sabato 26 marzo 2016

La banalizzazione laicista della vita umana.

Senza tanto clamore, a sorpresa, il 4 marzo scorso l'AIFA (l'agenzia italiana del farmaco), in seguito alla pubblicazione della sua determina in Gazzetta Ufficiale, ha dato inizio alla vendita della "pillola del giorno dopo", senza ricetta per le maggiorenni. Un provvedimento che ripete quanto avvenuto già da tempo con la cosidetta "pillola dei 5 giorni" anch'essa acquistabile senza ricetta medica. In pratica un potentissimo farmaco capace di provocare cambiamenti importanti in delicati processi fisiologici del corpo umano, viene venduto come se fosse una caramella per la tosse o un cerotto per il mal di schiena. 


Senza ricetta e, quindi, senza prescrizione medica, ovvero le acquirenti del farmaco sono lasciate in totale solitudine non venendo raggiunte da nessun tipo di prevenzione o consiglio. Il divieto dell'acquisto senza ricetta da parte delle minorenni è, infatti, risibile e facilmente aggirabile. Chiunque può far acquistare il farmaco per proprio conto da un parente o amico maggiorenne. 

Lo scopo di questo farmaco è quello di evitare una nascita non programmata e tutto ciò, senza una precisa e competente informazione che solo un medico può dare, può ingenerare la falsa convinzione che assumere il farmaco sia un modo come un altro per "prevenire" una gravidanza. In realtà si tratta di un vero e proprio bombardamento ormonale (una confezione può essere utilizzata più volte) che se non seguito da un medico, potrebbe causare seri problemi di salute. 

Inoltre c'è anche una questione morale di non poco conto, infatti questi farmaci possono avere anche un effetto abortivo. "È dimostrato che [questo farmaco] ha un effetto antiannidatorio e addirittura abortivo in fasi precocissime", spiega Filippo Maria Boscia, ginecologo e presidente dell’Associazione medici cattolici (Amci). La funzione dei medici non è solo quello di prescrivere farmaci, ma anche di supportare e consigliare il paziente, avvertendolo dei rischi connessi alla loro assunzione. E tutto ciò è ancor più in casi del genere dove è presente il grave rischio di una azione abortiva. Tutto ciò è anche in aperto contrasto con quanto stabilisce la legge 194 sull'interruzione di gravidanza che prevede un iter abortivo seguito e curato da medici e psicologi, mentre invece con questi farmaci la pratica abortiva rimane un fatto personale.

Purtroppo, sotto il falso slogan della liberta e del progresso, la deriva laicista calpesta ogni regola di buon senso, non tiene in alcun conto l'importanza di una seria educazione all'affettività ed al rispetto del valore di ogni vita umana. Si assiste ancora una volta all'atroce banalizzazione del concetto di aborto e, quindi, alla relativizzazione di un diritto fondamentale, quello alla vita.

venerdì 18 marzo 2016

Il processo ai templari e le fantasie massonico-illuministe

L’Ordine dei Cavalieri del Tempio, meglio conosciuti come Templari, furono un ordine religioso cavalleresco monastico cristiano medioevale che nacque in Terra Santa in seguito alle circostanze  determinate dalla prima crociata indetta nel 1096. Il moltiplicarsi dei pellegrinaggi da tutta Europa verso i luoghi santi appena liberati determinò la necessità di proteggere i pellegrini e rendere sicure le vie d’accesso alla Terra Santa. Per raggiungere questo scopo alcuni cavalieri decisero di associarsi e di prolungare il loro voto di crociati in una struttura di vita religiosa. Nel 1128 al sinodo di Troyes, in Francia, viene riconosciuto ufficialmente l’ordine cavalleresco del Tempio, con una regola ispirata da san Bernardo di Chiaravalle.    

Nel 1291 cade in mano dei musulmani la piazzaforte di San Giovanni d’Acri, l’ultimo baluardo cristiano in Terra Santa e scompaiono definitivamente gli Stati latini d’Oriente. Il compito dei Templari in Oriente si esaurì, ma rimase intatta la loro potenza finanziaria e fondiaria che era stata fino ad allora accumulata. Contro un Ordine così cospicuo mosse all’attacco il re di Francia Filippo IV, detto il Bello e così, nel 1307, in pochissimo tempo tutti i templari francesi vengono catturati. Anche il papa di allora, il francese Clemente V, organizzò un processo canonico all’Ordine ed arrivò, infine, ad emettere la bolla “Vox clamantis” che nel 1312 soppresse l’Ordine cavalleresco del Tempio. Si chiudeva tragicamente la vita di uno dei più importanti Ordini cavallereschi nati durante le crociate.

