavano lontani da qualsiasi punto di incontro con le spedizioni dall’Europa fino a che non raggiungevano Antiochia, dopo la quale ricevevano comunque approvvigionamenti molto limitati. Tutti i condottieri, grandi o piccoli, sapevano che il seguito si aspettava da loro almeno un livello minimo di sussistenza e già questo potrebbe bastare per spiegare l’ossessione del bottino” (Jonathan Riley Smith, Storia delle Crociate, A. Mondadori Editore, Milano 1994, pag 60).
Come detto all’inizio, nell’immaginario collettivo resta sempre come immagine iconica dell’efferatezza delle Crociate, e come argomento tra i più utilizzati dalla retorica laicista, la conquista di Gerusalemme da parte dei Crociati della prima spedizione del 1099. Ma da dove proviene questa forte impressione? Le fonti storiche, in effetti, ci raccontano di un massacro senza precedenti, ad esempio un anonimo soldato crociato testimone oculare racconta che dopo un penoso assedio per i crociati, durato ben cinque settimane, il 15 luglio 1099 i cristiani entrarono a Gerusalemme: “Uno dei nostri cavalieri, di nome Letoldo, salì sulle mura della città. Quando raggiunse la cima tutti i difensori della città fuggirono rapidamente lungo le mura e per le strade. I nostri uomini allora li inseguirono e li braccarono, uccidendoli e massacrandoli fino al Tempio di Salomone. E là scoppiò una tale carneficina che i nostri erano immersi fino alle caviglie nel sangue del nemico” (Robert George Dalrymple Laffan “Select documents of european history 800-1492” Henry Hold & Company, New York 1929). Un altro storico, Raimondo d’Aguilers, cronachista testimone oculare, tratto da "Historia Francorum qui ceperunt Iherusalem" (Storia dei Franchi che conquistarono Gerusalemme), riferisce che: “Se diciamo il vero, non saremo creduti: basti dire che nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava col sangue all'altezza delle ginocchia e del morso dei cavalli. E fu per giusto giudizio divino che a ricevere il loro sangue fosse proprio quel luogo stesso che tanto a lungo aveva sopportato le loro bestemmie contro Dio. Essendo la città piena di cadaveri e di sangue, molti fuggirono alla torre di Davide chiesero sicurtà al conte”. Usando gli stessi termini, nel settembre del 1099, tre potenti condottieri crociati, l'arcivescovo Daiberto, Goffredo duca di Buglione e Raimondo conte di Tolosa, si vantarono di fronte a papa Pasquale II delle imprese dei crociati a Gerusalemme: "E se volete sapere cosa ne fu dei nemici che trovammo là, sappiate che nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava con il sangue dei saraceni all'altezza delle ginocchia dei cavalli" (Colman J. Barry “Readings in church history” Christians classics, Westminster (Maryland) 1985, p.328).
Queste le fonti cristiane e possiamo notare che esiste un crescendo di violenza e distruzione nelle varie cronache, ad esempio all’inizio si parla del sangue del nemico che arrivava alle caviglie, poi il sangue arrivò fino alle ginocchia ed al morso dei cavalli. Ovviamente siamo di fronte ad un fenomeno di propaganda, un fenomeno del genere non è neanche lontanamente possibile. Affinché si possa versare così tanto sangue non bastava l'intera popolazione di Gerusalemme, neppure se agli abitanti si fossero aggiunti i rifugiati provenienti dalle regioni circostanti. Nient'altro che retorica, una vanteria dei cronisti cristiani o dei condottieri crociati per enfatizzare la loro impresa. Tutto ciò è confermato dalle stesse fonti musulmane sull’accaduto caratterizzate da resoconti laconici e privi delle esagerazioni dei cronisti cristiani. Intorno al 1160 due cronisti siriani, al-'Aziml e'Ibn al-Qalanlsl, descrissero la presa di Gerusalemme da parte dei Crociati e nessuno dei due fornì una stima delle vittime. Al-'Azlml disse soltanto che i crociati "... raggiunsero Gerusalemme e la sottrassero agli egiziani. Goffredo la conquistò. I suoi uomini diedero alle fiamme la chiesa degli ebrei". 'Ibn al-Qalanlsl aggiunse qualche dettaglio: "I franchi presero d'assalto la città e se ne impossessarono. La maggior parte dei suoi abitanti fuggì verso il tempio e in tantissimi furono uccisi. Gli ebrei si rifugiarono nella sinagoga e i franchi la bruciarono a loro insaputa. Quindi, il 22 sa'ban [14 luglio] di quell'anno, il tempio capitolò, ed essi distrussero i sepolcri e la tomba di Abramo" (Hillenbrand “The Crusades: islamic perspectives” Routledge, Oxford, 2000, p. 261). Questo prova anche che per gli standard bellici dell'epoca, il saccheggio di Gerusalemme non era niente che esulasse dall'ordinario. A quei tempi mettere a ferro e a fuoco una città sotto assedio che resisteva agli invasori era un principio militare generalmente accettato. Nel caso invece in cui non avesse opposto resistenza era doveroso mostrare pietà.
