Grazie alla segnalazione di Trinity, una frequentatrice del blog “Croce-Via” in cui intervengo anch’io, sono venuto a conoscenza di una curiosa iniziativa da parte di un certo “Romero Institute”, una non meglio identificata associazione autodefinitasi “Cristicola” (?). L’iniziativa sarebbe quella di proporre una petizione on line per convincere il Papa, ossia il vescovo di Roma, Francesco, a misconoscere una fantomatica “dottrina cattolica della scoperta” che sarebbe stata legittimata da alcune bolle papali del XV secolo. Reperibile su You tube c’è addirittura un video che sciorina tutta una serie di accuse contro la Chiesa cattolica colpevole di aver causato lo sterminio dei nativi americani del Nord America ed ad aver dato ai vari governi Statunitensi, con questa “dottrina della scoperta”, la legittimazione morale delle loro azioni di conquista e saccheggio. Onestamente di questa “dottrina della scoperta” non ne avevo mai sentito parlare ed indagando più a fondo ho scoperto che all’indomani dell’elezione del nuovo papa, Francesco, la Nazione Onondaga, una delle cinque nazioni indiane del ceppo irochese, originaria dello Stato di New York, gli avrebbe addirittura rivolto un appello affinché fosse revocata questa famigerata “dottrina della scoperta”. Ma cos’è questa dottrina?
Secondo il parere di questo “Romero Institute” e dell’“Indian Country Today Media Network.com” questa dottrina che affermerebbe il diritto dei conquistatori cristiani di sottomettere, schiavizzare e depredare le terre e le popolazioni pagane, sarebbe stata concepita da papa Nicola V nel XV secolo ed esposta in due bolle pontificie, la "Dum Diversas" del 1452 e la "Romanus Pontifex" del 1454. Successivamente anche papa Callisto III avrebbe ribadito gli stessi principi nella bolla “"Inter Caetera" nel 1456. Ma c’è di più, questa “dottrina della scoperta” sarebbe stata anche la base giuridica per far affermare alla Corte Suprema degli Stati Uniti, nel 1823, la superiorità dei diritti dei cristiani, degli ebrei e dei musulmani rispetto a quelli dei pagani, cioè gli indigeni americani. Tutto ciò avrebbe legalmente giustificato il colonialismo e da cui ancora derivano le attuali legislazioni che riguardano le popolazioni indigene.
Seppure appare una teoria incredibile, per molta parte della storiografia laicista lo sterminio degli indiani d’America, le fiere nazioni indigene native delle pianure del Nord America, sarebbe stato causato da papa Niccolò V e dalla sua “dottrina della scoperta”. Prima gli inglesi, e successivamente gli statunitensi, hanno potuto conquistare l’America del Nord e ridurre in schiavitù i suoi originari abitanti perché autorizzati dal papa. La crudeltà del famoso generale Custer, le stragi di Sand Creek o di Wounded knee, tutto da addebitare alla responsabilità del Vaticano.
Non c’è limite alla follia laicista, se è rivolta verso la Chiesa Cattolica, ogni accusa, anche la più assurda ed improbabile viene tranquillamente propugnata e diffusa come se niente fosse.
Le bolle del XV secolo dei papa Niccolò V e Callisto III non presuppongono, né teorizzano alcuna “dottrina della scoperta”, ma devono essere analizzate contestualizzandole nel preciso momento storico in cui furono emanate. Innanzitutto in quegli anni, dal 1452 al 1456, nessuno ancora sapeva dell’esistenza del continente americano e in quelle bolle non si parla minimamente di nuove scoperte, ma vi viene conferita al re del Portogallo, Alfonso V, l'autorizzazione a conquistare e soggiogare le coste atlantiche dell'Africa Nord Occidentale, a quel tempo già ampiamente conosciute. Quindi non hanno nessun legame con l'espansione dei paesi europei in Nord America.
Per capire i motivi di questi pronunciamenti pontifici è necessario, come al solito, contestualizzare i documenti e non sparare sentenze come fanno i laicisti. Il XV secolo era profondamente dominato dalla paura dell'irrefrenabile espansione della marea ottomana che nel 1453 espugnò persino Costantinopoli, in un'orrenda strage, ponendo fine al millenario impero bizantino ed abbattendo il culto cristiano nella famosa basilica di Santa Sofia che fu trasformata in una moschea. Tutto ciò provocò una fortissima impressione e sgomento in tutta la cristianità al punto che quando le armate ottomane si misero in marcia verso nord nel cuore dell'Europa, dove arrivarono fino a Vienna, e ad occidente lungo la costa africana del mediterraneo, arrivando fino ai confini del Marocco, sorse un allarme generale tra tutte le forze cristiane con il Papa come aggregante elemento centrale. Le bolle di Niccolò V e Callisto III devono essere inquadrate nell'ottica della difesa della cristianità, e questo anche nei territori africani. Certamente questi papi esagerarono nell'incoraggiare e ritenere necessaria la riduzione in schiavitù di chi non fosse cristiano, ma si trattò di un'enormità che restò un caso isolato. E’ assurdo ipotizzare l’ufficializzazione di una “dottrina” allo sfruttamento ed alla schiavitù, già precedentemente Papa Eugenio IV, con una bolla del 1434, la "Sicut Dudum", aveva preso le difese dei nativi delle isole Canarie, da poco scoperte dagli iberici, imponendo loro la liberazione degli schiavi pena la scomunica entro 15 giorni dalla conoscenza della lettera. Successivamente la Chiesa ha ribadito la condanna della schiavitù e propugnato l'abolizionismo in numerosi documenti papali nel 1434, 1462, 1537, 1591, 1639, 1741, 1839, 1888, 1890 e 1912. In particolare di quegli anni la lettera di Pio II, Rubicensem, del 1492, in cui il Papa ricorda al vescovo della Guinea portoghese che la schiavitù dei neri è un “magnum scelus”, cioè un grande crimine, oppure ancora la bolla “Sublimis deus” di papa Paolo III, del 1537, in cui viene affermato che non è lecito a nessuno privare della libertà e delle proprietà gli indiani e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione. Le parole del papa sono chiare ed inequivocabili, per chi riduce in schiavitù e depreda c’è la scomunica:
