Nel primo articolo dedicato alle eresie, quello riguardante i giudaizzanti, ho già fatto un piccolo riferimento agli Ebioniti. Questa corrente eterodossa del primo cristianesimo ha sempre suscitato la fantasia di una certa “storiografia” alternativa, complottistica ed apertamente anticattolica, tipica di tanti “storici” improvvisati di cui è pieno il web. Secondo la loro visione quella degli Ebioniti sarebbe stata la prima vera versione del messaggio di Gesù, successivamente affossato da Paolo di Tarso e poi cristallizzato in una fede “ufficiale”, sincretica e paganizzata, dalla Chiesa di Roma. Come vedremo, si tratta di una visione che ha molto poco di storico, infatti niente lascia pensare ad una eventualità del genere. Degli Ebioniti sappiamo pochissimo e quel poco che ci hanno tramandato i resoconti di alcuni padri della Chiesa, risalenti al massimo al II secolo, non lasciano pensare a niente di tutto questo.
Ciò che storicamente si può affermare è che agli arbori del cristianesimo, negli anni trenta del primo secolo, dopo la morte e resurrezione di Cristo, il gruppo dei dodici apostoli dà origine ad una prima comunità che risiede a Gerusalemme. La fonte che testimonia queste primissime fasi del cristianesimo sono gli Atti degli Apostoli, composti con ogni probabilità tra il 61 e il 63 d.C. (Jean Carmignac “Nascita dei vangeli sinottici” Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1986, pag. 72), che raccolgono la testimonianza dei primi apostoli come Pietro e Paolo. E’ la comunità guidata da Giacomo il Minore, “il fratello del Signore” (Mt 13, 55 e Mc 6, 3), pienamente ortodossa anche se spesso in disaccordo con Paolo, dotata di teologia arcaica, ma con una chiara affermazione della divinità di Gesù (J. Danielou “La teologia del Giudeo-cristianesimo” EDB 1974).
Tuttavia attorno a questo primo nucleo centrale ebraico, col passare degli anni, quando questa comunità comincia ad aprirsi, con Paolo, al mondo dei gentili, in Palestina, verso la fine del I secolo, si vanno progressivamente formando tutta una serie di movimenti e gruppi che, restando fortemente attaccati alle tradizioni e ai riti ebraici e tendono a modificare l’originaria considerazione su Gesù per assumerne delle nuove profondamente diverse. Ci sono coloro come i Nazareni (da non confondersi con l’analoga denominazione dei primi cristiani in Atti 24, 6) che credono che Gesù sia il Messia promesso e il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria. Di loro i Padri della Chiesa come Origene, Eusebio, Girolamo ed Epifanio parlano come di “giudei che credono” (Epifanio, Panarion, 29,9,4; Girolamo, De viris illustribus 3; Girolamo, Contra Pelag. 3,2). Ma esistono anche giudei che pur riconoscendo Gesù come un Profeta o il Messia, non lo considerano più il Figlio di Dio. Tra questi abbiamo diversi gruppi come gli Zeloti cristiani di Cerinto, gli Elcesaiti, gli gnostici giudaici di Carpocrate e in particolar modo gli Ebioniti (J. Danielou “La teologia del Giudeo-cristianesimo” EDB 1974).
