Il 16 aprile scorso la Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito, con una storica sentenza, che la definizione giuridica di “donna” indica esclusivamente le persone nate biologicamente come tali. Vengono, quindi, escluse le cosiddete "donne transgender", cioè quelle persone biologicamente di sesso maschile che hanno successivamente cambiato il loro aspetto esteriore assumendo una sembianza di donna e che, nel Regno Unito, hanno ottenuto il "Gender Recognition Certificate" un attestato che certifica il loro "cambiamento" di sesso.
Questa sentenza ha, in sostanza, stabilito che per la legge britannica il sesso di una persona è una questione biologica stabilita alla nascita e che, quindi, per quanto riguarda la legge per le pari opportunità britannica, nota come Equality Act, le tutele riservate alle donne sono riservate alle persone biologicamente tali. In altri termini, secondo questa sentenza le donne transgender non sono donne.
Si tratta, ovviamente, di una buona notizia, finalmente c'è qualcuno che non ha completamente rinunciato ad usare l'intelletto, ma, a mio parere, si tratta anche di una notizia francamente grottesca: ma cosa è successo alla nostra umanità se dobbiamo ricorrere al pronunciamento di una Corte di Giustizia per riconoscere ciò che è ovvio? E' come se chiedessimo ad un tribunale di stabilire che l'acqua è bagnata, che il sole produce luce o che il cielo è blu.
Ma ciò che appare ancora più assurdo è il fatto che possano essersi levate (in Italia poche in verità) delle critiche a tale sentenza. Ad esempio l'opinionista Giuliano Ferrara ha dichiarato che la sentenza britannica è stata: "Una scelta restrittiva dei diritti di autorealizzazione". Un'affermazione semplicemente delirante, non è stato "ristretto" un bel niente, l'autorealizzazione è certamente un diritto riconosciuto, ma la sua realizzazione non può passare attraverso il sovvertimento della realtà dei fatti. Non è concepibile che una visione "alternativa" e "fantasiosa" della realtà, possa incidere sui diritti reali delle donne. Non può essere possibile che le istanze di chi donna non è possano prevalere sui diritti di chi è invece donna, le quali devono sentirsi protette e al sicuro negli spazi a loro riservati. Nè vale la "minaccia" di una erosione della libertà di relativizzazione, che non è un diritto e che può portare, come in effetti succede, allo stravolgimento delle più elementari evidenze della realtà.
Vi lascio con alcune parole profetiche del grande Chesterton: "Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade verranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate” Gilbert Keith Chesterton
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