giovedì 28 aprile 2016

La "dottrina della scoperta"

Grazie alla segnalazione di Trinity, una frequentatrice del blog “Croce-Via” in cui intervengo anch’io, sono venuto a conoscenza di una curiosa iniziativa da parte di un certo “Romero Institute”, una non meglio identificata associazione autodefinitasi “Cristicola” (?). L’iniziativa sarebbe quella di proporre una petizione on line per convincere il Papa, ossia il vescovo di Roma, Francesco, a misconoscere una fantomatica “dottrina cattolica della scoperta” che sarebbe stata legittimata da alcune bolle papali del XV secolo. Reperibile su You tube c’è addirittura un video che sciorina tutta una serie di accuse contro la Chiesa cattolica colpevole di aver causato lo sterminio dei nativi americani del Nord America ed ad aver dato ai vari governi Statunitensi, con questa “dottrina della scoperta”, la legittimazione morale delle loro azioni di conquista e saccheggio. Onestamente di questa “dottrina della scoperta” non ne avevo mai sentito parlare ed indagando più a fondo ho scoperto che all’indomani dell’elezione del nuovo papa, Francesco, la Nazione Onondaga, una delle cinque nazioni indiane del ceppo irochese, originaria dello Stato di New York, gli avrebbe addirittura rivolto un appello affinché fosse revocata questa famigerata “dottrina della scoperta”. Ma cos’è questa dottrina?

Secondo il parere di questo “Romero Institute” e dell’“Indian Country Today Media Network.com” questa dottrina che affermerebbe il diritto dei conquistatori cristiani di sottomettere, schiavizzare e depredare le terre e le popolazioni pagane, sarebbe stata concepita da papa Nicola V nel XV secolo ed esposta in due bolle pontificie, la "Dum Diversas" del 1452 e la "Romanus Pontifex" del 1454. Successivamente anche papa Callisto III avrebbe ribadito gli stessi principi nella bolla “"Inter Caetera" nel 1456. Ma c’è di più, questa “dottrina della scoperta” sarebbe stata anche la base giuridica per far affermare alla Corte Suprema degli Stati Uniti, nel 1823, la superiorità dei diritti dei cristiani, degli ebrei e dei musulmani rispetto a quelli dei pagani, cioè gli indigeni americani. Tutto ciò avrebbe legalmente giustificato il colonialismo e da cui ancora derivano le attuali legislazioni che riguardano le popolazioni indigene.

Seppure appare una teoria incredibile, per molta parte della storiografia laicista lo sterminio degli indiani d’America, le fiere nazioni indigene native delle pianure del Nord America, sarebbe stato causato da papa Niccolò V e dalla sua “dottrina della scoperta”. Prima gli inglesi, e successivamente gli statunitensi, hanno potuto conquistare l’America del Nord e ridurre in schiavitù i suoi originari abitanti perché autorizzati dal papa. La crudeltà del famoso generale Custer, le stragi di Sand Creek o di Wounded knee, tutto da addebitare alla responsabilità del Vaticano.

Non c’è limite alla follia laicista, se è rivolta verso la Chiesa Cattolica, ogni accusa, anche la più assurda ed improbabile viene tranquillamente propugnata e diffusa come se niente fosse.
Le bolle del XV secolo dei papa Niccolò V e Callisto III non presuppongono, né teorizzano alcuna “dottrina della scoperta”, ma devono essere analizzate contestualizzandole nel preciso momento storico in cui furono emanate. Innanzitutto in quegli anni, dal 1452 al 1456, nessuno ancora sapeva dell’esistenza del continente americano e in quelle bolle non si parla minimamente di nuove scoperte, ma vi viene conferita al re del Portogallo, Alfonso V, l'autorizzazione a conquistare e soggiogare le coste atlantiche dell'Africa Nord Occidentale, a quel tempo già ampiamente conosciute. Quindi non hanno nessun legame con l'espansione dei paesi europei in Nord America. 

Per capire i motivi di questi pronunciamenti pontifici è necessario, come al solito, contestualizzare i documenti e non sparare sentenze come fanno i laicisti. Il XV secolo era profondamente dominato dalla paura dell'irrefrenabile espansione della marea ottomana che nel 1453 espugnò persino Costantinopoli, in un'orrenda strage, ponendo fine al millenario impero bizantino ed abbattendo il culto cristiano nella famosa basilica di Santa Sofia che fu trasformata in una moschea. Tutto ciò provocò una fortissima impressione e sgomento in tutta la cristianità al punto che quando le armate ottomane si misero in marcia verso nord nel cuore dell'Europa, dove arrivarono fino a Vienna, e ad occidente lungo la costa africana del mediterraneo, arrivando fino ai confini del Marocco, sorse un allarme generale tra tutte le forze cristiane con il Papa come aggregante elemento centrale. Le bolle di Niccolò V e Callisto III devono essere inquadrate nell'ottica della difesa della cristianità, e questo anche nei territori africani. Certamente questi papi esagerarono nell'incoraggiare e ritenere necessaria la riduzione in schiavitù di chi non fosse cristiano, ma si trattò di un'enormità che restò un caso isolato. E’ assurdo ipotizzare l’ufficializzazione di una “dottrina” allo sfruttamento ed alla schiavitù, già precedentemente Papa Eugenio IV, con una bolla del 1434, la "Sicut Dudum", aveva preso le difese dei nativi delle isole Canarie, da poco scoperte dagli iberici, imponendo loro la liberazione degli schiavi pena la scomunica entro 15 giorni dalla conoscenza della lettera. Successivamente la Chiesa ha ribadito la condanna della schiavitù e propugnato l'abolizionismo in numerosi documenti papali nel 1434, 1462, 1537, 1591, 1639, 1741, 1839, 1888, 1890 e 1912. In particolare di quegli anni la lettera di Pio II, Rubicensem, del 1492, in cui il Papa ricorda al vescovo della Guinea portoghese che la schiavitù dei neri è un “magnum scelus”, cioè un grande crimine, oppure ancora la bolla “Sublimis deus” di papa Paolo III, del 1537, in cui viene affermato che non è lecito a nessuno privare della libertà e delle proprietà gli indiani e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione. Le parole del papa sono chiare ed inequivocabili, per chi riduce in schiavitù e depreda c’è la scomunica: 

