Ne “Il Codice da Vinci” si possono leggere anche sconcertanti fesserie riguardo alcuni aspetti della vita e della liturgia della Chiesa cristiana delle origini. Per brevità mi limito ad esaminarne solo due, quelle, a mio parere, più aberranti.
Secondo D. Brown l’imperatore romano Costantino avrebbe spostato la festa ebraica del sabato per farla coincidere con quella pagana del dio sole. Tra le pagine 271-275, de “Il Codice da Vinci”, si legge: «Anche il giorno di festa dei cristiani è stato rubato ai pagani […] Costantino ha spostato la festa ebraica del sabato per farla coincidere con il giorno che i pagani dedicavano al Sole. Oggi la gente va in chiesa la domenica senza neppure immaginare che lo fanno per rendere omaggio al dio Sole: del resto, in inglese, la domenica, Sunday, è letteralmente Sun day, giorno del sole». Dovrei essere abituato a leggere tali enormità, eppure non riesco a non sbalordirmi di fronte a cretinate del genere! Ma come si fa a scrivere certe cose! Quando vado in Chiesa alla Messa, sono consapevole di riunirmi alla mia comunità per ascoltare le memorie degli apostoli, la Parola di Dio, e partecipare, assieme ai fratelli, alla mensa eucaristica di Gesù Cristo risorto. Dov’è in tutto questo il culto al dio sole? In realtà siamo di fronte all’ennesima dimostrazione della sbalorditiva ignoranza di D. Brown.
E’ certamente vero che nel 325 un decreto dell’imperatore Costantino rese la domenica, cioè il primo giorno della settimana per gli ebrei, un giorno di riposo, ma non fu “spostata” alcuna festa. Per i cristiani la domenica è sempre stata un giorno di festa, molto tempo prima di Costantino. Il termine italiano “domenica” deriva dal latino “dies domini” che significa: il “Giorno del Signore”. La domenica è il giorno in cui è risorto Gesù, cioè il primo giorno dopo il sabato, così come dicono i vangeli (Mt 28, 1; Mc 16, 1; Lc 24, 1; Gv. 20, 1). Per questo motivo la domenica è sempre stata la festa primordiale dei cristiani e l’unica che veniva festeggiata agli inizi dell’era cristiana, infatti la Pasqua annuale fu introdotta solo dal secondo secolo ed il Natale addirittura nel quarto secolo. E’ nell’Apocalisse di Giovanni (Ap 1, 10) che compare per la prima volta l’espressione “giorno del Signore”: è il giorno in cui tutta la chiesa si riuniva per celebrare l’Eucarestia. Il centro della festa cristiana era, allora come adesso, la celebrazione della Cena del Signore. Si può leggere negli Atti degli apostoli, composti attorno agli anni 80 del primo secolo: "Il primo giorno della settimana ci riunimmo per la celebrazione della Cena del Signore, e Paolo rimase a parlare con i discepoli…” (Atti, cap. 20). La Chiesa deriva i ritmi della sua vita liturgica direttamente da Gesù che risorge la domenica ed appare agli apostoli la sera di quello stesso giorno e poi otto giorni dopo quando c’era anche Tommaso, quindi la domenica seguente, iniziando così a scandire il tempo cristiano secondo il ritmo domenicale. Di tutto ciò abbiamo numerose testimonianze storiche, ad esempio nella Didachè, un documento indirizzato ai cristiani della Siria negli anni intorno al 100-150 d.C., secolo, si legge «…di domenica in domenica convenendo insieme, spezzate il pane,…», oppure si può leggere nella lettera del governatore della Bitinia, Plinio il giovane, all’imperatore Traiano dell’anno 112 d.C., come, già agli inizi del secondo secolo, i cristiani si riunivano in un giorno stabilito, cioè la domenica, per celebrare l’Eucarestia: «Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi in un giorno stabilito prima dell’alba per mangiare un cibo normale e comune e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio» (Plinio, Epistole X,96). Nel 150 d.C. Giustino martire, famoso apologista del II secolo, nella sua Apologia, scrive: «Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, nostro Salvatore, risuscitò dai morti» (Apologia, cap. 67). Da notare che i pagani chiamavano “giorno del sole” il primo della settimana (per questo, e non per altro, in inglese per tale giorno è rimasto questo nome, n.d.r.), ma non era un giorno di festa e di riposo come per noi oggi, ma un semplice giorno lavorativo. Infatti per questo motivo Plinio ci dice che i cristiani si radunavano all’alba, perché, conclusa la celebrazione dell’Eucarestia, andavano a lavorare.
