Lo studioso torinese Mauro Biglino raccoglie un cospicuo consenso da parte di un nutrito gruppo di entusiastici fans perché presenta loro, attraverso pubblicazioni librarie e conferenze, le presunte prove di un planetario complotto che le religioni avrebbero ordito contro l’umanità. La sensazionale scoperta di Biglino sarebbe quella che la Bibbia, sia il vecchio che il nuovo Testamento, sarebbe stata manipolata e subdolamente interpretata, per far in modo che si credesse che parlasse di Dio, mentre invece non farebbe altro che riferirsi a dei non meglio identificati alieni, gli “elohim”, che avrebbero visitato il nostro pianeta in un lontanissimo passato. Per poter affermare con tanta sicurezza una tesi del genere, Biglino ripudia le comuni e riconosciute traduzioni del testo ebraico, ritenute tutte false, per proporne di nuove che a suo dire sarebbero quelle giuste.
Ovviamente questa pretesa è del tutto assurda, infatti Biglino non è un linguista e nemmeno un filologo, non ha alcun titolo riconosciuto come traduttore dall’ebraico biblico, le sue fantasiose traduzioni non poggiano su alcuna solida base scientifica, sono solo il frutto di congetture del tutto personali. Sfruttando la grande polisemia della lingua ebraica, Biglino “sceglie” nel campo semantico di ogni parola il significato più confacente per le sue tesi, ignorando bellamente tradizioni, contesti e dizionari. A mettere in crisi questo modo di fare, quindi, sono le versioni, cioè le traduzioni, del testo ebraico che, essendo più precise, eliminano ogni ambiguità. Prima fra tutte è certamente la traduzione in greco del testo ebraico della Bibbia, cioè la “Septuaginta”, un testo conosciuto anche come la “Versione dei Settanta” od anche semplicemente indicato come ”LXX”, composto tra il III secolo ed il II secolo a.C. Tale versione risolve tutte le questioni di traduzione sollevate ad arte da Biglino, infatti la “Septuaginta” traduce tranquillamente i vari termini ebraici che riguardano Dio così come li troviamo in ogni edizione odierna della Bibbia. Così abbiamo “eternità” per “olam”, “vergine” per “almah”, “onnipotente” per “el shaddai”, “gloria” per “kavòd”, e così via. Ma specialmente, nella Septuaginta, troviamo sempre il termine “Dio” (θεός) per tradurre la parola ebraica “elohim”.
Questo testo in greco, antichissimo, distrugge tutto il castello in aria di Biglino, ed è per questo motivo che lo studioso torinese, nelle sue conferenze, si scaglia furioso contro di esso cercando di screditarlo: “Sapete cosa pensano gli ebrei della Settanta? Che è una disgrazia dell’umanità!” ed ancora: “La traduzione greca della Bibbia è per eccellenza l’emblema della manipolazione ideologico-teologica fatta a tavolino per conquistare il potere”. Parole senza alcun senso, frutto di una disperata lotta di Biglino contro un’evidenza in grado di distruggere tutte le sue fantasie. Vediamo il perché.
Biglino rifiuta l’autorità della Septuaginta perché gli ebrei la considerano “una disgrazia dell’umanità”. Ciò che, però, lo studioso torinese si guarda bene dal dire ai suoi ascoltatori, è che questo impietoso giudizio è formulato da rabbini ebrei da lui consultati. Ma nei tempi antichi non tutti gli ebrei erano di questo avviso, specialmente nel I secolo d.C. la Septuaginta era tenuta in grande considerazione, per loro era un testo molto importante. Ad esempio due personaggi molto importanti di cultura ebraica vissuti in quel periodo, come il filosofo Filone di Alessandria e lo storico Giuseppe Flavio, sostenevano che la Septuaginta fosse stata ispirata da Dio (Ernst Würthwein “The Text of the Old Testament “ trans. Errol F. Rhodes, Grand Rapids, Mich. Eerdmans, 1995). La Septuaginta è stata realizzata nell’ambiente culturale alessandrino, quando ormai gli ebrei erano tutti di lingua greca e non riuscivano più a capire l’ebraico, per risolvere un’esigenza culturale della comunità ebraica che desiderava possedere una letteratura antica al pari della comunità greca. La tradizione vuole che la Septuaginta sia stata realizzata, traducendo direttamente dall’ebraico ad Alessandria d’Egitto, da 70 saggi provenienti da ogni parte del mondo ebraico, tra il III e il II secolo a.C. (Karen H. Jobes, Moisés Silva Baker “Invitation to the Septuagint” - Academic, 2000). Le origini di tale traduzione sono riportate in una lettera del II secolo a.C. (lettera dello pseudo-aristea), dove viene narrato come i settanta traduttori avrebbero lavorato ognuno indipendentemente dall’altro e come sorprendentemente le settanta traduzioni fossero tutte uguali. Si tratta, ovviamente, di una leggenda, ma questa storia testimonia l'alta considerazione che questa versione godeva presso l'ebraismo antico. La Septuaginta era così importante che fu la base per le versioni dell'Antico Testamento nel vecchio linguaggio slavonico della Chiesa, in siriaco, in armeno, in georgiano e in lingua copta (Ernst Würthwein “The Text of the Old Testament “ trans. Errol F. Rhodes, Grand Rapids, Mich.: Eerdmans, 1995). Questa versione costituisce tuttora la versione liturgica dell'Antico Testamento per le Chiese ortodosse orientali di tradizione greca.
