martedì 15 maggio 2018

Liberiamoci da questa vergogna, recuperiamo l'umanità perduta. #stopaborto

Art. 1. "Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio".

E' questo l'incipit della famigerata legge del 22 maggio 1978, n. 194 concernente "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". Lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio, quindi cos'è l'embrione? Un ovetto alla coque? E il feto? Un pupazzo inanimato? Un peluche di pezza? E, invece, caso strano, si tratta di un essere animato e per di più dotato di un genoma umano, quindi a tutti gli effetti siamo in presenza di un caso di "vita umana". Ecco in un attimo spiegata l'incoerenza laicista.

Se ciò che legalizza una legge infame, che viola il diritto alla vita, è messo in crisi dai presupposti della legge stessa, è chiaro che siamo di fronte ad un corto circuito mentale. Ma ciò è tipico dei laicisti che usano parole come "legalità", "libertà" o "diritto" a casaccio, o meglio, con i significati scelti a turno, quando questi sono producenti ai loro interessi. Ma su una cosa i laicisti sono tutti d'accordo: quando qualcosa o qualcuno fa loro notare le loro incoerenze e gli effetti abominevoli del loro relativismo, allora tutti compatti sono pronti a derogare dal diritto della libertà di espressione.

In questi giorni, a Roma, sono comparsi alcuni manifesti della campagna "#stopaborto" promossa da CitizenGo, in cui viene affermato che l'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo. Apriti cielo! Subito si è levato un coro sdegnato di protesta e dal web sono partite innumerevoli richieste al sindaco Raggi per rimuovere i manifesti. Ovviamente anche il mondo politico ha protestato: la senatrice del PD Monica Cirinnà ha chiesto l'intervento delle istituzioni (!), consiglieri dei gruppi capitolini del PD e delle liste civiche richiedono la rimozione forzata, in particolare  il consigliere del PD Stefano Fassina presenterà al sindaco una interrogazione per la rimozione immediata. 

Oscurare, rimuovere, cancellare, sono queste le reazioni laiciste. Di fronte alle verità scomode è meglio proibire la loro espressione. Ma come? Solo qualche anno si riempivano  tutti la bocca di "Je suis Charlie" ed ora bisogna silenziare le voci contrarie? E, poi, cosa direbbe di così assurdo quel manifesto? E' lesivo della libertà delle donne? E la libertà dei bambini di vivere non viene lesa? E non è una semplice libertà, ma un diritto! E di quelli fondamentali! Non si può impedire di esprimere la verità, anche se è scomoda. L'aborto sopprime la vita umana, questa è una verità incontrovertibile e una legge che legalizzi un abominio del genere è, semplicemente, illegittima.

Tra l'altro, anche se un po' forte, la frase del manifesto non è neanche tanto peregrina, basti pensare a quello che succede in paesi come la Cina o l'India, dove l'aborto è la pratica maggiormente utilizzata per reprimere l'elemento femminile da quelle società, visto che gli embrioni vengono selezionati in base al sesso. 
    

2 commenti:

  1. Dopo lungo tempo torno a farmi risentire...

    Credo che si debba prendere atto del fatto che la libertà di espressione sta morendo sotto i colpi del politically correct - e la rimozione di questo cartello è solo l'ennesimo esempio.

    Personalmente, penso che il contenuto di quel manifesto fosse abbastanza opinabile. Semplicemente perché, da un lato, non c'è consenso su quale sia il significato del termine "femminicidio", il quale è usato spesso con accezioni molto diverse, dall'altro lato, è difficile avere dei dati certi sul numero di aborti selettivi effettuati nel mondo, ed infatti questi sono stimati confrontando il rapporto maschi-femmine nella popolazione di un Paese.

    Ad ogni modo, ciò che è certo è che il messaggio del cartello non aveva contenuti violenti/pericolosi e pertanto non c'era ragione di rimuoverlo. Anzi, la rimozione è da considerarsi un'ingiusta censura contro la libertà di espressione di questa associazione #stopaborto, che ha pagato per l'affissione.

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    1. Ciao Myself, è in piacere risentirti.
      Che dirti? Sono praticamente d'accordo con tutto quello che hai scritto, anche sulle perplessità.
      Ma, forse, l'intento di quel manifesto non era tanto quello di trasmette un dato statistico reale, ma di attirare l'attenzione, con una frase ad effetto,sullo scandalo della legalizzazione dell'aborto.
      Un saluto

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