In questi giorni sta facendo notizia la polemica a distanza tra la Turchia ed il Vaticano per le parole che Papa Francesco ha pronunciato circa la strage degli armeni perpetrata dall’esercito turco nel 1915. In occasione della messa per il centenario di quella tragedia Papa Bergoglio ha richiamato le coscienze sul fatto che il mondo sta oggi vivendo un periodo di orrende violenze e stragi che possono essere paragonate ai genocidi perpetrati dai nazisti e stalinisti e a quello messo in atto dai turchi nei confronti del popolo armeno.
Queste parole hanno scatenato le ire della Turchia, la quale ha ritirato il suo ambasciatore dal Vaticano e convocato il Nunzio apostolico ad Ankara. Secondo il governo turco parlare di “genocidio” rappresenta una calunnia perché nessun tribunale internazionale competente lo avrebbe stabilito. Ma le reazioni non finiscono qui, il ministro per gli affari europei, Volkan Bozkir, ha addirittura tacciato il papa di essere filonazista in quanto argentino, il presidente del Parlamento turco, Cemil Cicek, ha parlato di discriminazione politica, razzismo ed incitamento all’odio, anche il gran Mùfti, Mehmet Gormez, ha avuto parole di fuoco contro il papa. Dappertutto, in Turchia, il papa è stato insultato e si è complicata anche la vita dell’esigua comunità cattolica turca, sempre più resa difficoltosa dai soprusi e violenze dei gruppi islamici più oltranzisti.
Ciò che ha scatenato tale furibonda reazione è stato l’uso della parola “genocidio” in relazione alla strage perpetrata sugli armeni. In Turchia tale uso è addirittura punito per legge al punto che anche alcune personalità turche, come lo scrittore Orhan Pamuk o il giornalista Hrant Dink, sono state per questo incriminate e condannate. La Turchia si ostina a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio, limitandosi a parlare di “soli” 300mila morti in seguito ad “incidenti” dovuti ad alcune fasi della prima guerra mondiale. Ma la Turchia parla una lingua diversa da quella del resto della comunità internazionale e degli storici. L’Associazione internazionale degli studiosi di genocidi ritiene che gli armeni uccisi furono “oltre un milione“ e, in effetti, l’opinione più largamente diffusa tra gli storici è proprio quella una cifra che si aggira tra il 1.200.000 e 2.000.000 di persone. Purtroppo il governo ottomano di quegli anni, sobillato dal partito ultra nazionalista islamico dei “Giovani Turchi”, decise freddamente di dar luogo ad una vera e propria pulizia etnica decidendo di eliminare tutti i cristiani partendo proprio dagli armeni. Il genocidio armeno fu riconosciuto, nel 1985, dalla sottocommissione dei diritti umani dell’Onu, e nel 1987 dal Parlamento europeo. Tra i Paesi che lo riconoscono c’è anche l’Italia con una risoluzione votata dalla Camera nel novembre del 2000.
Il papa non ha fatto altro che attenersi alla realtà dei fatti, onorando la memoria di tantissime persone, tra cui anziani, donne e bambini, che hanno pagato con la vita la loro fede cristiana. Il papa ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno, e ricordando il genocidio degli Armeni, ha voluto denunciare l’orrenda strage che viene perpetrata nei confronti dei cristiani di tutto il mondo, una strage occultata, ignorata e perfino negata. Eppure tra le accuse che vengono costantemente rivolte alla Chiesa e ai cristiani c’è sempre il solito riferimento alle crociate e anche gli islamici del sedicente califfato “Isis” usano questa retorica per fomentare l’odio contro i cristiani. Ma le crociate sono fatti storici che in pochi veramente conoscono e che vengono troppo spesso strumentalizzati, mentre, invece, sono le violenze perpetrate contro i cristiani ad essere tristemente certe e reali. Solo nel secolo scorso ci sono stati almeno 15 milioni (qualcuno parla anche di 30 milioni) di perseguitati per via della fede cristiana da parte dei regimi atei e della fazione islamica estremista, altro che crociate.
L’ottusa reazione del governo turco non è altro che l’ennesima violenza che viene perpetrata nei confronti dei cristiani, una violenza gratuita ed immotivata, volta solo a negare il diritto di professare la propria fede.
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