venerdì 18 dicembre 2015

Lutero e il successo della sua Riforma

Lutero è indubbiamente una figura cardine della storia dell’Europa, al punto che molti storici pongono la sua Riforma, che per la storiografia tradizionale prese l’avvio con l’affissione delle 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittemberg nel 1517, come l’inizio dell’era moderna. Questo perché, e forse a ragione, la sua iniziativa, che molto probabilmente travalicò le reali intenzioni del monaco agostiniano, innescò una reazione a catena di sconvolgimenti dell’ordine costituito ed una rivoluzione nei rapporti tra lo Stato e l’autorità religiosa che portarono ad una nuova visione della società.

Questa figura è stata anche enormemente mitizzata, basta pensare che per tutto il XIX secolo in Germania la retorica di stampo illuminista ha trasformato la vicenda di Lutero in un vero e proprio mito storiografico: l’Ercole germanico, ribelle contro l’oscurantismo romano, che ha portato la libertà al popolo tedesco. Ma oltre a questo gran parte della storiografia protestante, apertamente anticattolica, prendendo spunto dalla situazione di estrema corruzione in cui versava la Chiesa cattolica è arrivata persino a considerare la figura di Lutero come un modello universale di moralità e giustizia.

Il tradizionale peccato originale della Chiesa cattolica, che avrebbe costituito la fatidica goccia che fece traboccare il vaso, fu il traffico e la vendita delle indulgenze. Una pratica nata all’alba del secondo millennio dell’era cristiana, nell’ambito della particolare spiritualità del pellegrinaggio armato in Terrasanta delle crociate, che si protrasse a lungo non senza indubitabili degenerazioni ed esagerazioni. Ma nel XVI secolo tale pratica aveva ancora una sua grande e riconosciuta importanza e costituiva un elemento fondamentale per il popolo che vi vedeva una possibilità concreta di ottenere quella salvezza e quella vita eterna come uniche ricchezze in una vita disgraziata caratterizzata solo da povertà e vessazioni. Infatti la lotta contro le indulgenze è stato un elemento ingigantito dalla propaganda protestante, in realtà a Lutero non interessava tanto la corruzione legata a tale traffico, ma il fatto che il sistema delle indulgenze, in quanto opere buone compiute allo scopo di abbreviare la permanenza in Purgatorio, cozzava con la sua teologia basata sulla sola Grazia di Dio come salvezza per l’uomo (F. Agnoli, “Indagine sul Cristianesimo” Piemme, Milano, 2010, pag.235).

Ma, allora, il successo della Riforma luterana a cosa è stato dovuto? Fu davvero causata dalla moralità del messaggio e dalla forza della nuova teologia luterana? Da un’analisi appena più attenta dei fatti si rileva subito che Lutero non fu quel celebrato moralizzatore che le varie propagande di parte hanno voluto presentarci, bensì un riformatore, o meglio un rivoluzionario, della dottrina cristiana. La sua lotta non fu affatto indirizzata contro la corruzione, anche perché sarebbe un controsenso lottare per le opere buone in cui Lutero non vedeva alcuna santità. Egli, infatti, soleva dire: “pecca fortiter, sed crede fortius” (Pecca fortemente, ma credi ancor più fortemente). Molto più realisticamente, quella della lotta alla corruzione fu un pretesto per dar forza alle sue argomentazioni che rimangono essenzialmente dottrinarie, una teologia rivoluzionaria che, con le assurdità sulla predestinazione ed il servo arbitrio, non ebbe alcun appeal presso la classe colta del tempo.