Prestando attenzione a che gli stessi Indiani, anche se sono al di fuori del grembo della Chiesa, non siano stati privati o non stiano per essere privati della loro libertà o del dominio sulle loro cose, poiché sono uomini e per questo capaci di fede e di salvezza, o a che non stiano per essere ridotti in schiavitù, [...] desiderando reprimere tanto infami misfatti di empi di tal fatta, [...] diamo mandato [...] affinché [...] sotto pena di scomunica come da sentenza pronunciata [...], con più grande severità tu impedisca che in nessun modo presumano di ridurre in qualsiasi modo in schiavitù gli Indiani di cui sopra, o di spogliarli dei loro beni

Ma la pseudostoriografia anticattolica non si arrende e molto spesso viene citata una bolla di papa Alessandro VI Borgia, la “Inter Caetere” del 1493, che avrebbe autorizzato la conquista e lo sfruttamento degli indigeni anche nel nuovo mondo. Niente di più falso, quella bolla non fece altro che organizzare l’espansione della Spagna e del Portogallo, ma non si trattò di un riconoscimento di autorità, venne concessa a quei regni la responsabilità di portare il messaggio di Cristo in territori che il papa di allora, secondo la mentalità dell’epoca, riteneva comunque essere dei feudi della Chiesa. Disposizioni che, tra l’altro, vennero superate dal trattato di Tordesillas del 1494 tra Spagna e Portogallo con il quale, senza alcuna autorizzazione della Chiesa, le due potenze si spartirono le rispettive sfere d’influenza. La prova che la Chiesa premesse affinché fosse primariamente portato rispetto per gli indigeni e per le loro proprietà è riscontrabile dal comportamento dei regnanti spagnoli. Ad esempio nel 1501 la regina Isabella detta una Istruzione al governatore delle Indie, Nicolas de Ovando, affinché sia rispettati i diritti degli indigeni dai soprusi spagnoli e che l’evangelizzazione di quei popoli sia condotta senza alcuna costrizione (J. Dumont “La regina diffamata” Sei, Torino 1992, p. 125), oppure l’incriminazione per tortura e strage che dovette affrontare il governatore di Cartagena in Colombia, Pedro de Heredia, da parte dell’imperatore di Spagna Carlo V. I vescovi dell’America spagnola si appellavano continuamente alle corti spagnoli per denunciare i casi di schiavitù fino ad ottenere, nel 1542, nuove leggi che la proibivano, tra cui il Còdigo Negro Espagnol che mitigava le condizioni degli schiavi negri africani importati in America. Tutto ciò provocava continui conflitti tra le autorità religiose e civili (R. Stark “La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza” Ed. Lindau Torino 2006, pgg. 299-230).

Niente di tutto ciò accadde nel Nord America dove la Chiesa Cattolica non esercitò alcun tipo d’influenza. Nel 1497 il re d’Inghilterra, Enrico VII, autonomamente e senza alcuna autorizzazione del papa, incaricò il navigatore italiano Giovanni Caboto di condurre una spedizione esplorativa del territorio nord americano che raggiunse il Canada. Il successore Enrico VIII, come è noto, rompe ogni legame con la Chiesa di Roma e fonda una sua personale Chiesa. Sua figlia Elisabetta I, quale capo della Chiesa del padre, cioè la Chiesa d’Inghilterra, si assunse ogni prerogativa in merito al possesso delle terre d’oltreoceano e diede inizio alla colonizzazione inglese del continente nord americano. Dal 1607 fino al 1732 il dominio inglese fu rappresentato dalle Tredici Colonie, quando queste si ribellarono all’Inghilterra e fondarono gli Stati Uniti d’America. I nuovi padroni, infine, condussero la sistematica penetrazione nel continente nord americano colonizzandolo tutto fino alle coste del Pacifico. Mentre laddove Spagnoli, Francesi e Portoghesi fondarono le loro colonie l’elemento indigeno, grazie all’influenza cattolica, si è conservato, nelle terre del Nord America le nazioni indiane sono state letteralmente spazzate via e vi ha imperversato la schiavitù. In quelle terre invece della fantomatica “dottrina della scoperta” vigeva il cosiddetto “Codice delle Barbados” la legge britannica del 1661 che legittimava la schiavitù in tutte le sue colonie e che equiparava giuridicamente lo schiavo al capo di bestiame. 

In conclusione penso di poter dire che questa iniziativa della petizione è una grossa "boutade", una sciocchezza inventata per gettare fango sulla Chiesa, una violenza alla storia e al buon senso, una patetica dimostrazione di becero anticattolicesimo. Siamo di fronte all’ennesima operazione di mistificazione della storia ad opera della storiografia laicista-illuminista e protestante che secondo il famoso storico francese Pierre Chaunu ha prodotto la leggenda dello sterminio degli indios da parte della Spagna cattolica per coprire l’orrenda vergogna del massacro americano dell’Ovest del XIX, l’inconfessabile crimine dell’America protestante. 


Bibliografia

J. Dumont “La regina diffamata” Sei, Torino 1992; 
Wood, Betty “The Origins of American Slavery: Freedom and Bondage in the English Colonies” New York: Hill and Wang, 1997;
R. Ivaldi “Storia del colonialismo”, Newton, Roma 1997;
R. Stark “La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza” Ed. Lindau Torino 2006.

34 commenti:

  1. Salve,

    dal momento che la stessa sua informatrice forumista ha brandito fieramente pezzi del suo post quasi fosse un'arma di difesa e offesa al mio indirizzo (chiamasi *apologetica cattolica*) ci terrei a precisare che ho preso la notizia da questo articolo:

    http://www.huffingtonpost.com/2014/09/10/catholic-church-doctrine-of-discovery_n_5793840.html

    Ecco una breve citazione:

    In November, Sister Maureen Fiedler hand-delivered a letter to Pope Francis’ ambassador in Washington, D.C., urging the pontiff to renounce a series of 15th-century church documents that justify the colonization and oppression of indigenous peoples.

    She doesn’t know if the letter made it to the Vatican. But she’s hopeful a recent resolution by the Leadership Conference of Women Religious will spur the pope to repudiate the centuries-old concept known as the “Doctrine of Discovery.”

    (mia enfasi)

    Come si vede, se anche solo metà di ciò che scrive l'articolo è vero, allora l'iniziativa di denunciare questa fantomatica Dottrina della Scoperta è partita da... ...una suora (!!!), proprio la miglior ''evidenza'' che ci voleva della sua (ancor più fantomatica) tesi che ''se è rivolta verso la Chiesa Cattolica, ogni accusa, anche la più assurda ed improbabile viene tranquillamente propugnata e diffusa come se niente fosse.''

    Ma si sa, i folli apologeti cristiani insisteranno sempre sull'assurdo quando la realtà per loro è troppo assurda da accettare.

