martedì 3 febbraio 2015

L'infallibilità papale: assurdità cattolica?

Nel 1870, a Roma, durante la prima fase del Concilio Vaticano I, presieduto dal papa di allora Pio IX (nella foto accanto), fu votato ed approvato il dogma dell’infallibilità papale. Praticamente si stabilì che quando il Papa parla ex cathedra, cioè come pastore universale della Chiesa, non può sbagliare.

Tra tutti i dogmi della Chiesa Cattolica questo è certamente quello che tra i laici e i non cattolici suscita più resistenze e perplessità. Anche molti teologi, come il russo Kireev e lo svizzero Küng, hanno posizioni fortemente critiche verso questo dogma. Ovviamente non può mancare anche la becera critica del mondo laicista che, ignorando il significato preciso e la natura di questo dogma, rinfaccia ai cattolici ogni discutibile operato e dichiarazione dei vari papi, spacciandoli per prove dell’inconsistenza del dogma. 

La definizione esatta del dogma dell’infallibilità papale riportata dalla costituzione dogmatica Pastor Aeternus del 1870 stabilisce precisamente i confini di tale infallibilità: il Papa deve sancire come supremo Pastore universale della Chiesa, deve insegnare a tutta la Chiesa, deve esplicitamente far intendere che sta confermando con atto definitivo una dottrina di fede e di morale e che la materia su cui si esercita il carisma dell’infallibilità è esclusivamente la fede e la morale. Da ciò ne deriva il fatto che il Papa e la Chiesa non sono affatto esenti da imperfezioni o debolezze in campo morale. La Chiesa. Infatti, ha sempre riconosciuto che nella lunga storia del Papato vi sono stati pontefici dal comportamento morale molto discutibile. 


Contrariamente a quanto affermano le confessioni cristiane non cattoliche, questo dogma, come del resto tutti gli altri, ha la sua base scritturale. Nel Vangelo, infatti, leggiamo che Cristo fondò la sua Chiesa sull’apostolo Pietro: “Tu sei Pietro e su di te edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Questo significa che se Pietro potesse cadere in errore in materia di fede o di morale, ciò significherebbe che Cristo avrebbe edificato la sua Chiesa, che ha il compito di conservare il bagaglio della fede e della morale, sull’errore. E questo è inammissibile essendo Cristo Dio. Siccome anche i successori di Pietro, i vescovi di Roma, hanno lo stesso ruolo di Pietro, valgono le stesse considerazioni. Non è da sottovalutare anche il fatto che l’infallibilità del Papa è stata riconosciuta in varie occasioni in epoca antica. Nel 110 Ignazio, vescovo di Antiochia, morto martire a Roma, afferma chiaramente che i cristiani di quella città “sono puri da ogni estranea macchia” intendendo con questo l’infallibilità della Chiesa di Roma. Convinzione propria anche del vescovo di Lione, Ireneo, che, sempre nel II secolo, afferma che con la Chiesa di Roma deve accordarsi ogni altra Chiesa in quanto in essa è conservata la fede apostolica. Nel III secolo tale convinzione nell’infallibilità della Chiesa di Roma, e quindi nel suo vescovo, è attestata in Cipriano, vescovo di Cartagine, secondo il quale nella Chiesa di Roma non può albergare l’errore. 


Eppure tutto ciò sembra non bastare e molti avversari del dogma, per dimostrare la sua falsità, citano casi storici in cui le decisioni prese dai Papi non sono state oggettivamente infallibili. Generalmente vengono citati i casi dei Papi Liberio (352-366), Onorio I (625-638) e Giovanni XXII (1316-34). 


Papa Liberio fu coinvolto nella crisi ariana e non si comportò in modo eroico come fece Sant’Atanasio o Sant’Ilario di Poitiers, ma si trovò frastornato in mezzo ad una quarantina di formule teologiche dove la presenza o l’assenza di un solo “iota” (omooùsios, omoioùsios), la presenza o l’assenza di un ”alfa” (anòmois, òmois) creavano difficoltà apparentemente insormontabili, inoltre Liberio fu anche condannato all’esilio dall’imperatore di allora, Costanzo II, che era ariano. Fu così che per stanchezza e per desiderio di pace, con la promessa di poter far ritorno a Roma, che il Papa si adattò a firmare una formula elaborata a Sirmio da Basilio di Ancira che respingeva l’”omoùsios” del Concilio di Nicea. Tale formula fu, però, sicuramente antiariana, infatti a Sirmio vennero condannati gli anomèi, cioè gli ariani puri. Questo caso, quindi, non può essere classificato come un errore teologico del Papa e, così, essere considerato come una prova della falsità del dogma dell’infallibilità. Il Papa non poté esprimersi liberamente ed in una condizione “ex cathedra” ed agì diplomaticamente, sempre sotto la minaccia della continuazione dell’esilio. 



