In questa parte VI vorrei affrontare la dibattutissima questione riguardante il retaggio culturale di Gesù. Argomento riproposto, con diverse imprecisioni, dal libro “Inchiesta su Gesù”di Augias e Pesce. Certamente il fatto che Gesù fosse ebreo e, quindi, immerso nella tradizionale fede d’Israele in Javhé, a contatto con gli usi e i costumi della Palestina degli inizi del I secolo, ha necessariamente caratterizzato moltissimi aspetti della sua vita terrena. Ma da questo ad ipotizzare, sulla scorta del racconto dei vangeli canonici, una sua totale estraneità alla missione redentrice affidatagli dal Padre, risulta del tutto assurdo.
Sbalorditiva appare la teoria propugnata in quel pastrocchio de “La linea di sangue del santo Graal” di L. Gardner, secondo la quale i rotoli scoperti a Qumràn, località palestinese vicino alle sponde settentrionali del Mar Morto, sarebbero in realtà un codice segreto per poter decifrare i vangeli. Basandosi sull’uso di termini e brani tradizionali questo codice attribuiva speciali significati comprensibili solo a chi ne era a conoscenza. Ad esempio frasi nei vangeli del tipo: “per coloro che hanno orecchi per intendere”, oppure termini come “Kittim”, nasconderebbero un secondo significato. Allo scopo di risultare incomprensibili per i Romani, spiega L. Gardner, i vangeli erano costruiti in larga misura su due livelli di significato: sacra scrittura evangelica sopra e informazione politica sotto. Il vangelo di Marco, ad esempio, scritto a Roma attorno all’anno 66 d.C., venne pubblicato in un’epoca in cui gli Ebrei della Giudea, essendo in rivolta, erano particolarmente invisi ai Romani, cosicché l’evangelista doveva preoccuparsi della propria incolumità e non poteva presentare un documento apertamente anti-romano.
Per provare tali asserzioni L. Gardner fa abbondanti riferimenti agli studi di una “teologa” australiana, una certa Barbara Thiering dell’Università di Sydney. Nel suo libro “Jesus the man” anche questa "studiosa" afferma che gran parte delle parole che formano i vangeli hanno un doppio significato. Ad esempio il termine ”molti” sarebbe un titolo usato per il capo della Comunità celibe, oppure ”folla” designerebbe il tetrarca (governatore) della regione e una “moltitudine” sarebbe un consiglio di governo. Secondo L. Gardner e B. Thiering coloro che erano in grado di decifrare tale codice erano proprio i misteriosi esseni, la famosa comunità ebraica cenobitica (cioè che viveva in gruppo) ritiratasi nel deserto di Giuda.
Con tali assurde argomentazioni L. Gardner arriva ad immaginare una fantasiosa storia parallela dove Gesù è visto come un “Cristo” dinastico latore dalla speranza messianica di abbattere il dominio romano su Israele. Nel suo delirio, L. Gardner immagina Gesù come il capo della fazione degli ebrei “ellenisti” (sic), mentre Giacomo quello della fazione degli ebrei “tradizionali”. Le due fazioni si sarebbero confrontate su quale condotta tenere per la liberazione di Israele dai Romani. Ma per svolgere tale ruolo politico Gesù non poteva morire, infatti dalla croce Giuseppe d’Arimatea con Giovanni, l’apostolo, e la Madonna avrebbero deposto un corpo drogato, quindi vivo, assieme a quello degli altri due crocifissi, con le gambe spezzate, ma vivi anche loro. I due “gambizzati” sarebbero, ci dice L. Gardner, nientemeno che Simon mago e Giuda lo Zelota. Ma l’aspetto più sorprendente di tutta questa storia è la notizia che tali avvenimenti: l’ultima cena, la finta crocifissione, la sepoltura e la risurrezione accaddero tutti a Qumràn, assurta a centro della vita d’Israele! Ovviamente una risurrezione finta con Gesù ridestato, dalla grotta n°7, con erbe terapeutiche. Per dare un minimo di credibilità alla sua teoria L. Gardner cita lo storico giudaico Giuseppe Flavio, il quale descrivendo degli esseni li considera come esperti nell’arte di guarire e che traevano la loro conoscenza delle virtù terapeutiche di radici e pietre dagli antichi. Secondo L. Gardner il termine “esseni” si riferirsce a questa loro particolare competenza, in quanto la parola aramaica “asayya” significava “medico” e corrispondeva al greco “essenoi”.
