Uno dei periodi più oscuri della vita della Chiesa è senza dubbio quello indicato da molti storici col termine di “Secoli bui”, ossia il periodo iniziale del Medioevo, l'Alto medioevo, che orientativamente va dalla caduta dell’impero romano fino all’anno 1000 dopo Cristo. In particolare un secolo, il decimo del primo millennio, è considerato da molti storici come il “secolo oscuro della Chiesa” per antonomasia. In soli 50 anni ben 45 papi ed antipapi guidarono la Chiesa e il mondo cattolico, la maggior parte per pochi anni e qualcuno solo per qualche mese o settimana. In quel periodo vi furono ben sei scismi, 15 papi vennero deposti, 14 morirono in carcere, in esilio o assassinati. Imperversavano la “simonia”, cioè la compra-vendita di beni ecclesiastici, di cose sacre, ed il “nicolaismo”, cioè la vita sregolata degli ecclesiastici. La storiografia laicista ha sempre sottolineato l’estrema decadenza del papato di quel periodo arrivando a parlare di “governo di femmine e prostitute”, di una vera e propria “pornocrazia romana”, termine molto forte coniato in Francia.
In effetti in quegli anni l’intromissione di potenti famiglie laiche romane e del circondario, con alcune figure femminili dispotiche, ma anche dell’autorità imperiale, provocarono alla Chiesa danni incalcolabili. Sono tristemente note le figure di Teodora e, specialmente, della figlia Marozia, la quale detenne per diversi anni il potere di influire sulla nomina del papa, fu amante di papa Sergio III e fece assassinare papa Giovanni X che aveva cercato di sottrarsi al suo dominio. Questa donna contribuì alla nascita della sconcertante leggenda della “papessa Giovanna” che fingendosi uomo sarebbe stata eletta papa per poi partorire un figlio avuto da un amante durante una processione. Una leggenda senza alcun fondamento storico, ma che ben illustra il livello di reputazione a cui era scaduto il soglio pontificio. In quel periodo il potere dei laici era divenuto assoluto, il papato fu in balìa dei duchi di Spoleto che imposero l’assurdità del concilio del cadavere, della potente famiglia dei Crescenzi che imposero ben tre papi, dell’imperatore Ottone I che pretese dal papa di essere consacrato imperatore, della famiglia dei conti di Tuscolo che imposero altri tre papi con l’ultimo dei quali, Benedetto IX, eletto ad una età scandalosamente giovane, tra i dodici e i vent’anni, che arrivò a vendersi la successione pontificia al proprio padrino (che divenne Gregorio VI) cercando poi di sposarsi!
Nonostante queste vicende facciano molta impressione, non bisogna cadere nella facile tentazione di condannare la Chiesa bollandola di immoralità ed indegnità, come fanno i laicisti. Occorre, infatti, considerare che già dal VIII secolo la Chiesa si trova sotto il continuo controllo del potere civile. Appena dopo la caduta dell’impero romano, nel corso dell’Alto Medioevo la Chiesa si trova ad essere al centro di un patrimonio molto esteso (costruzioni, terreni) il cui reddito, a norma del diritto canonico, è destinato a mantenimento del clero e all’assistenza dei poveri. Dal IX secolo questo patrimonio non è più solo appannaggio della Chiesa, ma anche, e soprattutto, del potere laico che esercita un diritto di proprietà a motivo della protezione che assicura alla Chiesa. Tale diritto di protezione appartiene dapprima solo al sovrano, ma poi, con la decadenza del potere regale, viene trasferita ai feudatari del regno. Gradatamente avviene, così, che il signore feudale viene a disporre del beneficio ecclesiastico come cosa propria, sceglie egli stesso la persona che gli conviene e gli affida il beneficio ecclesiastico attraverso una cerimonia di investitura, consegnandogli le chiavi, se è un parroco, o il bastone pastorale, se è un vescovo. Una procedura profondamente equivoca perché in tal modo l’ordine spirituale diveniva subalterno all’ordine temporale, con addirittura il beneficiato, appartenente al clero, che doveva prestare giuramento al proprio signore, anche se laico.