Il caso di Onorio I (che abbiamo già visto) fu certamente più grave in quanto si ebbe addirittura una sua condanna come eretico nel VI concilio ecumenico, il III di Costantinopoli, nel 681. La sua vicenda fu considerata dagli oppositori dell’infallibilità papale al Concilio Vaticano I, come la principale difficoltà storica. Ma anche in questo caso il favore concesso da Onorio a Sergio, patriarca di Costantinopoli nel VII secolo fautore del monotelismo, fu pesantemente influenzato dall’ingerenza dell’imperatore e, nonostante questo, il papa si mantenne sempre nell’ortodossia negando che in Cristo coabitassero due volontà contrarie. D’altra parte lo stesso Massimo il Confessore, monaco martire, grande avversario del monotelismo, difese sempre la memoria di Onorio ritenendo che la lettera del Papa a Sergio, del 634, si preoccupò essenzialmente di ciò che andava negato, ossia l’esistenza di due volontà contrarie in Cristo. Per questo nel 682 Papa Leone II conferma la condanna di Onorio I, ma ammettendone la negligenza, non l’eresia. Inoltre questa famosa lettera fu indirizzata da Onorio solo al patriarca Sergio e non a tutti gli altri patriarchi, non rivestendo, così, un carattere di universalità, requisito indispensabile per poter parlare di infallibilità papale.

Infine il caso di Papa Giovanni XXII che intervenne nella discussione teologica della visione beatifica delle anime dei giusti. Il Pontefice, un abile amministratore, ma pessimo teologo, abituato a prendere le questioni di petto, senza troppe riflessioni, affermò che tale visione si gode solo dopo il giudizio universale e non subito dopo la propria morte. Subissato dalle critiche, si affrettò a cambiare opinione. Si trattò, quindi, di una sua semplice opinione personale, non di un’espressione “ex cathedra”. Niente a che vedere con l’infallibilità papale. 
In nessuno di questi tre casi si riscontrano le circostanze per parlare di infallibilità papale per come è stata definita dal Concilio Vaticano I che, come abbiamo visto, è caratterizzata esclusivamente da una esplicita presa di posizione, solenne ed autoritaria, rivolta a tutta la Chiesa in materia di fede e morale. 

Tutto ciò implica il fatto che il Papa, come qualsiasi altra persona, alle prese con le difficoltà, può avere delle esitazioni ed incorrere in veri e propri sbagli, la sua infallibilità riguarda solamente un ambito molto preciso e ristretto ed è, storicamente, un avvenimento assai raro. E’ significativo constatare che se è vero che i Papi si sono talvolta sbagliati, si sono anche subito corretti e che la Chiesa di Roma è l’unica che può vantare il fatto di non essere mai incorsa in contraddizioni in materia di fede e morale. Non è possibile addurre alcun esempio di Papi che abbiano determinato e propagato l’errore con ostinazione. In questi due millenni di vita i Papi ebbero la possibilità di piegare la scrittura ai loro fini cercando di edulcorarla per giustificare le loro azioni, ma non lo hanno mai fatto. Papi tremendi come Bonifacio VIII, Giulio II o Alessandro IV si sono sempre astenuti da pronunciamenti dogmatici “ex cattedra”. E’ difficile non cogliere, in questo sorprendente dato di fatto, la realizzazione delle profetiche parole di Gesù nel vangelo: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa“ (Mt 16, 18). 



Bibliografia


AAVV “Enciclopedia del papato”, Ed. Paoline, 1964; 
G.R. Palanque, G. Bardy, G.D. Gordini “Dalla pace costantiniana alla morte di Teodosio (313-395)", Ed. Paoline, 1972; 

Infallibile? Rahner, Congar, Sartori, Ratzinger, Schnackenburg e altri specialisti contro Hans Küng”, Ed. Paoline, 1973; 

G.B. Sala “Infallibile? Una risposta” Ed. Paoline, 1973; 

http://it.cathopedia.org/wiki/Infallibilit%C3%A0_pontificia

34 commenti:

  1. Però non ho capito come determinare in pratica quando il Papa parla ex cathedra. Quando si affaccia a parlare al balcone è automaticamente ex cathedra? Per evitare successive critiche non potrebbero alzare una bandierina o accendere una spia luminosa "ex cathedra ON" / "ex cathedra OFF"?