    Cordialmente,

    Giuseppe

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    1. Caro Giuseppe,
      molto probabilmente la notizia dell'Huffingtonpost sarà stata pure vera, ma resta il fatto che la "Dottrina della scoperta" non esiste, come ho dimostrato nel mio articolo. La Comunità cattolica di Loretto, in Pennsylvania, US, è un'isola cattolica in un mare protestante. Molto probabilmente la suora sarà stata influenzata dalla propaganda anticattolica molto forte in quel paese.

      La forumista che mi ha segnalato questa storia ha avuto il bisogno di capire se fossero veramente fondate le accuse di parte laicista/miticista. Tutto ciò giustifica ampiamente il fatto che la mia "tesi" è in realtà una certezza.

      Un saluto.

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    2. Mi sto chiedendo se sto di fronte ad un caso di genetic fallacy (''sono tutti protestanti indottrinati 'perciò' anche la suora che vive in mezzo a loro lo è'') oppure ad un caso di fallacia del possibiliter ergo probabiliter, alla luce della sua capacità di leggere nella mente della suora.

      Non penso ci sia bisogno di sbirciare tra bolle papali quando è evidente che la distruzione delle civiltà precolombiane è frutto diretto anche della violenza ispirata dai testi sacri.

      Ma già, dovrei notare che qui per ignorare testi come Deuteronomio 6 o come Luca 14:26 sia sufficiente la parola magica ''contestualizzare nel preciso momento storico'' in cui furono scritti.

      Cordialmente,

      Giuseppe

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    3. Cio non toglie che Papi come Innocenzo XI Odescalchi praticassero attivamente il commercio di schiavi . Il caso fu affrontato da Monaldi e Sorti nel libro Imprimatur ; i documenti probabori sono depositati in un studio leggale di Vienna , in quanto la pubblicazione di Imprimatur costò ai due autori l' esilio editoriale dall' Italia . zio ot

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    4. Caro Giuseppe,
      fai bene a farti queste domande, è bello indagare e cercare di scoprire come sono andate le cose, ma non solo in un verso, così non è corretto.
      La suora può scrivere e fare quello che vuole, ma non rappresenta la Chiesa (che, a proposito, ha pure risposto facendo notare la montagna di documenti che provano l'inesistenza di una dottrina del genere).

      La distruzione delle civiltà precolombiane è un altro mito della storiografia laicista. Ovviamente non nego che violenze ed abusi ci siano stati, ma le popolazioni del centro-sud america si sono conservate e si sono fuse con l'elemento europeo, spagnolo e portoghese. Tutto l'opposto che avvenne nella parte nord del continente americano investito dalla conquista dei regni protestanti, dove dell'originaria popolazione non ne restano che pochissime tracce.

      Quanto ai testi sacri riportati, temo che per la loro esatta comprensione non sia sufficiente solo la contestualizzazione, ma anche la conoscenza della lingua e della mentalità in cui furono composti. Ad esempio sai cosa significa per un ebreo del I secolo la parola "odiare"?

      Un caro saluto

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    5. Ciao Barionu,
      mi dispiace, ma non ho alcuna conferma di ciò che dici. Papa Innocenzo XI al contrario fu un grande moralizzatore, condannò severamente l'usura e cercò perfino di giungere all'abolizione totale del commercio degli schiavi. Ne parlano in tal senso addirittura siti laici come Wikipedia e l'enciclopedia Treccani

      https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Innocenzo_XI

      http://www.treccani.it/enciclopedia/papa-innocenzo-xi_(Dizionario-Biografico)/

      Il libro di Monaldi e sorti è un romanzo e come tale va considerato.

      Un saluto.

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    6. Al contrario , il libro di Monaldi e Sorti è basato su documenti ufficiali : tanto è che la canonizzazione a Santo per Innocenzo XI fu cestinata proprio l' anno di pubblicazione del libro : guarda che è una cosa di cui ha parlato tutta l' Europa. Il commercio di schiavi era solo una delle accuse . Monaldi e Sorti scrivono solo dopo accurate ricerche di archivio ; ad esempio , nel loro 4 romanzo , Mysterium , hanno dimostrato che gran parte della mala fama di Alessandro VI Borgia è un falso costruito con molte cura . . Wiki Italia è laica quanto Bruno Vespa assomiglia alla Hunziker . I dettagli per Imprimatur http://www.lundici.it/2011/12/il-libro-proibito-il-caso-imprimatur/

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    7. Quali documenti ufficiali? Il link che mi hai segnalato non li cita. Il libro di Monaldi e Sorti è semplicemente un romanzo come tanti, come il codice da Vinci, ecc. Basta parlar male della Chiesa e dei papi che il successo è assicurato.

      Io desidero parlare di storia, quella fatta con i documenti ufficiali, di cui si conosce l'identità e i contenuti, il resto è propaganda.

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    8. Guarda che i documenti sono riportato nel libro cartaceo Imprimatur . E i primi a prendere molto sul serio il libro sono stati gli inquirenti della Santa Sede , tanto da far saltare la Canonizzazione di Innocenzo XI prevista per quell' anno . zio ot

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    9. Tanto per essere più precisi, a conferma che stiamo parlando solo di un romanzo, riporto questa illuminante risposta data dai due autori Monaldi e Sorti ad un'intervista del 2002, anno d'uscita del libro:

      "Avete sottoposto la vostra scoperta a degli storici?
      MONALDI e SORTI: Sì, ma ancora non abbiamo avuto risposte. Comunque teniamo a dire che il nostro libro è e resta un romanzo. Se avessimo voluto scrivere di storia avremmo scritto un saggio. Nel nostro lavoro ci siamo imbattuti in questa documentazione: agli storici il compito di fare chiarezza. Teniamo a specificare anche che Imprimatur non vuole assolutamente avere una valenza anticlericale o anticattolica. Riteniamo che la Chiesa sa fare i conti con il suo passato: se ciò che abbiamo trovato corrisponde al vero, non resterà nascosto"
      .
      (http://www.30giorni.it/articoli_id_190_l1.htm)

      E' giusto il caso di ricordare che dal 2002, da ben 14 anni, questa storia non ha stimolato nessun lavoro degli storici. Stiamo parlando di fuffa

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    10. Ma che il libro sia un romanzo nessuno lo nega . Sono i documenti ad essere reali . E ti tipeto , i primi a prenderli sul serio sono stati gli inquirenti che lavoravano alla canonizzazione di Innocenzo XI . guarda che se ne è parlato molto , Monaldi e Sorti sono gli scrittori Italiani più letti all' estero insieme a Eco :http://www.attomelani.net/

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    11. Mio caro Barionu, non esiste alcuna prova di quello che dici. Non c'è prova che la canonizzazione sia saltata per un romanzo. Si producono continuamente libri che vomitano letame sulla Chiesa ed il Vaticano e tu pensi che un romanzo su fatti del XVII secolo possa essere così temuto?

