martedì 16 giugno 2015

Gay pride, sotto il vestito niente.

Anche quest’anno, così come avviene in tantissime altre città del mondo, sabato scorso a Roma il variegato e variopinto popolo del gay pride si è riunito festosamente ed ha marciato, col sindaco Marino in testa, per le vie della capitale. Tantissima gente stavolta, quasi mezzo milione di persone secondo gli organizzatori, e anche tante personalità della politica e dello spettacolo, come la Battaglia, Orfini, Luxuria, tutte riunite per affermare l’orgoglio omosessuale, per ribadire come la società di oggi debba accettare l’omosessualità e riconoscere alle persone omosessuali i loro diritti.

Quando leggo di tali manifestazioni sono subito molto curioso di sapere quale sia il messaggio che si vuole veicolare. Una manifestazione deve pur manifestare qualcosa e suppongo che dietro a lustrini e paillettes ci debbano essere anche dei contenuti su cui, eventualmente, confrontarsi. La parata multicolore aveva come slogan, riportato su un mega striscione, dietro il quale spuntava anche la faccina compiaciuta del sindaco Marino, la parola “liberiamoci”. Un altro striscione recitava “stesso amore, stessi diritti”, un altro ancora un più pragmatico “bacio libero, free kiss”.

Liberiamoci dalle angherie di uno Stato che non riconosce i diritti degli omosessuali”. Sarebbe questo il significato sotteso allo slogan della parata, quindi una protesta contro una discriminazione che colpirebbe le persone omosessuali in quanto tali. Insomma, si tratterebbe di una lotta per il riconoscimento dei diritti civili. Messa in questo modo, in effetti, la protesta sembrerebbe avere una sua giustificazione, ma tutto ciò è vero? Possibile che in Italia, che ha una delle leggi fondamentali, la Costituzione, più invidiata del mondo, esista una discriminazione del genere? L’art. 2 della nostra Carta fondamentale riconosce i diritti inviolabili di tutti gli uomini e l’art. 3 recita testualmente che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Proprio in virtù di tali presupposti, oggi, in Italia le coppie di fatto tra persone omosessuali godono già di tutti i diritti civili, come qualsiasi altro cittadino italiano. Possono stipulare accordi di convivenza per interessi meritevoli di tutela (ex art. 1322 cc), di successione nel contratto di locazione a seguito della morte del titolare a favore del convivente (Cfr. C.C. sent. n. 404/1988), di visita in carcere al partner (Cfr. D.P.R 30 n. 230 del 2000), di risarcibilità del convivente omosessuale per fatto illecito del terzo (Cfr. Cass., sez. unite Civ., sent. 26972/08, Cass. III sez. pen. n. 23725/08), hanno diritto all’obbligo di informazione da parte dei medici per eventuali trapianti al convivente (Cfr. L. n. 91 1999; Cfr. L.n. 53 2000), possono usufruire di permessi retribuiti per decesso o per grave infermità del convivente (Cfr. L.n. 53 2000), di nomina di amministratore di sostegno (artt. 408 e 417 cc), possono astenersi dalla testimonianza in sede penale (art. 199, terzo comma, c.p.p.), possono proporre domanda di grazia (art. 680 c.p), ecc.

Allora per cosa protestano i manifestanti? Quali diritti sarebbero negati alle persone omosessuali? I manifestanti urlano: “Stesso amore, stessi diritti”, cioè riconoscere il matrimonio anche per le coppie omosessuali parificandolo completamente a quello tradizionale, quello tra un uomo ed una donna. Ma il matrimonio tra persone omosessuali non esiste come diritto (come anche stabilito recentemente, bontà sua, dalla Cassazione), quindi il fatto di vietarle non può essere considerato una discriminazione. Il matrimonio è per sua essenza un’istituzione che riconosce le differenze complementari fra uomini e donne e riconosce il bisogno dei bambini ad avere un padre e una madre. Si tratta di un bene sociale i cui benefici sono stati riconosciuti da ogni società umana. Nessun altra relazione fra individui, anche se nobile, può assolvere le stesse funzioni. Semplicemente le coppie omosessuali non hanno i requisiti per accedere a tale istituto. Nessuna discriminazione, ma solo un dato di fatto. Se voglio partecipare ad un concorso pubblico per un posto da medico, ma sono laureato in ingegneria, posso considerare una mia esclusione come una discriminazione? Certamente no!