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  2. @"ex cathedra ON" / "ex cathedra OFF"?
    :-) :-) :-)

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  3. In effetti, Marcol, la tua osservazione è molto pertinente, infatti è, al momento, tra le tante, l'unica critica al dogma che abbia un qualche fondamento. Ma per determinare quando il Papa si esprime ex cathedra non è poi così difficile. E' il Papa stesso che avverte, prima di pronunciarsi, che si stanno verificando le condizioni dell'espressione ex cathedra, che, ricordo, sono le seguenti:

    1.Il Papa rende noto esplicitamente che sta per esprimersi non come maestro privato, come fosse un teologo, un biblista, un giurista e nemmeno come semplice vescovo di Roma, ma come supremo pastore universale della Chiesa, il ruolo di maestro di tutta la Chiesa.

    2.Il Papa fa capire che sta insegnando a tutta la Chiesa e non a una singola parte di essa, escludendo altre parti, come accade quando il Papa emana disposizioni, generalmente a carattere temporaneo, per una diocesi, per i cristiani di una nazione o per i fedeli di un Continente.

    3.Il Papa fa esplicitamente comprendere che sta facendo uso del carisma, del dono dell’infallibilità, ossia deva far comprendere bene che sta confermando con atto definitivo una dottrina di fede e di morale.

    4.Infine dev'essere chiaro a tutti che la materia su cui si esercita il carisma dell’infallibilità è la fede e la morale. Il Papa non è infallibile quando esprime considerazioni di carattere scientifico, storico, ed altro.

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    1. La mia non è una critica, ma proprio una richiesta pratica. Che succede se io ascolto il Papa e penso mi stia insegnando un nuovo dogma e poi invece scoprò che stava solo scherzando? Oppure se penso sia scherzando e invece era un dogma importante? Non mi hai detto se quando è al balcone parla ex cattedra. Ad esempio Papa Francesco ha già parlato ex cathedra o non ancora? I punti che hai elencato sono abbastanza chiari ma secondo me l'ideale sarebbe un sistema di segnalazione come quello con le bandierine che ho proposto, oppure con delle fumate colorate visto che lo usano già per l'elezione.

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    2. Forse non sono stato sufficientemente chiaro. Solo quando si verficano quelle quattro condizioni abbiamo il pronunciamento ex cathedra. Quindi è lo stesso Papa che premette in quale veste sta emanando un pronunciamento. A quanto mi consta Papa Francesco non si è mai espresso in tale maniera. Devi calcolare che il pronunciamento ex cathedra è un evento rarissimo.

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    3. ok, immaginavo che infatti Francesco non lo avesse ancora fatto. Ho capito quelle quattro condizioni, ma rimango comunque dell'idea che da ora in poi potrebbero segnalarlo in modo esplicito con uno dei metodi che suggerivo, sopratutto se è un evento così raro.

      Ho ancora alcuni dubbi: il dogma è diventato valido in seguito ai voti nel 1870 oppure lo è sempre stato e con i voti lo si è semplicemente scoperto? Se è diventato valido con i voti chi ci assicura che il Pio IX fosse infallibile mentre stabiliva l'infallibilità papale? Se il Papa parlando ex cathedra dicesse di non essere infallibile, avremmo un paradosso?

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    4. Un dogma è un pronunciamento di fede o di morale che chiarisce un aspetto della Rivelazione, cioè della Scrittura, non viene introdotto alcun elemento nuovo. Ciò che asserisce un dogma è già totalmente contenuto nella Scrittura. Quindi la Chiesa di Roma è sempre stata infallibile (in fatto di fede e morale) e non solo dal 1870.

      "Se il Papa parlando ex cathedra dicesse di non essere infallibile, avremmo un paradosso"

      Ma ogni pronunciamento che contraddicesse un dogma già stabilito sarebbe un paradosso. Il fatto eccezionale è proprio quello che in duemila anni non è mai successo.