Come già detto tutte queste pazzesche assurdità L. Gardner le ha tratte di sana pianta dal testo, “Jesus the man”, di B. Thiering. Questa “teologa”, oltre alla storia del codice, crede che i manoscritti del Mar Morto rivelino che Gesù fosse un esseno e che vivesse a Qumràn. Senza alcuna prova, che non sia la sua fantascientifica lettura dei manoscritti di Qumràm, la Thiering, arriva ad affermare bellamente che Gesù all’età di 30 anni sposò la Maddalena, poi un’altra donna e all’età di 60 anni andò a Roma dove vi morì a 70 anni. Riporto queste assurdità per far capire il livello delle fonti storiche a cui attingono i vari L. Gardner, D. Brown, M. Baigent, R. Leigth, H. Lincoln e compagnia.
Si resta sbigottiti di fronte a tante assurdità, questa teoria della stesura in codice dei vangeli affinché il loro messaggio resti nascosto per i Romani è semplicemente ridicola. E' ben noto, infatti, che alle autorità romane non importava un bel nulla delle beghe socio-religiose degli ebrei. Ciò che a loro realmente premeva era mantenere l’ordine, impedendo sommosse e tumulti. Sappiamo che mentre Gesù non costituì mai una seria minaccia per l’ordine costituito, in quel periodo sorsero diversi sobillatori che, proclamandosi dei “messia”, diedero vita a disordini e tumulti. Ad esempio la rivolta scatenata da un egiziano e dai suoi 4000 seguaci che fu soffocata nel sangue dalle truppe romane di cui ne parla Atti 21, 38 e Giuseppe Flavio (G. Giud. II, 13.5 e Ant. Giud. 20, 8.6). Giuseppe Flavio riporta anche altre rivolte che si succedettero nei primi tre decenni del primo secolo, ma nessun accenno a Gesù e ai suoi seguaci. In realtà Roma non dovette mai scomodare l’esercito per causa di Gesù, ai suoi occhi il suo movimento appariva del tutto innocuo. Quando Gesù fu giustiziato, per le autorità romane non fu altro che uno dei tanti criminali che venivano continuamente crocifissi.
Quanto alla teoria della chiave di lettura dei vangeli nascosta nei manoscritti di Qumràn, occorre ribadire che si tratta di pura follia. Gesù non era esseno, come non lo erano i quattro evangelisti, dei quattro vangeli solo quello di Matteo fu scritto in Palestina, quindi si può escludere con assoluta certezza che potessero esistere legami così stretti tra Qumràn e i redattori dei vangeli tali da giustificare simili connessioni. Prova ne è anche il fatto che a Qumràn, se si vuole escludere il famoso papiro 7Q5, su cui non c’è il comune accordo degli studiosi, non esiste un solo scritto cristiano.
