giovedì 30 aprile 2015

La Chiesa e la rivoluzione francese

Uno dei più grossi inganni che la storiografia laicista di stampo illuminista ha perpetrato nei confronti della nostra comune formazione culturale è il mito della Rivoluzione francese. Questa tragedia viene tuttora celebrata come un evento epocale che avrebbe cambiato la storia introducendo la democratizzazione della vita politica in Francia con l’abbattimento dell'assolutismo e la partecipazione popolare alla gestione del potere. Nei nostri “programmi” scolastici e dalla stragrande maggioranza dei professori è presentata in modo acriticamente positivo, una vittoria del popolo contro l’assolutismo di una aristocrazia corrotta e parassitaria, ovviamente sostenuta ed appoggiata dalla Chiesa cattolica. 

Ma la storia dice ben altro, la Rivoluzione in realtà determinò un blocco del cammino verso la modernità distruggendo in pochi anni gran parte del progresso fatto nei mille anni precedenti. Nel 1788 la Francia era la primo posto in Europa come prosperità e progresso, forse superata solo dall’Inghilterra. La Rivoluzione portò una devastazione all’apparato produttivo e culturale tale da creare un crollo economico ed un’arretratezza sociale che determinò la futura supremazia socioeconomica dell’Inghilterra. Durante quei tremendi anni tutta l’élite scientifica e intellettuale fu massacrata, una cricca di furfanti, dai Giacobini ai Girondini, borghesi anticlericali ed anticristiani, attuarono una violenta repressione volta a distruggere il vecchio sistema per imporre il proprio. 

Per poter fare tutto ciò, l’avversario più importante si rilevò essere proprio la Chiesa cattolica e il cristianesimo. Il basso clero era profondamente radicato nella società contadina e rappresentava l’elemento costitutivo primario. Tutto il sistema scolastico e sanitario, ad esempio, era sorretto e curato dall’istituzione ecclesiastica. Ma il pensiero dei rivoluzionari borghesi fu innanzitutto quello di arricchirsi a scapito della povera gente, così cominciarono le confische dei beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli e ciò finì per sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli ospedali. Vennero soppressi cinquanta Vescovati, trecento Capitoli e duecento istituzioni religiose. Furono aboliti i Sacri Voti e gli Ordini della Cavalleria, soppresse le Congregazioni Insegnanti, le Accademie, i Collegi, i Seminari. A farne le spese furono persino tutti quegli Istituti che, consacrandosi in nome della carità, si erano dedicati fino ad allora alla cura degli infermi ed al sostegno ai poveri. Anziché eliminare la povertà, con l'incamerare i beni ecclesiastici, la Rivoluzione sprofondò il popolo francese nella più nera miseria. Nacque l’idea che la Chiesa avesse nascosto ricchezze immense ed iniziarono così le distruzioni di conventi ed abbazie, di chiese romaniche e gotiche, come ad esempio il grande scempio della distruzione dell’abbazia di Cluny, tesoro tra i più preziosi dell’intera cultura occidentale. 

Ma il furto ha bisogno della menzogna e della persecuzione perché non fu facile imporre il sopruso alla Chiesa e al popolo. Così nel 1790, per rendere la Chiesa innocua e controllabile fu istituita la costituzione civile del clero, una sorta di Chiesa “fantoccio”, con la trasformazione dei preti in funzionari religiosi di un potere laico. S’impose il giuramento ai preti e ai vescovi, chi si rifiutava veniva massacrato perché “amico” di una potenza straniera, così come era considerato allora il Papa. Molti preti e religiosi, per paura di morire, passarono dalla parte della Rivoluzione, ma tantissimi altri rimasero fedeli alla loro fede e alla Chiesa, solo tre vescovi su centotrenta giurarono per lo Stato rivoluzionario, e per questo, in migliaia, assieme ai loro parenti, furono incarcerati e ghigliottinati, ma anche letteralmente macellati in un’orrida orgia di sangue come negli anni del Terrore (1793-94). Anche il popolo si ribellò per difendere la propria fede e il loro sistema dei valori. In Vandea ci fu il più grosso movimento di protesta contro l’imposizione della guerra e la chiusura delle chiese, ma dopo una guerra civile condotta con una totale sproporzione delle forze in campo, l’esercito rivoluzionario mise in atto un’orrenda strage lucidamente pianificata a tavolino dai vertici rivoluzionari che non risparmiò neppure le donne ed i bambini. Una strage che alcuni storici non esitano a considerarla un vero e proprio genocidio (Reynald Secher, Il genocidio vandeano. Milano, Effedieffe Edizioni, 1991).