La denominazione "ebioniti" deriva dal termine ebraico “evionim” che significa “poveri”, questo termine si incontra, per la prima volta, in Ireneo (Adversus Haereses, I, XXVI, 2). Per Origene (Contra Celsum, II, I; De Principii, IV, I, 22) ed Eusebio (Storia ecclesiastica, III, 27) il nome di questa setta derivava dalla limitatezza della loro intelligenza, o dalla povertà della Legge a cui si riferivano, o dalla povertà della loro comprensione di Cristo. Questo gruppo di giudaizzanti viene dapprima considerato scismatico da Giustino di Nablus, nel II secolo, e quindi eretico da diversi padri della Chiesa, come Tertulliano (De Carne Christi, 14-16) e Ippolito di Roma (Philosophumena VII, 22.), per il fatto di rifiutare la predicazione e l'ispirazione divina dell'apostolato di Paolo di Tarso. Gli ebioniti, infatti, consideravano Gesù di Nazareth semplicemente un uomo, nato come tutti gli altri mortali, nel quale è sceso ad abitare il Figlio di Dio. A volte lo consideravano un arcangelo, a volte anche un profeta venuto a riformare la Legge. Manifestavano preferenza per Giovanni e Giacomo rispetto a Pietro e, specialmente, rimproveravano a Paolo il fatto di voler, a loro dire, abolire la Legge. Le maggiori informazioni che abbiamo su questo gruppo di giudaizzanti ci proviene da Epifanio di Salamina, un vescovo e scrittore del IV secolo, il quale, nel suo Panarion, un compendio delle eresie palestinesi, riferisce di una setta molto legata alle prescrizioni della Legge ebraica. La osservavano scrupolosamente, rispettavano il sabato e la circoncisione (Panarion 30,3,2), si purificavano continuamente quando toccavano uno straniero o incontravano una donna. Il lavacro avveniva con gli indumenti addosso (Panarion 30,3,5). Successivamente, col passare degli anni, oltre a questi ebioniti giudaizzanti, si sviluppò un ramo gnostico, anche se la loro teologia differiva ampiamente da quella delle principali scuole gnostiche poiché rifiutavano nella maniera più assoluta qualsiasi distinzione tra il Demiurgo, il dio inferiore creatore della materia ed il Dio Supremo, creatore dello spirito. Epifanio racconta che secondo alcuni di questi Ebioniti Cristo sarebbe identico ad Adamo (Panarion 30,3,3), altri ancora insegnano che Cristo sarebbe stato creato prima di tutto, sarebbe lo Spirito che avrebbe il dominio su tutti gli angeli (Panarion 30,3,4) o Lui stesso addirittura uno degli arcangeli (Panarion 30,16,4) e così via (“Giudeocristiani”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. VI, coll. 705-708).
La distanza tra le credenze degli Ebioniti e la fede primitiva della comunità dei seguaci di Cristo è enorme. I più antichi scritti cristiani, cioè le lettere paoline databili tra il 50 e il 60 d.C., ci presentano una chiara affermazione della divinità di Gesù. Egli è il Signore, cioé Kyrios (1 Cor 12, 3), il termine in cui viene indicato Dio nella bibbia dei LXX. Queste lettere raccolgono una tradizione orale preesistente che, quindi, deriva dai testimoni oculari della vicenda terrena di Gesù. Sono scritti infinitamente preziosi per la conoscenza del cristianesimo primitivo e permettono in parecchi punti di risalire a uno stadio più antico della stessa predicazione paolina. Paolo, nelle sue lettere, riporta ciò che ha ricevuto dalla Chiesa di Gerusalemme, da Pietro e Giacomo, il “fratello di Gesù” (1 Cor 15, 3-9; Gal 1, 18-19) e cioè che Cristo è resuscitato e che ha la potenza per liberare l’uomo dal peccato, ossia il contenuto del primo annuncio del messaggio di Cristo, il Kerigma. Non è più l'obbedienza formale alla Legge che porta alla salvezza, ma l'adesione a Cristo. E’ questo messaggio che mette in relazione la storia di Gesù con quella della sua comunità. I primi testimoni trasmettono ciò che a loro volta hanno ricevuto, cioè il kerigma, a cui è connessa l’attività missionaria, la comunità apostolica e poi ecclesiale, lungo il corso dei secoli (Piero Coda “Kerigma” in Dizionario di Teologia Fondamentale, a cura di Fisichella e Latourelle, Assisi, Cittadella, 1990, p. 403).