Molti studiosi ritengono che la comunità di Qumràn facesse parte del gruppo religioso degli esseni. Il termine “esseno” ci è stato tramandato in greco proprio da Giuseppe Flavio ed indica i discendenti degli “Assidei” o “Hasidim”, cioè i “Pii”. Comparsi nella prima metà del secolo II a.C., al tempo dei Maccabei (1 Macc. 2,29-42), gli Assidei, in seguito ad una crisi, si divisero in Farisei ed Esseni. Furono un gruppo non omogeneo, formato da sacerdoti e laici ispiratisi ad Isaia 60,21: "Il tuo popolo sarà un popolo di giusti che possederanno in eterno la terra, germogli delle piantagioni del Signore, opera delle sue mani, fatta per glorificarsi". I laici diedero luogo al Fariseismo ed i sacerdoti confluirono nell'Essenismo. Quindi il temine “esseni” deriva dall’aramaico “hassaya”, plurale “hasin”, e, diversamente da quanto riportato da L. Gardner, ha il significato di “Pii”, soprannome dato loro dai farisei. Infatti gli esseni avevano regole severissime, molto più di quelle farisaiche, ed accentuavano l’aspetto legalistico della legge. Avevano un grande scetticismo verso il Tempio di Gerusalemme, reputato sconsacrato e servito da sacerdoti da loro ritenuti indegni. Proprio per questo la comunità di Qumràn aveva scelto di vivere lontano, non solo dagli influssi del paganesimo, ma anche dall’ebraismo ufficiale di Gerusalemme, cioè quello dei farisei e dei sadducei, che ritenevano non conforme alla Torah, cioè la legge di Dio. La loro vita era caratterizzata da forti privazioni, non avevano denaro, non era permesso sposarsi, anzi l’accesso alla comunità era severamente vietato a donne e bambini. La visione della realtà era tutta proiettata in senso escatologico, cioè nella divisione dualistica del mondo in buoni, i “figli della Luce” (quelli della loro comunità) e cattivi, i “figli delle Tenebre” (tutti gli altri), i primi destinati alla resurrezione gloriosa e i secondi alla dannazione. Tutto ciò si traduceva in una attesa di due messia: uno davidico (il messia d’Israele) che avrebbe liberato Israele dai romani e restaurato la monarchia e un altro, il sacerdote sadocita (1), (il messia d’Aronne) che avrebbe restaurato l’ortodossia religiosa. La comunità veniva retta da un “maestro di Giustizia” il quale si riteneva ispirato da Dio e solo la sua ispirazione valeva. Esisteva anche un cosiddetto “Sacerdote empio” che presiedeva alla vita religiosa. Per provare le sue assurde asserzioni la Thiering afferma che la notizia secondo cui il Sacerdote empio avrebbe regnato su Israele, riportata dal rotolo 1QpHab 8,9 ss. (2), faccia esplicito riferimento a Gesù, così da accreditare la tesi che i testi qumrànici trattano di Gesù svelandone la vera vita. Secondo la “traduzione” della Thiering, questo Sacerdote empio (Gesù) fece da “guida” per i laici della comunità di Qumràn. L’originale termine “regnare” diviene “guidare” e “Israele” diventa una parte degli abitanti di Qumràn. Rigettando l’ipotesi prevalente tra gli studiosi, cioè che il sacerdote empio del manoscritto citato non è altri che un membro della stirpe asmonea (derivata dai Maccabei, i coraggiosi fratelli che si opposero alla tirannia dei Seleucidi) che assunse in sé il sacerdozio ed il regno, la Thiering, per dar credito alla sua tesi, affermò che in nessun rotolo manoscritto esiste alcun sommo sacerdote asmoneo. In realtà quella della Thiering è un’ipotesi insostenibile, innanzitutto perché le datazioni paleografiche, archeologiche e radiocarboniche del manoscritto lo collocano attorno al II secolo a. C., in pieno periodo asmoneo, ma soprattutto perché in alcuni frammenti della grotta 4 vengono esplicitamente citati alcuni sommi sacerdoti asmonei. Oltre ad essere del tutto inverosimile, il libro della Thiering è pieno di errori storici, come, ad esempio, lo spostamento di un secolo di avvenimenti certi. Viene attribuita a Pilato la crocifissione di 800 farisei, mentre questa è stata comandata da Alessandro Janneo nell’88 a. C. (Giuseppe Flavio, Ant. Giud., XVIII, 55-59 e G. Giud. II 169-174). Nonostante che le tesi della Thiering siano state diffuse dai mezzi di comunicazione di massa, queste hanno avuto subito la censura di tutta la comunità scientifica. La recensione del suo libro sulla Biblical Archaeology Review veniva intitolata “Recensione ad un libro insensato”. L’autore della recensione, l’ebreo H. Shanks, scrisse: "Il vero mistero è come abbia potuto decidersi l’Harper di San Francisco, nota generalmente per libri seriamente scientifici, a pubblicare questo pesante volumone. Senza dubbio la risposta ha qualcosa a che fare con ciò che stava sui tavoli rovesciati da Gesù".