      E, poi, si stava parlando dell'esistenza o meno della "dottrina della scoperta" e non credo che questo romanzo vi abbia qualche attinenza.

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    12. Ho visitato anche quest'ultimo link. Stessa storia, nessuna indicazione precisa di documenti. L'unica notizia che si ricava sarebbero dei libri mastri della casa Odescalchi, quindi niente a che vedere col Vaticano, che svolgeva attività bancaria. Per mera supposizione di due giornalisti senza alcun titolo accademico in materia si pensa ad un appoggio finanziario di Innocenzo XI agli Orange. Dal 2002 nessuno storico ha mai confermato tali supposizioni e, inoltre, niente, ma proprio niente che dimostri il favore del papa al commercio degli schiavi.

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  2. Si vede che non sei informato su il caso Imprimatur : i documenti , al pari di quelli di Fittipaldi e Nucci , ci sono . Ma poi bisogna vedere come vengono utilizzati . zio ot

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    1. Parole, solo parole, niente di scientificamente verificabile.
      Mi dispiace.

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    2. ok, lasciamo decidere ai Tribunali ... zio ot

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  3. Caro Luigi,

    la suora chiedeva (a giudicare dall'articolo) una sconfessione più netta di tale dottrina sul piano ideologico, non semplicemente indicare la lista di bolle successive che hanno condannato, a posteriori, il fatto specifico in sè del genocidio.

    Rinominare cosa significa 'preservazione delle tracce'' di una civiltà non cambia il fatto che quella civiltà si è estinta perchè considerata idolatra e pagana dai conquistatori. E puntare il dito sull'equivalente genocidio dei pellirossa ha tutta l'aria di essere un'altra fallacia logica, del tu quoque (''i protestanti fecero di peggio 'perciò' i crimini cattolici sono giustificati'').

    Il tuo appello all'autorità accademica contro barionu trova un'obiezione nello stesso articolo dell'huffington post, laddove conclude citando un professore accademico:

    But this pope should act, decisively too, said Philip Arnold, a Syracuse University religious studies professor who has worked with a Syracuse, N.Y.-based study group on the doctrine.

    “It would be helpful for the church to throw out her sin of colonialism,” he said. “Some acknowledgment of the pain of the past would be helpful.”

    (mio grassetto)

    Per quanto riguarda Luca 14:26, io stesso ho letto la conclusione del prof Hector Avalos in merito, nel suo The Bad Jesus :

    Non esistono forti ragioni linguistiche o storiche per negare che la parola greca miseō in Luca 14:26 significa ciò che intende ovunque altrimenti la troviamo nelle scritture greche. Non esistono convincenti ragioni per negare l'umanità di Gesù rimuovendo la sua abilità ad odiare, come pure ad amare. Coloro che negano un significato letterale per miseō non hanno presentato nessun caso dove ogni significato comparativo per miseō è chiaro oppure richiesto su basi o filologiche o contestuali. Tutta l'evidenza comparativa dall'antico Medio Orieente (Elefantina, Leggi di Hammurabi, papiri magici coptici, ecc.) coerentemente mostra che gli equivalenti linguistici del greco miseō significano l'opposto di amore nel suo senso pienamente emotivo. L'atto espresso da miseō implica rigetto, ripudio, e può risultare in un divorzio tra altre azioni. Ma miseō non è la parola per quelle azioni.
    È perciò ragionevole concludere che la parola miseō in Luca 14:26 significa ciò che Sutcliffe pensò che significasse: ʿ[il] reale odio malevolo mediante cui un uomo desidera del male per il suo nemico e perfino desidera e, se possibile, realizza la sua distruzione.ʾ I bersagli di tale distruzione potevano includere membri di una famiglia idolatra in Deuteronomio 13, dove è comandato che i membri della famiglia estinguano ogni naturale sentimento affettivo. Se Gesù conosceva e seguiva una tradizione del genere, allora non dovrebbe essere sorprendente che Gesù richiederebbe lo stesso, specialmente dal momento che lui indica anche che alla fine distruggerà, brucierà o torturerà coloro che non aiuteranno i suoi seguaci perfino se essi capitano di essere membri della famiglia dei suoi seguaci (Matteo 25.41-46; si veda Deuteromonio 32.41-42).

    (The Bad Jesus, pag. 88, mia libera traduzione).

    Cordialmente,
    Giuseppe

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    1. Ciao Giuseppe,
      ripeto ancora che la suora può dire quello che vuole, resta il fatto che la "dottrina della scoperta" non è mai esistita. La Chiesa non ha mai avuto a che fare con lo sterminio dei nativi del nord America, ma ha sempre sostenuto la necessità che gli abitanti del nuovo modo fossero tutelati. Questo è un fatto certo, documentato, quindi non ho alcun motivo di dover nascondere alcunchè spostando l'attenzione sulle colpe di altri.

      Mi dispiace per il prof. Hector Avalos, ma ha preso un bel granchio. Infatti esistono fondatissime ragioni per ritenere che la parola greca misos sia da leggere alla luce del sottofondo linguistico aramaico che affiora nel greco dei Vangeli. E' ovvio che lingua originaria degli autori e la loro formazione, in particolare per le frasi di Gesù, riflettano il modo di pensare ebraico la semantica aramaica.
      Ora, in ebraico e aramaico non si ha il comparativo, ma si usano solo le forme assolute. Così, per dire “amare meno” si adotta l’estremo opposto all’“amare”, cioè l’“odia- re”.
      La frase può essere più verosimilmente espressa con:
      «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre..., non può essere mio discepolo». Oppure si potrebbe anche tradurre: «Se uno viene a me e mi ama meno di quanto ami suo padre...».

      In questa dichiarazione ritroviamo una componente caratteristica della predicazione e delle scelte di Gesù: la sua è una chiamata che esige un impegno forte, un distacco da tante abitudini. Per esprimere questa esigenza egli non esita a ricorrere al paradosso: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25).