Tutto ciò portò progressivamente agli eccessi del X secolo, ad un papato completamente succube del potere politico e completamente avulso dalla sua missione. Da una situazione del genere, completamente deteriorata, la Chiesa seppe rialzarsi. A diverse riprese, in occasione di Concili, i papi, a cominciare dalla fine del X secolo e agli inizi dell’XI, come Benedetto VII e Silvestro II, cominciarono a manifestare riprovazione per gli abusi del potere laico e tentarono delle riforme. Ma fu solo con papa Leone IX, dal 1049, che iniziò una vera e propria riforma generale della Chiesa che portò papa Niccolò II, dieci anni dopo, a condannare per la prima volta il principio stesso dell’investitura ricevuta dai laici. Con i decreti emanati nel 1059 Niccolò II riserva l’elezione del papa ai soli cardinali e proibiscono l’investitura dei benefici ecclesiastici da parte dei laici. Successivamente, in seguito alla logica reazione del potere laico, nel 1075 ha inizio la lotta per le investiture tra il papa Gregorio VII e l’imperatore e i suoi successori. Gregorio VII seguì con maggiore severità la linea tracciata dai predecessori convinto della necessità di eliminare l’investitura laicale. Tutto ciò condusse al conflitto con l’imperatore Enrico IV che con alterne vicende portò il papa in esilio a Salerno dove morì, mentre a Roma dominava l’antipapa Clemente fedele all’imperatore. Tutto ciò può sembrare una sconfitta, ma in realtà si trattò di una grande vittoria morale che diede la spinta decisiva alle idee riformatrici in Occidente.
Così la pratica dell’investitura laicale decadde progressivamente fino ad arrivare ad una soluzione giuridica con il concordato di Worms nel 1122, tra l’Imperatore Enrico V e papa Callisto II, che fece distinzione tra l’ufficio spirituale e il beneficio temporale. L’autorità ecclesiastica si riservò il conferimento del primo, dando ai prelati l’investitura per mezzo dell’anello e del pastorale. L’imperatore, che poteva presenziare al momento dell’elezione, interveniva poi per conferire nell’ecclesiastico l’investitura riguardante i benefici materiali.
Ma come è necessario evitare l’intromissione dei laici nella scelta degli ecclesiastici, è altrettanto necessario sottrarre al potere civile ogni ragione di intervento e ciò è possibile solo attraverso la nomina alle cariche ecclesiastiche di persone veramente degne ed irreprensibili. Per questo nel 1074 Gregorio VII iniziò la sua riforma emettendo , in un sinodo riunito a Roma, specifici decreti contro la simonia e il nicolaismo proprio per contrastare il rilassamento dei costumi e della disciplina ecclesiale. E’ in questo periodo che il celibato, già consigliato da molto tempo ai candidati al sacerdozio, finì per diventare una regola generale. Rinunciando al matrimonio e perciò alla possibilità di una trasmissione degli uffici e dei benefici, il clero cattolico in pratica rifiutò di integrarsi nell’ordine feudale e poté più facilmente mantenere in mezzo al mondo una testimonianza stimolante alla santità.
Le pesanti critiche di indegnità e totale inadeguatezza provenienti da certa storiografia laicista lasciano il tempo che trovano, la Chiesa assoggettata al potere laicale finisce inevitabilmente per tradire il suo mandato e perdere di vista la missione affidatagli da Cristo. Ma la storia insegna che se viene liberata da tale potere la Chiesa diviene capace di recuperare il suo ruolo santificatore della società, un ruolo che comprende anche l’insegnamento della Parola di Dio. Per tali motivi ha diritto ai mezzi materiali che gli permettano di esercitare la propria attività in piena indipendenza. Ciò non impedisce, però, che l’ecclesiastico resti un cittadino di uno Stato temporale, a cui, come persona privata, deve prestare la giusta ubbidienza.
Bibliografia
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