Questa erronea convinzione di ritenere Gesù un esseno ed in genere il Cristianesimo primitivo come un movimento molto affine agli esseni, non è una novità. Già nell’ottocento il famoso filosofo e scrittore francese E. Renan diceva: "Il cristianesimo non è che un essenismo che ha avuto successo". In realtà a Qumràn il nome di Gesù non è mai citato espressamente e non sono mai stati trovati riferimenti al Cristianesimo. Eppure i testi trovati e decifrati sono tantissimi (solo nella grotta 4 sono stati trovati 15.000 frammenti!). Certamente esistono delle somiglianze tra alcune caratteristiche delle comunità degli esseni e il Cristianesimo, ad esempio i 12 membri dell’assemblea di Qumràn che richiamano i 12 apostoli di Gesù, alcune forme di culto simili come il battesimo, l’uso di mettere in comune i beni di ciascuno, ecc… Ma tutto ciò dimostra solamente che il Cristianesimo ha un’origine in comune con l’essenismo, cioè il Giudaismo in Israele. Gesù e i suoi seguaci non avevano niente a che fare con gli esseni e il loro modo di vivere. Gli esseni si ritiravano nel deserto perdendo il contatto col mondo chiusi nella rigidità della loro legge. In questo modo realizzavano l’ideale perfetto dell’asceta secondo la tradizione ebraica. Gesù, invece, conduce una vita totalmente differente, sebbene considerato un “rabbi”, cioè un maestro, s’intrattiene pubblicamente indifferentemente con uomini e donne (Giovanni 4, 1), mangia e beve in compagnia (è sovente rimproverato per questo) (Luca 5, 27-32), partecipa a feste e matrimoni (Giovanni 2, 1). Lo accusano, assieme ai suoi discepoli, di non digiunare rinfacciandogli l’esempio opposto del suo amico Giovanni battista che, con i suoi seguaci, vive nel deserto facendo spesso digiuni ed orazioni (Luca 5, 33-35). Esemplificativo è il passo di Luca 7, 36-50. Gesù partecipa ai banchetti e riceve l’omaggio intimo di una donna, per giunta peccatrice, suscitando lo scandalo generale, anche quello del padrone di casa che per questo, viene da Gesù redarguito. La comunità di Qumràn era rigorosamente vietata a donne e bambini, non vi potevano far parte neppure disabili o persone malate. Nel rotolo chiamato “Regola della comunità”, ritrovato a Qumràn, che riporta appunto le norme di comportamento con cui era organizzata la locale comunità essena, si legge: "…soltanto Santi angeli stanno nella comunità […] stolti, pazzi, deficienti, alienati, ciechi, storpi, zoppi, sordi e minorati, nessuno di questi può far parte della comunità…". Nelle comunità cristiane, invece, sono accolti tutti a prescindere dal sesso, dall’età, dalle condizioni fisiche e dalla nazionalità (Luca 14, 21). Gli esseni avevano un rispetto maniacale del comandamento del riposo del sabato. Non si muovevano, non parlavano, non facevano niente, avevano anche il dubbio se fosse permesso o meno espletare le proprie necessità fisiologiche reputandole un “lavoro”. Nel dubbio si astenevano. In Mc 2, 27-28, Gesù, suscitando lo scandalo generale, afferma: “Il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Così anche per le rituali e minuziose prescrizioni per la purificazione di cibi e persone, rispettate rigorosamente dagli esseni, che avevano una lunga lista di cibi considerati “puri” ed “impuri”, Gesù afferma: “Ascoltatemi tutti e capite. Fuori dell’uomo non c’è nulla che, entrando in lui, possa contaminarlo, ma quello che esce dall’uomo è ciò che contamina l’uomo”. Questa affermazione di Gesù è, per un ebreo, e figuriamoci per un esseno, semplicemente inaudita. Non solo ripudia la lunga tradizione ebraica, ma mette in discussione addirittura la legge mosaica.