      Un saluto

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    2. Buongiorno Luigi,
      il fatto grave in sè, che a mio parere l'azione della suora (o chi per lei) ha evidenziato, è che se è vero che le bolle papali successive hanno mostrato a posteriori maggiore magnanimità verso gli schiavi ecc. (come tu documenti abbastanza bene), d'altro canto è altrettanto vero e piuttosto sconcertante che il Vaticano non intende affatto sconfessare esplicitamente le bolle pontificie "Dum Diversas" del 1452 e la "Romanus Pontifex" del 1454 (limitandosi a puntare il dito alle bolle successive, proprio come fai tu) per un motivo che mi sfugge (perchè ciò esporrebbe apparentemente la Chiesa ad una perdita di autorevolezza o di legittimità?). Ma allora si insinua a questo punto il legittimo sospetto, legittimo almeno per me, che il vero obiettivo del Vaticano sia altro, nel suo rifiuto di sconfessare esplicitamente la "Dum Diversas" e la "Romanus Pontifex": e cioè che la Chiesa non ha mai rinunciato nè mai lo farà a rivendicare segretamente ciò che quelle bolle pontificie affermano: ovvero ''il diritto dei conquistatori cristiani'' sulle ''terre e le popolazioni pagane''. Questo è genuino imperialismo, al di là se rimuovi le parole ''sottomettere, schiavizzare, sfruttare'', ecc. Sul nesso tra la dottrina della scoperta ravvisata in quelle due bolle pontificie e l'imperialismo protestante hai ragione tu nel negarlo, anche perchè specialmente per i protestanti, è più che sufficiente la sola Scriptura a giustificare ogni tipo di massacro, la violenza essendo chiaramente presente negli stessi testi sacri.

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    3. Caro Giuseppe,
      dire che le bolle posteriori abbiano mostrato maggiore magnanimità non mi sembra corretto. Innanzitutto tali documenti non mostrano solamente una "maggiore gananimità, ma condannano apertamente la schiavizzazione degli indigeni ed una di queste, la “Sublimis deus” di papa Paolo III, del 1537, in cui viene affermato che non è lecito a nessuno privare della libertà e delle proprietà gli indiani e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione, è addirittura anteriore alle due bolle incriminate.

      La Chiesa non si affatto limitata ad indicare semplicemente le bolle successive, ma ha ribadito che quei documenti, anteriori e posteriori, sconfessano ampiamente alcune indicazioni presenti nella "Dum Diversas" e nella "Romanus Pontifex". Queste bolle si riferivano esclusivamente ai territori del Nord Africa e furono motivate dalla grande paura per l'avanzata dell'Islam, ebbero un valore esclusivamente contingente e non generale.

      Quanto alla supposta giustificazione della violenza e del massacro presente nei testi sacri credo che tu ti stia sbagliando.
      Per due motivi:
      a) Tale giustificazione non esiste;
      b) I regni protestanti procedettero tranquillamente a sottomettere i territori conquistati nel Nuovo Mondo in quanto poterono facilmente asservire le varie Chiese riformate ai voleri del potere laico.

      Un saluto

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    4. Ciao Luigi,
      allora evidentemente, se è vero quanto dici (che le bolle successive sconfessano le bolle che corrispondono alla ''dottrina della scoperta'', ovvero la Dum Diversas ecc), ci sarebbe una contraddizione con la richiesta della suora (e company) di sconfessare il contenuto di tali bolle, se non altro perchè tali bolle rischiano ancora di far fraintendere ciò che tu vuoi far risalire ad un fatto ''esclusivamente contingente'' per il malcelato e mal sopito desiderio della Chiesa di legittimare ancora la propria presenza in America Latina (quasi fosse appunto un diritto di conquista). Non vedo niente di male in un maggior chiarimento da parte del Vaticano, nella stessa necessità di un più netto mea culpa di fronte ai discendenti degli indios, insomma. Ciò che tu hai aggiunto (vedere congiure, sospetti e doppi fini dappertutto) sa molto di genuino cospirazionismo e di finto vittimismo appunto... ...apologetico (tirando in ballo una fantomatica propaganda protestante sul nesso tra bolle pontificie e addirittura Buffalo Bill e via dicendo).

      Non vedo perchè, solo perchè l'America non era stata ancora scoperta, i lettori cattolici della Dum Diversas (o della Romanus Pontifex) avevano la delicatezza di distinguere tra i ''territori del Nord Africa'' e qualunque altro territorio del pianeta che fosse altrettanto vulnerabile sul piano politico o militare (o raggiungibile sul piano geografico). Cadi ancora nella fallacia logica del tu quoque quando vuoi giustificare in qualche modo l'imperialismo cattolico di quelle due bolle pontificie con la scusa che l'Islam era minacciosamente alle porte. Una guerra può essere 'giusta' se è per legittima difesa, ma difficilmente posso ritenere una ''difesa'' la colonizzazione di 'territori del Nord Africa'' fatta ''nel nome di Dio'' e con l'approvazione del pontefice. Sembra che tu non riesca a cogliere la differenza deliberatamente. Perchè?

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    5. Caro Giuseppe,
      mi era sembrato di essere stato chiaro, non soltanto le bolle successive sconfessano la Dum Diversas e la Romanus Pontifex, ma anche documenti precedenti. Ciò dimostra chiaramente che la Chiesa ha sempre avuto l'obiettivo di insegnare il rispetto della dignità umana di chiunque. Quelle due famigerate bolle si riferiscono a luoghi e periodi ben precisi ed è errato considerarle come istitutrici di un concetto generale. Ripeto ancora, quindi, che in quel periodo tutta l'Africa stava cadendo sotto l'orbita islamica dell'Impero Ottomano e quella guerra autorizzata dal papa aveva solo lo scopo contingente di arginare la marea islamica. I documenti dimostrano ampiamente questa visione e, francamente, trovo incomprensibile il tuo insistere su questo punto.

      Un saluto.

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  4. E qui torniamo alla giusta interpretazione da dare a Luca 14:26 per il suo lettore originario (al di là se un ipotetico Gesù storico avesse o meno pronunciato quel detto).
    Perchè il prof Avalos indirizza esattamente il tuo punto.

    Come io tenterò di mostrare, perfino quei casi dove DCH [the Dictionary of Classical Hebrew] comprende sh’ [il termine ‛odio’ in ebraico] a veicolare un significato più mitigato (ad esempio, Prov. 25.17) non impediscono una comprensione più intensa o più aspra.
    (pag. 59, mia rapida traduzione)

    Vediamo tutti i casi sollevati dagli apologeti cristiani come vengono smontati uno dopo l’altro:

    Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni. Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile.
    (Genesi 29:30-31)

    Si può tradurre con pari diritto anche come:

    Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele invece di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni. Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile.
    (Genesi 29:30-31)

    dove non figura un confronto di grado bensì uno di esclusione.