Dagli Atti dei Martiri dell’8° e 9° libro della Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, abbiamo una stupefacente notizia dell’enorme importanza che ha sempre avuto per i cristiani la festa della domenica. Nell’anno 304 d.C., durante la persecuzione di Diocleziano (sempre prima dell’avvento di Costantino, n.d.r.), ad Abitene, città della provincia romana dell’Africa proconsolare, più o meno l’odierna Tunisia, la locale comunità cristiana si ribellò all’editto imperiale che vietava le riunioni e le celebrazioni di riti cristiani. Sorpresi durante una loro riunione in casa di un certo Ottavio Felice, 49 cristiani di Abitene vengono arrestati e condotti a Cartagine, capitale della provincia, davanti al proconsole Anulino per essere interrogati. Alla domanda del proconsole: «Perché hai accolto nella tua casa i cristiani, contravvenendo così alle disposizioni imperiali?», un cristiano di nome Emerito rispose: «Sine dominico non possumus», cioè: «Senza domenica non possiamo vivere», intendendo non solo il giorno di festa, ma la riunione dell’assemblea del popolo di Dio per celebrare l’Eucarestia. Per la loro fede quei 49 pagarono con la loro vita, furono tutti uccisi scarnificati vivi.
Costantino non c’entra assolutamente nulla con la festa cristiana della domenica, né esiste alcuna commistione con la festa pagana del “Sol invictus”. In realtà la sostituzione della festa del sabato con la celebrazione domenicale nelle prime comunità cristiane è un processo che si svolge e si realizza già molto tempo prima dell’avvento di Costantino. I primi cristiani, la comunità attorno agli apostoli, essendo comunque formata da ebrei, ha continuato, assieme alla celebrazione domenicale, ad osservare il sabato e a compiere il culto ebraico recandosi al tempio per la preghiera. In seguito, quando il cristianesimo si diffuse presso i gentili (cioè i non ebrei) si creò una contrapposizione tra i cristiani provenienti dall’ebraismo, con a capo Giacomo, vescovo di Gerusalemme, che reputavano imprescindibile l’osservanza della legge mosaica (e quindi del sabato), e i convertiti dal paganesimo che, invece, non volevano sopportare quel fardello. Il concilio di Gerusalemme, cioè la riunione della primitiva Chiesa di Gerusalemme riportata negli Atti degli Apostoli avvenuta attorno all’anno 49 d.C., stabilì una volta per tutte che per essere cristiani non c’era bisogno di essere prima ebrei e, quindi, presso le comunità della Chiesa in espansione l’osservanza del sabato progressivamente decadde a favore della celebrazione eucaristica domenicale. Nella sua lettera ai Colossesi, Paolo dice: «Nessuno più abbia a riprendervi per l’osservanza del sabato, o per le neomenie, o per le feste perché tutto ciò è ombra del futuro, ma la realtà è Cristo» (Col 2, 16). Nel 107 d.C., più di due secoli prima di Costantino, il vescovo di Antiochia, Ignazio, morto martire a Roma sotto la persecuzione di Traiano, nella sua lettera alla Chiesa di Magnesia (in Asia minore) dice, riguardo al modo in cui bisognava comportarsi: «Non più vivendo alla maniera del sabato (cioè alla maniera giudaica), ma vivendo alla maniera del giorno del Signore (cioè la domenica, alla maniera cristiana)» (Epistula ad Magnesios, 9, 1).
Clamoroso esempio dell’abissale ignoranza storico-religiosa di D. Brown sono le sue dissertazioni sui simboli religiosi. A pag. 173 de “Il Codice da Vinci”, l’esperto di simbologia Robert Langdon, un personaggio del libro, afferma: «...Non era la tradizionale croce cristiana con il lungo braccio verticale, ma una croce quadrata - con quattro bracci di uguale lunghezza – che precedeva di quindici secoli il cristianesimo. Quel tipo di croce non aveva nessuno dei connotati cristiani della crocifissione, associata alla croce latina, inventata dai romani come strumento di supplizio. Langdon si stupiva sempre nel constatare quanto fossero pochi i cristiani che, guardando il “crocifisso”, pensavano alla violenta storia di quel simbolo…». Secondo l’”eminente” scienziato, quindi, la croce cristiana sarebbe solo quella latina, cioè con i bracci disuguali, inventata dai romani come strumento di supplizio.