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  4. @Luis
    "A quanto mi consta Papa Francesco non si è mai espresso in tale maniera. Devi calcolare che il pronunciamento ex cathedra è un evento rarissimo."
    E Ratzinger si è mai espresso ex cathedra?

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    1. Anche per Ratzinger non ho notizia di un suo pronunciamento straordinario ex cathedra, cioè, ad esempio, la definizione di un dogma. Però occorre considerare il fatto che è infallibile anche il magistero ordinario, cioè la produzione di documenti (encicliche, lettere apostoliche, ecc.). Il Concilio Vaticano I dichiarò espressamente che anche le verità rivelate proposte dal magistero ordinario ed universale della Chiesa devono essere credute per fede divina e cattolica (D. 1792 [DS. 3011]).
      Stante così le cose, posso confermare che sia Papa Francesco che Ratzinger non hanno esercitato un magistero straordinario, ma quello ordinario si e le verità di fede e morale presenti in questi documenti sono da ritenersi infallibili.

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    2. Caro Luis, ma quali sono poi 'sti infallibili pronunziamenti dogmatici? Perchè, a parte gli ultimi due recenti dogmi mariani, non mi pare che sia così chiaro. Sembrerebbe anzi che il Pontefice sia sempre stato infallibile nello statuire ex cathedra, ma che anche i più eruditi nella dottrina cattolica non lo siano affatto quando debbono decidere se il Suddetto abbia o meno parlato erga omnes ed ex cathedra.
      Questo è un bene, perchè consente di trasformare eventuali errores in iudicando in errores in procedendo... e io rimango sempre ammirato da tanta giuridica finezza.
      Non so se userei, però, l'argomento della violenza morale: sai come si dice, "coactus, tamen voluisti!" Stiamo infatti parlando di un super-potere: se Thor è costretto controvoglia ad attivare il potere del martello Mjollnir, ma alla fine si decide ad usarlo, egli utilizzerà, in senso pieno ed effettivo, le divine prerogative del suo martello.
      Non vedo, inoltre, che rilevanza possa avere il fatto che il Papa-persona fisica sia o meno teologicamente molto dotto o poco perito o sia il padre di Lucrezia e Cesare Borgia: il dottissimo Papa Ratzinger, ad esempio, avrebbe perduto il suo super-potere alla mezzanotte del 28 Febbraio 2013, ma non la sua competenza in materia. Perciò, proprio i pontefici che giudichi tremendi potevano benissimo dispensarci perle teologiche di rara infallibile bellezza... peccato che non l'abbiano fatto.
      Naturalmente sei libero di pensarla come vuoi, se però dissenti da quello che ho scritto anatema sit!

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    3. "Questo è un bene, perchè consente di trasformare eventuali errores in iudicando in errores in procedendo... e io rimango sempre ammirato da tanta giuridica finezza."
      Sono ragionamenti di complottistismo. Perché mai un papa in fallo dovrebbe fingere di non averlo? Come ha spiegato Luis il Papa è infallibile quando si pronuncia ex cathedra, quindi non può commettere un errore e poi fingere che non si fosse pronunciato ex cathedra. Il problema è che a noi profani non è sempre ben chiaro quanto il pronunciamento è infallibile, per quello avevo proposto dei sistemi di segnalazione.
      Comunque Ratzinger non ha perso l'infallibilità, perché rimarrà Papa fino alla morte, solo che è papa "emerito". A me preoccupa se Benedetto e Franscesco si pronunciassero contemporaneamente ex cathedra e dicessero cose contradditorie.

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    4. Ciao Felsy,
      eppure mi sembra abbastanza chiaro: il magistero ordinario detta la linea per una condotta morale pia che porti alla salvezza. Ciò dev'essere per forza altrimenti la Chiesa perderebbe il senso della sua esistenza. Per tutto il resto, considerazioni politiche, storiche, geografiche, meteorologiche e quant'altro il Papa resta un uomo come un altro e come tale è soggetto alla sbaglio.

      Come dice il buon Marcol, il Papa specifica bene quando un suo atto vincola l'interpretazione della fede e della morale. Passi indietro sono molto difficili. Forse per questo che alcuni Papi non sufficientemente santi hanno preferito soprassedere.

