Frequentando l’interessante blog del vaticanista Tornielli, “Sacri Palazzi”, mi capita spesso di dovermi confrontare con altri blogger accesi oppositori della Chiesa come istituzione ecclesiastica. Per loro il Cristianesimo dovrebbe essere solo una faccenda privata, spirituale, interiore, da viversi individualmente al di fuori di una organizzazione costituita.
Già nel XIII secolo, nell’Europa cristiana, si assistette al fiorire di gruppi di monaci e di laici che predicavano la povertà di Cristo, rinunciando all’ambiente ordinario di vita ecclesiale. Erano persone chiamate fraticelli, beghine, flagellanti, ecc. Tra loro erano anche, seppure con caratteristiche un po’ differenti, i cosiddetti valdesi. Questi gruppi nacquero per la maggior parte come rifiuto degli aspetti istituzionali della Chiesa, della sua organizzazione. Il Regno dello Spirito Santo, secondo costoro, era prossimo e avrebbe dovuto condurre al vangelo e al suo insegnamento, perché ciascuno potesse vivere la povertà e la santità volute da Cristo.
La nascita di questi ordini mendicanti determinò un sentimento diffuso contro la Chiesa romana come istituzione, troppo spesso invischiata nelle ricchezze e nel potere. Tanto ribollimento, tanta agitazione generale salì fino alla Curia romana. E così, morto Niccolò IV, dopo più di due anni di sede vacante i cardinali, sensibili al richiamo di una maggiore spiritualità ed austerità, andarono a cercare Pietro da Morrone, eremita nella zona della Maiella, e gli proposero di salire sul soglio pontificio. Finalmente un’asceta al vertice della cristianità. Ma tale scelta, alla prova dei fatti, si rivelò un fallimento. Eletto il 5 luglio 1294, Pietro da Morrone, assunto il nome di Celestino V, abdica il 13 dicembre successivo, giudicando troppo gravoso per se il peso delle responsabilità papali.
Il sogno di una Chiesa solo spirituale è una contraffazione della vera e propria “Chiesa dei Santi”, che è il termine biblico e paolino utilizzato fin dai primi secoli. I padri della Chiesa non pensarono affatto ad un concetto superbo di Chiesa, comprendente soltanto puri, così come, parlando di “Chiesa celeste”, non misconoscevano le condizione della sua esistenza sulla terra. La Chiesa gerarchica è la “Chiesa vera” che è insieme ideale e concreta, altrimenti sarebbe messo in pericolo il fondamento stesso della Redenzione, il suo carattere universale della salvezza.
Nel 1170 a partire da Lione, in Francia, comincia a predicare la povertà assoluta un certo Valdo. E’ l’inizio del movimento dei valdesi, chiamati anche “umiliati” o “poveri di Lione”. Questo gruppo comincia a predicare un vangelo solo spirituale senza alcuna autorizzazione, al punto che il vescovo di Lione gli intima di smettere di predicare. Valdo, non contento, nel 1179 si rivolge al papa, Alessandro III, che gli approva la pratica della povertà, ma gli chiede di sottostare all’autorità ecclesiastica locale per quanto riguarda la predicazione. Ribelli alle disposizioni ecclesiastiche, nel 1184 i valdesi vengono scomunicati da papa Lucio III.
In questa vicenda non possiamo non cogliere un’impressionante somiglianza con quella di San Francesco. Anche il poverello di Assisi vide approvata, nel 1210, la sua regola di povertà da papa Innocenzo III. Tuttavia, Valdo conclude la sua vicenda nell’eresia, mentre San Francesco nella santità. La differenza tra l’uno e l’altro è quella di essere nella Chiesa o meno, non solo quando il vescovo approva, accoglie e benedice, ma anche quando disapprova. E’ Gesù che da ai dodici apostoli il potere di predicare e di compiere i miracoli, la testimonianza compete a tutti i cristiani, ma la predicazione vera e propria necessita del mandato di Cristo e della Chiesa (Mt 10, 1-15), così Paolo insegna ai corinzi i vari ruoli del Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, senza che qualcuna voglia sostituirsi all’altro (1 Cor 12, 28-31) e che nessuno deve disprezzare il vescovo perché ha in sé il dono spirituale, cioè il carattere ricevuto coll’imposizione delle mani (1 Timoteo 4, 12-16).
San Francesco rimette la sua scelta nelle mani del vescovo di Assisi e agisce in totale sintonia con lui, riconoscendolo come il successore degli apostoli, colui che guida la Chiesa locale in nome di Dio. Se si comincia a separarsi dalla Chiesa, oltre allo scisma, finisce per venir meno anche l’ortodossia, perché non c’è nel singolo fedele la grazia dell’indefettibilità che, invece, è concessa e promessa da Cristo alla Chiesa nel suo complesso: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.
Il genio del poverello di Assisi fu appunto di amare appassionatamente la Chiesa concreta, per quanto deformata potesse sembrare, e di ubbidire umilmente al Vicario di Cristo.