    Parimenti in Ebrei 11:25 :

    ...preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato.

    dove Mosè esclude del tutto una vita di piaceri in Egitto, non semplicemente la ritiene di minor valore rispetto all’Esodo.

    In Romani 9.13 invece ‛odiare’ si può rendere come ‛non amare’ :

    come sta scritto:
    Ho amato Giacobbe
    e ho odiato Esaù.


    dal momento che lì non figura nemmeno un confronto di grado nè esplicito nè implicito (la classica eccezione che conferma la regola).

    E ancora Proverbi 13:24 :

    Chi risparmia il bastone odia suo figlio,
    chi lo ama è pronto a correggerlo.


    Innanzitutto, come in altri casi esaminati sia in ebraico che in greco, anche Prov. 13.24 considera ‛amore’ come l’opposto di ‛odio’. In secondo luogo, il passo offre un esempio di qualcosa che un padre fa se ama suo figlio, e qualcosa che un padre fa se odia suo figlio. Un’espressione del genere non potrebbe essere più iperbolica delle descrizioni di altre aspettate azioni affettive (ad esempio, abbracciare, baciare) o azioni di odio (ad esempio stuprare) da un parente. ... Nulla sull’usare un bastode impedisce un significato letterale oppure non-iperbolico per amore e odio in questo proverbio.
    (ibid., pag. 62, mia rapida traduzione)

    Rimane Proverbi 25.17 :

    Metti di rado il piede in casa del tuo vicino,
    perché non si stanchi di te e ti prenda in odio.



    Nulla in questo contesto impedisce un significato più forte e nulla richiede un significato più mitigato senza più informazione circa il contesto. Dopotutto, visitare un vicino potrebbe comportare attività che potevano scatenare odio. L’Istruzione di Any, un testo sapienziale egizio risalente alla Ventunesima o alla Ventiduesima Dinastia (circa 11-8 secoli AEC) percepisce potenziali problemi: ‛Non entrare in casa di qualcuno / Finchè egli non ammetta te e non ti saluta / non curiosare attorno a casa sua / che il tuo Occhio osservi in silenzio / Non parlare di lui fuori’. Nota anche il Decimo Comandamento: ‛Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo’.(Esodo 20.17; si veda Prov. 3.29).
    (pag. 62, mia rapida traduzione)

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  5. Avalos passa poi in rassegna tutti i testi in aramaico del I secolo, per lo più atti di divorzio, dove confuta l’idea che ’odiare’ sia semplicemente un sinonimo legale per ‛divorzio’ (attenuandone la valenza emotiva).

    Il suo argomento è il seguente:

    A. Dal momento che miseō è interpretato letteralmente come l’opposto di ‛amare’ dovunque nelle scritture greche quando quelle parole sono accoppiate,
    B. E dal momento non esiste nessun’altra indicazione che miseō è non letterale in Luca 14.26,
    C. Allora miseō probabilmente significa l’opposto di ‛amare’ in Luca 14.26.
    D. L’opposto di ‛amare’ è ‛odiare’.

    Ma supponiamo che Luigi abbia ragione quando scrive:

    per dire “amare meno” si adotta l’estremo opposto all’“amare”, cioè l’“odia- re”.

    Questo innescherebbe la fallacia del ragionamento circolare:

    ...pochi, se qualcuno, degli stessi interpreti che vogliono trattare ‘odiare’ comparativamente in Luca 14.26 faranno così per ‘amare’. Si potrebbe parimenti ipotizzare che ‘amare X’ = ‘odiare Y più di X’. Invero, esiste una grande circolarità all'opera nel dire che Gesù non può intendere odio in Luca 14:26 perchè egli predica ‘amore’ in qualsiasi altra parte. Così, perchè non sostenere che Gesù probabilmente non intese ‘amare’ letteralmente in qualsiasi altra parte perchè egli chiaramente intese ‘odiare’ in Luca 14.26 ? Esistevano modi alternativi di descrivere l'abbandono della propria famiglia che non utilizzavano una parola così carica di significato come miseō, che soltanto confonderebbe i lettori se Gesù avesse inteso qualcosa di meno di ciò che miseō comunemente significava. Invero, i moralisti cristiani sembrano trascurare i problemi logici semantici che crea la loro difesa di Gesù. Se Gesù realmente intese dire 'odio', che altra parola avrebbe usato? Perchè usare la parola con il significato più duro quando altre parole erano disponibili? Flavio Giuseppe, per esempio, rappresenta Zorobabele mentre parla di ciò che gli uomini faranno per amore di una donna. Secondo Zorobabele, 'noi lasciammo perfino i nostri padri e le nostre madri' (ἐγκαταλείπομεν δὲ καὶ πατέρας καὶ μητέρας). Se Flavio Giuseppe può esprimere l'abbandono di padre e madre con il termine ἐγκαταλείπω, allora sicuramente Luca non doveva usare un termine di odio come miseō per esprimere la stessa azione. L'uso di miseō ha un senso migliore se Gesù letteralmente intese ciò che disse.
    (pag. 87, mia rapida traduzione)

    Cordialità,
    Giuseppe

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    1. Caro Giuseppe,
      pensavo che la mia spiegazione ti fosse chiara e che il ricorso a Giovanni 12, 25 ti avesse allontanato ogni dubbio. Purtroppo non è così.

      Se Gesù dice chiaramente che occorre odiare la propria vita su questa terra per poterla conservare per la vita eterna, ciò può solo significare che la vita terrena deve essere messa in secondo piano rispetto alle necessità del Regno di Dio, ma non deve essere totalmente ripudiata, visto che deve essere conservata per la vita eterna.
      Allo stesso modo Gesù, con un modo d'espressione tipicamente aramaico, afferma che la sua sequela deve venire prima degli affetti famigliari, ma non demonizza tali affetti.

      Vedo che mi hai citato quasi tutto il libro di Avalos, ma credo che sia un esercizio abbastanza inutile, infatti l'uso particolare che i vangeli fanno del termine greco miseo avviene alla maniera aramaica, non ebraica. Lo sbaglio di Avalos consiste proprio nel voler criticare un modo aramaico del I secolo di esprimersi, con l'ebraico biblico risalente ad epoche molto distanti.

      Quanto ai casi riportati e tratti dal Nuovo Testamento faccio delle brevi considerazioni:

      In Ebrei 11:25 non compare la parola miseo, quindi questo versetto non ha alcuna attinenza con la questione.