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    5. "Per tutto il resto, considerazioni politiche, storiche, geografiche, meteorologiche e quant'altro il Papa resta un uomo come un altro e come tale è soggetto alla sbaglio."
      A questo io non ci credo. Come è possibile che il Papa possa essere infallibile su una cosa così profonda come il magistero della Chiesa, ovvero il destino ultimo del mondo, e non sapere fare le previsioni del tempo? Secondo me potrebbe benissimo fare il meteo e tutte quelle altre cose, solo che per motivi di tempo e per non portare via il lavoro al colonello Giuliacci si limita a parlare della cosa più importante, cioè il magistero della Chiesa, invece ad esempio di avvisarci di un imminente terremoto.

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    6. Marcol,
      dici sul serio o stai scherzando?

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    7. A parte la battuta sul simpatico Giuliacci, spero non vi manchi il senso dell'umorismo, sono serissimo. Tu non pensi che il magistero della Chiesa sia qualcosa di immensamennte più profondo delle previsioni del tempo? Alla fine il destino dell'uomo è il destino della Chiesa. Che senso avrebbe che il Papa possa, facendo da telefono tra noi e Dio, rivelarci dei dogmi ma non saper prevedere il meteo? E' come se uno riuscisse a sollevare una tonnellata con un braccio ma non ce la facesse a sollevare un grammo.

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    8. Ma caro Marcol, nel Vangelo Gesù da a Simone, cioè Pietro, proprio il compito di essere una roccia, non una capannina meteorologica. La roccia della Chiesa è la fede e il modo in cui si vive questa fede, cioè la morale. Sono solo questi due gli elementi indispensabili per sorreggere la Chiesa, non la conoscenza di quanti millibar è una pressione atmosferica...

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    9. Non dico che fare le previsioni meteo sia necessario, anzi spiegavo proprio che il Papa non se ne occupa perché è più inportante il magistero della Chiesa. Ciò che dico è che se fosse necessario il Papa potrebbe. Pensa se ad esempio se dovesse accadere un terremoto così potente da distruggere la Città del Vaticano. Allora a quel punto la sismografia e il magistero della Chiesa si mischierebbero e sarebbe importante se il Papa usasse l'infallibilità per prevedere l'evento. Come dicevo se è nei poteri del Papa pronunciarsi su qualcosa di così importante come i dogmi della Chiesa, tutte gli altri campi non possono avere segreti per lui.

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    10. Ma il Papa non si occupa di meteorologia perché non ne sa niente, non perché sono più importanti la fede e la morale. Cristo ha dato alla Chiesa il ruolo di essere indefettibile solo nella fede e nella morale, non in altro.

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    11. Ma mica è il Papa a sapere quando occorre l'infallibilità, è Dio che parla per suo tramite. Mi ripeto, se un terremoto dovesse distruggere la Città del Vaticano come potrebbe ciò non riguardare il magistero della Chiesa?

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    12. "...se un terremoto dovesse distruggere la Città del Vaticano come potrebbe ciò non riguardare il magistero della Chiesa?"

      Ma perché la sismologia non fa parte del magistero della Chiesa! Marcol, ma lo vuoi capire che le prerogative del Papa sono unicamente quelle indicate dal Vangelo?

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    13. "...se un terremoto dovesse distruggere la Città del Vaticano come potrebbe ciò non riguardare il magistero della Chiesa?"

      Ma perché la sismologia non fa parte del magistero della Chiesa! Marcol, ma lo vuoi capire che le prerogative del Papa sono unicamente quelle indicate dal Vangelo?

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    14. Se la Città del Vaticano venisse distrugga pensi che ciò non riguarderebbe il magistero della Chiesa? Sarebbe un evento tragico e indubbiamente con un significato divino. Tu non ti fideresti di un Papa che annunciasse ciò ex cathedra? Allora non hai fede...

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    15. "Se la Città del Vaticano venisse distrugga pensi che ciò non riguarderebbe il magistero della Chiesa?

      Assolutamente no! Il Magistero infallibile della Chiesa riguarda solamente la fede e la morale, non la sismologia. Lo dice il Vangelo.
      Se il Papa annunciasse ex cathedra una cosa del genere, penserei che si sia ammatito e che quel pronunciamento non sia affatto ex cathedra proprio perché il Papa non può mettersi in cattedra, cioé essere sommo maestro, in materie di cui non lo è. Più chiaro di così...

