E' dall'alba dei tempi che l'uomo si è posto il quesito se fosse possibile o meno trovare una prova dell'esistenza di Dio, dalla prova ontologica di Anselmo d'Aosta alle cinque vie di Tommaso d'Aquino, e di contro dalle confutazioni di Feuerbach al nichilismo disperato di Nietzsche. Ciò che appare evidente è che il confronto sia possibile sul piano filosofico, ma non su quello della scienza sperimentale. Questo fatto dà la stura agli atei per affermare che Dio lo si possa solo immaginare e che qualsiasi discussione sulla sua esistenza non abbia niente a che fare con la scienza.
Ultimamente, a turbare questa rassicurante certezza degli atei, ha riscosso un notevole successo un libro scritto da due scienziati francesi, Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies dal titolo “Dio, la scienza, le prove”, Si tratta di una raccolta di tutto ciò che può essere utile alla riflessione sulla questione di Dio in base alle attuali conoscenze scientifiche. Tra queste molto suggestiva è senza dubbio l'ipotesi denominata "fine-tuned Universe" "universo finemente accordato" o "fine-tuning" "regolazione fine", secondo la quale le condizioni che permettono la vita nell'universo nel modello standard della cosmologia, cioè il modello del cosiddetto "Big Bang", possono avvenire solo quando alcune costanti fisiche fondamentali universali si trovano all'interno di uno spettro molto ristretto, in modo tale che se una di queste fosse solo leggermente diversa, l'universo stesso non avrebbe le condizioni favorevoli alla creazione e allo sviluppo della materia. Ovviamente non si tratta di una prova scientifica sperimentale dell'esistenza di Dio, ma tra gli atei il solo fatto che questa innegabile "regolazione fine" dell'universo potrebbe far ipotizzare l'esistenza di un disegno intelligente ha letteralmente seminato il panico.
Ad intervenire in soccorso dei poveri atei terrorizzati è apparso qualche giorno fa sul laicissimo Corriere della Sera un articolo scritto a quattro mani dal fisico Carlo Rovella e dal teologo Giuseppe Tanzella-Nitti. Il fisico, notoriamente ateo, supportato dal teologo, ha spiegato che si tratta di un pura sciocchezza poter pretendere di provare scientificamente l'esistenza di Dio. Non che l'ipotesi del "fine-tuning" non sia scientificamente sostenibile, ma perché senza alcun dubbio non riesce a giustificare l'esistenza di un "disegno intelligente", cioè di una mente razionale che avrebbe finemente regolato le costanti dell'universo affinché potesse svilupparsi la vita sul nostro pianeta. Per dimostrare tutto ciò Rovelli fa due esempi, nel primo ipotizza di aprire a caso un vocabolario e di leggere la prima parola che indica il dito: ad esempio "cerbiatto". Tutto ciò è stato possibile perché il dito è di una particolare dimensione, perchè si è sfogliato il vocabolario in un certo modo, ecc., ma, ci informa Rovelli, basta che una sola di tali caratteristiche varia che leggeremmo un'altra parola. Possiamo vedere un progetto intelligente in tutto questo? Nel secondo esempio vengono tirati in ballo il nonno paterno e la nonna paterna di un certo Carlo, se la nonna ragazzina avesse posato lo sguardo su un altro bel giovanotto ora Carlo non esisterebbe. Rovelli torna a chiedersi se questi fatti implicano che debba esistere un disegno intelligente che ha fatto sì che nascesse Carlo invece che qualcun altro. Evidentemente no. Quindi dipende tutto dalla casualità, dal calcolo delle probabilità.
Dice il Qoelet: "Non c'è niente di nuovo sotto il sole", questa massima ben descrive, a mio avviso, questo inutile e fuorviante articolo di Rovelli. L'afflato ateistico profuso dal fisico si avverte lontano un miglio. Lo sanno tutti i cristiani che l'esistenza di Dio non può essere provata dalla scienza sperimentale, quella galileiana. Ne verrebbe meno il libero arbitrio dell'uomo che Dio rispetta e rispetterà fino all'ultimo. Lo si è detto e lo si ripeterà sempre. Ciò che il "fine-tuning" suggerisce è solo la ragionevolezza nel credere ad un disegno intelligente piuttosto che ad un evento avvenuto per caso. Che poi, questo Rovelli si guarda bene dal dire, non si tratta di un unico evento, ma di tanti quanti sono i valori assunti dalle costanti fisiche, tutte finemente regolate... a caso. Ma l'articolo di Rovelli è anche fuorviante, come dicevo all'inizio, perché toppa miseramente gli esempi che riporta: se l'attenzione della nonna di Carlo si fosse spostata su un altro bel giovanotto, si sarebbe generato un altro Carlo, che so? Un Giuseppe. Ma sempre una persona avremmo avuto. E lo stesso con la parola "cerbiatto", anche con una impercettibile variazione nello sfogliare il vocabolario, avremmo avuto un'altra parola, forse "cerbio" (nello Zingarelli è la prima parola dopo cerbiatto), ma comunque l'avremmo avuta. Se, invece, tentiamo di cambiare il valore di anche una sola costante fisica non abbiamo nulla. Non c'è prova scientifica di un universo alternativo. Proprio per questo i fisici atei si sforzano di immaginare tutta una serie di universi paralleli, il multiverso, ma si tratta di immaginazione, sono ipotesi non provate dalla scienza sperimentale, proprio quella galileiana, tanto cara agli atei. Non ha neppure senso parlare di calcolo delle probabilità, se pensiamo che basterebbe un'alterazione di 1 su 10 elevato alla 60 della costante gravitazionale, di 1 su 10 alla 120 della costante cosmologica, di 1 su 10 elevato alla 10 elevato alla 123 della distribuzione della massa e dell'energia dell'universo, ecc. per non avere la formazione della vita, non avremmo il tempo sufficiente, dal Big Bang ad oggi, per poter esperire tutti i tentativi necessari per avere casualmente tutti i valori giusti delle costanti.
I dati scientifici sperimentali dimostrano che solo questo universo che conosciamo esiste. Quindi perché non utilizzare il famoso rasoio di Occam? Perché immaginare fantasiosi universi paralleli, quando l'ipotesi di una mente intelligente spiega tutto più facilmente?
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