Già nel XIII secolo, nell’Europa cristiana, si assistette al fiorire di gruppi di monaci e di laici che predicavano la povertà di Cristo, rinunciando all’ambiente ordinario di vita ecclesiale. Erano persone chiamate fraticelli, beghine, flagellanti, ecc. Tra loro erano anche, seppure con caratteristiche un po’ differenti, i cosiddetti valdesi. Questi gruppi nacquero per la maggior parte come rifiuto degli aspetti istituzionali della Chiesa, della sua organizzazione. Il Regno dello Spirito Santo, secondo costoro, era prossimo e avrebbe dovuto condurre al vangelo e al suo insegnamento, perché ciascuno potesse vivere la povertà e la santità volute da Cristo.
La nascita di questi ordini mendicanti determinò un sentimento diffuso contro la Chiesa romana come istituzione, troppo spesso invischiata nelle ricchezze e nel potere. Tanto ribollimento, tanta agitazione generale salì fino alla Curia romana. E così, morto Niccolò IV, dopo più di due anni di sede vacante i cardinali, sensibili al richiamo di una maggiore spiritualità ed austerità, andarono a cercare Pietro da Morrone, eremita nella zona della Maiella, e gli proposero di salire sul soglio pontificio. Finalmente un’asceta al vertice della cristianità. Ma tale scelta, alla prova dei fatti, si rivelò un fallimento. Eletto il 5 luglio 1294, Pietro da Morrone, assunto il nome di Celestino V, abdica il 13 dicembre successivo, giudicando troppo gravoso per se il peso delle responsabilità papali.
Il sogno di una Chiesa solo spirituale è una contraffazione della vera e propria “Chiesa dei Santi”, che è il termine biblico e paolino utilizzato fin dai primi secoli. I padri della Chiesa non pensarono affatto ad un concetto superbo di Chiesa, comprendente soltanto puri, così come, parlando di “Chiesa celeste”, non misconoscevano le condizione della sua esistenza sulla terra. La Chiesa gerarchica è la “Chiesa vera” che è insieme ideale e concreta, altrimenti sarebbe messo in pericolo il fondamento stesso della Redenzione, il suo carattere universale della salvezza.
Nel 1170 a partire da Lione, in Francia, comincia a predicare la povertà assoluta un certo Valdo. E’ l’inizio del movimento dei valdesi, chiamati anche “umiliati” o “poveri di Lione”. Questo gruppo comincia a predicare un vangelo solo spirituale senza alcuna autorizzazione, al punto che il vescovo di Lione gli intima di smettere di predicare. Valdo, non contento, nel 1179 si rivolge al papa, Alessandro III, che gli approva la pratica della povertà, ma gli chiede di sottostare all’autorità ecclesiastica locale per quanto riguarda la predicazione. Ribelli alle disposizioni ecclesiastiche, nel 1184 i valdesi vengono scomunicati da papa Lucio III.
In questa vicenda non possiamo non cogliere un’impressionante somiglianza con quella di San Francesco. Anche il poverello di Assisi vide approvata, nel 1210, la sua regola di povertà da papa Innocenzo III. Tuttavia, Valdo conclude la sua vicenda nell’eresia, mentre San Francesco nella santità. La differenza tra l’uno e l’altro è quella di essere nella Chiesa o meno, non solo quando il vescovo approva, accoglie e benedice, ma anche quando disapprova. E’ Gesù che da ai dodici apostoli il potere di predicare e di compiere i miracoli, la testimonianza compete a tutti i cristiani, ma la predicazione vera e propria necessita del mandato di Cristo e della Chiesa (Mt 10, 1-15), così Paolo insegna ai corinzi i vari ruoli del Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, senza che qualcuna voglia sostituirsi all’altro (1 Cor 12, 28-31) e che nessuno deve disprezzare il vescovo perché ha in sé il dono spirituale, cioè il carattere ricevuto coll’imposizione delle mani (1 Timoteo 4, 12-16).
San Francesco rimette la sua scelta nelle mani del vescovo di Assisi e agisce in totale sintonia con lui, riconoscendolo come il successore degli apostoli, colui che guida la Chiesa locale in nome di Dio. Se si comincia a separarsi dalla Chiesa, oltre allo scisma, finisce per venir meno anche l’ortodossia, perché non c’è nel singolo fedele la grazia dell’indefettibilità che, invece, è concessa e promessa da Cristo alla Chiesa nel suo complesso: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.
Il genio del poverello di Assisi fu appunto di amare appassionatamente la Chiesa concreta, per quanto deformata potesse sembrare, e di ubbidire umilmente al Vicario di Cristo.
Bibliografia
O. Capitani, “Medioevo ereticale”, il Mulino, Bologna, 1977.
M. Beonio-Brocchieri-Fumagalli, “La Chiesa invisibile. Riforme politiche-religiose nel basso Medioevo”, Feltrinelli, Milano, 1978.
D. Maselli, “Breve storia dell’altra Chiesa in Italia” Ed. Centro biblico, Napoli, 1972.
G. Falbo “Le eresie a confronto con la Bibbia”, Gruppo Biblico, Roma, 2009-2010.
M. Beonio-Brocchieri-Fumagalli, “La Chiesa invisibile. Riforme politiche-religiose nel basso Medioevo”, Feltrinelli, Milano, 1978.
D. Maselli, “Breve storia dell’altra Chiesa in Italia” Ed. Centro biblico, Napoli, 1972.
G. Falbo “Le eresie a confronto con la Bibbia”, Gruppo Biblico, Roma, 2009-2010.