L’ateismo contesta alla religione, ed al Cristianesimo in particolare, il fatto di essere un prodotto effimero ed illusorio della mente umana. Dalla critica colta e raffinata di Feuerbach fino all’ateismo sgangherato di Odifreddi, il pensiero ateo nega alla religione ogni contatto con la ragione, ritenendoli completamente incompatibili.
Il filosofo tedesco, pur essendo lontano dal becero anticlericalismo illuminista, scriveva che: “Essendo Dio e l’uomo in un rapporto antitetico, la ragione deve distruggere l’illusione perniciosa chiamata Dio, che si pone al suo posto dell’Uomo” (L. Feuerbach, "L’essenza del cristianesimo”), intendendo con questo definire la religione come una mero prodotto irrazionale della mente umana in cui proiettare i propri bisogni e le proprie aspirazioni sperando in una loro realizzazione ideale.
Ma anche l’ateismo più semplice ed ingenuo, come quello, per intenderci, del matematico Piergiorgio Odifreddi, che, ad esempio, scrive: “Non possiamo essere Cristiani, e meno che mai Cattolici, se vogliamo allo stesso tempo essere razionali e onesti. La ragione e l’etica sono infatti incompatibili con la teoria e la pratica del Cristianesimo” (Piergiorgio Odifreddi, “Perché non possiamo essere cristiani - e meno che mai cattolici”), ha come denominatore comune la convinzione di ritenere la religione essenzialmente una irrazionalità.
Nel proporre tale contrapposizione l’ateismo, che, ricordiamo, è un fenomeno recente nella storia dell’umanità, crede di aver introdotto un elemento di novità nel discorso sulla ragione e la fede, ma in realtà la questione ha origine molto antiche. Nei primi secoli dell’era cristiana il pensiero logico razionale in Occidente era costituito essenzialmente dalla filosofia aristotelica e finché questa riguardò discipline come la grammatica o la retorica venne facilmente armonizzata con la religione cristiana. Fu Agostino d’Ippona che si prodigò a trovare questo punto di equilibrio, ma dal XIII secolo in poi cominciarono a diffondersi, tradotte in latino da precedenti versioni arabe, altre opere di Aristotele sulla filosofia della natura, sulla metafisica e sulla morale. Questo aristotelismo, com’era stato interpretato dal filosofo arabo Averroé e tramandato dai commentatori arabi, che ne furono gli intermediari, si presentava già costituito in un sistema chiuso, autosufficiente, in netta opposizione con la fede cristiana, che presentava una visione razionalistica del mondo da cui si trovava esclusa ogni idea di creazione. La cristianità medioevale si trovò costretta ad ammettere l’esistenza di una doppia verità: quella secondo la fede e quella secondo la ragione.
Tutto ciò avrebbe potuto determinare un conflitto insanabile e relegare la religione e la fede in Dio nell’ambito dell’irrazionalità, molto tempo prima dell’avvento dell’ateismo. Ed, infatti nel 1210 il Concilio di Parigi arrivò addirittura a proibire le opere fisiche e metafisiche di Aristotele. Fu il genio di Tommaso d’Aquino a rendere il pensiero aristotelico propedeutico al pensiero cristiano dimostrando per primo che fede e ragione non sono in antitesi, ma che quest’ultima non serve solo per conoscere il mondo sensibile, del divenire, ma può addirittura essere un supporto alla fede. Tommaso dimostrò che la ragione crea i preamboli per la fede, in quanto è in grado di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso la conoscenza delle cose sensibili. Da qui le cinque vie di Tommaso che, seguendo il metodo aristotelico della minuziosa analisi razionale della natura (physis), raggiungono induttivamente e caratterizzano il mondo immateriale ed invisibile.
Attraverso l’interpretazione tomista le categorie aristoteliche, nella loro precisione, poterono servire al chiarimento del deposito rivelato fornendo uno strumento apprezzabile per rendere ragione di molte affermazioni della fede. La ragione, quindi, non smentisce affatto la religione e non la fa passare per una irrazionalità, come pensa Feuerbach, ma potendo proporre dei paragoni a difesa della fede può dimostrare l'inefficacia e la falsità di obiezioni avanzate contro la fede stessa. La ragione può arrivare a dimostrare che un Dio può esistere e può porre le basi per la fede. E’ ciò che non accetta l’ottuso ateismo di Odifreddi che concepisce solo una ragione senza la fede. Ma questa condizione finisce fatalmente per ingigantire il valore della ragione fino a ritenerla unico strumento della conoscenza. E’ questa la vera irrazionalità, ritenere la ragione capace di tutto, l’unico strumento in grado di sondare la realtà, mentre, invece, dovrebbe sempre essere consapevole dei suoi limiti per sapersi aprire al Mistero.
Bibliografia
J. Le Goff "Gli intellettuali nel Medioevo", Mondadori, Milano 1959;
J. Leclercq "Cultura umanistica e desiderio di Dio" Sansoni, Firenze 1968;
M. F. Pellegrin "Dio" Garnier-Flammarion, Parigi 2003;
J. Le Goff "Il Dio nel Medioevo" Editori Laterza, Bari 2011.