In Italia, in questi giorni, sta imperversando il discorso sui temi riguardanti il fine vita, l’eutanasia e la sua regolamentazione. Il tutto è dovuto alla tristissima vicenda di Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, rimasto tetraplegico in seguito ad un grave incidente, che, recatosi in Svizzera, ha posto fine alla sua vita con una eutanasia assistita, pratica che in quel paese è legale. L’opinione pubblica laica, favorevole all’eutanasia, è così tornata all’attacco per sollecitare una legge che introduca nel nostro ordinamento la possibilità di poter disporre della propria vita fino alle estreme conseguenze. Si tratterebbe di una decisione di gran rilievo, in quanto verrebbero sconfessati nuovamente (la prima legge a farlo è stata quella sull’interruzione volontaria della gravidanza) i principi di inviolabilità della vita umana su cui si basa la nostra Carta Costituzionale.
Tra i tanti pareri espressi e le opinioni più diffuse dal mondo laico a favore di una tale legge ho voluto confrontarmi con il pensiero di una persona di grandissima cultura, il noto magistrato Carlo Nordio che dalle pagine del quotidiano romano “Il messaggero” ha voluto denunciare il “groviglio ideologico” che, a suo parere, bloccherebbe le leggi sull’eutanasia. Secondo Nordio la questione si concentrerebbe su tre temi: quello etico, quello giuridico e quello economico.
Dal punto di vista etico Nordio, nel suo articolo, afferma che è la Chiesa a definire la vita umana un bene indisponibile in quanto dono di Dio. Il magistrato però obietta che chi riceve un dono può farne ciò che vuole, altrimenti non si tratterebbe più di un regalo, ma al massimo di un prestito. Obiezione, a mio parere, alquanto debole. Con la vita umana non stiamo parlando di un semplice dono, di una scatola di cioccolatini o un dopobarba, che se non piace si butta, ma per i cristiani si tratta di un dono di Dio, un bene prezioso a cui bisogna riservare una particolare considerazione. E’ come un prezioso tesoro, tipo il Colosseo di Roma, un’eredità del passato, un dono per la città. Il Comune non può certo venderlo ad acquirenti facoltosi o abbatterlo per costruirci un centro commerciale, scatenerebbe una protesta generale. Per Nordio, invece, l’etica laica ha sempre accettato l’idea del suicidio considerandola lecita e per provarlo cita tutta una serie di suicidi fin dall’epoca degli antichi greci. Dimentica, però, il magistrato che qualsiasi ordinamento giuridico, compreso quello degli antichi, ha sempre limitato, ed anche ritenuto illecita, tale pratica. Non si deve confondere la norma etica con i comportamenti messi in atto.
Dal punto di vista giuridico Nordio pensa che il nostro codice penale punisca il suicidio assistito perché in contrasto con l’ideologia fascista che riteneva il cittadino “un suddito sottomesso alle funzioni dello Stato”. E tale impostazione, sempre secondo Nordio, avrebbe costituito quel dato comune con il comunismo ed il cattolicesimo che ha permesso l’esistenza di un codice penale che ancora condanni l’eutanasia dopo settant’anni di Repubblica. A mio parere, invece, fascismo, comunismo e cattolicesimo non c’entrano niente, ma credo che tanta parte di tale impostazione ci derivi dalle nostre comuni radici cristiane. Proprio quelle che il laicismo di affanna a negare e che, invece, permeano tutta la nostra visione sociale della vita. Se consideriamo un orrore la pena di morte, se la pena inflitta è sempre volta alla riabilitazione del reo, se siamo così sensibili alle politiche sociali di aiuto dei meno abbienti, tutto ciò è dovuto al fatto che la nostra società si è formata e coagulata attorno ad una impostazione cristiana della realtà, dove l’uomo è al centro di tutto e la sua vita considerata come un qualcosa di sacro che va difeso e protetto.
Infine, Nordio tratta la questione anche da un punto di vista economico ritenendo uno scandalo che il povero Fabiano Antoniani si sia dovuto pagare le spese per andare a morire. Penso che con questo il magistrato abbia voluto auspicare che l’eventuale eutanasia divenuta legale debba essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Ma questo implicherebbe una legge che rendesse lecito il ricorso all’eutanasia e che, quindi, considerasse come un diritto la scelta di voler morire. Tutto ciò non esiste, almeno per ora, in Italia, quindi mi sembra quantomeno prematuro scandalizzarsi. Ciò che a mio modo di vedere sarebbe veramente scandalizzante é una legge che riconosca un diritto a morire. Come può essere concepito un diritto del genere? La nostra Costituzione contempla un diritto alla vita, non alla morte.
Fragili, ingenue e tragiche al tempo stesso. Così mi sono sembrate le argomentazioni di una delle menti più illuminate a favore dell’eutanasia. La carenza più vistosa mi è sembrata l’assoluta incapacità di considerare la vita umana per come viene definita dalla nostra Costituzione, cioè un valore fondamentale. Se la vita umana è tale come può essere relativizzata da una opinione personale? Se la vita ha valore solo se ne vale la pena di essere vissuta, la vita stessa perde di valore e viene meno un cardine fondamentale della nostra Carta Costituzionale. Non può esistere un diritto a morire, perché sarebbe un falso diritto in quanto distruggerebbe ogni altro diritto. Ogni uomo ha diritto ad essere amato, non abbandonato alla sua disperazione. E’ per quella che si arriva a desiderare la morte. Nel triste caso di Fabiano Antoniani lo scandalo non è stato quello di aver dovuto cercare la morte in Svizzera, ma di non aver trovato quell’amore che gli avrebbe impedito di considerare la vita un peso.