giovedì 2 febbraio 2017

Il mito della superiorità della cultura araba islamica

Uno dei miti maggiormente diffusi della storiografia più comunemente accettata, ossia quella prodotta dalla visione nettamente anticristiana ed anticattolica sorta in età illuminista, sarebbe la supposta superiorità della cultura islamica su quella cristiana. Tale convinzione nacque dal pregiudizio che voleva l’Europa cristiana precipitata in uno stato di forte arretratezza culturale dovuto all’oscurantismo ed alla grettezza della Chiesa di Roma, mentre il mondo islamico eccelleva nelle scienze e nel progresso. 


Secondo il famoso filosofo ginevrino Rousseau, illuminista vissuto nel XVIII secolo, “L’Europa era ricaduta nella barbarie delle ere più antiche” (In Peter Gay “The Enlightenment” W.W. Norton, New York 1966), l’illuminista Voltaire era convinto che dopo la caduta dell’Impero romano “la barbarie, la superstizione, l’ignoranza ricoprirono il volto della terra” (Voltaire “The best known works of Voltaire” The Book League, New York 1940) ed anche il famoso storico Edward Gibbon, massone ed anticlericale del XVIII secolo, bollò quel periodo come “l’epoca del trionfo della barbarie e della religione cristiana” (Edward Gibbon “Declino e caduta dell’impero romano”, Mondadori, Milano, 1998). Questa impostazione s’è fatta sentire anche nelle opere di alcuni storici moderni, come Daniel Boorstin o William Manchester, secondo i quali i cosiddetti “secoli bui”, cioè il periodo successivo alla caduta dell’impero romano, furono caratterizzati dall’oppressione e dall’oscurantismo delle autorità del mondo cristiano che formarono una barriera allo sviluppo delle conoscenze.

Tutte queste affermazioni nascono da un evidente malafede che è stata alimentata da un palese sentimento anticlericale. Un esempio eclatante è la convinzione ancora ben radicata che il periodo storico di maggiore civiltà e progresso che abbia mai visto la Sicilia sia stato quello durante la dominazione araba. In realtà si tratta di uno dei falsi più clamorosi della storiografia moderna ad opera dell’erudito, ma falsario, Giuseppe Vella che nel XVIII secolo fabbricò un documento falso con cui giustificava la dominazione musulmana dell’isola. Tutto ciò faceva nascere il mito della Sicilia islamica, isola di concordia e progresso scientifico-culturale. Fondandosi su tale documento il famoso storico Michele Amari, convinto anticlericale e massone, perpetuò negli anni successivi il mito del periodo d’oro islamico. La storiografia moderna, con storici più obiettivi come Alessandro Vanoli, Salvatore Tramontana, ecc… ha dimostrato che in Sicilia i musulmani si comportarono come un qualsiasi vincitore che si è insediato con la forza strappando il dominio ai popoli locali. Infatti la dominazione islamica fu rigida e tutta protesa all’islamizzazione dell’isola con la creazione di un califfato islamico, la distruzione di chiese e sinagoghe e la dura sottomissione delle comunità cristiane ed ebraiche. Fu applicato l’”Aman”, un editto del califfo Omar, personaggio tristemente famoso per aver incendiato la biblioteca di Alessandria, uno dei più grandi delitti contro l’umanità. Vi erano elencati tutta una serie di obblighi e divieti, molti dei quali estremamente pesanti ed umilianti, cui erano sottoposti i dhimmi, cioè i non musulmani che vivevano nell’isola, cioè gli ebrei e i cristiani. 

Va, comunque, detto che nel mondo islamico si verificarono numerosissimi casi in cui, nonostante la condizione di “dhimmitudine”, i cristiani riuscivano a divenire persone influenti con posizioni di potere. Ma ciò non fu dovuto ad una particolare tolleranza della società islamica verso i non credenti, ma al fatto che tali persone di cultura e formazione cristiana erano in grado di fungere come abili amministratori e di ricoprire validamente cariche di governo, benché ciò fosse vietato dalla legge islamica (Moshe Gil “A History of Palestine, 634-1099” Cambridge University Press, Cambridge, 1992, p.470). 