Abbiamo visto quanto possa essere sbagliato identificare Gesù come un esseno e, parimenti, la comunità cristiana come una diretta emanazione della comunità di Qumràn. Ma anche soprassedendo a queste assurdità, come si può arrivare ad affermare che eventi come il processo e la crocifissione siano avvenuti a Qumràn e che, addirittura, Gesù possa essere sopravvissuto, e con Lui i due ladroni, al supplizio della croce? Gesù è stato condannato per blasfemia dal Sinedrio. Questo era il supremo consiglio politico, amministrativo, giudiziario e religioso ebraico e le sue riunioni avvenivano in un’aula attigua al Tempio di Gerusalemme. Ponzio Pilato, l’allora procuratore romano della Giudea, risiedeva a Cesarea marittima, capitale politica della Giudea, nel palazzo di Erode il “grande” e a Gerusalemme, capitale religiosa, in un altro palazzo fatto costruire da Erode oppure presso la fortezza Antonia, attigua al Tempio, fatta costruire anch’essa da Erode (G. Flavio, Ant. Giud. XVIII, 60-62, G. Giud. II, 175-177; Filone 4 Legatio ad Caium CCXCIX-CCCVI). In ogni caso non esiste alcun documento che riferisca di una presenza fissa del procuratore romano a Qumràn. Comunque la stupidaggine maggiore è, senza dubbio, quella di credere ad una sopravvivenza di Gesù e dei due ladroni ad una crocifissione eseguita dalle truppe romane. Affermare scempiaggini simili dimostra non solo l’ignoranza totale circa le usanze di quei tempi, ma anche di qualsiasi elementare nozione di medicina. Innanzitutto, dopo il verdetto di morte attraverso la crocifissione, era usanza sottoporre il condannato alla flagellazione. Subito dopo il film “The Passion” di Mel Gibson, l’opinione pubblica si meravigliò dell’efferatezza e dell’abbondante versamento di sangue nelle scene del supplizio di Gesù. Beata ignoranza! La pellicola americana ha, in realtà, ritratto solo una versione edulcorata della flagellazione eseguita sui condannati a morte dalle truppe romane. Non era un’esperienza “divertente”, alcune volte l’impeto dei soldati portava a morte il poveretto prima del supplizio finale. La frusta, chiamata appunto "flagello", aveva un robusto manico al quale erano fissate lunghe strisce di cuoio di diversa lunghezza, alla quale venivano attaccati ossicini e sfere di piombo. La legge giudaica permetteva un massimo di 40 colpi, ma i Romani non avevano tale limitazione, se spinti dall'ira, potevano ignorare totalmente questa regola. Il condannato sottoposto a tale supplizio, legato ad un palo e denudato, veniva praticamente scuoiato vivo, ma senza procurare la morte. Un professore della University of Tennessee, College of Medicine, il Dr. C. Truman Davis che ha studiato la crocifissione dal punto di vista medico, descrive in questo modo gli effetti della flagellazione operata dai soldati romani: "La pesante frusta veniva battuta con forza e ripetutamente contro la schiena, i fianchi e le gambe del condannato. All'inizio le pesanti cinghie ferivano solo la pelle; poi, man mano che i colpi venivano inflitti, essi tagliavano sempre più in profondità, producendo ferite sempre più gravi". Tutto ciò è confermato da Eusebio di Cesarea, uno storico del III secolo d.C., che a proposito della flagellazione scriveva: "…le vene della vittima erano aperte, e si potevano vedere gli stessi muscoli, i nervi e le viscere…", oppure da Giuseppe Flavio, storico ebraico del I secolo d.C., contemporaneo di Gesù, che riguardo al supplizio di un certo Gesù (un’omonimia), poco prima dell’assedio di Gerusalemme del 70 d.C., scrive: "…Allora i capi […] lo trascinarono dinanzi al governatore romano. Quivi, sebbene fosse flagellato fino a mettere allo scoperto le ossa…" (G. Giud. VI, 5, 303). Poi c’era la crocifissione. Di norma i Romani costringevano il condannato a portare sulle spalle il palo orizzontale, detto “patibulum”, da