Ma ben presto gli autori musulmani capirono il valore propagandistico dell'enfatizzare il numero delle vittime, così anche se le prime fonti islamiche, come abbiamo visto, non ne specifichino il numero, 'Ibn al-GawzT, circa un secolo dopo l'accaduto, scrisse che i crociati a Gerusalemme "... uccisero più di settantamila musulmani". 'Ibn al-'AtTr, un contemporaneo di Saladino, XII secolo, riporta la stessa cifra (Francesco Gabrieli “Storici arabi delle crociate” Einaudi, Torino 1973, p. 10). Lo storico del XV secolo 'Ibn Tagribrrdl arriva a parlare addirittura di centomila vittime. Così, un secolo dopo l'altro, l'entità del massacro si è ingigantita ed è nata la leggenda del misfatto più terribile della storia.
I musulmani, d’altro canto, si comportarono nello stesso identico modo molto prima dei Crociati. Nel 645, ad esempio, fu sottoposta all’assedio la grande città di Alessandria in Egitto, l’armata musulmana comandata da Amr ibn Aasi fece irruzione nella città massacrandone gli abitanti e abbandonandosi a saccheggi e incendi. (John Bagot Glubb “Le grandi conquiste arabe” Aldo Martello, Ed. Milano 1963 pp 386). Successivamente nel 1148, ad Aleppo, il comandante musulmano Nur ed- Din (Noradino) non esitò a ordinare l'uccisione di tutti i cristiani; nel 1268 le forze del sultano mammalucco Baybars sottrassero Antiochia ai crociati uccidendo migliaia di cittadini, distruggendo le chiese di San Paolo e San Pietro, massacrando tutti i preti e i monaci e bruciando i vangeli (Thomas F. Madden “Le crociate. Una storia nuova” Lindau, Torino 2005, p.261). Ma, sicuramente, l’esempio più eclatante fu il comportamento dell’armata ottomana di Mehmed II quando espugnò la città di Costantinopoli il 29 maggio 1453 spezzando la lunga e disperata resistenza opposta al loro assedio. E anche qui, come riporta lo storico Steven Runciman, vi furono fiumi di sangue. I soldati musulmani “uccidevano chiunque incontrassero nelle strade, uomini, donne e bambini, indiscriminatamente. Il sangue scorreva a fiumi dalle alture di Petra al Corno d'Oro. Ma poi la violenza si placò, e i soldati realizzarono che prigionieri e oggetti preziosi avrebbero portato loro maggiori profitti” (Steven Runciman “Gli ultimi giorni di Costantinopoli, 1453” Piemme, Casale Monferrato, 1997, p. 156). Proprio come i crociati, che violarono i santuari tanto della sinagoga quanto della moschea, i musulmani profanarono monasteri e conventi, privandoli dei loro abitanti, e saccheggiarono le abitazioni private. Inoltre occuparono la Hagia Sophia, che per quasi mille anni era stata la più grande chiesa della cristianità.
E’, quindi, storicamente provato che le armate musulmane, nell'invadere una città, si comportarono spesso nello stesso identico modo dei Crociati. Il che non vuole certamente giustificare la condotta dei soldati cristiani, un'azione atroce non ne giustifica un'altra, ma dobbiamo sempre ricordare che non fu il Papa, non fu la Chiesa ad ordinare i massacri e le violenze. Questi furono compiuti da soldati che agirono al di fuori e contro le intenzioni della Crociata. L'intenzione di questo mio articolo, piuttosto, è spiegare che il comportamento dei crociati a Gerusalemme non fu né più né meno di quello degli altri eserciti dell'epoca.
Bibliografia
R. G. Dalrymple Laffan “Select documents of european history 800-1492” Henry Hold & Company, New York 1929;
C. J. Barry “Readings in church history” Christians classics, Westminster (Maryland) 1985;
J. Riley Smith, Storia delle Crociate, A. Mondadori Editore, Milano 1994;
S. Runciman “Gli ultimi giorni di Costantinopoli, 1453” Piemme, Casale Monferrato, 1997
Hillenbrand “The Crusades: islamic perspectives” Routledge, Oxford, 2000;
F. Gabrieli “Storici arabi delle crociate” Einaudi, Torino 1973;
J. Bagot Glubb “Le grandi conquiste arabe” Aldo Martello, Ed. Milano 1963;
T. F. Madden “Le crociate. Una storia nuova” Lindau, Torino 2005;
Moshe Gil “A History of Palestine 634-1099” Cambridge University Press, Cambridge 1992;
Rodney Stark “Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate” Lindau, Torino, 2010.