Per spiegare come sia stata possibile l’affermazione e diffusione della Riforma occorre, quindi, cercare altrove e porsi innanzitutto una domanda: come mai il messaggio di Lutero attecchì solo in Germania e non negli altri Stati europei come la Francia o la Spagna? Per rispondere a questa domanda occorre dare uno sguardo alla situazione politica e sociale dell’Europa, e specialmente della Germania, del XVI secolo. Diversamente da quanto avvenne nelle grandi monarchie europee occidentali, l’Impero di Carlo V non raggiunse mai, in Germania, la stessa compattezza e solidità. Il particolarismo dei principi e delle città libere aveva impedito che si formasse un solido potere monarchico centrale capace di controllare efficacemente l’influenza della Chiesa, la quale manteneva le sue prerogative sulle nomine ecclesiastiche e l’attività dei suoi tribunali. Nei grandi e compatti Stati nazionali dell’Europa occidentale i rapporti con la Chiesa erano regolati da concordati, cioè accordi diretti tra Stato e Chiesa, che avevano assicurato ai vari sovrani il diritto di intervenire nell’assegnazione dei benefici ecclesiastici e l’ottenimento di vasti poteri d’esazione fiscale sui beni della Chiesa. Nulla di tutto questo in Germania, dove l’imperatore mancava di un potere forte che fosse in grado di opporsi all’indipendenza della politica papale, così come testimoniato dalle continue lagnanze contro le pretese romane che i principi, con i “Gravamina nationis Germanicae“, sottoponevano all’imperatore. E’ evidente che questa situazione costituì un ambiente favorevole per l’accoglimento delle tesi di Lutero che spingevano verso la distruzione della legittimazione della Chiesa di Roma e ciò provocò una loro rapida diffusione anche al di fuori degli ambienti conventuali ed universitari.

Molto probabilmente Lutero, agli inizi, non pensava di dover causare una frattura del mondo cristiano, ma solo di riformare dall’interno la dottrina della Chiesa che secondo lui aveva smarrito la missione assegnatale da Cristo. Ma capì ben presto che le sue argomentazioni non erano sufficienti a determinare gli effetti desiderati e per evitare di veder fallire la sua Riforma maturò la ferma intenzione di cercare la protezione della nobiltà tedesca. Quando nel gennaio del 1520 con la bolla papale Exurge Domine fu minacciato di scomunica, Lutero ruppe ogni indugio e contraddicendo il suo ideale di libertà ed indipendenza della dimensione religiosa, scrisse una lunga lettera: “Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca” con la quale si rivolse alle autorità civili affinché si facessero esecutrici del suo disegno di riforma religiosa. Oltre che ai principi territoriali Lutero invitò tutta la piccola nobiltà della Germania, inquieta e turbolenta, alla lotta contro la Chiesa di Roma ed ad attaccare il papa, definito come l’Anticristo in persona. Dal princìpio originario dell’eliminazione di qualsiasi Chiesa mediatrice tra Dio e gli uomini, era stato compiuto quel passo fondamentale per la formazione di una nuova Chiesa alleata dei principi e totalmente sottomessa allo Stato. I nobili, ovviamente, diedero volentieri il loro appoggio in quanto, lungi dall’essere convinti dalle tesi religiose di Lutero, intravidero la possibilità di staccarsi dalla Chiesa, per poi sequestrarne i beni, e dall’imperatore. Così, quando nel 1521 Lutero si presentò alla dieta di Worms presieduta dal ventenne imperatore Carlo V per rispondere del suo operato, non era più un oscuro frate ribelle alla mercé degli accusatori, ma una personaggio divenuto importante e rappresentante delle istanze politico-religiose contro Roma di molti principi tedeschi. Lo stesso potente duca di Sassonia, Federico il saggio, lo prese sotto la sua ala protettrice.

Anche se ai più la rivoluzione teologica luterana rimaneva una speculazione incomprensibile, diverso effetto fecero l’incitamento al libero esame e all’autodeterminazione. Negi anni venti del XVI secolo tali incitamenti s’intrecciarono con le tensioni sociali e politiche latenti dell’impero e ciò determinò le condizioni per lo scoppio della disastrosa rivolta dei contadini del 1524 capeggiata dal teologo Thomas Muentzer, allievo di Lutero, solo che in questo caso il potere da combattere non era quello della Chiesa di Roma, ma quello dei principi. Lutero non ebbe alcun dubbio e nel 1525 pubblicò l’Esortazione alla pace a proposito dei dodici articoli dei contadini di Svevia, uno scritto con cui dimostrava di aver scelto ormai definitivamente l’alleanza coi principi tedeschi, egli prese le distanze dal movimento contadino, ed esortò la nobiltà tedesca alla soppressione delle “bande brigantesche ed assassine dei contadini” (A. Giardina – G. Sabatucci – V. Vidotto. Il Manuale dal 1350 al 1650, Bari, 2002; p. 224). Lutero si rese finalmente conto di quali sovvertimenti dell’ordine sociale poteva portare la libera ed incontrollata interpretazione della Parola di Dio e il pericoloso vuoto di potere creato dalla dissoluzione degli ordinamenti ecclesiastici. La sua riforma divenne sempre più una “Riforma dei Principi” e negli Stati territoriali tedeschi si formò un nuovo apparato amministrativo controllato dai sovrani che si appropriarono delle competenze che prima erano dei vescovi.

