venerdì 9 agosto 2019

I miti sulle crociate: le Crociate furono un atto di aggressione all’Islam


Tra le convinzioni più diffuse riguardo alle crociate c’è sicuramente quella secondo la quale queste guerre furono scatenate per una smodata bramosia di potere e conquista da parte degli aggressivi e potenti regni cristiani europei. Inoltre, secondo questa visione, la famosa chiamata alla Crociata operata da Papa Urbano II nel 1095 nella città francese di Clermont, non fu altro che una scaltra operazione politica per permettere alla Chiesa Cattolica di imporre la propria influenza anche sui territori controllati dall’impero bizantino. Ancora oggi questa visione è largamente accettata e condivisa e costituisce uno dei miti anticattolici maggiormente presenti nell’immaginario collettivo. Ciò che suscita maggior stupore è che tale erronea convinzione non è diffusa solo come comune diceria, ma è ancora accreditata a livello accademico. A esempio il direttore del Dipartimento degli studi islamici dell’American University di Washington, D.C., ebbe a dire: “Le crociate hanno lasciato una memoria storica che ci accompagna ancora oggi: quella di una lunga aggressione da parte dell’Europa” (Andrew Curry “The Crusades, The First Holy War”, US News and World Report, 8 aprile 2002, p.36). Incredibilmente molti storici sono ancora convinti delle mire espansionistiche del Papa, come ad esempio Carl Erdmann (1898-1945), secondo il quale Urbano II non aveva alcuna motivazione religiosa. Il Papa avrebbe solo avuto l’interesse ad intervenire militarmente presso i bizantini al fine di consolidare la propria autorità sulla Chiesa d’Oriente (C. Erdmann “Alle origini dell’idea di crociata”. Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 1996). 

Siamo di fronte all’ennesimo mito anticattolico, un travisamento della storia così palese e netto che appare incredibile come questa mistificazione possa avere un certo credito ancora oggi. Mentre l’appello del Papa alla Crociata contro l’Islam è comunemente considerato tra i più grandi scandali della Chiesa Cattolica, viene generalmente sottaciuto il fatto che quella chiamata alle armi fu la risposta che un accorato e preoccupato Urbano II diede alla disperata richiesta di aiuto formulata dall’imperatore bizantino Alessio I Comneno contro i turchi selgiuchidi, che si trovavano ormai a 100 chilometri da Costantinopoli. Richiesta d’aiuto reiterata anche nei confronti del conte Roberto II di Fiandra, da alcuni ritenuta un falso, ma che è invece confermata da diverse fonti (E. Joranson, "The problem of the Spurious Letter of Emperor Alexius to the Count of Flanders", Am. Hist. Rev., 55 (1950), p. 811). Il Papa, inoltre, intese denunciare anche il grande pericolo che incombeva sulla pia pratica del pellegrinaggio in Terrasanta con i pellegrini che venivano sistematicamente perseguitati e sottoposti ad ogni sorta di vessazioni e persecuzioni. Da un punto di vista più ampio è ormai certo che l’appello del Papa non fece altro che tradurre in fatti la consapevolezza che ormai si era fatta strada presso tutti i principi europei, cioè che l’Islam, dopo aver conquistato tutto il nord Africa e la Spagna, stava invadendo anche l'impero bizantino realizzando un vero e proprio accerchiamento con una “morsa a tenaglia”. 

La chiamata alle armi per intraprendere la lotta contro l’invasore islamico aveva chiaramente il carattere di un sacrificio per la salvezza della cristianità, i cristiani furono chiamati a mobilitarsi per la salvezza di coloro che sono angariati e perseguitati, senza altro guadagno che il perdono di tutti i propri peccati. Il Concilio di Clermont, indetto dal papa prima del famoso appello alla prima crociata, dichiarava chiaramente: “Chiunque si metterà in cammino per liberare la Chiesa di Dio a Gerusalemme, spinto unicamente dalla devozione in nostro Signore e non da avidità di guadagno o gloria, consideri quel cammino come una penitenza per tutti i suoi peccati” (E. Peters “The First Crusade; The Chronicle of Fulcher of Chartres and Other Source Materials” University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1998, pag, 37). Papa Urbano II, nel suo appello alla crociata, stabilì un nuovo principio secondo il quale chiunque partecipava alla crociata moralmente entrava in un ordine monastico ed aveva la certezza della salvezza eterna. Guiberto di Nogent, monaco benedettino, storico e teologo, testimone dell’evento, così ricorda le parole pronunciate da Urbano II a Clermont: “Dio ha voluto che il nostro tempo conoscesse una guerra santa, sicché l’ordine dei cavalieri […] che non fanno che massacrarsi a vicenda […] ora può trovare un modo nuovo per guadagnarsi la salvezza” (E. Peters “The First Crusade; The Chronicle of Fulcher of Chartres and Other Source Materials” University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1998, pp. 12-13). 
A tal proposito il grande storico delle Crociate, Jonathan Riley Smith, osserva chiaramente che “Urbano II non si stancava mai di ribadire che la crociata era un’opera pia con l’unico scopo di rimettere i peccati se affrontata con la giusta predisposizione di spirito. In questo l’idea della crociata era rivoluzionaria perché la poneva sullo stesso piano della preghiera, della carità e del digiuno” (Jonathan Riley Smith, “Storia delle Crociate”, A. Mondadori Editore, Milano 1994. Pag. 9). 