Altra rivendicazione dei manifestanti sarebbe quella di avere una tutelate speciale per le persone omosessuali e di veder, così, approvato il disegno di legge “Scalfarotto” contro l’”omofobia”. Ma anche in questo caso le persone omosessuali non hanno alcun bisogno di una protezione speciale in quanto sono già ampiamente tutelate dal codice penale da ogni atto violento e discriminatorio, come ogni altra persona. Tra l’altro il codice penale prevede per i reati di violenza privata, diffamazione e discriminazione, insieme ad altri, anche l’aggravante dei motivi “abietti” (art. 61, n.1 c.p.).

E allora qual è il motivo di tale manifestazione? Sembrerà strano, ma in pratica non c’è! In Italia non c’è alcuna ostilità contro le persone omosessuali e non esiste alcuna discriminazione. Le persone omosessuali sono considerate dalla legge italiana come tutte le altre persone, senza alcuna differenza e possono beneficiare della stessa tutela che è garantita a tutti i cittadini. Ovviamente tale tutela non può estendersi fino al riconoscimento di diritti che tali non sono.

13 commenti:

  1. Non posso né voglio dare una risposta alla tua domanda del perché venga indetta una manifestazione come il Gay Pride. A questo dovrebbe eventualmente rispondere chi il Pride l'organizza.

    E non conosco il ddl Scalfarotto (in realtà considerato un pasticcio anche da gran parte della comunità LGBT e che credo non vedrà mai la luce)

    Ma sulle unioni civili (o sul matrimonio, non inteso come sacramento ovviamente, ma come istituto civile) la discriminazione è chiara:

    Oggi due persone adulte e libere da vincoli, possono formalizzare di fronte allo Stato la loro volontà di intraprendere un percorso di vita insieme (volontà che implica la assunzione di oneri e il godimento di diritti) solo se di sesso diverso. Quindi la singola persona è discriminata in base al suo orientamento sessuale

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    1. Tale formalizzazione davanti allo Stato è il matrimonio, fondamento di quella società naturale, cioé l'unione di un uomo ed una donna, su cui si basa la nosta società civile. E' una società in grado di generare ed accogliere la vita e di formare i cittadini del futuro. L'unione tra due persone dello stesso sesso non è una società naturale e non ha i requisiti per adempiere a tale funzione.

      Quindi non c'è alcuna discriminazione.

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    2. Tale formalizzazione davanti allo stato per gli eterosessuali è il matrimonio. Ma nel matrimonio nessuno richiede né verifica la capacità (l'essere in grado) di generare ed accogliere vita e di formare i cittadini del futuro.

      Tu associ al matrimonio (istituzione legale, non sacramento) delle funzioni e delle capacità che con il matrimonio non c'entrano niente. Tanto è vero che la capacità di generare ed accogliere vita e di formare i cittadini del futuro la si trova tranquillamente al di fuori del matrimonio stesso. Ovvero il matrimonio non è condizione né necessari né sufficiente a "generare ed accogliere la vita ..."

      Se rimuovi questa (a mio avviso errata) associazione resta la discriminazione.

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    3. Il matrimonio è il fondamento della società naturale che è la famiglia. Lo Stato ne riconosce i diritti all'art. 29 della sua Carta fondamentale. Ne consegue che qualsiasi altra unione non naturale, in quanto di tale, non può giocoforza costituire una società naturale ed appropriarsi di diritti che non le competono.

      Continua a non vederci alcuna discriminazione.