Nel 1531 venne costituita a Smalcalda, una città della regione tedesca della Turingia, da Filippo I d’Assia e Giovanni Federico, elettore di Sassonia, una lega dei principi, ormai divenuti protestanti, che giurarono di difendersi reciprocamente se i loro territori fossero stati attaccati dall’imperatore Carlo V. La lega confiscò i terreni della Chiesa, espulse i vescovi e i principi cattolici e aiutò a diffondere la Riforma nella Germania settentrionale. Si era così compiuto l’abbraccio definitivo della Protestantesimo con il potere politico. Diventare protestanti significò, così, poter abolire la Chiesa cattolica dalle proprie terre, incamerarne i beni, fondare una propria Chiesa “nazionale” ed acquisire sia il potere temporale e quello spirituale. Ben presto, non solo i principi tedeschi, ma anche i re di Danimarca, Svezia e Inghilterra sfruttarono questa possibilità e il Protestantesimo si diffuse in tutta Europa.


Bibliografia:

J. Lortz, E. Iserloh, “Storia della Riforma” Il Mulino, Bologna 1974;
G. Alberigo, “La Riforma protestante” Garzanti, Milano, 1959;
L. Febvre, “Martin Lutero” Laterza, Bari, 1969;
A. Terranova, “La Riforma come origine della modernità” Il Cerchio, Rimini 2000;
O. Hermann Pesch, "Martin Lutero. Introduzione storica e teologica" (Biblioteca di teologia contemporanea 135), Brescia, Queriniana, 2007;
F. Agnoli, “Indagine sul Cristianesimo” Piemme, Milano, 2010;

7 commenti:

  1. Ho smesso di leggere dove dici che il protestantesimo non attecchì in Francia

    Antonello

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    1. E fai male, amico mio. Cerca di non fermarti alla prima impressione e, semmai, dai un giudizio quando hai il quadro completo della mia analisi. Comunque, riguardo al Protestantesimo francese, mi riferivo al fatto che la Riforma non ebbe la forza di imporsi politicamente, non che non ci fossero stati protestanti in Francia. Pensavo che fosse chiaro, mi sbagliavo.

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    2. Sicuramente un mio limite, e scusa se ti faccio notare la svista.
      Ma la Francia fu per quasi un secolo letteralmente divisa in due dalla Riforma protestante (la notte di San Bartolomeo ti sarà familiare).

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    3. Certo che mi è familiare (scriverò qualcosa pure su questo), ma ciò testimonia solamente il fatto che c'erano protestanti anche in Francia non che il Protestantesimo ebbe lo stesso successo avuto in Germania. Ti risulta che, almeno fino alla rivoluzione, in Francia lo Stato fosse protestante? O che la maggioranza della popolazione non fosse cattolica? Non penso affatto di aver preso una svista.

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    4. Nella mia analisi faccio chiaramente riferimento al fatto che la Germania divenne uno Stato protestante, cioè con una sua propria Chiesa "nazionale" staccata da Roma, mentre in Francia non avvenne questo. Che, poi, in Francia ci siano stati protestanti non lo nego, ma certamente non nella proporzione che hai fatto.

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    5. La Francia fu in guerra civile per tutta la metà del 500... e uno Stato Ugonotto continuò a sussistere tra alterne vicende fino alla metà del secolo successivo (tutti ricordano i tre moschettieri e l'assedio della Rochelle). A costo di passare per pignolo, non posso fare a meno di farti notare che accomunare Francia e Spagna nella stessa frase (la riforma non attecchì...) mi sembra un'imprecisione storica rilevante.

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    6. Caro Antonello, quella frase è propedeutica a quello che dirò dopo e, quindi, è in quella logica che va letta. Comunque a quanto ne so io non esistette un vero e proprio Stato Ugonotto, ma una fazione, anche consistente, ma mai paragonabile alla stragrande maggioranza cattolica. Lo stesso re Enrico IV, che era ugonotto, e che pose fine alla guerra di religione nel 1593, per entrare a Parigi e farsi accettare dal popolo francese, in larga maggioranza cattolico, decise di convertirsi, il famoso "Parigi val bene una messa".

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