Un’altra prova storica della fede nella natura divina di Gesù da parte della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme è rappresentata dalla veemente ostilità delle autorità ebraiche. Queste presero subito a perseguitare la nascente Chiesa, tra le vittime di queste prime persecuzioni vi furono Stefano, lapidato per blasfemia per aver affermato la divinità di Cristo (Atti 6,8-7,60), l'apostolo Giacomo, fatto giustiziare dal re Erode Agrippa (Atti 12,1-2), mentre Pietro si salvò fuggendo da Gerusalemme. Anche in altre città, dentro e fuori dalla Palestina, le comunità ebraiche si opposero alla diffusione del cristianesimo e Paolo in particolare ne fu spesso il bersaglio: nelle sue lettere racconta di essere stato più volte frustato, bastonato e persino lapidato. Queste persecuzioni si possono spiegare unicamente per la bestemmia di considerare un uomo, Gesù, come se fosse Dio, esattamente il motivo per il quale il sommo sacerdote Caifa arrivò a stracciarsi le vesti (Mt 26, 65). La persecuzione e, quindi, la morte erano le punizioni riservate a chi bestemmiava, cioè apostatava dalla fede nell’unico Dio Jahvè. Significativo al riguardo è un testo dello Šemônê ‘esre, che introduceva la celebrazione sinagogale e che proviene da un frammento della Genizah del Cairo, che riporta l’accusa ai cristiani nella dodicesima benedizione:
“Che per gli apostati non vi sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il dominio dell’usurpazione, e periscano in un istante i Cristiani (nôserîm) e gli eretici (minim): siano cancellati dal libro della vita e non siano iscritti con i giusti. Benedetto sei tu, Signore, che schiacci gli arroganti” (Schürer “Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo”, vol. II, Brescia, 1987, pp. 547-554).
Alla luce di tali motivazioni molto forti appare assurdo ipotizzare che gli Ebioniti fossero i portatori dell’originale messaggio di Cristo e che i loro scritti da considerare l’unico vero vangelo. Di tali scritti ne parla ancora Epifanio definendoli un vangelo molto simile a quello canonico di Matteo, ma distorto e incompleto, da loro chiamato anche Vangelo degli Ebrei o Vangelo ebraico (Panarion, 30,13,2-8; 30,14,5; 30,16,4; 30,22,4). Due secoli prima anche Ireneo, il vescovo di Lione, nel suo Adversus Haereses, scritto attorno al 180, già sottolineava il carattere eretico degli scritti ebioniti: “Gli Ebioniti, pertanto, seguono unicamente il Vangelo che è secondo Matteo (non quello canonico riconosciuto dalla Chiesa), si affidano solo ad esso e non hanno un'esatta conoscenza del Signore” (Adv. haer. III, 2).
La divinità del Cristo è insita nell’annuncio della buona novella e ha fatto parte, fin dall’inizio, della fede della prima comunità dei discepoli di Gesù. Solo con tale messaggio rivoluzionario potevano affermarsi la Chiesa e la sua opera di trasformazione del mondo.
Bibliografia
F. Rossi de Gasperis, “Israele o la radice santa della nostra fede”, in “Rassegna di Teologia” 1, 1980;
D. Flusser, “Il cristianesimo, una religione ebraica”, E.P., Cinisello Balsamo, 1992;
R. Geftman “La Chiesa primitiva di Gerusalemme”, Jerusalem, 1985;
J. Lenzenweger et al. “Storia della Chiesa Cattolica”, EP Cinisello Balsamo, 1989;
Jean Carmignac “Nascita dei vangeli sinottici” Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1986;
J. Danielou “La teologia del Giudeo-cristianesimo” EDB 1974;
Giorgio Acquaviva "La chiesa-madre di Gerusalemme" Ed. Piemme, Casale Monferrato (AL) 1994.
http://it.cathopedia.org/wiki/Persecuzioni_dei_cristiani