Quello della superiorità della cultura islamica rispetto all’Europa cristiana dei “secoli bui” è un vero e proprio mito. In realtà la raffinata cultura araba islamica fu mutuata da quella dei popoli che furono assoggettati. E’ stata la cultura greco-giudaica-cristiana di Bisanzio a fornire la base per il fiorire delle conoscenze arabe. I progressi tecnologici del mondo arabo non furono dovuti che alle straordinarie conoscenze delle comunità cristiane, come quelle copte o nestoriane, di quelle persiane e hindu. Tutte popolazioni che finirono per essere inglobate dalla marea islamica. La più antica opera scientifica in lingua araba, ad esempio, è stato un trattato di medicina composto da un presbitero cristiano ad Alessandria (Samuel Hugh Moffet “A History of Christianity in Asia” Vol. I, Harper, San Francisco, 1992, p. 344). Inoltre, come spiega lo storico Marshall Hodgson, gli eruditi dhimmi tendevano a conservare la propria identità nazionale e l’originaria professione di fede senza confondersi con l’elemento arabo e ciò fa ridimensionare notevolmente il valore della tanto favoleggiata cultura araba (Marshall Hodgson “The Venture of Islam: Conscience and History in a World Civilization” Chicago University Press, Chicago 1974, p. 298). Persino la famosa architettura araba non fu che l’opera di architetti di cultura dhimmi che seppero adattare alle esigenze islamiche modelli tipici dell’arte persiana e bizantina (Rodney Stark “Gli eserciti di Dio”, Lindau, 2010, p.84). Ad esempio la grande Moschea della Roccia, riconosciuto capolavoro dell’architettura “islamica”, non fu altro che l’opera di architetti e artigiani bizantini ingaggiati dal Califfo Abd al Malik (Teddy Kollek, Moshe Pearlman ”Pilgrims to the Holy Land” Harper and Row, New York 1970, p.59). Sono molto poche le conquiste scientifiche che possono essere fatte risalire agli arabi, lo stesso Avicenna, il più autorevole scienziato e filosofo musulmano, era persiano. La portentosa, per quei tempi, medicina “araba” era frutto della scienza dei cristiani nestoriani, l’avanzatissima matematica degli arabi era, in realtà, il prodotto dell’ingegno persiano e siriaco. Basti pensare che i cosiddetti numeri arabi hanno in realtà un’origine hindu, cioè indiana. Il tanto celebrato concetto dello “zero” non è affatto arabo, ma appartiene allo straordinario sistema numerico hindu (Rodney Stark “Gli eserciti di Dio”, Lindau, 2010, p.85).

Certamente alla cultura araba musulmana va molto riconosciuto: dalla profonda conoscenza degli autori classici agli straordinari contributi nel campo della matematica e dell’astronomia, ma non è possibile storicamente considerarla superiore alla cultura dell’Europa medioevale cristiana. Anzi la dominazione islamica, anche nel momento del suo più alto culmine, ha sempre patito un’evidente arretratezza dal punto di vista tecnologico. Rispetto agli islamici gli europei disponevano di risorse e invenzioni di importanza fondamentale, come una migliore cantieristica navale, migliori trasporti, migliori sistemi di coltivazione, avevano migliori e più micidiali armi, come le balestre, migliori armature e fanterie maggiormente addestrate. Tutto ciò spiega come sia stato possibile che i crociati abbiano potuto percorrere migliaia di chilometri, sconfiggere un nemico numericamente molto superiore ed impegnare validamente l’intero mondo islamico fino a quando l’Europa è stata in grado di assicurare loro le risorse necessarie (Rodney Stark “Gli eserciti di Dio”, Lindau, 2010, p.107). Tutto ciò è stato possibile, contrariamente a quanto affermano le fandonie anticlericali illuministe, perché la filosofia cristiana medioevale era ben lungi dall’essere oscurantista, ma metteva in risalto l’armonia, l’ordine, la proporzione, cioè la razionalità del creato ed è proprio grazie a questa visione di Dio, del cosmo e dell’uomo, che nacque la scienza. Questa impostazione determinò la nascita della scienza moderna e l’avvento dei più grossi scienziati dell’era moderna, come i francescani Roberto Grossatesta e Ruggero Bacone, il sacerdote Niccolò Copernico, il vescovo Niccolò Stenone, padre della geologia e della paleontologia, gli astronomi cristiani Galileo Galilei e Keplero e tanti altri. 


Bibliografia 

R. Pernoud “Medioevo, un secolare pregiudizio” Editore Bompiani 2001;
R. Pernoud “Luce del Medioevo” Editore Gribaudi 2002;
J. Le Goff, “Un lungo Medioevo”, Dedalo 2006;
R. Stark “Gli eserciti di Dio”, Lindau, 2010;
S. Tramontana “L’isola di Allah. Luoghi, uomini e cose di Sicilia nei secoli IX-XI”, Einaudi, 2014;
A. Vanoli “La Sicilia Musulmana” Il Mulino, 2016.

2 commenti:

  1. Caro Luigi, per una volta non posso che concordare pienamente con te su una cosa: la superiorità della cultura islamica è un mito, o meglio un'invenzione.

    In effetti, sarai contento di sapere che anche pensatori atei di spicco sono della stessa idea.
    Tanto per fare un esempio, in questo video

    https://www.youtube.com/watch?v=9I2WyY_R_hA

    Sam Harris racconta proprio come non ci sia mai stata alcuna "Golden Age of Islam".

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    1. Ciao Myself, piacere di risentirti.

      Sono contento che per una volta siamo d'accordo. Certo Sam Harris non è propriamente uno storico, quindi quello che scrive va preso con le molle, ma stavolta ha visto giusto. Ovviamente sono anche cosciente del fatto che le sue conclusioni sono anche motivate da un suo profondo astio nei confronti dell'Islam. Io non nutro tale sentimento, però mi preme divulgare il fatto che quello dell'Europa cristiana medievale non fu affatto un periodo di oscurità ed arretratezza, specie nei confronti dell'Islam.

      Un saluto.

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