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  5. Non pensavo a complotti o trame particolari.
    Il fatto è che il dogma dell'infallibilitá papale è relativamente "recente" e che operando, come ovvio, retroattivamente, ha reso infallibili molti Papi che non sapevano (o non ritenevano) di esserlo e financo alcuni giudicati eretici.
    Qualche sistema di segnalazione c'è: ad esempio, l'indicazione formale di un articolo di fede, pena scomunica.
    Ma c'è anche parecchia nebbia, che riguarda i credenti (per questo chiedevo lumi a Luis) e non i profani, ai quali non può nemmeno lontanamente passare per la testa che un mammifero bipede, per quanto evoluto, possa essere infallibile in qualcosa.

    Ti sbagli, Marcol, il Papa emerito è divenuto incapace di giudizi infallibili nell'istante stesso in cui è appunto divenuto emerito. Così, non ti devi preoccupare: non è nemmeno concepibile la possibilitá di un positivo conflitto di competenza tra superpoteri papali.

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    1. Ma il dogma non istituisce niente di nuovo, si tratta di un riconoscimento di qualcosa che già esiste. Quindi è logico che i Papi delle epoche posteriori, se disponevano in materia di fede e morale, non potevano sbagliarsi. Il fatto eccezionale risiede proprio in questo dato: nessun Papa è mai caduto, liberamente e di sua spontanea volontà, in un errore dottrinale. E questo per duemila anni.

      Francamente questa nebbia che dite, io non la ravviso. Quando il Papa parla a tutta la Chiesa, come pastore universale, solo in materia di fede e morale, sia nel suo magistero straordinario (dogmi), che in quello ordinario (encicliche, lettere pastorali, ecc.) non può sbagliarsi. I limiti di tale facoltà mi sembrano ben delineati.

      Non sbaglia perché, diversamente da quello "che passa per la testa ai profani", non è il "bipede, per quanto evoluto" ad essere infallibile, ma Dio stesso, che si esprime attraverso il suo Vicario in terra, secondo quella famosa promessa che riscontriamo nel Vangelo. I cristiani, quindi, differentemente dalle fantasie laiciste, non pensano che il Papa sia un superuomo, ma semplicemente un testimone della volontà divina.

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  6. Ehm, tutte le encicliche sono esenti da errori? E i pregevoli allegati, tipo il Sillabo?

    Perchè un testimone? A me non mi risulta che i Papi ricevano precise comunicazioni private e personali da parte della Divinitá, o quantomeno non lo dichiarano pubblicamente. Il potere di conoscere infallibilmente la volontá divina è dunque soprannaturale perchè tu non ce l'hai, non lo puoi acquisire affinando i tuoi studi e, anche se per tutta la vita ti sei prevalentemente occupato d'altro, lo acquisisci automaticamente all'esito di un Conclave.

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    1. Caro Felsy, strettamente dal punto di vista della fede e della morale, le encicliche non hanno errori. Persino il Sillabo è conforme, sebbene la forma sia discutibile, ma in quel caso non stiamo più parlando di fede e morale.
      Nel Vangelo troviamo scritto chiaramente che Cristo donerà lo Spirito che guiderà la Chiesa: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16, 12-13). Il vescovo di Roma, successore di Pietro, e la riunione dei vescovi, successori degli apostoli, ricevono, quindi, l'assistenza di questo Spirito e per questo, solo per questo, sono in grado di essere indefettibili nel loro compito di essere garanti dell'originale fede apostolica e della morale.

      In quest'ambito va anche collocato il significato di un'elezione da parte del Conclave. Anch'esso è uno strumento dello Spirito, gli uomini sono guidati da Lui, e la loro decisione è ratificata da Dio.

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  7. Potrei chiedere perché nell'articolo, il versetto Mt 16,18 riporta "su di te" invece di "su questa pietra", come tutte le traduzioni della Bibbia? Vorrei poi capire perché la "pietra" si riferisce alla persona di Pietro e non all'affermazione "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" come il senso grammaticale (e non solo) dell'intero passo Mt 16:13-18 fa intendere (anche perché nella Scrittura, Gesù è sempre stato accostato alla "pietra").
    Sono un cristiano riformato e non ho ancora trovato nessuno che abbia potuto rispondere in modo convincente a questa obiezione.

