martedì 8 marzo 2016

Parte VI - Un’incredibile tesi: Gesù e l’Essenismo (2)

Nonostante il fatto che a Qumràm non siano mai stati rinvenuti scritti cristiani, c’è ancora chi si ostina a vedere nei testi qumrànici riferimenti alla figura di Gesù, alla sua crocifissione e risurrezione. Nel libro di M. Baigent e R. Leigh, “Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo”, anch’esso una delle “fonti storiche” di D. Brown, si fantastica di un complotto del Vaticano che avrebbe occultato alcuni testi e nascosto all’opinione pubblica delle scoperte sensazionali. 

L’eccezionale scoperta occultata dal Vaticano sarebbe quella di un certo John M. Allegro, assistente alla Manchester University e componente della commissione internazionale addetta alla pubblicazione dei frammenti della grotta 4Q, considerato da M. Baigent e R. Leigh l’unico studioso veramente indipendente e competente di quel gruppo di esperti. Nel loro libro, a pag. 44, infatti affermano che J. M. Allegro era l’unico filologo del gruppo, che aveva già pubblicato cinque saggi su riviste accademiche, mentre tutti gli altri erano dei perfetti sconosciuti. J. M. Allegro parlò di un testo non ancora pubblicato in cui si presentava il Maestro di Giustizia crocifisso e deposto in una tomba dai suoi discepoli in attesa della risurrezione, un preciso prototipo di Gesù. Questo passo è nel rotolo 1QpHab, cioè il commentario ad Abacuc, che dice: “L’in [terpretazione del passo] si riferisce al sacerdote che si è ribellato [e ha violato] gli statuti di [Dio…], per colpirlo con giudizi di empietà, e orrori di funeste infermità causarono a lui, e atti di vendetta sul suo corpo di carne” (1QpHab 8,16-17; 9,1-2). Il rotolo è molto rovinato, quindi il testo va integrato (sarebbero le parti tra le parentesi, n.d.r.). Come si può facilmente notare è difficile una sicura lettura univoca del testo, eppure J. M. Allegro, riprendendo una vecchia integrazione di Dupont-Sommer, uno storico francese, affermò con sicurezza che il perseguitato non era il Sacerdote Empio, ma il Maestro di Giustizia, cioè Gesù. L’integrazione di Dupont-Sommer di questo passo era: “L’in [terpretazione del passo] si riferisce al sacerdote che si è ribellato [e ha violato] gli statuti di [Dio e perseguitò il Maestro di Giustizia] per colpirlo con giudizi di empietà, e profanatori malvagi perpetrarono atti orrendi su di lui, e atti di vendetta sul suo corpo di carne”. Ora il soggetto non è più il Sacerdote Empio, ma il Maestro di Giustizia. 

Come al solito ci troviamo di fronte a teorie già ampiamente confutate e respinte dalla comunità scientifica che, però, M. Baigent e R. Leigh non si fanno scrupoli a riproporre come se niente fosse. Innanzitutto non è vero che J. M. Allegro era l’unico studioso competente della commissione internazionale. Basta andarsi a leggere la bibliografia degli atti della commissione in «Revue de Qumràn» XV (1991), pp. 1-20 e XII (1996), pp. 1-20, per rendersi conto dei titoli posseduti dagli altri componenti. Ad esempio padre Milik, che ha studiato a fondo filologia in Polonia ed al Pontificio Istituto Biblico, conosceva greco, latino, ebraico, aramaico, siriaco, paleoslavo, arabo, georgiano, ugaritico, accadico, sumero, egiziano ed ittita, senza contare tutte le numerose pubblicazioni anteriori alla chiamata a Gerusalemme nel 1952. Lo stesso si può dire per Jean Starcky, che si laureò in lettere classiche, filosofia e teologia, specializzandosi in lingue orientali all’Institut Catholique e all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, poi al Pontificio Istituto Biblico e all’École Française di Roma; anch’egli vanta pubblicazioni precedenti il 1952. Tornando al passo controverso, la lettura di Dupont-Sommer è stata universalmente censurata e con essa l’astrusa teoria di J. M. Allegro. Infatti l’integrazione con il Maestro di Giustizia è un abuso ed è completamente avulsa dal significato generale dello scritto. Più avanti, al passo 9, 9-10 dello stesso rotolo, si legge: “L’interpretazione si riferisce al Sacerdote Empio che a causa dell’iniquità commessa contro il Maestro di Giustizia e i suoi seguaci, Dio lo consegnò nelle mani dei suoi nemici per umiliarlo con infermità, cosicché finisse nell’amarezza dell’anima, perché empiamente aveva agito contro i suoi eletti”. Questo passo ci mostra senza possibilità di equivoco che è il Sacerdote Empio ad essere perseguitato. Quindi non si parla del Maestro di Giustizia e tantomeno di Gesù, ma di un Sacerdote Empio che si è ribellato alle leggi divine meritandosi una punizione. Nell’interpretazione generale, universalmente accettata, il passo controverso viene messo in relazione con la morte del sommo sacerdote Gionata Maccabeo che fu imprigionato, maltrattato e ucciso da Diodoto Trifone (143 a.C.). Quindi niente passione e crocifissione di Gesù nei rotoli di Qumràn. Per R. B. Y. Scott, studioso della Canadian Society of Biblical Studies e docente alla Princeton University, New Jersey, U.S.A., qualunque sia la traduzione di questo testo, non è dato rinvenire “alcuna asserzione inequivoca che il Maestro di Giustizia sia stato messo a morte”(R. B. Y. SCOTT, "The Meaning for Biblical Studies of the Qumràn Scroll Discoveries", in «Transactions of the Royal Society of Canada» L (1956), p. 45.), anche lo storico religioso J. Danielou afferma che i passi dell’Abacuc Pesher “non comportano la descrizione specifica di un individuo torturato e ucciso”(J. DANIELOU, "The Dead Sea Scrolls and Primitive Christianity", New York, 1958, p. 59). Padre Milik scrisse in proposito: “Non esiste alcun testo sicuro nel quale si affermi la morte violenta del Maestro di Giustizia; abbiamo invece diversi elementi che ci suggeriscono la morte naturale. Così ad esempio il Documento di Damasco (un altro rotolo ritrovato a Qumràn, n.d.r.), parlando della morte del Maestro, usa l’espressione “fu riunito” (CD 8,21), che deve evidentemente intendersi come un’abbreviazione della frase biblicafu riunito al suo popolo, ai suoi padri”, usata per la morte pacifica, in piena vecchiaia, dei Patriarchi o di altri personaggi (Cfr. Gn. 25, 9; 35, 29; Dt. 32, 50; Giud. 2,10)”(J.T. MILIK, "Dieci anni di scoperte nel deserto di Giuda", Torino, 1957, p. 43).

