Ciò che colpisce di questa polemica, che fa della morte di Ipazia il suo simbolo principale, è l’attacco all’essenza stessa della religione cristiana. Secondo la visione laicista la Chiesa non sarebbe affatto un’istituzione basata sulla legge d’amore di Cristo riportata dai vangeli, ma una vera e propria organizzazione criminale che spazzò via con violenza e sopraffazione il pacifico e benefico paganesimo. La cruenta vicenda di Ipazia, quindi, non sarebbe altro che la conferma storica di tale barbarie, infatti, secondo tutte queste pseudostoriche rievocazioni, fu Cirillo, il vescovo di Alessandria in persona, il rappresentante più autorevole della Chiesa cattolica in Egitto, ad essere stato il mandante dell’omicidio e non l’azione autonoma di un gruppo di monaci fanatici. Il fatto, poi, che Cirillo sia addirittura celebrato come santo e dottore dalle Chiese Cattolica, Copta ed Ortodossa non farebbe altro che confermare l’intento “strutturale” dei cristiani di annientare con ogni mezzo qualsiasi ostacolo.
E’ facile pensare che, in un periodo di forte vento anticlericale come quello che circola oggi in Italia, una tale presentazione dei fatti non incontri alcuna obiezione nella maggior parte dell’opinione pubblica, ma fortunatamente la storia, quella vera, si basa sui documenti e su analisi che non possono avere a che fare con gli interessi di parte. Ciò che mi ripropongo di fare è proprio una analisi storica scevra da condizionamenti per capire se davvero la cristianità nell’Egitto del IV e V secolo fosse proprio organicamente una lucida e spietata organizzazione criminale così come lascia intendere ogni rappresentazione della vicenda di Ipazia.
Le sole fonti dirette a noi pervenuteci circa tale vicenda sono tre: la testimonianza di Socrate Scolastico e gli scritti di Damascio e di Giovanni di Nikiu.
Dalla “Vita di Ipazia” in “Historia Ecclesiastica” di Socrate Scolastico leggiamo: “Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei ad impedire ad Oreste di riconciliarsi con il vescovo. Alcuni di loro, perciò, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un lettore chiamato Pietro, le tesero un'imboscata mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono completamente e poi l'assassinarono con delle tegole. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono.Questo affare non portò il minimo obbrobrio a Cirillo, e neanche alla chiesa di Alessandria. E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che permettere massacri, violenze, ed azioni di quel genere”.
Dalla “Vita di Isidoro” di Damascio leggiamo: “Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristianesimo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c'era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia il filosofo e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare”.
Ed, infine, dalla “Cronaca” di Giovanni di Nikiu apprendiamo che: "Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana [Ipazia] che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi".
Da un’analisi obiettiva di tali fonti è subito chiaro che l'unico a insinuare che Cirillo sia stato il mandante dell'omicidio è Damascio. Ma questo scrittore, che fu pagano e visse tra il 480 ed il 550 ca., non può essere una fonte attendibile in quanto è molto lontana dai fatti narrati (la morte di Ipazia risale al 415) e si esprime in un’ottica fortemente anticristiana. Diversamente Socrate Scolastico fu un contemporaneo di Ipazia (380-450 ca.), quindi ebbe tutta la possibilità di attingere a fonti precise e dettagliate. Questo storico afferma che Ipazia “Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei ad impedire ad Oreste di riconciliarsi con il vescovo (cioè Cirillo, ndr)”. Oreste era il prefetto della città e rappresentava il dispotico potere di Costantinopoli mal visto dagli Alessandrini. Socrate Scolastico era un Costantinopolitano, quindi sostenitore di Oreste ed acerrimo nemico dell’alessandrino Cirillo, avrebbe avuto tutta la convenienza ad incolparlo per screditarlo, ma invece non lo fece. Giovanni di Nikiu, invece, è di alcuni secoli dopo.
In sostanza sia Socrate Scolastico che Giovanni di Nikiu affermano che la decisione di uccidere Ipazia è stata un'idea del popolo, probabilmente di Pietro lettore, che andò ad uccidere quella donna. Addirittura Socrate Scolastico dice che fu una decisione presa dal “popolino” e che l'episodio è lontanissimo dallo spirito cristiano: “E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che permettere massacri, violenze, ed azioni di quel genere” e che "non portò il minimo obbrobrio a Cirillo, e neanche alla chiesa di Alessandria”. Si comprende bene che Cirillo non è considerato da Socrate il mandante dell’omicidio.
Giovanni di Nikiu poi dice ancora che il popolo accorse ad osannare Cirillo: "e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città", ma ciò riafferma semplicemente l'eccessiva euforia di alcuni credenti decisamente fondamentalisti e non dimostra affatto che Cirillo fosse implicato nel fattaccio.