Veramente un cumulo di sciocchezze! Le croci cristiane sono sempre state raffigurate sia con i bracci uguali (croce greca) che con i bracci disuguali (croce latina). I romani non hanno inventato la croce latina. In realtà la maggior parte delle “croci” usate dai romani per le esecuzioni delle condanne a morte avevano una forma a “T”. Già per le primissime comunità cristiane la croce rappresentò il grande sacrificio di Gesù, quindi la redenzione. Era, ed è, il simbolo stesso di Gesù, “Signum Christi”, che, immolandosi per noi, ci apre le porte della vita eterna. Egli ha trasformato lo strumento di morte in sogente di vita, di salvezza e di gioia per il mondo intero. I cristiani hanno sempre raffigurato la croce considerandola un segno di fede e consolazione, infatti le sue primissime raffigurazioni le troviamo principalmente nei cimiteri cristiani per consegnare i cari defunti alla salvezza operata da Gesù. All’inizio, per paura delle persecuzioni, la croce veniva raffigurata in forma dissimulata, la ritroviamo, infatti, nelle ancore cruciformi, inserita nei pani eucaristici, ecc… tutti motivi ornamentali che decoravano le pareti di cappelle e loculi nelle catacombe (antichi cimiteri). Anche il monograma di Gesù, formato dalla sovrapposizione delle prime due lettere greche del nome di Cristo, “chi” e “ro”, nasconde la sagoma di una croce.
Le croci raffigurate dai cristiani sono sempre state indifferentemente sia croci “greche” che croci “latine”. Tra le più famose posso citare la cosiddetta “iscrizione di Rufina” nelle catacombe di S. Callisto, a Roma, del III secolo d.C. Si tratta di un’epigrafe che ricorda il nome di una certa Rufina Irene con sotto incisa una croce greca, cioè con i bracci trasversali di uguale dimensione. Sempre a Roma, della stessa epoca, si può ammirare nella tomba degli Aurelii, un affresco che mostra un personaggio con in mano una croce “latina”. Nel cimitero di Domitilla, incisa su una tomba di una fanciulla cristiana di nome Gaudentia, del III secolo d.C., è possibile osservare una bella croce greca. Famosissima, del I secolo d.C., è una croce cristiana “latina”, scoperta nel 1937, incisa sulla parete di una casa di Ercolano sepolta dalla famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Ancora, nelle catacombe di S. Priscilla, aderente al loculo di una tomba cristiana del II secolo d.C., una tegola riporta raffigurate tre croci greche.
Langdon (D. Brown) si stupisce nel constatare che i cristiani guardano alla croce non pensandola come uno strumento di morte. Ma ciò è normale, perché D. Brown è un pagano. Diceva bene Paolo ai Corinzi: «Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1 Cor 1, 23). I cristiani guardano alla croce pensandola come uno strumento d’amore.
buon giorno, forse sono un po fuori tema, sto iniziando ad approfondire la storia di gesu e del cristianesimo, vorrei chiedervi, ho visto che ci sono alcune similitudini tra il mazdeismo/ zoroatrismo e cristianesimo, tanto che alcuni dicono addirittura che il cristianesimo abbia quasi"copiato" quella religione, potete chiarirmi un po la cosa?..saluti.
RispondiEliminaSalve Anonimo,
Eliminain effetti quello che mi chiedi è decisamente off topic, ma posso dirti ciò che penso sulla questione.
Lo Zoroastrismo è certamente più antico del Cristianesimo, ma non lo è dell'Ebraismo. Secondo l'opinione più diffusa tra gli storici la dottrina di Zarathustra nacque mezzo millennio dopo Mosé e più di un secolo dopo la venuta dei grandi profeti ebraici Isaia, Geremia e Elia. Siccome il Cristianesimo affonda le sue radici nell'Ebraismo a me pare più corretto dire che sia stato Zarathustra a "copiare" la dottrina Giudaico-cristiana e non viceversa.