Nel giudicare il fenomeno delle Crociate viene troppo spesso dimenticato che la Palestina, occupata dall’Islam, era stata, oltre che politicamente, un patrimonio spirituale e religioso cristiano. Tale territorio era la “Terrasanta” dei cristiani, dove il Figlio di Dio era nato, vissuto, aveva patito ed era morto e risorto per il riscatto di ogni uomo dal male e dal peccato, divenendo il Salvatore dell’umanità. Ciò significava, idealmente e in concreto, che la Palestina era la terra della salvezza di ogni battezzato al mondo. L’Islam se ne impadronì con la forza delle armi e perseguitava i cristiani che vi risiedevano ed i pellegrini. Per il papa ed i crociati il vero scopo della crociata era la liberazione dei luoghi santi. A provare tutto ciò è l’analisi dei tanti documenti che ci sono pervenuti e che il grande storico delle Crociate Riley Smith ha meticolosamente studiato. Ad esempio Raimondo di Saint-Gilles, capitano della prima crociata, annunciò di partire “in pellegrinaggio per muovere guerra a genti straniere e sconfiggere popoli barbari, per tema che la santa città di Gerusalemme sia tenuta prigioniera e affinché il Santo Sepolcro di nostro Signore Gesù Cristo non sia più contaminato” (Jonathan Riley Smith “The First Crusaders, 1095-1131” Cambridge University Press, Cambridge 1997, pag. 62). Così anche Goffredo di Buglione ed il fratello Baldovino di Boulogne, altri capitani della prima Crociata, che lasciarono alla madre le loro disposizioni testamentarie nel caso fossero periti nella crociata, cioè “dalla battaglia di Gerusalemme nel nome di Dio” (Jonathan Riley Smith “The First Crusaders, 1095-1131” Cambridge University Press, Cambridge 1997, pag. 63). 

Un argomento che generalmente viene portato a sostegno della tesi che le Crociate siano state delle guerre di aggressione è il fatto che dalla conquista islamica, avvenuta agli inizi del VII secolo, la Palestina divenne un territorio islamico, dove si viveva in pace, senza alcuna rivendicazione da parte dei bizantini. Ma si tratta dell’ennesima falsità, infatti non è vero che per quattro secoli gli islamici potettero disporre delle loro conquiste senza reazioni da parte dei bizantini. Nel 960 il generale bizantino Niceforo Foca condusse una guerra di liberazione riguadagnando il controllo di Creta, Cipro, della Cilicia e di parte della Siria. Nel 974 l’imperatore bizantino Foca riconquistò addirittura Antiochia, finché non vennero i Turchi e l’impero bizantino si ridusse praticamente alla sola Costantinopoli (S. Runciman, “Storia delle crociate” Einaudi, Torino1966, vol. I, pag. 29). Quindi quei territori non furono mai considerati legittimamente appartenenti all’Islam, ma sempre un’appropriazione indebita strenuamente contrastata. 

Chiudo questo articolo riportando una illuminata sintesi dello storico Riley-Smith: “La crociata era combattuta contro quanti venivano percepiti come nemici interni o esterni della Cristianità per il recupero di proprietà cristiane, oppure in difesa della Chiesa e dei cristiani. Le offese ai cristiani o alla Chiesa davano ai crociati l’opportunità di esprimere amore verso i loro fratelli oppressi o minacciati e di farlo con una giusta causa, che era sempre relativa al mondo cristiano nel suo insieme […] Secondo i papi, i musulmani non soltanto avevano occupato territori cristiani in Spagna e in Oriente, compresa una terra santificata da Cristo con la sua presenza e da lui fatta propria, ma avevano anche imposto la loro tirannia di infedeli ai cristiani che vi abitavano" (Jonathan Riley Smith, “Storia delle Crociate”, A. Mondadori Editore, Milano 1994. Pag.30) 




Bibliografia 

C. Erdmann “Alle origini dell’idea di crociata”. Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 1996; 
S. Runciman, “Storia delle crociate” Einaudi, Torino1966; 
J. Riley Smith “The First Crusaders, 1095-1131” Cambridge University Press, Cambridge 1997; 
E. Peters “The First Crusade; The Chronicle of Fulcher of Chartres and Other Source Materials” University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1998 
J. Riley Smith, “Storia delle Crociate”, A. Mondadori Editore, Milano 1994; 
Christopher Tyerman "L'invenzione delle crociate" Einaudi, 2000; 
Rodney Stark "Gli eserciti di Dio", Lindau, 2010.


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