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    1. Certamente che puoi, Giuseppe.
      Ho riportato Mt 16, 18 in quel modo per far capire meglio che Gesù conferisce proprio a Pietro la facoltà di sciogliere e legare, quindi la sua infallibilità, argomento trattato dall'articolo.
      In realtà Gesù, seppure si riferisca a Pietro, parla di "pietra" perché vuole rimarcare la missione dell'apostolo: cioé essere la roccia della fede. Se così non fosse, non avrebbe avuto alcun senso il fatto che Gesù avesse cambiato il nome a Simone in Pietro (Gv 1, 42). Che senso avrebbe questo cambio di nome se poi Pietro non avrebbe dovuto svolgere la missione significata dal nome? Il senso grammaticale poi, è perfettamente coerente, infatti, proprio in virtù della corretta risposta di Pietro, "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente", Gesù gli affida solennemente il compito di essere la roccia della fede.

      Su questo tema ho già scritto un articolo dove potrai trovare degli approfondimenti:
      http://luis-apologeticon.blogspot.it/2012/06/il-primato-di-pietro-nei-vangeli.html

      Un saluto.

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    3. Grazie Luigi, leggerò l'articolo.
      Intanto posso dire però che la facoltà di sciogliere e legare non fu data esclusivamente a Pietro ma anche ai discepoli: vedasi Matteo 18. Dai versetti 15 a 18, inoltre deduco che: (a) anche i discepoli sono destinatari del "potere" di sciogliere e legare e (b) non si tratta di un potere spirituale, come l'infallibilità, ma il contesto chiarisce che si parla di legare e sciogliere le offese, infatti si sta parlando di perdono e rinconciliazione, come si evince dai versetti successivi. Sostenere con quei versetti il dogma dell'infalliblità papale vuol dire travisare le Scritture, decontestualizzarle per piegarle alla propria visione. Tra l'altro, lo stesso dogma non fu esente da dispute, anche all'interno del cattolicesimo, prova che è un concetto che non fa parte del deposito della fede, altrimenti nessuno lo avrebbe mai messo in dubbio.

      Benché poi io riconosca che a Pietro venne affidata la particolare missione di "pascere" le pecore del Signore, perché anche questo è scritto e non si può assolutamente negare (a meno di negare l'evidenza scritturale) allo stesso tempo devo considerare tutto "il consiglio di Dio", compreso l'intero Nuovo Testamento, che non presenta mai Pietro come uno avente "autorità superiore" agli altri apostoli (come dimostra la riunione di Gerusalemme) né dichiara che la missione petrina era da trasmettere, nominando dei successori. L'aver avuto una missione specifica, non lo innalza in autorità morale e spirituale al di sopra del resto degli apostoli.
      Pietro stesso inoltre, nella sua prima lettera si presenta come "Pietro, APOSTOLO, di Gesù Cristo". Inoltre scrive:

      "Perciò avrò cura di ricordarvi continuamente queste cose, benché le conosciate e siate saldi nella verità che è presso di voi. E ritengo che sia giusto, finché sono in questa tenda, di tenervi desti ricordandovele. So che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come il Signore nostro Gesù Cristo mi ha fatto sapere. Ma mi impegnerò affinché dopo la mia partenza abbiate sempre modo di ricordarvi di queste cose."

      Se Pietro avesse avuto intenzione di nominare un successore, non mi spiego perché avrebbe avuto la preoccupazione di trovare il modo di ricordare i suoi insegnamenti.
      Se poi si pensa a Paolo che rimprovera apertamente e duramente Pietro per la sua ipocrisia, e anche Giacomo, leader della chiesa di Gerusalemme, non si può non vedere che l'autorità papale che noi intendiamo non apparteneva a Pietro, ma c'era assoluta parità (del resto Gesù disse che nessuno degli apostoli era superiore all'altro). Se proprio vogliamo trovare degli apostoli aventi una leadership nella comunità cristiana, allora dobbiamo citare non solo Pietro, ma anche Giacomo e Giovanni, che sono reputati "colonne" (Ga 2:9).
      A riprova che fra Pietro e il resto dei dodici c'era assoluta parità, vi sono le parole di Gesù che dice che al suo ritorno, i dodici avrebbero seduto su dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele. Pietro non avrebbe avuto un posto di supremazia.

      Non mi dilungo oltre comunque, perché sono purtroppo convinto che le divergenze teologiche e dottrinali siano troppo profonde per far si che ci possa essere vero dialogo fra le nostre confessioni, anche perché partiamo da presupposti totalmente diversi.
      Ho ricevuto risposta a quanto chiedevo nel primo commento e questo mi basta.

