Nella spasmodica ricerca di prove che documentino una dipendenza del cristianesimo da culti preesistenti pagani, la subcultura laicista non esita a affidarsi a testi di scarsa o nulla affidabilità storica. E’ questo il caso dell’ormai famoso testo, diffusissimo in internet, “The Christ Conspiracy” dell’autrice statunitense D. M. Murdock, meglio conosciuta con lo pseudonimo di AcharyaS.
Tra le sciocchezze antistoriche che vi si possono leggere spicca l’affermazione secondo la quale il fatto che Gesù sia stato associato dalle primitive comunità cristiane alla figura del pesce indicherebbe un collegamento tra il cristianesimo ed il paganesimo. Nelle catacombe cristiane, nei corredi ed ornamenti liturgici cristiani è, infatti, sempre presente la figura del pesce per rappresentare il Cristo. Secondo AcharyaS siccome la figura del pesce richiama decisamente l’età astrologica dei Pesci, Gesù non sarebbe altro che “l’Avatar solare dell’Era dei Pesci” e, quindi, una prova chiara della sopravvivenza dei culti primitivi nel nascente cristianesimo.
Questa avventata teoria, presentata come una certezza assoluta, non si basa su nessuna prova certa. Non c’è, infatti, nessuna analogia tra i culti cristiani e l’astrologia. AcharyaS, tra l’altro, non fornisce alcun documento o fonte dove risulti che già nel I secolo d.C. l’era astrologica dei pesci fosse simboleggiata da un’avatar particolare. Molto probabilmente AcharyaS trae queste informazioni fantastiche da un sottofondo “New age”, molto forte negli Stati Uniti, dove esoteristi ed astrologi, come, ad esempio, i noti Alice e Foster Bailey, hanno diffuso una sorta di astrologia fondendo esoterismo con elementi presi dal Cristianesimo, dall’Induismo e dal Buddismo.
Le fantasie di AcharyaS sono facilmente smentite dal fatto che nel I secolo le costellazioni erano semplicemente dei gruppi di stelle e non erano definiti i confini che separavano le regioni dello zodiaco. La divisione della volta celeste in dodici settori, 12 archi di 30 gradi misurati dall’equinozio di primavera, è avvenuta solo nel XIX secolo, si tratta, quindi, di una convenzione moderna stabilita dall’Unione Astronomica Internazionale. Affermare che Gesù fosse l’avatar dell’era dei pesci non ha, quindi, alcun senso in quanto gli ipotetici “cospiratori” cristiani non potevano conoscere la suddivisione moderna dello Zodiaco (Noel Swerdlow, professore di Astronomia ed Astrologia presso l’Università di Chicago, in “Una confutazione del libro di AcharyaS: La cospirazione di Cristo” – Mike Icona, Editori Truth Quest 2001).
Inoltre nelle catacombe cristiane del II e III secolo il pesce non è affatto l’unico simbolo di Cristo, quindi viene a anche cadere l’associazione esclusiva tra Gesù e l’era dei pesci. In molti altri modi i Cristiani raffiguravano il Cristo: innanzitutto con il suo monogramma, una “Chi”, sovrapposta ad una “ro”, il quale non era altro che una croce dissimulata, il “Signum Christi” per eccellenza, ma anche con l’àncora, che rappresentava Cristo salvatore, il delfino, Cristo che ci ama, l’agnello, il Cristo redentore, il faro, cioè Cristo vera luce del mondo e l’albero, che simboleggiava Cristo come principio e fine di ogni cosa.
Il pesce divenne il solenne simbolo di Cristo, che troviamo nelle catacombe fin dal II secolo, non certo per le ridicole motivazioni addotte da AcharyaS, ma in virtù dei racconti dei vangeli. Già Sant'Agostino a commento del brano evangelico di Giovanni che parla del pesce arrostito sulla brace servito da Gesù a sette apostoli sulle sponde del lago di Tiberiade (Gv 21, 9) afferma: “Piscis assus, Christus est”, cioè “il pesce arrostito è Cristo” (Agostino, Trattato su Giovanni, 123, 2).