Fin qui la storia, quella provata dai documenti letterari e dai riscontri archeologici, eppure la vicenda dei Templari, ormai dimenticata da vari secoli, improvvisamente riprende vita ed interesse e lo fa in modo del tutto anomalo, cioè senza che abbia alcunché di scientifico. Grazie ad una cinematografia ad effetto e ad una letteratura-paccottiglia fantaculturale , i Templari divengono protagonisti delle più disparate leggende, custodi di innominabili segreti che si vogliono tramandati fin dai tempi antichi, come, ad esempio, quelli riguardanti il tema del Santo Graal o dell'Arca dell'Alleanza. Ovviamente il tema comune è sempre lo stesso, ossia la colpevolezza della Chiesa che ha liquidato i nobili Templari per paura delle loro antiche e destabilizzanti conoscenze. Se la Chiesa ha distrutto l’Ordine dei Templari e ha mandato i suoi gran maestri al rogo è certamente perché doveva impedire la diffusione di chissà quali innominabili segreti. Sembra incredibile, ma qualsiasi leggenda, persino la più astrusa ed improbabile, acquista subito credibilità e popolarità se è contro la Chiesa. L’origine di questo modo di pensare risale al 700 quando la Massoneria, dichiaratamente anticristiana, rivendicò addirittura una eredità spirituale e rituale con i Templari. Queste idee massonico-illuministe circolarono nell'Europa otto-novecentesca creando un vero e proprio filone fantastico che molti, politici e letterati, scambiarono per realtà.

Ovviamente nulla è vero di tutto questo, l’arresto dei Templari fu deciso da Filippo il Bello senza consultarsi con nessun altro sovrano e tantomeno con papa Clemente V, che era l’unico in diritto di giudicare l’intera questione. Per giustificare il proprio comportamento il re operò una vera e propria campagna di diffamazione: sulla base di denunce mosse da vecchi templari cacciati dall’Ordine per cattiva condotta, il Tempio veniva accusato di eresia, di pratiche oscene e sacrileghe, di profanazioni e bestemmie contro l’Eucarestia e la Croce. Tutte accuse chiaramente inventate. Filippo il Bello si trincerò dietro l’Inquisizione, presentandosi come un semplice potere laico al servizio della Chiesa per la difesa della fede. In realtà, ed è facile da capire, facevano molto gola al re le enormi ricchezze finanziarie e fondiarie possedute dall’Ordine che, inevitabilmente, passarono al tesoro reale. Il processo non fu tanto all’Ordine, ma a ciascun templare, costoro dovettero passare attraverso una Commissione laica che ricorse ampiamente alla tortura e tutti confessarono. Quando venne a sapere che era stata praticata la tortura il papa invalidò i poteri degli inquisitori. Molti templari furono del tutto scagionati e vennero reintegrati in ordini religiosi diversi. Persino l'ultimo Gran Maestro dei Templari Jacques de Molay e altri membri dello Stato Maggiore dell'ordine rinchiusi dal re Filippo il Bello nel Castello di Chinon, avendo chiesto il perdono della Chiesa, furono assolti da tre cardinali plenipotenziari di papa Clemente V, così come testimonia una pergamena conservata nell'Archivio Segreto Vaticano a lungo trascurata dagli storici (B. Frale “Il Papato e il processo ai Templari” Ed Viella, 2003). Solo i tribunali francesi, direttamente controllati da Filippo, riconobbero le responsabilità individuali di tutti i templari, altrove essi furono assolti e i beni dell’Ordine affidati agli Ospedalieri di San Giovanni, un altro ordine cavalleresco, e ad altre istituzioni simili, nonostante l’opposizione del re di Francia, che si diede da fare per trarre quanto più profitto possibile dall’operazione. Filippo il Bello pretese inoltre da papa Clemente V la soppressione dell'Ordine. Il pontefice fu costretto ad accettare, anche se il testo della bolla di soppressione, del 1312, non condannò l'Ordine.       