      Un caro saluto.

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    4. Ciao Giuseppe.
      Hai ragione, questa facoltà di "legare e sciogliere" non fu data solo a Pietro. Si tratta di un incarico che Gesù diede a tutto il primo nucleo della sua Chiesa, cioé alla cerchia degli apostoli, per poter attendere efficacemente al perdono e alla correzione fraterna, cioé fare da pastori alle varie Comunità in cui si sarebbe poi articolata la Chiesa. Ma tale potere dato a Pietro ha caratteristiche differenti, infatti il vangelo riporta che solo questo apostolo ricevette le "chiavi del Regno", che nel linguaggio biblico significa avere il potere di lasciare entrare nella città di Dio solo coloro che ne sono degni. In questo modo Cristo ci indica che è solo la fede professata da Pietro che ci permette di entrare nel Regno di Dio e non quella di altri, come ad esempio quella degli scribi e farisei (Mt 23, 13-14). Anche in altre parti del vangelo, come ad esempio Lc 22, 31, dove Gesù prega affinchè non venga meno la fede di Pietro, o in Gv 21, 15, da te ricordato, è indicato chiaramente che è solo la fede di Pietro l'unica in grado di "confermare" i fratelli.

      Il primato di Pietro, quindi, si esercita solamente nell'ordine della fede, per il resto la sua autorità è identica a quella degli altri apostoli. Per tale motivo Giacomo può essere il capo della Chiesa di Gerusalemme, Giovanni una "colonna" e tutti gli apostoli seduti su dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele.

      Durante la "riunione" di Gerusalemme è Pietro che prende la parola per primo e tutti ascoltano. Solo dopo che Pietro ha finito Paolo espone la sua critica nei confronti del suo operato. Ma non si trattò di una correzione dottrinale, ma di una critica alla eccessiva prudenza di Pietro per non scandalizzare i giudeo-cristiani. La fede di Pietro non viene messa in dubbio: non occorre essere prima giudei per divenire cristiani.

      Quanto alla faccenda dei successori di Pietro, io penso che sia legittimo pensare a tale evenienza in quanto è palesemente chiara l'intenzione di Gesù di provvedere all'avvenire della sua Chiesa. Per Sua volontà la Chiesa deve durare fino alla fine del mondo, quindi devono per forza essere trasmissibili anche le funzioni apostoliche di magistero, di santificazione e di governo. E' ciò che ritroviamo nelle lettere pastorali, cioè le due a Timoteo e quella a Tito, dove Paolo trasmette le proprie prerogative attraverso il segno dell'imposizione delle mani. Siccome Roma è la sede della Chiesa di cui Pietro è stato il fondatore e dove vi ha subito il martirio, il vescovo di tale città è il successore di Pietro.

      Infine il brano tratto dalla seconda lettera di Pietro. Penso saprai che questa lettera è molto tarda e fu tra gli ultimi scritti ad entrare nel canone delle Scritture. Il suo autore, ovviamente, non è Pietro, ma è una riflessione postuma della comunità cristiana per rimarcare la necessità di affidarsi agli scritti apostolici per contrastare le eresie. Tutto ciò non nega affatto la necessità di avere un riferimento vivente che possa essere la roccia che Cristo ha promesso al mondo.

      Ho scritto tutto ciò non allo scopo di voler convincere, ma solo per rendere manifeste quali siano le basi del mio credo. Mi dispiace di essermi dilungato troppo, spero che troverai interessante ciò che ti ho scritto.Capisco le tue perplessità sulla possibilità di un dialogo, ma ciò non mi impedisce di salutarti augurandoti la Pace e la Grazia di nostro Signore Gesù Cristo.

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    5. Certo che trovo interessante quanto scrivi. Personalmente non amo basare le mie convinzioni sul sentito dire, per questo spesso e volentieri intervengo in blog cattolici, perché voglio farmi una idea sulla base di cio che loro dicono e non sulla base degli stereotipi (spesso infondati) propagandati dalle confessioni separate, alle quali io stesso mi sento di appartenere a livello teologico e dottrinale.

      Ricambio il tuo saluto di Pace e Grazia nel Signore nostro, Gesù Cristo.

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    6. Quello che hai scritto ti fa onore.
      Se hai interesse, puoi scrivere qui quando e come vuoi.

      Un saluto.

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