cui l’italiano “patibolo”, che veniva infisso su un palo verticale, già presente nel luogo dell’esecuzione, a formare una “T”. Successivamente si procedeva ad inchiodare gli arti superiori. I chiodi non venivano conficcati, come erroneamente si crede, nei palmi delle mani, il peso del corpo le avrebbe lacerate, ma nei polsi, dove la struttura dell’articolazione è in grado di sostenere a lungo tale peso. In questo modo, però, si laceravano i nervi che governano il movimento dei pollici, causando dolori atroci ad ogni movimento. La morte sopravveniva per asfissia o per collasso cardiocircolatorio dovuto allo stress. Infatti il condannato, essendo oppresso dal peso, non aveva la possibilità di respirare normalmente. Per evitare una morte troppo veloce, i romani inchiodavano anche gli arti inferiori in modo che, facendo leva sulle gambe, il suppliziato poteva respirare e vivere più a lungo. In questo modo l’agonia era abbastanza lenta, poteva durare più di dodici ore. Per questo Pilato si stupì nel sapere che Gesù era già morto ed ordinò che fossero spezzate le gambe agli altri due condannati in modo che non restassero appesi durante la pasqua ebraica. Infatti quando si voleva che il supplizio terminasse, si spezzavano le gambe del condannato, di solito con un bastone o una mazza, e in breve si aveva il soffocamento (Crurifragium). Nel caso di Gesù, le gambe non furono spezzate, perché i carnefici notarono che era già morto. Per esserne certo, un soldato gli conficcò la punta della lancia nel fianco e subito dalla ferita uscì sangue e acqua (Giovanni 19, 34). La fuoriuscita di questi elementi dimostra che la morte di Gesù non fu per soffocamento, ma per avvenuto arresto cardiaco. Tutta questa violenza ed efferatezza è confermata da diverse testimonianze storiche. Ad esempio Seneca (1–65 d.C.), contemporaneo di Gesù, scriveva: "Vedo costì croci e non di un solo genere, ma costruite da chi in un modo da chi in un altro; certuni appesero con la testa volta verso terra, altri spinsero un tronco per le parti oscene del corpo, altri stirarono le braccia sul patibolo". (Dialogo 6 “De consolatione ad Marciam” 20, 3). Ancora, parlando degli eventi che seguirono la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C., Giuseppe Flavio scriveva: "Spinti dall'odio e dal furore, i soldati si divertivano a crocifiggere i prigionieri in varie posizioni, e tale era il loro numero che mancavano lo spazio per le croci e le croci per le vittime". (G. Giud., V,11,1). Inoltre, c’è da considerare un ulteriore elemento, presso l’esercito romano la disciplina era ferrea, un ordine mal eseguito comportava sempre la comminazione di pene severissime, tra cui anche la morte.
Note
(1) deriva da Zadok, che dal
tempo di Salomone era stato designato unico sacerdote in capo della monarchia.
(2) tutti i manoscritti trovati a Qumràn sono stati classificati con tali sigle. Il numero “1” che precede la lettera “Q”, che indica Qumran, indica la prima grotta, la “p” che si tratta di un “pesher”, cioè un “commento” e Hab sta per “Abacuc”, similmente la sigla 1QIsA indica il primo testo “A”, di Isaia “Is”, trovato a Qumran “Q”, nella grotta “1”, cioè la prima.
Luis ha scritto:
RispondiElimina"L’autore della recensione, l’ebreo H. Shanks, scrisse: "Il vero mistero è come abbia potuto decidersi l’Harper di San Francisco, nota generalmente per libri seriamente scientifici, a pubblicare questo pesante volumone. Senza dubbio la risposta ha qualcosa a che fare con ciò che stava sui tavoli rovesciati da Gesù".
Queste azzeccatissime parole mi fanno venire in mente un degno collega della Thiering: l'italiano Luigi Cascioli, che tu certamente conoscerai. I suoi lavori hanno valore scientifico pari allo zero, ma per quelli dell'UAAR (di cui egli stesso faceva parte), Cascioli resta un autentico guru.
