L’imperatore romano Flavio Valerio Aurelio Costantino, in carica dal 306 d.C. fino alla sua morte nel 337 e più comunemente conosciuto solo come “Costantino”, è certamente la figura politica maggiormente legata alle vicende del cristianesimo delle origini, infatti a lui, assieme all'altro augusto Licinio, dobbiamo il famoso editto di Milano del 313 con cui finì la stagione delle persecuzioni romane nei confronti dei cristiani e l’altrettanto famoso Concilio di Nicea del 325 che diede la prima forma al credo cristiano, convocato dallo stesso Costantino. I rapporti di Costantino col cristianesimo sono stati molto complessi e discussi e su questa vicenda si è sviluppata un’intensa ricerca storica.
Nulla di strano, quindi, se i denigratori del cristianesimo abbiano voluto vedere in questo imperatore un freddo calcolatore che sfruttò il nascente cristianesimo per i suoi fini modellandone addirittura il credo. L’accusa principale si basa sul presunto fatto che Costantino fece essenzialmente un uso politico della nuova religione conferendole uno status autonomo, slegandola dalla nazione e dallo stato, in modo che possa assolvere alla funzione di collante interno e base di un nuovo imperialismo con se stesso come unico signore. Questa visione arriva addirittura ad ipotizzare una sorta di accordo tra Costantino ed il vescovo di Roma Silvestro: il primo per trovare una legittimazione al suo potere contro il parere del Senato di Roma, in quanto illegittimamente proclamato augusto, il secondo per far uscire il cristianesimo dalla clandestinità. Da quel giorno, il potere politico non si sarebbe più fondato soltanto sui diritti dinastici o l’elezione senatoria, ma prese a derivare da un diritto divino, tramite l’insindacabile e suprema autorità dei suoi rappresentanti in terra, ciò che avvenne per tutti i sovrani cristiani. A Costantino non importava null’altro del Dio dei cristiani visto anche che fu e restò sempre un pagano, il “Pontifex maximus” del paganesimo.
Questa analisi storica dei rapporti tra Costantino ed il cristianesimo appartiene ad una visione vecchia e sorpassata che appare troppo influenzata da un sentimento chiaramente anticristiano. Pensare ad ipotetici accordi bilaterali tra Costantino ed il vescovo di Roma per superare l’ostilità del Senato e a favoritismi dettati da calcoli politici è una pura ingenuità. Dopo aver liquidato tutti i suoi avversari Costantino si comportò senza alcun riguardo nei confronti del Senato romano, anzi lo spogliò di autorità ed importanza al punto che, trasferendo la capitale da Roma a Costantinopoli, lo emarginò definitivamente. Pensare ad una necessità di Costantino di avere la sua approvazione per mantenere il potere appare del tutto improbabile. La Chiesa del IV secolo non rappresentava ancora alcun “centro di potere” e non poteva di certo competere con l’importanza del senato, seppure in fase di decadenza. Pensare che Costantino abbia dovuto aver bisogno dell’appoggio del vescovo di Roma Silvestro per “legittimare” il suo potere è ipotesi veramente risibile. Anche in considerazione del fatto che a quel tempo gli storici calcolano la consistenza cristiana dell’impero non più del 10% degli abitanti (Paul Veyne, 2008). E’ solo con Teodosio il Grande che la chiesa comincerà ad assumere quell’importanza tale da poter influenzare sensibilmente l’operato degli imperatori. Durante il suo imperio Costantino non ha mai dato segno di favorire il Cristianesimo nei confronti del Paganesimo. Lo stesso Editto di Milano (313) è da considerarsi solo come una disposizione di tolleranza, non certo di partigianeria.
La moderna ricerca storica ha da tempo tratto le sue conclusioni: non è possibile essere sicuri che Costantino sia stato per tutta la vita pagano solo perché si battezzò in punto di morte. Nel IV secolo si tendeva infatti a ritardare il più possibile il battesimo, talvolta fino al momento della morte. Con questo atto venivano cancellati tutti i peccati precedenti, quindi ritardarlo significava poter condurre un’esistenza libera dal rigore della morale cristiana. E’ dunque più che probabile che Costantino si sia comportato come i suoi contemporanei, tra l’altro le sue funzioni di “Pontifex maximus” lo obbligavano a restare in contatto con il mondo pagano (la pratica di attendere agli obbligatori “culti pubblici di propiziazione e ringraziamento degli dei), cosa intollerabile per un battezzato. Della conversione al Cristianesimo di Costantino ne sono convinti i maggiori studiosi della storia di quel periodo (Augusto Fraschetti, Arnaldo Marcone, Andrea Alfoldi, Norman Baynes, Marta Sordi, Robin Lane Fox, Franchi de’ Cavalieri, Klaus Bringmann, Paul Veyne, ecc.). Il fatto che Costantino si sia progressivamente avvicinato al cristianesimo è testimoniato da una enorme mole di fonti e documenti storici come i panegirici che ci descrivono la sua evoluzione dal paganesimo ad un monoteismo largo e aperto che non dispiaceva ai cristiani; Eusebio e Lattanzio che non esitano a parlare dei sentimenti religiosi cristiani dell’imperatore; la numismatica che passa dai simboli pagani ai segni cristiani e, soprattutto, l’atteggiamento dell’imperatore nei confronti delle discussioni interne al Cristianesimo. Egli partecipa alle sedute del concilio di Nicea, partecipa alle discussioni come un vero e proprio appassionato. Atteggiamento inconciliabile con l’abitudine romana di non immischiarsi nelle beghe interne delle religioni minoritarie. Il grande archeologo Paul Veyne, di estrazione marxista sostiene con sicurezza l’autenticità della conversione di Costantino, ricordando, con J.B. Bury, che la sua “rivoluzione [...] fu forse l’atto più audace mai compiuto da un autocrate in ispregio alla grande maggioranza dei suoi sudditi” (Paul Veyne, “Quando l’Europa è diventata cristiana (312-394)”, Collezione Storica Garzanti, Milano, 2008).
Costantino resta un imperatore pagano che domina su un impero pagano, ma, ad un certo punto della sua vita, si accorge del Dio dei cristiani e ne rimane affascinato. Per questo motivo, contro ogni logica, e non per assurdi complotti, comincia piano piano a prendere le loro parti affrancandoli dalla cattiva considerazione che li perseguitava.
Bibliografia
Paul Veyne "Quando l’Europa è diventata cristiana (312-394)"Collezione Storica Garzanti, Milano, 2008.
Arnaldo Marcone "Pagano e cristiano: vita e mito di Costantino" Laterza, Roma-Bari, 2002.
Augusto Fraschetti "La conversione: da Roma pagana a Roma cristiana" Laterza, Roma-Bari, 1999.
Andreas Alfoldi "Costantino tra paganesimo e cristianesimo" Laterza, Roma-Bari, 1976.
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