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    4. forse dovresti andare da un ottico :-)

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    5. Forse...., oppure ci vedo troppo bene, :-)

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  2. A meno che lo scopo reale di codeste kermesse non sia affatto quello di arrivare ad avere tutti gli stessi diritti, cosa che di fatto è già. Bensì quello di togliere diritti a chi non si allinea con il pensiero unico. Per esempio togliere ad un individuo libero la possibilità di esprimere un pensiero contrario all'ideologia gender (omofobia). Oppure togliere ad un bambino il diritto di essere cresciuto da un padre ed una madre (adozioni gay). Quindi non manifestazioni pro, ma contro.
    Roberto

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  3. @Roberto: togliere cosa?

    se intendi togliere alle persone il diritto di dire che gli omosessuali sono dei malati da curare con le tecniche riparative, dei pervertiti da isolare, dei diversi che non hanno gli stessi diritti degli altri ... hai ragione. Secondo me tutti hanno il diritto di non condividere i comportamenti di altri, anche di criticarli, non di usare questi argomenti per discriminare.

    Sulle adozioni gay, almeno quelle previste dal ddl Cirinnà, secondo me hai le idee molto poco chiare. Anche in quel caso, non si toglie nessun diritto

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    1. Ma tu l'hai letto il ddl Cirinnà? Io sì. E, cosa che quasi nessuno fa (forse neppure tu) sono andato anche a spulciarmi i richiami a vecchie norme laddove incorrono solo delle modifiche. Per esempio, articolo 5: «All'articolo 44 lettera b) della legge 4 maggio 1983, n. 184 dopo la parola “coniuge” sono inserite le parole “dalla parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”». Si tratta della tipica norma che molti tendono a non leggere con attenzione, perché per intenderne il senso occorre appunto risalire alla legge 4 maggio 1983 n. 184. Questa legge, all’articolo 44 lettera b), recita che un minore in Italia può essere adottato «dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge». Come modificata dal ddl Cirinnà, la norma dunque prevedrebbe che un bambino può essere adottato «dal coniuge o dalla parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge o della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso».
      Et voilà.
      La crepa nella diga è fatta. Il crollo è una naturale conseguenza.

      Quanto alla negazione di diritti esistenti, stando al ddl Scalfarotto sull'omofobia, se io dicessi pubblicamente o scrivessi che secondo me il matrimonio fra persone dello stesso sesso è una forzatura ed è innaturale, o anche soltanto che il matrimonio fra uomo è donna è l'unico possibile, sarei perseguibile penalmente.
      Lo stesso articolo di Luigi Ruggini contiene frasi che per il ddl Scalfarotto sono omofobe e dunque perseguibili: "Il matrimonio è per sua essenza un’istituzione che riconosce le differenze complementari fra uomini e donne e riconosce il bisogno dei bambini ad avere un padre e una madre." Oppure: "Semplicemente le coppie omosessuali non hanno i requisiti per accedere a tale istituto."

      Dunque, via il diritto di esprimere un'opinione e via il diritto ad un padre ed una madre.

      Roberto

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    2. Quello che dice Roberto è vero.
      Aggiungo, inoltre, che l'accusa di omofobia è quanto di più vago ed indistinto ci possa essere e ciò è dovuto al fatto che tale termine non esiste nella lingua italiana e, quindi, non ha un'accezione univoca. Di fatto potrebbe trattarsi di omofobia ogni fattispecie in cui un omosessuale si sentisse offeso.

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    3. vi chiedo, quale parte della mia affermazione

      "E non conosco il ddl Scalfarotto (in realtà considerato un pasticcio anche da gran parte della comunità LGBT e che credo non vedrà mai la luce)"

      non vi è chiara? vi pare che nei miei commenti io stia difendendo il ddl Scalfarotto?

      Per quanto riguarda il ddl Cirinnà, io l'ho letto, ho letto anche il tuo commento e continuo a non trovare niente che permetta ad una coppia omosessuale di adottare, quindi ripeto forse su quell'argomento non hai le idee molto chiare

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  4. Invito a leggere il chiarissimo articolo di Giorgio Israel

    "Si può dire ‘no’ ai matrimoni gay, senza per questo essere accusati di omofobia?"

    http://gisrael.blogspot.it/2012/12/si-puo-dire-no-ai-matrimoni-gay-senza.html

    Anche le risposte che egli da', ai commenti.

    Max

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    1. Grazie Max,
      Giorgio Israel, che non è né cristiano e tanto meno cattolico, riesce lucidamente e molto acutamente a sostenere le ragioni di una legittima presa di posizione denunciando il ricatto laicista dell'omofobia.

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