Quindi non ci fu nessun complotto della Chiesa, ma l’iniziativa unilaterale del re di Francia, in meno di cinque anni scomparve un Ordine che esisteva da quasi due secoli. Ciò che è veramente importante da chiedersi è come sia stato possibile un fenomeno del genere. Per trovare una spiegazione non possiamo richiamarci solamente alla debolezza del potere pontificio davanti all’avidità ed alla potenza del re di Francia. La scomparsa dell’Ordine avvenne rapidamente, senza opposizione e senza lotta e questo lascia pensare, piuttosto, al fatto che esso fosse ormai inadeguato alle realtà del XIV secolo. L’Ordine del Tempio era ormai inadeguato per la sua vocazione puramente militare. Inadeguato anche nell’ambito di questi specifici motivi vocazionali, infatti i cadetti poveri delle famiglie nobili venivano a farvi carriera più per spirito feudale che per ideale cavalleresco. L’Ordine, inoltre, aveva conservato e accresciuto tutta la propria enorme ricchezza al punto che alla fine del XIII era addirittura depositario del tesoro reale francese. Ciò non poteva non attirare cupidigie e invidie. Degenerato dalle motivazioni originarie, il Tempio uscì completamente di strada.

Solo nella penisola iberica, dove il Tempio aveva partecipato attivamente alla riconquista contro i mussulmani, tenendo fede così alla propria vocazione, l’Ordine poté essere ricostituito in altra forma e continuare la propria missione.


Bibliografia    

G. Le Bras, P. Ciprotti “Istituzioni ecclesiastiche della cristianità medioevale” Ed. Paoline, 1973-74;
F. Cardini "La nascita dei Templari. San Bernardo di Chiaravalle e la Cavalleria mistica" Il Cerchio, Rimini 1999;
R. Pernoud “I Templari” Effedieffe, 2000;
B. Frale “Il Papato e il processo ai Templari” Ed Viella, 2003;
F. Cardini "Templari e templarismo. Storia, mito, menzogne" Il Cerchio, Rimini 2005;
F. Cardini “I Templari” Giunti Editore, 2011;
B. Frale “I Templari” Il Mulino 2007;

martedì 8 marzo 2016

Parte VI - Un’incredibile tesi: Gesù e l’Essenismo (2)

Nonostante il fatto che a Qumràm non siano mai stati rinvenuti scritti cristiani, c’è ancora chi si ostina a vedere nei testi qumrànici riferimenti alla figura di Gesù, alla sua crocifissione e risurrezione. Nel libro di M. Baigent e R. Leigh, “Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo”, anch’esso una delle “fonti storiche” di D. Brown, si fantastica di un complotto del Vaticano che avrebbe occultato alcuni testi e nascosto all’opinione pubblica delle scoperte sensazionali. 

L’eccezionale scoperta occultata dal Vaticano sarebbe quella di un certo John M. Allegro, assistente alla Manchester University e componente della commissione internazionale addetta alla pubblicazione dei frammenti della grotta 4Q, considerato da M. Baigent e R. Leigh l’unico studioso veramente indipendente e competente di quel gruppo di esperti. Nel loro libro, a pag. 44, infatti affermano che J. M. Allegro era l’unico filologo del gruppo, che aveva già pubblicato cinque saggi su riviste accademiche, mentre tutti gli altri erano dei perfetti sconosciuti. J. M. Allegro parlò di un testo non ancora pubblicato in cui si presentava il Maestro di Giustizia crocifisso e deposto in una tomba dai suoi discepoli in attesa della risurrezione, un preciso prototipo di Gesù. Questo passo è nel rotolo 1QpHab, cioè il commentario ad Abacuc, che dice: “L’in [terpretazione del passo] si riferisce al sacerdote che si è ribellato [e ha violato] gli statuti di [Dio…], per colpirlo con giudizi di empietà, e orrori di funeste infermità causarono a lui, e atti di vendetta sul suo corpo di carne” (1QpHab 8,16-17; 9,1-2). Il rotolo è molto rovinato, quindi il testo va integrato (sarebbero le parti tra le parentesi, n.d.r.). Come si può facilmente notare è difficile una sicura lettura univoca del testo, eppure J. M. Allegro, riprendendo una vecchia integrazione di Dupont-Sommer, uno storico francese, affermò con sicurezza che il perseguitato non era il Sacerdote Empio, ma il Maestro di Giustizia, cioè Gesù. L’integrazione di Dupont-Sommer di questo passo era: “L’in [terpretazione del passo] si riferisce al sacerdote che si è ribellato [e ha violato] gli statuti di [Dio e perseguitò il Maestro di Giustizia] per colpirlo con giudizi di empietà, e profanatori malvagi perpetrarono atti orrendi su di lui, e atti di vendetta sul suo corpo di carne”. Ora il soggetto non è più il Sacerdote Empio, ma il Maestro di Giustizia. 