"I chiodi non venivano conficcati, come erroneamente si crede, nei palmi delle mani, il peso del corpo le avrebbe lacerate, ma nei polsi, dove la struttura dell’articolazione è in grado di sostenere a lungo tale peso".
Lo "spazio di Destot" mi pare si chiami questa parte del polso. Confermi, Luis?
Si lo conosco. Cascioli faceva parte di una lunga schiera di "storici" senza arte, né parte, come ad esempio Donnini, Salsi, Aslan, Tranfo ed altri, tutti convinti che Gesù fosse un nome inventato dato ad un certo Giovanni di Gamala, ribelle antiromano. Peccato però che di tale personaggio non si è mai trovata alcuna traccia storica, infatti è il protagonista di un romanzo, "For the Temple" scritto da un certo G.A. Henty nel 1888. Ho molto materiale in merito e quanto prima inaugurerò una sezione del mio blog per smontare tutte queste fesserie.
EliminaQuanto alla crocifissione di Gesù ti confermo che la tesi più accreditata dagli storici sia quella che Gesù abbia avuto inchiodati i polsi attraverso uno spazio tra le ossa carpali, detto appunto "di Destot". Pare che il passaggio di un chiodo attraverso quello spazio possa determinare la contrazione del pollice verso l'interno e così sparire dalla vista. E' interessante notare che l'ipotetico falsario medioevale della Sindone abbia pensato anche a questo piccolo particolare.
@Luis
RispondiElimina"Ho molto materiale in merito e quanto prima inaugurerò una sezione del mio blog per smontare tutte queste fesserie".
Ottima notizia: non vedo l'ora di leggere quanto scriverai in questa sezione.
"E' interessante notare che l'ipotetico falsario medioevale della Sindone abbia pensato anche a questo piccolo particolare".
E' la stessa osservazione che ho fatto tra me e me quando ho letto, per la prima volta, dello "spazio di Destot".
In effetti, che motivo poteva avere il fantomatico falsario a "dipingere" i fori dei chiodi sui polsi di Gesù invece che sui palmi delle mani? Dopotutto, dal momento che i devoti che andavano a venerare la Sindone nulla sapevano di anatomia, non vi era certo il pericolo che qualcuno di loro potesse gridare all'imbroglio, o sbaglio?
Pertanto, il suddetto particolare è un'ulteriore prova dell'autenticità del telo sindonico.
A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: perché le stimmate di padre Pio erano situate sui palmi e non sui polsi?
Io, nel mio piccolo, mi sono dato la seguente spiegazione: giacché si credeva e si continua a credere che Gesù sia stato inchiodato ai palmi, Dio ha voluto rispettare questa credenza (condivisa, penso, dallo stesso padre Pio e anche dagli altri santi che hanno avuto le stimmate): l'importante, infatti, era fornire ai fedeli una prova materiale della santità del frate di Pietrelcina e, nel contempo, far condividere a costui le sofferenze di Cristo sulla croce.
Insomma, per la fede (che e' l'unica cosa che conta davvero, alla fine), non fa alcuna differenza che a sanguinare fossero i palmi e non i polsi di padre Pio, e questo vale per qualsiasi altro santo o beato con le stimmate.
Sei d'accordo, Luis?
Sostanzialmente si. Queste manifestazioni particolari della mistica cristiana sono essenzialmente dei segni, cioè delle icone viventi della passione del Cristo. si tratta, quindi, di immagini viventi (oltre a San Pio ci sono stati molti stigmatizzati, a partire da San Francesco) che, di conseguenza, ricalcano i canoni iconografici classici, ossia la crocifissione nei palmi delle mani, come qualsiasi altra icona o rappresentazione artistica della crocifissione. La stranezza della Sindone è proprio quella di non rispettare i canoni classici della rappresentazione artistica.
Elimina"un certo Giovanni di Gamala"
RispondiEliminaLa prima volta che ho sentito parlare di questa inconsistente tesi è stato sull'interessante forum "Studi sul Cristianesimo Primitivo" (http://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/).