Ma c’è di più, un elemento di grande importanza per tutti i cristiani è il fatto che la Septuaginta viene citata spesso dal Nuovo Testamento e dai Padri Apostolici. Nel Nuovo Testamento ci sono circa 350 citazioni dall’Antico Testamento e circa 300 di queste provengono dalla versione greca della Septuaginta. La Chiesa cristiana primitiva utilizzò a lungo la Septuaginta, in quanto molti fedeli erano, ormai, di madrelingua greca, ed anche perché il greco era una lingua molto diffusa nell'Impero Romano. I Padri della Chiesa avevano un grande considerazione dell'opinione sostenuta da Filone di Alessandria che la Septuaginta fosse uno scritto miracoloso di origine inspirata. Tutto ciò deriva dal fatto che gli autori del Nuovo Testamento quando citano le scritture giudaiche dell'Antico Testamento o quando commentano Gesù che le cita, usano liberamente la Septuaginta, rendendo implicito che Gesù, i suoi Apostoli e i discepoli la consideravano affidabile (H. B. Swete, “An Introduction to the Old Testament in Greek”, revised by R.R. Ottley, 1914; reprint, Peabody, Mass.: Hendrickson, 1989). La Chiesa ortodossa orientale utilizza tutt'ora la Septuaginta come base per le traduzioni in lingua moderna e la Chiesa Ortodossa Greca la usa direttamente nella sua liturgia. Le Bibbie cattoliche usano traduzioni che si basano sul testo masoretico, ma utilizzano la Septuaginta per scegliere fra le possibili varianti quando il testo ebraico è ambiguo, corrotto o poco chiaro. La Septuaginta, quindi, era diffusa e molto considerata, non solo presso la comunità ebraica alessandrina, ma in tutto il Medio Oriente, fu scritta da ebrei per altri ebrei, senza nessuna volontà di favorire o giustificare il cristianesimo, che ancora non esisteva.
Per contrastare questa solare evidenza Biglino è costretto a ricorrere alla “teoria del complotto”, cioè all’ipotesi che la traduzione greca della Bibbia non sia altro che una manipolazione ideologico-teologica operata sotto l’influsso della filosofia ellenistica. Ovviamente Biglino non fornisce alcuna prova di quello che afferma, non dice chi avrebbe operato tale manipolazione, e quali sarebbero tali manomissioni, per lui la corruzione del testo greco sarebbe provata dal fatto che è molto diverso da quello masoretico. Convinzione del tutto erronea per diversi motivi: innanzitutto la Septuaginta è antichissima, molto di più della versione ebraica masoretica, i suoi più antichi manoscritti comprendono frammenti di Levitico e Deuteronomio, risalenti al II secolo a.C. (Rahlfs nn. 801, 819, e 957), e frammenti del I secolo a.C. di Genesi, Levitico, Numeri, Deuteronomio e Profeti Minori (Rahlfs nn. 802, 803, 805, 848, 942, e 943). Manoscritti relativamente completi della Septuaginta sono il Codex Vaticanus e il Codex Sinaiticus del IV secolo e il Codex Alexandrinus del V secolo. Niente a che vedere con il testo ebraico masoretico del quale la copia più antica risale solamente all’XI sec. d.C. (Codex Lenigradensis). La Septuaginta contiene memoria di antichissimi manoscritti che non sono confluiti nel testo masoretico, ma che sono stati ritrovati nella biblioteca di Qumran e che circolavano in Egitto al momento della traduzione della Septuaginta (Emanuel Tov, Textual Criticism of the Hebraic Bible, The Netherlands, Uitgeverij Van Gorcum, 2001). Se pensiamo al fatto che gli ultimi libri del Tanack ebraico, come Esdra, Neemia, 1-2 Cronache, sono stati composti tra il IV ed il III secolo a.C., e che la traduzione greca della Septuaginta risale al III secolo a.C., possiamo vedere che tra il testo greco e quello ebraico non c’è una grande differenza temporale, ma, anzi, sono quasi coevi. Tutto ciò testimonia una solida attendibilità della Septuaginta.