Come al solito ci troviamo di fronte a teorie già ampiamente confutate e respinte dalla comunità scientifica che, però, M. Baigent e R. Leigh non si fanno scrupoli a riproporre come se niente fosse. Innanzitutto non è vero che J. M. Allegro era l’unico studioso competente della commissione internazionale. Basta andarsi a leggere la bibliografia degli atti della commissione in «Revue de Qumràn» XV (1991), pp. 1-20 e XII (1996), pp. 1-20, per rendersi conto dei titoli posseduti dagli altri componenti. Ad esempio padre Milik, che ha studiato a fondo filologia in Polonia ed al Pontificio Istituto Biblico, conosceva greco, latino, ebraico, aramaico, siriaco, paleoslavo, arabo, georgiano, ugaritico, accadico, sumero, egiziano ed ittita, senza contare tutte le numerose pubblicazioni anteriori alla chiamata a Gerusalemme nel 1952. Lo stesso si può dire per Jean Starcky, che si laureò in lettere classiche, filosofia e teologia, specializzandosi in lingue orientali all’Institut Catholique e all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, poi al Pontificio Istituto Biblico e all’École Française di Roma; anch’egli vanta pubblicazioni precedenti il 1952. Tornando al passo controverso, la lettura di Dupont-Sommer è stata universalmente censurata e con essa l’astrusa teoria di J. M. Allegro. Infatti l’integrazione con il Maestro di Giustizia è un abuso ed è completamente avulsa dal significato generale dello scritto. Più avanti, al passo 9, 9-10 dello stesso rotolo, si legge: “L’interpretazione si riferisce al Sacerdote Empio che a causa dell’iniquità commessa contro il Maestro di Giustizia e i suoi seguaci, Dio lo consegnò nelle mani dei suoi nemici per umiliarlo con infermità, cosicché finisse nell’amarezza dell’anima, perché empiamente aveva agito contro i suoi eletti”. Questo passo ci mostra senza possibilità di equivoco che è il Sacerdote Empio ad essere perseguitato. Quindi non si parla del Maestro di Giustizia e tantomeno di Gesù, ma di un Sacerdote Empio che si è ribellato alle leggi divine meritandosi una punizione. Nell’interpretazione generale, universalmente accettata, il passo controverso viene messo in relazione con la morte del sommo sacerdote Gionata Maccabeo che fu imprigionato, maltrattato e ucciso da Diodoto Trifone (143 a.C.). Quindi niente passione e crocifissione di Gesù nei rotoli di Qumràn. Per R. B. Y. Scott, studioso della Canadian Society of Biblical Studies e docente alla Princeton University, New Jersey, U.S.A., qualunque sia la traduzione di questo testo, non è dato rinvenire “alcuna asserzione inequivoca che il Maestro di Giustizia sia stato messo a morte”(R. B. Y. SCOTT, "The Meaning for Biblical Studies of the Qumràn Scroll Discoveries", in «Transactions of the Royal Society of Canada» L (1956), p. 45.), anche lo storico religioso J. Danielou afferma che i passi dell’Abacuc Pesher “non comportano la descrizione specifica di un individuo torturato e ucciso”(J. DANIELOU, "The Dead Sea Scrolls and Primitive Christianity", New York, 1958, p. 59). Padre Milik scrisse in proposito: “Non esiste alcun testo sicuro nel quale si affermi la morte violenta del Maestro di Giustizia; abbiamo invece diversi elementi che ci suggeriscono la morte naturale. Così ad esempio il Documento di Damasco (un altro rotolo ritrovato a Qumràn, n.d.r.), parlando della morte del Maestro, usa l’espressione “fu riunito” (CD 8,21), che deve evidentemente intendersi come un’abbreviazione della frase biblicafu riunito al suo popolo, ai suoi padri”, usata per la morte pacifica, in piena vecchiaia, dei Patriarchi o di altri personaggi (Cfr. Gn. 25, 9; 35, 29; Dt. 32, 50; Giud. 2,10)”(J.T. MILIK, "Dieci anni di scoperte nel deserto di Giuda", Torino, 1957, p. 43).