A parziale difesa di Cascioli e compagnia cantante, bisogna dire tuttavia che le loro tesi sono ragionevolissime se confrontate a quella dell'archeologo inglese John Allegro, autore del delirante "Il Fungo Sacro e la Croce" ("The Sacred Mushroom and the Cross", 1970), dove, in pratica, il povero Gesù viene identificato nel noto fungo allucinogeno Amanita muscaria.
Allegro viene più volte citato in un libro dei soliti Leigh e Baigent, "Il mistero del Mar Morto. Lo scandalo dei rotoli di Qumran" (1997), nel quale gli autori, oltre a sposare la tesi del Gesù esseno, affermano pure che San Paolo era in realtà una spia dei Romani. Anche di questo libro, come del più famoso "Il Santo Graal", mi sono disfatto con grande soddisfazione.
Anch'io sono un frequentatore, silente, di quel forum. Le discussioni sono molto interessanti, ma purtroppo sono troppo spesso funestate da continui interventi di autentici mitomani assolutamente convinti di questa storia di "Giovanni di Gamala", una teoria assurda senza prove storiche, completamente campata in aria. Ma l'aspetto più sconcertante è la disonestà di fondo: tengono tutto ciò che potrebbe essere loro utile e ciò che li sconfessa è invariabilmente una manipolazione della Chiesa (sic). In passato ho avuto molti confronti con queste persone, ma con loro è praticamente impossibile restare su un piano prettamente scientifico.
EliminaCome ti dicevo ho intenzione di dedicare uno spazio del mio blog per passare in rassegna tutte queste teorie fantasiose su Gesù e svelarne la loro inconsistenza storica.
Conosco anche J. Allegro e ho letto anche alcuni suoi libri, tra cui il famigerato "Il Fungo Sacro e la Croce". Sicuramente una storia molto particolare quella di Allegro e per certi versi anche triste.
Penso che scriverò qualcosa in proposito a breve. Grazie dell'idea :-)
"Ho intenzione di dedicare uno spazio del mio blog per passare in rassegna tutte queste teorie fantasiose su Gesù"
RispondiEliminaA proposito di teorie fantasiose, mi è capitato di recente, sul forum di Zagor, di dover smentire la famigerata tesi-tormentone secondo cui i primi cristiani mutuarono dal Mitraismo gran parte delle loro credenze e dei loro riti. Ho consigliato al mio interlocutore un recente e dettagliato articolo pubblicato su Croce-Via da Trianello, che di sicuro avrai letto anche tu.
"Grazie dell'idea"
Prego. ;-)
Certamente! Trianello è un autore che seguo con molto interesse.
EliminaComunque, se ti interessa, anch'io ho trattato l'argomento:
http://luis-apologeticon.blogspot.it/2012/04/gesu-e-mitra.html
Grazie per la segnalazione.
RispondiElimina"Conosco anche J. Allegro e ho letto anche alcuni suoi libri, tra cui il famigerato "Il Fungo Sacro e la Croce". Sicuramente una storia molto particolare quella di Allegro e per certi versi anche triste".
RispondiEliminaHo letto circa meta' de il "Il Fungo Sacro..." (qui: http://www.scribd.com/doc/201649484), ma gli altri libri di Allegro li conosco solo di nome. Quando definisci "triste" la sua storia, ti riferisci al fatto che - come si legge sulla pagina a lui dedicata di Wikipedia inglese - la pubblicazione del suddetto libro gli porto' sì popolarità, ma, al contempo, distrusse la sua carriera?
Si, mi ha impressionato il fatto di come il pregiudizio anticristiano di Allegro abbia distrutto la sua carriera e reputazione. Il suo modo ideologico di lavorare mi ha fatto venire in mente la faziosità della storiografia laicista che trae, appunto, origine dai pregiudizi anticristiani illuministi del XVIII secolo.
EliminaHo, per l'appunto, appena pubblicato un post sull'argomento, spero che lo troverai interessante.