venerdì 18 settembre 2015

Le bugie della ministra

"E' una colossale truffa, pronti alla denuncia!" Piomba fragoroso sugli italiani lo strale minaccioso del ministro dell'istruzione Stefania Giannini. Non piace al ministro la critica che viene rivolta alla nuova riforma della scuola secondo la quale, con tale norma, sarebbero stati introdotti nei piani formativi, in modo subdolo ed arbitrario, i principi ispirati alla cosiddetta "teoria del gender". Il ministro è deciso: "Si tratta di una colossale truffa ai danni della società. Facciamo circolare chiarimenti, lanciamo messaggi chiari ma se ciò non dovesse bastare credo ci sia una responsabilità irrinunciabile di passare a strumenti legali"

Ovviamente niente di nuovo sotto al sole. Se ci si permette di dissentire e far valere le proprie ragioni, la tipica reazione laicista è sempre la stessa: repressione del libero pensiero. Ma andiamo avanti. Quali sarebbero questi messaggi chiari? Il 15 settembre scorso il Ministero dell'istruzione ha emanato una circolare  dove viene ribadito che "tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né “ideologie gender” né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo". Sarà vero tutto questo? Sfidando le ire del ministro proviamo a vederci chiaro.

Come è noto ciò che ha destato le preoccupazioni maggiori è stato il controverso comma 16 dell'art. 1 della legge 107/2015, cioè la cosiddetta "Buona Scuola", il quale assicura l’attuazione dei principi delle pari opportunità con la promozione “dell’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93”. I principi ispiratori di questa "buona educazione", quindi, sarebbero quelli di questo famigerato articolo 5, comma 2, che, alla lettera c) dispone di "promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell'ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extra-curricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l'informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo". Abbiamo, così, una chiara disposizione di promuovere la formazione di docenti e studenti, dall'asilo d'infanzia fino ai licei, con opportune "valorizzazioni" dei libri di testo, al fine di combattere la discriminazione di "genere". Ma cosa s'intende per "genere"? 

La circolare ministeriale della nostra irosa ministra, oltre ad affermare che la "teoria del gender" non c'entra niente, contemporaneamente afferma anche che "le due leggi citate come riferimento nel comma 16 della legge 107 non fanno altro che recepire in sede nazionale quanto si è deciso nell’arco di anni, con il consenso di tutti i Paesi, in sede Europea, attraverso le Dichiarazioni, e in sede Internazionale con le Carte". E quali sarebbero queste Carte? La circolare, quasi con pudore, riporta in nota, scritto molto in piccolo, che tale Carta non sarebbe altro che il testo della Convenzione di Istanbul redatta l'11 maggio del 2011, ratificata e resa esecutiva dal Parlamento Italiano con la legge n°77 del 27/6/2013. Quindi per la Circolare ministeriale occorre rifarsi a tale Convenzione per sapere cosa s'intende per "genere". Ed eccoci, finalmente, al momento di scoprire le carte: secondo la Convenzione, così come riportato dall'art. 3 della legge n°77 del 27/6/2013, per "genere": "ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini". Quindi un chiaro riferimento al filone dei "gender studies", per cui essere uomini o donne non sarebbe un’attribuzione naturale e biologica, ma una costruzione sociale.
Fino a prova contraria quindi, “sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori” al nuovo approccio “gender” è indiscutibilmente previsto nella riforma della "Buona Scuola". Ma come? Il ministro dell'istruzione non ci aveva forse raccontato che questa "teoria del gender" non c'entrava niente? Ma, allora, chi è che ha veramente truffato? 

Purtroppo questa riforma della scuola non è altro che l'ennesimo esempio della prevaricazione laicista che pretende di imporre principi educativi del tutto opinabili, che niente hanno a che fare con risultati scientificamente certi, guardandosi bene dal farlo alla luce del sole, ma attraverso manovre oscure e subdole.

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