La tesi che la Septuaginta non sia altro che una versione ellenizzata e corrotta dell’Antico Testamento, in cui vi sarebbe stata inserita l’idea di un Dio onnipotente ed eterno che ha creato tutto dal niente, è completamente da rigettare. Con la scoperta dei rotoli di Qumran si è riscontrato che la Septuaginta è identica ad alcuni dei manoscritti in lingua ebraica ritrovati in quelle grotte. Ciò significa che le differenze tra la Septuaginta ed il testo masoretico non dipendono da manomissioni o correzioni ideologiche, come afferma Biglino, ma dal fatto che il testo ebraico utilizzato al tempo della traduzione greca della Septuaginta era diverso da quello masoretico.
Affermare, quindi, che la Septuaginta sia un testo inaffidabile è semplicemente assurdo. Questo è quello che dicono gli ebrei odierni, quelli che ha contattato Biglino, ma tutto ciò, come abbiamo visto, non corrisponde alla realtà dei fatti. La traduzione greca era ritenuta importante in tutta l’area mediorientale e non solo in Egitto. Tra i vangeli canonici, quello attribuito a Matteo, che per gli studiosi è stato composto in Galilea per un pubblico ebraico (Stanley P. Saunders, Eerdmans dictionary of the Bible, Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 2000, pp. 871-873), è pieno di riferimenti all’Antico Testamento presi direttamente dalla Septuaginta. Il fatto, poi, che tra i rotoli del Mar Morto sono stati rinvenuti diversi manoscritti della Septuaginta mostra come anche tra gli ultra-tradizionalisti esseni questa traduzione fosse tenuta in gran conto.
Ci sarebbe, allora da chiedersi: come mai gli ebrei hanno successivamente ripudiato la validità della Septuaginta? Il principale motivo è da ricercarsi nel fatto che la Septuaginta divenne da subito la Bibbia delle nascenti comunità cristiane e questo loro uso accrebbe sempre più il disappunto giudaico. A testimoniare tale distacco dalla versione originaria della Septuaginta sono le revisioni successive, note coi nomi di Aquila, Simmaco e Teodozione, che hanno rimaneggiato la Septuaginta cercando di togliere gli elementi scomodi per la visione giudaica. Ad esempio il vescovo di Lione, Ireneo, nel II secolo affermava: «Dio in verità si è fatto uomo, e il Signore stesso ci ha salvati, dando il segno della vergine, ma non come dicono alcuni, che ora osano tradurre la Scrittura: "Ecco, una giovane donna concepirà e partorirà un figlio" come hanno fatto Teodozione di Efeso e Aquila del Ponto, entrambi proseliti ebrei; seguendo la loro interpretazione gli Ebioniti dicono che Lui è stato generato da Giuseppe» (Citazione di Eusebio di Cesarea in “Historia Ecclesiastica", V cap. 8, Documenta Catholica Omnia”).
Con la Septuaginta, e tutte le sue successive versioni giudaizzanti, siamo di fronte ad una tradizione testuale antichissima che da sola è in grado di sbaragliare tutte le pretestuose polemiche di Biglino su immaginarie false traduzioni. Basta pensare che in tutte queste traduzioni il termine ebraico “elohim” è sempre tradotto con “Dio”. Già solo questo fatto rende Biglino un fenomeno da baraccone.
Bibliografia
J. Gwynn, Theodotion, otherwise Theodotus, in Wace Henry; William Coleman Piercy (a cura di) "A Dictionary of Christian Biography and Literature to the End of the Sixth Century A.D., with an Account of the Principal Sects and Heresies" Londra, J. Murray, 1911;
G. Driver "Introduction to the Old Testament of the New English Bible" 1970;
H. B. Swete, “An Introduction to the Old Testament in Greek”, revised by R.R. Ottley, 1914; reprint, Peabody, Mass.: Hendrickson, 1989;
E. Würthwein “The Text of the Old Testament“ trans. Errol F. Rhodes, Grand Rapids, Mich.: Eerdmans, 1995;
Karen H. Jobes, Moisés Silva Baker “Invitation to the Septuagint” - Academic, 2000;
S. P. Saunders "Eerdmans dictionary of the Bible", Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 2000;
E. Tov, "Textual Criticism of the Hebraic Bible", The Netherlands, Uitgeverij Van Gorcum, 2001;