Come è noto lo "studioso" piemontese Mauro Biglino è uno dei più conosciuti esponenti italiani contemporanei della teoria pseudeoscientifica del "paleocontatto", quella bizzarra convinzione, non suffragata da alcuna prova scientifica, che la Terra sia stata visitata in passato da civiltà aliene e che queste avrebbero dato vita all'esistenza dell'umanità. Biglino è convinto che riferimenti precisi di tali fatti siano riportati su testi antichi, primo fra questi la Bibbia.
Ho analizzato molte delle argomentazioni di Biglino riguardanti la supposta presenza di alieni nella Bibbia, dimostrandone la completa inconsistenza, ma non ho ancora affrontato quella che è certamente considerata la "prova" principale, ossia la visione del profeta Ezechiele che troviamo nel primo capitolo dell'omonimo libro. Mi riferisco alla nota visione del "carro di Yhaveh", un mezzo dotato di ruote che discende dal cielo tra grande fragore. Per Biglino nessun dubbio, Ezechiele descrive una vera e propria astronave, con tanto di ali e ruote, in un frastuono di motori e turbìne. Nelle sue conferenze Biglino propone spesso la lettura di questa visione perché fa sempre effetto sul suo auditorio, composto di persone per lo più a digiuno di esegesi biblica, che rimane molto impressionato. Stessa impressione che ultimamente ha mostrato il noto personaggio mediatico Fedez nel suo podcast on line "Muschio selvaggio".
Nonostante la meraviglia suscitata, in realtà Biglino non dice niente di nuovo, non fa altro che riportare una vecchia teoria dei primi esponeneti della "paleoastronautica", come l'italiano Peter Kolosimo, lo statunitense Zacharia Sitchin o lo svizzero Von Daniken. In particolare quest'ultimo, nel suo libro "Carri degli dei?", scrive: “Qui il profeta dichiara di aver assistito ad una visita da parte di esseri celesti scesi dal cielo a bordo di una fantastica macchina volante E’ incredibile, Ezechiele, non solo descrive ciò che vede, ma anche ciò che sente”. Per Von Daniken il profeta descrive delle creature che viaggiavano su dispositivi lucenti con ruote, con un velivolo simile ad un trono che emetteva un rombo simile ad una cascata. Secondo lui, e naturalmente anche per Biglino, ciò dimostrerebbe che navi aliene sarebbero veramente esistite. Ma la cosa non si limita a questo, oltre a Von Daniken addirittura un ingeniere della NASA, un certo Josef F. Blumrich, si lascia convincere che il profeta Ezechiele avesse visto davvero delle astronavi aliene e in un suo libro tenta addirittura di ricostruire una nave spaziale seguendo le istruzioni molto dettagliate di Ezechiele (Josef F. Blumrich: "Le astronavi di Ezechiele" , Corgi Books, 1974).
Ma è davvero così? Ezechiele vide veramente delle astronavi aliene? Ovviamente no, si tratta di una semplice suggestione dovuta ad una ignoranza di fondo circa le regole dell'esegesi di un testo antico. Per renderci bene conto leggiamo un estratto del primo capitolo del libro di Ezechiele:
"Il cinque del quarto mese dell'anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine [...] Qui fu sopra di lui la mano del Signore. Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l'aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d'un vitello, splendenti come lucido bronzo. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l'una all'altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé".