Resta da chiedersi, comunque, come sia stato possibile che dei cristiani abbiano potuto compiere un atto tanto efferato. Come al solito per capire bene la storia ed interpretare il più correttamente possibile fatti accaduti in un passato così lontano occorre contestualizzare conoscendo il clima politico, sociale e religioso di Alessandria tra la fine del IV secolo e l’inizio del V secolo.
Attorno all’ultimo decennio del IV secolo a Roma ed in tutta la parte occidentale dell’Impero il paganesimo tornò a rifiorire, ripresero i culti pagani, i riti e le cerimonie, i templi furono riaperti. Tutto ciò fu dovuto al colpo di stato operato dal generale barbaro pagano Arbogaste che nel 391 eliminò l’imperatore d’Occidente Valentiniano II, cognato di Teodosio, l’imperatore regnante. Questi reagì immediatamente ed il conflitto di legittimità che ne derivò acquisì subito i caratteri di un duello mortale tra paganesimo e cristianesimo. I cristiani vissero nuovamente l’incubo di tornare al rango di “religio illicita” e di rischiare nuove persecuzioni. Non dobbiamo dimenticare che era ancora vivo il ricordo delle incredibili violenze ed efferatezze della sistematica persecuzione di Diocleziano, terminata solo nel 311, che fu particolarmente dura e spietata proprio in Egitto per mano del “cesare” Galerio. Solo la vittoria di Teodosio contro Arbogaste al fiume Frigido, del 394, scongiurò il ritorno al paganesimo, ma la contrapposizione tra cristiani e pagani durò ancora per molto tempo. In Egitto era ancora presente la vecchia cultura pagana, molti letterati, famiglie di notabili ed anche piccole città resteranno fedeli al paganesimo. E’ in questo quadro estremamente convulso e ricco di tensioni che dobbiamo inquadrare la vicenda dell’omicidio di Ipazia.
Sempre dal resoconto di Socrate Scolastico sappiamo che ad Alessandria si viveva un clima di estrema tensione con uccisioni e violenze di ogni tipo. Oltre alle violenze tra pagani e cristiani, nel 414 avvenne anche un massacro di cristiani ad opera di ebrei, al quale il vescovo Cirillo reagì cacciando gli ebrei da Alessandria e trasformando in chiese le sinagoghe (Socrate S., H.E.VII, 13). In un ambiente simile è logico che possano formarsi delle frange estremiste ed ad uccidere Ipazia furono proprio dei cristiani fanatici detti “parabolani”, che avevano mutuato il nome dai gladiatori che affrontavano i leoni e disprezzavano la vita. Erano dei gruppi fuori da ogni controllo, non riconosciuti dalla Chiesa, che riproponevano le stesse azioni dei Circoncellioni, fanatici legati all’eresia donatista del 340. A loro si erano aggiunti anche dei monaci fuori controllo. Il motivo scatenante fu l’odio di questi contro Oreste, sospettato di paganesimo e rappresentante del potere Costantinopolitano, che proteggeva Ipazia.
La Chiesa cristiana ed i cristiani non odiavano affatto Ipazia e non erano per niente contrariati dalla sua scienza. La filosofa è stata lodata dallo storico cristiano Socrate Scolastico, ed era stimatissima da Sinesio di Cirene, poi divenuto vescovo di Tolemaide. Quest'ultimo le scriveva: "Tu, madre, sorella e maestra, mia benefattrice in tutto e per tutto, essere e nome quant'altri mai onorato" (Epistolario, 16) e la chiamava "la donna che a buon diritto presiede ai misteri della filosofia" (Ep. 137).
L’orribile morte della povera Ipazia può solo dimostrare come una fede fanatica arrivi a negare se stessa, stravolgendo i suoi simboli più profondi (Socrate scolastico ci parla, infatti, proprio di un omicidio perpetrato in una Chiesa durante la Quaresima). Ciò che non può essere assolutamente accettato è la miserabile operazione di strumentalizzazione operata dalla propaganda laicista che si fa beffe della verità storica. Viene brandito un simbolo che non ha niente di laico (Ipazia era pagana) e che non dimostra assolutamente che la Chiesa cristiana abbia avuto un’anima fondamentalista. Le prime critiche a questa violenza ci pervengono proprio dal mondo cristiano, che si è dissociato subito dal gesto. Il tentativo di “cancellarla col fuoco” non è riuscito proprio per le testimonianze scritte, che sono appunto di parte cristiana come di parte pagana.
Il carattere della propaganda laicista è sempre lo stesso: far presa sulla gente comune propinando le solite sciocchezze antistoriche. Specie se, con libracci e filmetti, si riesce a fare dei soldini.
Fonti e Bibliografia:
Socrate Scolastico, “Historia Ecclesiastica”.
Giovanni di Nikiu, “Cronaca”.
Damascio, “Vita di Isidoro”.
Sinesio, “Opere”.
Guido Bigoni, “Ipazia Alessandrina”, Venezia, Antonelli 1887.
Paul Veyne, “Quando l’Europa è diventata Cristiana”, Collezione Storica Garzanti, 2008.