      In Romani 9, 13 non è affatto vero che non ci sia un confronto di grado. Infatti riportando anche il versetto precedente abbiamo:

      "le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore, come sta scritto: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù"

      Come si vede l'azione dell'odiare implica il significato di sottomettere Esaù a Giacobbe, cioè di mettere prima Giacobbe e poi Esaù, non di escluderlo.

      L'argomento di Avalos è quindi sbagliato perché non è affatto vero che negli scritti greci il termine miseo sia considerato sempre alla lettera, ma viceversa quando è posto in bocca a Gesù ha sempre il significato di "messa in secondo piano". Quindi il termine "miseo" non è affatto il contrario di amare, tantomeno che in Luca 14, 26.

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    2. Non dovrei replicare, a esser franchi, quando nel mio commento precedente c'è già la confutazione delle presunte obiezioni. Avevo scritto infatti:

      Avalos passa poi in rassegna tutti i testi in aramaico del I secolo, per lo più atti di divorzio, dove confuta l’idea che ’odiare’ sia semplicemente un sinonimo legale per ‛divorzio’ (attenuandone la valenza emotiva).
      (mio grassetto)

      Per esempio:

      La versione di Qumran (4QXIIa, ii.4-7) porta:[segue una frase in aramaico che non so rendere su tastiera] che può essere resa come 'ma se tu odi [lei], divorzi [da lei]'.
      (pag. 78, mia libera traduzione)



      Chiedo però scusa per aver trascurato il tuo riferimento al quarto vangelo (evidentemente è quello che trascuro di più) ma mi sa che stai mischiando registri (e vangeli) distinti. Giovanni 12,25 ha come oggetto l'esortazione al martirio e al sacrificio di sè. Non tratta della relazione tra un cristiano e la sua famiglia d'origine (come fa invece Luca 14:26). Perciò Giovanni 12,25 può essere criticato sul piano morale per esortare alla violenza contro sè stessi (e se un ipotetico Gesù storico aspirava al martirio può essere biasimato per lo stesso motivo).


      Del libro di Avalos ti ho fatto un riassunto solo del paragrafo che tratta le occorrenze greche ed ebraiche di miseō, in effetti. Per inciso, Ebrei 11:25 serviva a chiarire la traduzione alternativa di Genesi 29:30-31 (una traduzione dove il verbo amare non implica per necessità una differenza di grado, ma un'esclusione piuttosto perentoria di Lia a vantaggio di Rachele). Circa Romani 9,13, Avalos dice giustamente che l'allusione a Malachia 1.2-3 si può tradurre ''ho amato Giacobbe, non ho amato Esaù'' invece di ''ho odiato Esaù'. Come tu stesso indichi, è chiaro dal contesto che Dio ha amore per Giacobbe ma non ha amore per Esaù. Un odio in senso positivo verso Esaù è però riflesso nel Salmo 137.7. Non puoi usare quel passo di Romani per dare un valore comparativo a Luca 14:26, dal momento che non puoi eliminare la possibilità che l'assenza di amore di Dio per Esaù implichi odio di Dio per Esaù.

      Insisto nel dire che negli scritti greci il termine miseō è sempre inteso alla lettera come opposto di amare. L'evidenza è praticamente schiacciante in tal senso.

      Ora sembra evidente che incorri in un classico ragionamento circolare:

      A. In Luca 14.26 miseō non può significare odio letterale.
      B. Perchè il Nuovo Testamento non insegna odio;
      C. E dal momento che il Nuovo Testamento non insegna odio,
      D. In Luca 14.26 miseō non può significare odio letterale.

      Curiosamente, molti esegeti storicisti dicono che Luca 14:26 risalirebbe al 'Gesù storico' perchè presenta una lettura ''più difficile'' dell'equivalente matteano che omette miseō.

      Avendo goduto la conversazione nonostante la totale divergenza di opinioni sul tema), saluto cordialmente.

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    3. Caro Giuseppe,
      il professore Avalos può citare tutti i documenti in aramaico che vuole, ma lo ritengo un esercizio inutile. Come tutti sanno l'aramaico, al pari dell'ebraico e, in genere, di tutte le lingue semitiche, non ha le vocali, quindi uno stesso termine consonantico, cioè formato da sole consonanti, assume il suo autentico significato solo analizzando il contesto e la mentalità di chi ha scritto ed espresso quel vocabolo. Nella fattispecie di Luca 14,16 occorre, quindi, analizzare la dialettica di Gesù e il suo pensiero per interpretare correttamente la parola "odiare". Gesù è perfettamente convinto che onorare il padre e la madre è uno dei comandamenti più importanti (Mt 15, 4) che deve essere rispettato e insegna che occorre amare tutti indistintamente (Luca 10, 30-37). Dunque è impossibile che Gesù, tutto ad un tratto, contraddicendosi, si mette ad insegnare che bisogna odiare i propri genitori. Dunque il senso della parola "miseo", "odiare", usata da Luca va pensato come un tentativo di esprimere il corrispettivo di un termine aramaico usato da Gesù e che non aveva un valido corrispondente nella lingua greca. Tutto ciò avviene perché, come ti ho già spiegato e che non ripeterò più, in ebraico e aramaico non si ha il comparativo “più” o “meno”, ma si usano solo forme assolute. Così per dire “amare meno” si adotta l’estremo opposto al verbo “amare”, cioè ”odiare”, che nel linguaggio orientale non ha lo stesso significato della lingua occidentale. Infatti in italiano significa avere antipatia, considerare con disprezzo e avversione cose o persone. Nella lingua orientale significa “preferire di meno” (Gn 29, 18-31; Rm 9,13). Proprio per questo motivo le versioni moderne, come la “TILC”, traducono liberamente e bene per dare il senso alla frase di Gesù di Louca 14, 16 secondo il linguaggio aramaico: “Se qualcuno viene con
      me e non ama me più del padre e della madre, della moglie e dei figli, dei fratelli e delle sorelle, anzi, se non mi ama più di se stesso, non può essere mio discepolo”
      .

      Per quanto riguarda Giovanni 12, 25 ritengo la tua obiezione sbagliata. Infatti Gesù, come testimoniato proprio da Luca 14, 26, pone sullo stesso livello il sacrificio di sé e l'amore per i propri famigliari: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo". Quindi la tua obiezione non ha senso.