La regola principale per poter capire il significato di un testo antico è innanazitutto tener conto del contesto. Ezechiele era uno dei sacerdoti del regno di Giuda al tempo del re Ioiachim nel VI secolo a.C. Nel 597 fu deportato a Babilonia e la sua attività profetica ebbe lo scopo di rincuorare i suoi fratelli nella prigionia. La missione a cui fu chiamato fu quella di riferire al popolo di Israele in esilio delle terribili calamità che si abbatteranno sulla Giudea, in particolare sui falsi profeti e sulle nazioni vicine fino a che, sotto il regno del Messia, Israele e Giuda saranno restaurate. Il libro di Ezechiele, quindi, propone la figura di Ezechiele come quella del sacerdote che diviene un profeta attraverso il quale Dio promette il Messia e la restaurazione di Israele. Tutto ciò si realizza attraverso un rapporto privato tra Dio ed Ezechiele che avviene per mezzo di visioni, infatti è solo Ezechiele che "vede" la magnificenza della presenza di Dio. Quindi non abbiamo una comparsa casuale della visione, come potrebbe essere quella di un testimone qualsiasi che all'improvviso si trova di fronte ad uno spettacolo eccezionale, ma la visione è una caratteristica letteraria propria del manifestarsi del divino che deve comunicare col profeta per trasmettergli un messaggio fondamentale. Von Daniken, e tutti i suoi epigoni, non tengono affatto conto di tale aspetto, si limitano al mero dato letterario, ma invece è proprio questa mancanza a rendere insostenibile la loro interpretazione.
Per Von Daniken e, quindi, anche per Biglino, nubi e turbini di fuoco diventano oggetti volanti, gambe e zoccoli diventano carrelli di atterraggio e le ali diventano complicati sistemi di atterraggio ad elica, ma si tratta di interpretazioni che risentono fortemente della petizione di principio secondo la quale ciò che vide Ezechiele deve per forza essere un'astronave aliena e che viene indicata con i termini del tempo, non sapendo spiegare altrimenti una tecnologia sconosciuta con la giusta terminologia scientifica. Ma a far cadere questa rappresentazione è il fatto che Von Daniken ha semplicemente interpretato in modo molto forzato una visione che utilizzava elementi dell’epoca che nulla hanno a che fare con un’astronave aliena o sistemi di propulsione futuristiche, le immagini utilizzate appartengono chiaramente ad un linguaggio costituito da figure di animali, ruote, gemme preziose, ecc. tipiche della iconografia mesopotamica. Ezechiele, ad esempio, parla solo di trono, ma senza alcuna forma, né di disco, né di altro. C'è da considerare, inoltre, che questo profeta dimostra una grande proprietà di linguaggio con un vocabolario piuttosto ampio, come si può vedere dalle complicate descrizioni che ricorrono in tutto il suo testo. La lingua ebraica possiede tranquillamente parole come "cerchio" o "disco" (מַעְגָּל, magal), "finestra" (חַלּוֹן, sfida) o "essere verde con grandi occhi” (להיות ירוק עם עיניים גדולות), quindi una descrizione senza tanti "paragoni" era perfettamente possibile, ma, semplicemente, Ezechiele non stava descrivendo un'astronave aliena.
In ambito accademico la "paleoastronautica" non ha alcun riconoscimento e nello studio dell'esegesi biblica e della lingua ebraica antica ancora di meno, però uno studioso accademico che si è preso la briga di smentire le fantasiose sciocchezze degli "ufologi biblici" è stato il Dott. Michael Heiser noto studioso di lingue semitiche ed ebraica. Egli ha articolato la sua critica in due punti:
1) "Il libro di Blumrich, come altri scritti dai teorici degli antichi astronauti, presenta la solita debolezza cioè la tendenza ad ignorare il vocabolario di Ezechiele. Per esempio, il trono sul quale siede Yahweh, non è mai descritto come una lastra rotonda o d’argento, non si parla mai di sagome a forma di disco, si tratta di un particolare che deve essere aggiunto artificiosamente nel testo ed è quello che fanno questi autori oppure modernizzano le descrizioni che sono presenti";
2) "tutti gli elementi della visione di Ezechiele riferiti a esseri o oggetti possano essere contabilizzati nell'iconografia del mondo antico del Vicino Oriente. Ezechiele stava prendendo in prestito immagini divine familiari ai Babilonesi (e che gli ebrei in esilio avrebbero senza dubbio visto) per "informare" il suo pubblico che il Dio di Israele era il vero Dio ed era ancora attivo (cioè, LUI, YHWH, era ancora sul trono sui cherubini , non qualche dio babilonese, nonostante le circostanze di Israele). Usare immagini e letterature dell'antico Vicino Oriente per scopi teologicamente polemici era una pratica comune per gli scrittori biblici (cfr. l'epopea di Baal e il confronto tra Elia e i profeti di Baal)".
