Una ricorrente critica che i non credenti rivolgono ai cristiani è quella di uno sfumato e strisciante egoismo che pervade ogni loro azione di carità. Secondo tale critica i cristiani amerebbero Dio ed il prossimo solo perché si aspetterebbero una ricompensa nella vita che verrà. Quindi il tanto decantato “amore cristiano” non sarebbe altro che un’azione effettuata per interesse, per guadagnarsi una ricompensa correlata ai nostri sforzi. Tutto ciò, certamente, non distingue affatto l’agire cristiano da quello di un qualsiasi ateo filantropo.
In effetti il Vangelo sembra prospettare una realtà simile quando leggiamo brani simili al capitolo 6 di Matteo: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6, 1) oppure “Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6, 18).
In realtà l’agire cristiano è dettato unicamente dall’Amore che Cristo ci ha insegnato, cioè l’Agape cristiana, la Carità, ossia l’amore disinteressato. In un messaggio quaresimale del 2002 il beato Giovanni Paolo II affermò: “Iddio ci ha liberamente donato il suo Figlio: chi ha potuto o può meritare un simile privilegio? Afferma san Paolo: « Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia » (Rm 3, 23-24). Iddio ci ha amati con infinita misericordia senza lasciarsi fermare dalla condizione di grave rottura in cui il peccato aveva posto la persona umana. Si è benevolmente chinato sulla nostra infermità, prendendone occasione per una nuova e più meravigliosa effusione del suo amore. La Chiesa non cessa di proclamare questo mistero di infinita bontà, esaltando la libera scelta divina e il suo desiderio non di condannare, ma di riammettere l'uomo alla comunione con Sé”. Non c’è quindi una “ricompensa” per quanto si ama, ma il dono della vita eterna perché è Lui che ci ama.
Certamente è il fine ultimo di essere felici, rimuovendo l'insoddisfazione, la forza che ci spinge verso Cristo, ma la "ricompensa", che compare nei passi del vangelo, non è il premio a cui abbiamo diritto, bensì la meta finale della vita eterna che raggiungiamo come dono e logica conseguenza di una vita vissuta nell'Amore del Cristo. Questa verità è chiaramente espressa dal vangelo quando dice: “Voi invece amate anche i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare di ricevere in cambio: allora la vostra ricompensa sarà grande: sarete veramente figli di Dio che è buono anche verso gli ingrati e i cattivi. Siate anche voi pieni di bontà, così come Dio, vostro Padre, è pieno di bontà” (Luca 6, 32-36). Gesù vuole che noi diventiamo come Dio. Gesù vuole che noi impariamo ad amarci gratuitamente senza sperare di ricevere qualcosa in cambio, perché Dio vuole essere lui a ricambiarci con il suo regno, facendoci diventare suoi figli.
Ultimamente, il 22 dicembre scorso, in occasione dell’incontro con i collaboratori della Curia romana per gli auguri di Natale, il papa ha ricordato la giornata mondiale della gioventù di Madrid affermando: “…Con il proprio tempo l’uomo dona sempre una parte della propria vita. Alla fine, questi giovani erano visibilmente e “tangibilmente” colmi di una grande sensazione di felicità: il loro tempo aveva un senso; proprio nel donare il loro tempo e la loro forza lavorativa avevano trovato il tempo, la vita. E allora per me è diventata evidente una cosa fondamentale: questi giovani avevano offerto nella fede un pezzo di vita, non perché questo era stato comandato e non perché con questo ci si guadagna il cielo…”
Le parole che pronuncia Gesù: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10, 8), proprio nell'inviare gli apostoli servono a diffondere il Vangelo della salvezza, primo e principale dono da Lui recato all'umanità. Egli vuole che il suo Regno ormai vicino (cf Mt 10, 5ss) si propaghi attraverso gesti di amore gratuito da parte dei suoi discepoli.
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