      Continuo a non capire il tuo insistere su Ebrei 11, 25 dove non compare il termine miseo.
      Per quanto riguarda Romani 9, 13, proprio per le considerazioni fatte prima, non è vero che "Dio non ha amato Esaù", è solo, come dice il versetto 12, che preferisce Giacobbe rispetto ad Esaù, quindi è più corretto dire "Dio ha amato meno Esaù". In questi due versetti Dio esprime una preferenza, sottomettendo Esaù a Giacobbe, quindi stila una graduatoria, un diverso livello di amore. Per questo si può dire che non c'è assenza di amore per Esaù, ma solo un livello minore.

      Anche a me è piaciuta la discussione e ti ringrazio dei toni molto pacati ed educati.

      Un saluto.


      Elimina
    4. Ciao Luigi,
      concordo con te nell'apprezzare la discussione appena avuta. Mi meraviglio anzi di quanto tu sia diverso da altri apologeti cattolici coi quali ho avuto la sfortuna di 'dialogare'. Ci terrei però a precisare, poichè nutro sincero rispetto per il prof Avalos e il suo recente libro sull'etica di Gesù, qualora non fosse chiaro al lettore, che ovviamente lui si permette di dire che ogni occorrenza di ''odiare'' nei testi aramaici del I secolo dell'Era Comune (nonchè del I secolo AEC) significa l'opposto di ''amare'' sulla scorta di una minuziosa analisi del contesto specifico caso per caso. Inoltre preciso che Ebrei 11,25 è introdotto dal prof perchè compare un avverbio di paragone (''piuttosto che'') che rende plausibile tradurre allo stesso modo l'identico avverbio di paragone di Genesi 29:30-31 (ossia con ''invece di, piuttosto che'' al posto di ''più di''). Parimenti, il Salmo 137.7 è introdotto per sottolineare come la discendenza di Edom/Esaù sia soggetta alla collera divina come conseguenza o di un odio oppure di un'''livello minore di amore'' (Rom 9,13) da parte di Dio per Esaù (ovviamente c'è dell'ironia qui). Per quanto riguarda l'odio della propria vita come di ogni parente che possa distogliere dal comando divino in Luca 14,26, ha senso per un ebreo del I secolo (e non solo) esortare ad un simile odio, specie quando dettato dalle condizioni di Deuteronomio 13.6-11.

      Qualora il tuo fratello, figlio di tuo padre o figlio di tua madre, o il figlio o la figlia o la moglie che riposa sul tuo petto o l'amico che è come te stesso, t'istighi in segreto, dicendo: Andiamo, serviamo altri dèi, dèi che né tu né i tuoi padri avete conosciuti, divinità dei popoli che vi circondano, vicini a te o da te lontani da una estremità all'altra della terra, tu non dargli retta, non ascoltarlo; il tuo occhio non lo compianga; non risparmiarlo, non coprire la sua colpa. Anzi devi ucciderlo: la tua mano sia la prima contro di lui per metterlo a morte; poi la mano di tutto il popolo; lapidalo e muoia, perché ha cercato di trascinarti lontano dal Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile.


      Nel caso si vuole invece ritrovare lo stesso verbo miseō di Luca 14:26, ecco altre occorrenze che potrebbero incuriosire il lettore:

      La moglie di Sansone si mise a piangere presso di lui e a dirgli: «Tu non hai per me che dell'odio e non mi ami; hai proposto un enigma ai figli del mio popolo, e non me l'hai spiegato!» Egli a lei: «Ecco, non l'ho spiegato né a mio padre né a mia madre e lo spiegherei a te?»
      (Giudici 14.16)

      Odiate il male, amate il bene...
      (Amos 5:15)

      Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
      (Luca 16:13)

      Chi ama il suo fratello rimane nella luce, e nel suo caso non vi è causa d’inciampo. Ma chi odia il suo fratello è nelle tenebre e cammina nelle tenebre, e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
      (1 Giovanni 2.10-11)

      ...se non altro perchè in tutti quei casi miseō è usato semplicemente come l'opposto di amare.

      Cordialità,
      Giuseppe

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    5. Ciao Giuseppe,
      guarda che anch’io mi sento di portare rispetto al prof. Avalos e apprezzo i suoi studi. Molto probabilmente, nei contesti da lui studiati, il termine aramaico per "odiare" aveva un significato assoluto. Ma ciò non esclude che, in altri contesti, lo stesso termine possa anche avere un significato comparativo. Prova ne è, per il Nuovo Testamento, tenuto conto del suo sostrato tipicamente aramaico, proprio l’occorrenza di Rm 9, 13 che è chiaramente comparativa. Dire, quindi, che ogni occorrenza di "odiare" nel Nuovo Testamento sia sempre l'opposto di amare", mi sembra sbagliato. Prova, ancora, ne sono tutte le occorrenze nei vangeli dove il termine miseo ha chiaramente un significato comparativo, ossia Lc 14, 26; Gv 12, 25; ecc.
      Il paragone con Deuteronomio 13, 6-11 per spiegare il senso di Gv 12, 25 è fuorviante perché le parole di Gesù non hanno alcuna attinenza con il pericolo dell’idolatria. Nel vangelo Gesù va molto oltre, dà per scontata la fede in Dio, non teme alcuna degenerazione nell’idolatria, ma sferza il rispetto ritualistico e formale della Legge e una vita facile che eviti prove e dolori.

      Quanto ad Ebrei 11, 25 il termine greco che compare è “mallon” che può significare “piuttosto”, ma anche “più” e “di più”. Qual è traduzione più giusta? Anche qui dipende dal contesto. In Genesi 29, 30-31 il contesto fa preferire la lettura “di più” del verbo ebraico corrispondente ed, infatti, tutte le bibbie più importanti, non solo la cattolica C.E.I., traduce in quel modo.

      Un saluto.

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  6. per dire “amare meno” si adotta l’estremo opposto all’“amare”, cioè l’“odia- re”..... ma chi sostiene una corbelleria simile ???????? il diminuitivo viene espresso dalla particella mi , una mem con hirich ad es in Giobbe ZI ,15 כִּי-אָז, תִּשָּׂא פָנֶיךָ מִמּוּם; וְהָיִיתָ מֻצָק, וְלֹא תִירָא.

    מִמּוּם; VIENE TRADOTTO IMPROPRIAMENTE SENZA MACCHIA , ma è appunto il diminuitivo ebraico . vale come : di meno .... zio ot

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  7. mimum מִמּוּם : viene detta mem hashelilah . zio ot

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    1. C'è, però, un piccolo problema: è sempre sbagliato mischiare capre e cavoli, non è possibile criticare un'interpretazione aramaica del greco del I secolo utilizzando la grammatica ebraica del V secolo a.C.

      Un saluto

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  8. non voglio sparare sulla croce rossa . zio ot

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