(https://www.sitchiniswrong.com/ezekielnotes.htm).
A tal riguardo la coincidenza delle immagini presenti nella visione di Ezechiele con l'iconografia tipica mesopotamica può essere approfondita nel libro del grande storico delle religioni, Othmar Keel, "Visions of Yahweh and Seal Art: Una nuova interpretazione delle maestose rappresentazioni in Isaia 6, Ezechiele 1 e 10 e Zaccaria 4", Verlag Katholisches Bibelwerk, Stoccarda, 1984-85.
Ma a togliere definitivamente ogni dubbio è il fatto che il libro di Ezechiele dice chiaramente che il profeta ha avuto delle visioni, cioè delle sensazioni mistiche, un'esperienza soprannaturale, niente di reale, sensibile. In Ez 1,3 si legge che “la mano del Signore fu sopra di lui”. La Bibbia di Gerusalemme, che Biglino usa spesso a sproposito per confermare le sue tesi, a proposito della mano del Signore che era sopra Ezechiele commenta: “Espressione frequente in Ezechiele per indicare l’estasi". Infatti questa forma di espressione la troviamo proprio all'inizio di ogni visione di Ezechiele (Ez 3,22; 8,1; 33,22; 40,1). Ovviamente Biglino sa bene tutto questo, quindi si affretta a precisare, come fa anche nel podcast di Fedez, che il termine ebraico usato per "visione" ha il significato di "vedere" in modo materiale. Ma in realtà non è così, il termine che ritroviamo per "visioni" nel libro di Ezechiele è "מַרְאָה"(mar'ah) che non è lo stesso usato per "vedere" cioè "רָאָה" (raah). Questo termine indica, come leggiamo nel prestigioso vocabolario di ebraico biblico on line Brown-Driver-Briggs, la facoltà visionaria propria dei Profeti: "מַרְאָה noun feminine vision, as means of revelation"
Nel libro di Ezechiele il profeta utilizza sempre questo termine per descrivere le sue esperienze soprannaturali: "I cieli si aprirono ed ebbi visioni divine" (Ez 1, 1), "Uno spirito mi sollevò fra terra e cielo e in visioni divine mi portò a Gerusalemme" (Ez 8, 3), ecc.
Ma anche senza conoscere l'ebraico da una semplice lettura si capisce bene la natura delle visioni di Ezechiele, infatti possiamo leggere: "Così dice il Signore Dio: Guai ai profeti stolti, che seguono il loro spirito senza avere avuto visioni" (Ez 13, 3), "La mia mano sarà sopra i profeti dalle false visioni" (Ez 13, 3), Ma anche in altre parti della Bibbia il termine "mar'ah" indica le visioni profetiche, come ad esempio, nel libro dei Numeri: "Oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione (maḥăzêh) dell'Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi" (Num 24, 16).
Perché Biglino leggendo alla lettera non dice chiaramente che si tratta di visioni soprannaturali, ma lascia credere che si tratti di realtà? E' palese che si possano dare solo due risposte a questa domanda, o Biglino è talmente ignorante da non saper usare un dizionario, oppure è in totale malafede e mententendo cerca di turlopinare i suoi seguaci al puro scopo di ottenere un guadagno economico. Purtroppo sappiamo che Biglino sa usare molto bene i dizionari di ebraico e questo fatto ci restituisce un quadro non molto edificante dell'imbonitore torinese.
BIBLIOGRAFIA
Othmar Keel, "Visions of Yahweh and Seal Art: Una nuova interpretazione delle maestose rappresentazioni in Isaia 6, Ezechiele 1 e 10 e Zaccaria 4", Verlag Katholisches Bibelwerk, Stoccarda, 1984-85;
https://www.sitchiniswrong.com/ezekielnotes.htm
https://biblehub.com/bdb/4759.htm
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