Il Cristianesimo, inoltre, aveva un carattere più "sociale" ed "universale" dello zoroastrismo, il quale rimaneva confinato in un'aristocrazia militare, con una religiosità incentrata sul culto di divinità guerriere e sul sacrificio di animali e pratiche estatiche (come, ad esempio, l'ingestione di sostanze allucinogene).
Saluti
PS
Perchè non metti un nick? Non mi piace dialogare con un anonimo.
"Dan Brown è un pagano"
RispondiEliminaPrima di essere tale, il Nostro è un ignorante, un bugiardo (ma è pure possibile che, nella sua crassa ignoranza, egli creda davvero nelle stronzate che ha scritto e che lo hanno reso ricco e famoso) e un arrogante: insomma, un autentico topo di fogna. Lo stesso dicasi della premiata ditta "Michael Baigent-Richard Leigh-Henry Lincoln", autori de "Il Santo Graal" (1982), il libro che ha ispirato Dan Brown. Nel 2006, come si legge su Wikipedia, i tre citarono in tribunale Brown per plagio, ma persero la causa e dovettero sborsare ben tre milioni di sterline.
"Il Santo Graal", che ho letto oltre dieci anni fa e di cui mi sono disfatto poco tempo dopo con grande piacere, non solo è un cumulo di baggianate, ma è l'opera che ha dato il via al mito di Rennes-le-Chateau, l'insignificante paesino francese che da allora è diventato la meta obbligata, oltre che di Roberto Giacobbo (il che è tutto dire!), dei creduloni di mezzo mondo, convinti di trovarsi in uno dei luoghi più misteriosi della Terra, il posto dove è sepolto nientepopodimeno che Gesù Cristo!
P.S.: Il sopracitato Michael Baigent, morto nel 2013, era - come si legge sempre su Wikipedia - "massone e grande ufficiale della UGLE (United Grand Lodge of England)", nonché "fiduciario del Canonbury Masonic Research Center". Ovviamente, la sua aderenza alla Massoneria non aveva nulla a che fare con le menzogne da egli propugnate nel summenzionato libro (ma gli altri suoi libri, credetemi, non sono da meno quanto ad attendibilità): si tratta solo di una mera "coincidenza". :-))
Grazie Max del tuo contributo.
EliminaE' veramente penoso pensare che gente simile abbia fatto fortuna sulla credulità di tantissime persone, ma quello che mi rattrista di più è constatare il fatto che se si tratta di denigrare la Chiesa cattolica ogni assurdità diviene accettabile.
Ogni mese posto un capitolo di questo mio vecchio lavoro, riveduto ed aggiornato: è veramente sorprendente il cumulo di sciocchezze che Brown e soci sono riusciti a scrivere, spacciandole per cose vere!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaLuis, prima della pubblicazione del libro di Dan Brown, conoscevi già "Il Santo Graal" e la bufala dei discendenti di Cristo e della Maddalena?
RispondiEliminaSecondo te, il fatto che il sopracitato Baigent fosse un massone di una certa importanza e anche Brown è probabilmente un "grembiulino" ci autorizza a pensare che i loro rispettivi libri, dietro lo scopo commerciale, nascondano il preciso intento massonico di danneggiare la Chiesa.
Non sono certo un complottista, anzi: detesto la dietrologia, ma in questo caso qualche sospetto mi viene.
Tu che dici, Luis?
Si, conoscevo già quel libro, ma non gli diedi tanto peso in quanto restò una sciocchezza fine a se stessa senza suscitare il clamore che, invece, ebbe poi il "Codice da Vinci".
EliminaQuanto alla faccenda del presunto attacco massone alla Chiesa non ho alcuna informazione certa in tal senso. Sicuramente in questi "libri" si nota un astio particolare che potrebbe far pensare ad una formazione "massone" dei loro autori, ma credo che la bramosia del guadagno e della notorietà siano stati molto più determinanti. Infatti, prima del "Codice da vinci", Brown scrisse "Angeli e Demoni" che non ebbe alcun successo e ciò fu dovuto, con ogni probabilità, al fatto che in quel romanzo non veniva toccata la figura di Gesù e veniva solo leggermente attaccata la Chiesa. Ne il "Codice da Vinci" Brown cambia registro e capisce che solo denigrando la figura stessa di Gesù ed andando pesante con le accuse alla Chiesa poteva aver successo. E non si sbagliò.