La Rivoluzione francese fu il primo radicale tentativo, da parte di una classe politica e sociale, di accaparrarsi tutto il potere annientando il sistema precedente per sostituirlo con il proprio. Non ci furono alcun movimento popolare, né motivazioni di giustizia sociali alla base della rivoluzione, ma la lucida volontà di costruire una società dove è lo Stato l’unica realtà che può raccogliere tutti i valori razionali, culturali ed etici. Per fare questo la marmaglia rivoluzionaria ha dovuto estromettere l’idea di Dio e puntare sui principi “illuministi”, come quelli di Rousseau e Voltaire, di esaltazione dell’individualismo, dell’uomo “senza Dio”, assolutamente autonomo ed autosufficiente che non ha bisogno di alcun riferimento religioso. Per questo la Rivoluzione fu un fenomeno violentemente anticristiano, non è affatto vero che puntò alla separazione della Chiesa dallo Stato, ma la sottomise ad esso, rendendo il clero una categoria di funzionari statali. La confisca dei beni della Chiesa, fatto che generò miseria ed arretratezza, non fu motivata da un’esigenza di ridistribuzione della ricchezza, ma fu una volgare ruberia che finì solo per arricchire la borghesia. 

La Chiesa come popolo di Dio segnava la vita della persona e della società, rivelava una capacità di educazione della persona e di fondazione di rapporti culturali e sociali, la Rivoluzione cercò di spazzare tutto questo sostituendo a Dio una nuova religione, il culto della dea ragione, la sola in grado di garantire "la felicità degli uomini sulla terra" (cfr. "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino"). La Rivoluzione fu il primo esperimento di “laicismo applicato”, uno Stato che si presenta come capace di totalizzare la società, ossia, uno stato "totalitario". I frutti di tale operazione sono sotto gli occhi di tutti: uno Stato che si ritenne autorizzato a distruggere ed uccidere tutto e tutti e che diede vita al tremendo periodo delle guerre napoleoniche, i cui lutti sconvolsero l’Europa.


Bibliografia

A.Gerard “La rivoluzione francese, miti e interpretazioni”, Mursia, Milano, 1972;
J. Leflon, G. Zaccaria “La crisi rivoluzionaria (1789-1815)” Ed. Paoline, 1976;
D. Menozzi “Cristianesimo e rivoluzione francese”, Queriniana, Bresia, 1977;
P. Chaunu, “La Révolution declassée”, 1989;
F. Furet, “L'eredità della Rivoluzione", tr. it. Laterza Bari 1989;
J. Tulard, J. F. Fayard e A. Fierro “Dizionario storico della Rivoluzione francese”, trad. it., Ponte alle Grazie, Firenze 1989;
R. Secher “Il genocidio vandeano” Milano, Effedieffe Edizioni, 1991.

4 commenti:

  1. Dal tuo post: "Nel 1788 la Francia era la primo posto in Europa come prosperità e progresso, forse superata solo dall’Inghilterra"

    A me risulta che nel 1788 la Francia fosse alla bancarotta, e che nobili e clero avessero rifiutato di cedere anche una minima parte dei loro privilegi ed esenzioni.

    Antonello

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    1. Ciao Antonello. A me risulta, invece, che tutte le curve di crescita della Francia si bloccarono con la Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull'apparato produttivo, ha scavato un abisso di due milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico. Nella produzione media procapite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell'Inghilterra (da P. Chaunu, “La Révolution declassée”, 1989).

      Certamente i nobili e l'alto clero erano indubbiamente beneficiari di privilegi, ma i rivoluzionari borghesi brigarono per impossessarsene loro con buona pace del popolo. La rivoluzione fu un fatto d'elite, non popolare. Molto acutamente il noto storico francese Pierre Gaxotte, dell'Accademia di Francia, disse che "la miseria può suscitare dei moti, ma non genera rivoluzioni".

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    2. Il 1789 fu una rivoluzione borghese, questo lo sanno tutti.
      Chi produceva ricchezza (il terzo stato, o i "rivoluzionari borghesi" come li chiami tu) decise di prendersi anche il potere politico detenuto fin lì dagli altri due ordini, che stavano portando il paese al tracollo economico.
      La Rivoluzione Francese fu causata principalmente dall'intransigenza ottusa di nobiltà e clero stessi, che si ostinavano a voler mantenere privilegi cui storicamente non avevano più diritto.

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  2. Non sono d'accordo. Innanzitutto il paese non stava andando verso il tracollo economico, come una storiografia onesta ha dimostrato, e la volontà della borghesia fu solo quella di accaparrarsi il potere e le ricchezze del paese senza aver alcuna intenzione di redistribuirle. Fu una rivoluzione, Antonello: una classe politico-sociale ha sfruttato la sua forza per sostituirne un'altra, altro che popolo affamato. E lo ha fatto secondo una filosofia laicista, quindi calpestando tutto e tutti, secondo il loro falso sistema di valori.

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