Ma M. Baigent e R. Leigh non si arrendono. Nel loro libro “Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo” riportano altre “sconvolgenti” scoperte di J. M. Allegro e di uno studioso americano, un certo R. H. Eisenman, che su di un minuscolo frammento avrebbero trovato un chiaro riferimento all’esecuzione capitale ad un messia. Si tratta di un frammento, molto rovinato e lacunoso, della grotta 4, classificato con la sigla 4Q285. Viene tradotto comunemente in questo modo: “il profeta Isaia […] un rampollo uscirà dal tronco di Jesse […] il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il […] ed il Principe della Comunità lo mise (o metterà) a morte […] e con ferite, ed il sacerdote di […] comanderà […] la strage dei Kittim”. Si tratta di un testo che riguarda la lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre ed ad un certo punto viene citato un passo di Isaia, capitolo 11, un testo messianico. Invece, J. M. Allegro e R. H. Eisenman tradussero il frammento in modo differente, cioè: “il profeta Isaia […] un rampollo uscirà dal tronco di Jesse […] il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il […] ed essi metteranno a morte il Principe della Comunità […] e con ferite, ed il sacerdote di […] comanderà […] la strage dei Kittim”. La differenza risiede nel modo in cui si legge la frase “il Principe della Comunità lo metterà a morte”, che in ebraico è “wehemîtô”, oppure “essi metteranno a morte il Principe della Comunità”, in ebraico “wehêmîtû”. Come sappiamo le parole ebraiche non sono vocalizzate, quindi sono possibili tutte e due le letture, ma una semplice analisi del contesto chiarisce subito il significato del testo. La lettura comunemente accettata è che sia il Principe della Comunità, il Messia della stirpe di Davide, cfr. CD (= codice di Damasco) 7,20 e 1QM (= milhamàh, cioè “guerra”, quindi il rotolo della guerra) 5,1, a mettere a morte l’empio di cui parla Isaia 11,4. Infatti in questo versetto si fa riferimento ad un rampollo di Iesse, il discendente di Davide, che ucciderà l’empio. Solo se messo in rapporto con questo passo di Isaia, che sta commentando, il frammento acquista un senso preciso. Il testo di Isaia in questione è il seguente: “Un rampollo uscirà dal tronco di Jesse ed un virgulto spunterà dalle sue radici. Riposerà sopra di lui lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di timore del Signore. Troverà compiacenza nel timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze, né renderà sentenza per sentito dire, ma giudicherà con giustizia i miseri e con equità renderà sentenze in favore dei poveri del paese. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, e farà morire l’empio con il soffio delle sue labbra” (Isaia 11, 1-4). Quindi nessuna condanna del messia, ma solo un commento al brano di Isaia già citato all’inizio del frammento. Questa interpretazione è quella comunemente accettata da tutta la comunità scientifica mondiale. Così, ad esempio, interpretano il frammento 4Q285 i professori G. Vermes e M. Bockmuehl del centro studi su Qumràn di Oxford, U.K. (G. VERMES – M. BOCKMUEHL, "The Oxford Forum for Qumràn Research. Seminar on the Rule of War from Cave 4", in «Journal of Jewish Studies» XLIII (1992), pp. 85-94), la stessa interpretazione ha presentato il professore O. Betz al simposio internazionale su Qumràn dell’università di Eichstätt nel 1993 (O. BETZ – R. RIESNER, "Gesù, Qumràn e il Vaticano. Chiarimenti", Roma, 1995, pp. 127-134). Corrado Martone, dell’Università di Torino, conclude un’approfondita analisi del passo con queste parole: “Risulta dunque che tutti i testi che presentano indiscutibili affinità col nostro frammento sono assolutamente estranei al concetto di morte del Messia […] Appare di conseguenza inverosimile collegare il nostro testo che, come visto, si colloca perfettamente in una ben documentata tradizione giudaica, alla concezione cristiana del sacrificio messianico” (C. MARTONE, "Un testo qumranico che narra la morte del Messia? A proposito del recente dibattito su 4Q285", in «Rivista Biblica» XLII (1994), pp. 329-336). 

Possiamo quindi concludere che nessun testo di Qumràn cita o allude a personaggi del Nuovo Testamento, né parla di passione, morte, crocifissione, deposizione, custodia del corpo del Maestro di Giustizia o del Messia futuro. Ovviamente M. Baigent e R. Leigh, senza fare parola di questi documenti, ci presentano J. M. Allegro e R. H. Eisenman come gli unici autentici divulgatori della verità storica, tenuta nascosta dal Vaticano. In realtà il Vaticano non ha tenuto nascosto un bel niente, infatti tutti i documenti citati e i testi “controversi” sono esposti nelle varie mostre e consultabili da chiunque.