“Prestando attenzione a che gli stessi Indiani, anche se sono al di fuori del grembo della Chiesa, non siano stati privati o non stiano per essere privati della loro libertà o del dominio sulle loro cose, poiché sono uomini e per questo capaci di fede e di salvezza, o a che non stiano per essere ridotti in schiavitù, [...] desiderando reprimere tanto infami misfatti di empi di tal fatta, [...] diamo mandato [...] affinché [...] sotto pena di scomunica come da sentenza pronunciata [...], con più grande severità tu impedisca che in nessun modo presumano di ridurre in qualsiasi modo in schiavitù gli Indiani di cui sopra, o di spogliarli dei loro beni”
Ma la pseudostoriografia anticattolica non si arrende e molto spesso viene citata una bolla di papa Alessandro VI Borgia, la “Inter Caetere” del 1493, che avrebbe autorizzato la conquista e lo sfruttamento degli indigeni anche nel nuovo mondo. Niente di più falso, quella bolla non fece altro che organizzare l’espansione della Spagna e del Portogallo, ma non si trattò di un riconoscimento di autorità, venne concessa a quei regni la responsabilità di portare il messaggio di Cristo in territori che il papa di allora, secondo la mentalità dell’epoca, riteneva comunque essere dei feudi della Chiesa. Disposizioni che, tra l’altro, vennero superate dal trattato di Tordesillas del 1494 tra Spagna e Portogallo con il quale, senza alcuna autorizzazione della Chiesa, le due potenze si spartirono le rispettive sfere d’influenza. La prova che la Chiesa premesse affinché fosse primariamente portato rispetto per gli indigeni e per le loro proprietà è riscontrabile dal comportamento dei regnanti spagnoli. Ad esempio nel 1501 la regina Isabella detta una Istruzione al governatore delle Indie, Nicolas de Ovando, affinché sia rispettati i diritti degli indigeni dai soprusi spagnoli e che l’evangelizzazione di quei popoli sia condotta senza alcuna costrizione (J. Dumont “La regina diffamata” Sei, Torino 1992, p. 125), oppure l’incriminazione per tortura e strage che dovette affrontare il governatore di Cartagena in Colombia, Pedro de Heredia, da parte dell’imperatore di Spagna Carlo V. I vescovi dell’America spagnola si appellavano continuamente alle corti spagnoli per denunciare i casi di schiavitù fino ad ottenere, nel 1542, nuove leggi che la proibivano, tra cui il Còdigo Negro Espagnol che mitigava le condizioni degli schiavi negri africani importati in America. Tutto ciò provocava continui conflitti tra le autorità religiose e civili (R. Stark “La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza” Ed. Lindau Torino 2006, pgg. 299-230).
Niente di tutto ciò accadde nel Nord America dove la Chiesa Cattolica non esercitò alcun tipo d’influenza. Nel 1497 il re d’Inghilterra, Enrico VII, autonomamente e senza alcuna autorizzazione del papa, incaricò il navigatore italiano Giovanni Caboto di condurre una spedizione esplorativa del territorio nord americano che raggiunse il Canada. Il successore Enrico VIII, come è noto, rompe ogni legame con la Chiesa di Roma e fonda una sua personale Chiesa. Sua figlia Elisabetta I, quale capo della Chiesa del padre, cioè la Chiesa d’Inghilterra, si assunse ogni prerogativa in merito al possesso delle terre d’oltreoceano e diede inizio alla colonizzazione inglese del continente nord americano. Dal 1607 fino al 1732 il dominio inglese fu rappresentato dalle Tredici Colonie, quando queste si ribellarono all’Inghilterra e fondarono gli Stati Uniti d’America. I nuovi padroni, infine, condussero la sistematica penetrazione nel continente nord americano colonizzandolo tutto fino alle coste del Pacifico. Mentre laddove Spagnoli, Francesi e Portoghesi fondarono le loro colonie l’elemento indigeno, grazie all’influenza cattolica, si è conservato, nelle terre del Nord America le nazioni indiane sono state letteralmente spazzate via e vi ha imperversato la schiavitù. In quelle terre invece della fantomatica “dottrina della scoperta” vigeva il cosiddetto “Codice delle Barbados” la legge britannica del 1661 che legittimava la schiavitù in tutte le sue colonie e che equiparava giuridicamente lo schiavo al capo di bestiame.
In conclusione penso di poter dire che questa iniziativa della petizione è una grossa "boutade", una sciocchezza inventata per gettare fango sulla Chiesa, una violenza alla storia e al buon senso, una patetica dimostrazione di becero anticattolicesimo. Siamo di fronte all’ennesima operazione di mistificazione della storia ad opera della storiografia laicista-illuminista e protestante che secondo il famoso storico francese Pierre Chaunu ha prodotto la leggenda dello sterminio degli indios da parte della Spagna cattolica per coprire l’orrenda vergogna del massacro americano dell’Ovest del XIX, l’inconfessabile crimine dell’America protestante.
Bibliografia
J. Dumont “La regina diffamata” Sei, Torino 1992;
Wood, Betty “The Origins of American Slavery: Freedom and Bondage in the English Colonies” New York: Hill and Wang, 1997;
R. Ivaldi “Storia del colonialismo”, Newton, Roma 1997;
R. Stark “La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza” Ed. Lindau Torino 2006.