Mentre l'uso del pesce in arte pagana era un segno puramente decorativo senza alcun collegamento con la mitologia, il primo riferimento letterario al pesce simbolico ci proviene da Clemente di Alessandria che, verso l’anno 202, raccomanda ai fedeli di incidere la figura del pesce sui loro anelli (Pedagogo, III, xi). Il fatto che Clemente non premette alcuna spiegazione sul significato del simbolo lascia supporre che esso fosse già molto diffuso in Alessandria. Il pesce, quindi, come una sorta di “tessera” di riconoscimento in uso durante le persecuzioni fra i cristiani alessandrini residenti a Roma (R. Mowat “Origine du poisson mystique chezles anciens chrétiens” 1898).
Tra l’altro è certo che durante le persecuzioni il pesce stilizzato, formato da due curve che partono da uno stesso punto, a sinistra (la "testa"), e che si incrociano sulla destra (la "coda"), fosse un simbolo per potersi riconoscere tra cristiani senza correre rischi di essere scoperti, il disegnare questo simbolo diveniva un sistema di riconoscimento. Quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva bisogno di conoscere la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che compongono il pesce. Se l'altro completava il segno, i due individui si riconoscevano come seguaci di Cristo e sapevano di potersi fidare l'uno dell'altro.
Altri dottori della Chiesa, citando i passi della Scrittura che paragonano il mondo al mare e gli uomini ai pesci osservano: “Cristo, novissimus Adam” (1 Cor 15, 45) è il pesce per eccellenza perché “se Cristo non fosse pesce (cioè uomo), non sarebbe risorto dai morti” (Severiano di Gabala – "Sermo in dedicazione pretiosae et vivificae crucis" – Omelie. 408 d.C.). Tertulliano, nel II secolo, per dire che il Battesimo ci fa seguaci di Gesù Cristo, porta la figura del pesce e dell’acqua (De baptismo, 1). Origene, nel III secolo, commentando il vangelo di Matteo (17, 24-27) osserva: “Questo pesce è la figura di colui che noi chiamiamo il pesce che operò il nostro affrancamento dalla legge e dal peccato” (Origene, Commento a Matteo, XIII, 1120).
Il pesce fin dai tempi più remoti fu, quindi, una professione di cristianità, che si riscontra già nelle iscrizioni del II secolo. Nelle catacombe di san Callisto, nelle cripte di Lucina, a Roma, è stato scoperto il simbolo di un pesce che porta sul dorso il canestro con il pane ed il vino, chiaro richiamo dell’Eucaristia (De Rossi “Spicilegium Solesmense” III, pp 545 – 584). Come anche le famose iscrizioni di Abercio e di Pettorio, sempre del II secolo, che rendono la figura di Cristo eucaristico attraverso l’immagine del “pesce celeste”. Qui il pesce, in greco “ichthys", cioè “ΙΧΘΥΣ”, è un acrostico: Ιησοῦς, Χριστός, Θεoῦ, Υιός, Σωτήρ (Iesùs Cristòs Theù Uiòs Sotèr), cioè “Gesù Cristo di Dio Figlio Salvatore”.
Bibliogafia
G.B. De Rossi “Roma sotterranea cristiana” Voll 1-3, Roma1864-1877;
P. Testini “Archeologia cristiana” Roma 1958;
A. B. Jenkins, Philip. “Mystics and Messiahs: Cults and New Religions in American History” 2000;
F. Delaunay “Note sur l’origine et la signification de l’emblème chrétien du poisson” 1880
P. Kirby "Inscription of Abercius." Early Christian Writings” 2006.
M. Hassett. "Symbolism of the Fish" The Catholic Encyclopedia. Vol. 6. New York: Robert Appleton Company, 1909. 16 Sept. 2012.