Ma M. Baigent e R. Leigh non si arrendono. Nel loro libro “Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo” riportano altre “sconvolgenti” scoperte di J. M. Allegro e di uno studioso americano, un certo R. H. Eisenman, che su di un minuscolo frammento avrebbero trovato un chiaro riferimento all’esecuzione capitale ad un messia. Si tratta di un frammento, molto rovinato e lacunoso, della grotta 4, classificato con la sigla 4Q285. Viene tradotto comunemente in questo modo: “il profeta Isaia […] un rampollo uscirà dal tronco di Jesse […] il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il […] ed il Principe della Comunità lo mise (o metterà) a morte […] e con ferite, ed il sacerdote di […] comanderà […] la strage dei Kittim”. Si tratta di un testo che riguarda la lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre ed ad un certo punto viene citato un passo di Isaia, capitolo 11, un testo messianico. Invece, J. M. Allegro e R. H. Eisenman tradussero il frammento in modo differente, cioè: “il profeta Isaia […] un rampollo uscirà dal tronco di Jesse […] il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il […] ed essi metteranno a morte il Principe della Comunità […] e con ferite, ed il sacerdote di […] comanderà […] la strage dei Kittim”. La differenza risiede nel modo in cui si legge la frase “il Principe della Comunità lo metterà a morte”, che in ebraico è “wehemîtô”, oppure “essi metteranno a morte il Principe della Comunità”, in ebraico “wehêmîtû”. Come sappiamo le parole ebraiche non sono vocalizzate, quindi sono possibili tutte e due le letture, ma una semplice analisi del contesto chiarisce subito il significato del testo. La lettura comunemente accettata è che sia il Principe della Comunità, il Messia della stirpe di Davide, cfr. CD (= codice di Damasco) 7,20 e 1QM (= milhamàh, cioè “guerra”, quindi il rotolo della guerra) 5,1, a mettere a morte l’empio di cui parla Isaia 11,4. Infatti in questo versetto si fa riferimento ad un rampollo di Iesse, il discendente di Davide, che ucciderà l’empio. Solo se messo in rapporto con questo passo di Isaia, che sta commentando, il frammento acquista un senso preciso. Il testo di Isaia in questione è il seguente: “Un rampollo uscirà dal tronco di Jesse ed un virgulto spunterà dalle sue radici. Riposerà sopra di lui lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di timore del Signore. Troverà compiacenza nel timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze, né renderà sentenza per sentito dire, ma giudicherà con giustizia i miseri e con equità renderà sentenze in favore dei poveri del paese. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, e farà morire l’empio con il soffio delle sue labbra” (Isaia 11, 1-4). Quindi nessuna condanna del messia, ma solo un commento al brano di Isaia già citato all’inizio del frammento. Questa interpretazione è quella comunemente accettata da tutta la comunità scientifica mondiale. Così, ad esempio, interpretano il frammento 4Q285 i professori G. Vermes e M. Bockmuehl del centro studi su Qumràn di Oxford, U.K. (G. VERMES – M. BOCKMUEHL, "The Oxford Forum for Qumràn Research. Seminar on the Rule of War from Cave 4", in «Journal of Jewish Studies» XLIII (1992), pp. 85-94), la stessa interpretazione ha presentato il professore O. Betz al simposio internazionale su Qumràn dell’università di Eichstätt nel 1993 (O. BETZ – R. RIESNER, "Gesù, Qumràn e il Vaticano. Chiarimenti", Roma, 1995, pp. 127-134). Corrado Martone, dell’Università di Torino, conclude un’approfondita analisi del passo con queste parole: “Risulta dunque che tutti i testi che presentano indiscutibili affinità col nostro frammento sono assolutamente estranei al concetto di morte del Messia […] Appare di conseguenza inverosimile collegare il nostro testo che, come visto, si colloca perfettamente in una ben documentata tradizione giudaica, alla concezione cristiana del sacrificio messianico” (C. MARTONE, "Un testo qumranico che narra la morte del Messia? A proposito del recente dibattito su 4Q285", in «Rivista Biblica» XLII (1994), pp. 329-336). 

Possiamo quindi concludere che nessun testo di Qumràn cita o allude a personaggi del Nuovo Testamento, né parla di passione, morte, crocifissione, deposizione, custodia del corpo del Maestro di Giustizia o del Messia futuro. Ovviamente M. Baigent e R. Leigh, senza fare parola di questi documenti, ci presentano J. M. Allegro e R. H. Eisenman come gli unici autentici divulgatori della verità storica, tenuta nascosta dal Vaticano. In realtà il Vaticano non ha tenuto nascosto un bel niente, infatti tutti i documenti citati e i testi “controversi” sono esposti nelle varie mostre e consultabili da chiunque.

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