venerdì 21 novembre 2014

Chiesa, vangelo e violenza: un rapporto difficile.

Una delle accuse più ricorrenti che vengono rivolte alla Chiesa Cattolica è quella di aver fatto molte volte ricorso, lungo la sua millenaria storia, alla violenza. Tra gli esempi più eclatanti ci sono senza dubbio l’operato dell’inquisizione, la chiamata alla guerra santa, le crociate e così via. Come possono conciliarsi tali comportamenti con lo spirito "pacifico" del vangelo? Nelle loro argomentazioni i laicisti tornano spesso ad invocare la presunta incompatibilità tra il precetto evangelico del perdono e della tolleranza con le azioni violente messe in atto dalla Chiesa per contrastare il diffondersi delle eresie e, in genere, per gestire le relazioni con i “dissidenti” e “avversari”. A loro modo di vedere la Chiesa, in un confronto con l’operato dei regimi ateistici ed, in genere, con le violenze perpetrate dai sistemi laicisti, avrebbe una colpa maggiore perché sarebbe stata in aperta e grave contraddizione con quel messaggio evangelico che si è sempre vantata di rappresentare. 

Per rispondere ad una tale accusa penso sia importante, innanzitutto, fissare un concetto basilare. Tutti conosciamo il famoso dettato evangelico del “porgere l’altra guancia” (Mt 5, 39), ma pochi, nel mondo laicista, conoscono il giusto senso di quelle parole. Gesù non ha mai insegnato ai suoi discepoli, e, quindi, alla Chiesa, di subire passivamente la violenza, ma di superare l’antica legge del taglione opponendo alla vendetta il perdono. Ciò non significa che non sia lecito difendersi e che occorra avallare l’ingiustizia. L’adesione allo spirito del Vangelo non sopprime in noi il diritto alla legittima difesa e nel prossimo il diritto ad essere da noi amato, protetto e difeso contro tutte le minacce del male. E, ciò, a maggior ragione, vale anche per lo Stato che deve tutelare la vita, l’onore, i beni, la libertà dei cittadini contro ogni ingiusto aggressore, ricorrendo, se necessario, anche alla forza. In ciò la dottrina di San Paolo esclude ogni dubbio: “I governanti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l’autorità? Fa il bene [...] Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male” (Rm 3, 4). La mansuetudine evangelica non va confusa con la passività e l'arrendevolezza a coloro che vogliono il male del prossimo.

La Chiesa non è solo un’entità spirituale, ma anche una società materiale in cui ogni cristiano trova la sua casa, la sua identità. Tra le sue principali preoccupazioni determinante è la difesa della purezza del messaggio affidatole e la resistenza contro i fermenti dissolutivi che la minacciano, come succede per ogni società, e questo richiede un certo numero di mezzi di controllo. La Chiesa deve offrire ai propri membri, che non sono tutti eroi o scienziati, l’ambiente ideale dove possano fiorire la loro fede e la loro vita cristiana. Perciò, quando alcuni pretendono di chiamarsi cristiani minacciando l’accordo ecclesiale, essa può e deve togliere loro i mezzi per nuocere. Non è, quindi, giusto accusare la Chiesa di repressione ed intolleranza quando si è adoperata per censurare ed ostacolare le minacce portate dalle eresie e per contrastare gli attacchi delle forze ostili, quando ad essere stato messo in pericolo dall’eresia, come ad esempio quella dei catari che fece nascere l’Inquisizione, o dalle forze armate dell’Islam, non è soltanto una ideologia, ma il cemento stesso della società, la scala di valori che regola da secoli i rapporti all’interno della comunità civile, lo stile di vita forgiato dall’esempio dei santi, che ha modellato, a sua volta, la vita quotidiana, gli scambi economici e i modi di pensare. Ora, se questi valori, in epoche in cui si trovavano condivisi dalla quasi totalità della popolazione, lasciarli saccheggiare significa portare la società all’anarchia o alla distruzione e i fedeli all’abbandono. Si capisce, perciò, che i governanti della società teocratica, solidali con i responsabili della Chiesa, abbiano ritenuto loro dovere conservare la coesione della società attorno a quei valori punendo gli eretici dichiarati, come avrebbero fatto nel caso di incendiari o falsari, e difendendola dagli attacchi degli invasori esterni.

Tutto ciò rende il confronto con gli orrori dei regimi laicisti assolutamente improponibile, sia per l’enorme sproporzione tra le dimensioni dei due fenomeni, basta solo pensare all’incredibile differenza tra i numeri delle vittime, ma soprattutto perché le dittature e le rivoluzioni laiciste miravano a distruggere un sistema di valori per imporne un altro, non unanimemente condiviso, attuando l’intento con azioni invasive e prevaricatrici particolarmente violente e repressive. Non si trattò mai di un’azione di legittima difesa, ma di una vera e propria azione di sopraffazione messa in atto, il più delle volte, da un limitato gruppo di pressione nei confronti della maggioranza. Inoltre i contrasti che videro protagonista la Chiesa non ebbero mai i caratteri di ostinatezza che si riscontrano nei conflitti ideologici del XX secolo. Essi rimanevano limitati nel tempo e nello spazio e si esaurivano subito dopo la fiammata che si era accesa in seguito ad una crisi particolarmente grave avvenuta in un punto della cristianità. I papi, quando anch’essi stessi avevano intrapreso la repressione cercarono sempre di moderare la procedura e di evitare che si scadesse in un volgare regolamento di conti. E’ curioso scoprire che nessun santo e condannati di quei tempi sollevò obiezioni contro la pratica dell’Inquisizione, anche se, per conto suo, usava metodi ben diversi dalla forza. Forse oggi la nostra sensibilità ne è scandalizzata solo perché abbiamo perso la consapevolezza della posta allora in gioco.

La Chiesa, in quanto società spirituale, non possiede l’uso della forza armata: sarebbe in contraddizione col proprio scopo. Le sole armi di cui dispone sono la scomunica e la censura: essa, ad esempio, può rifiutare il riconoscimento ad un libro o a una dottrina nei quali non riesce a trovare la propria fede; può escludere dalle proprie riunioni quell’individuo che si è posto in contrasto per motivi ideologici o disciplinari e che quindi si è, nel senso autentico della parola, scomunicato (1 Cor 5). Non potendo, quindi, impedire fisicamente, in modo coercitivo, l’attività sovvertitrice dell’ordine sociale, la Chiesa ricorse spesso al braccio secolare, all’autorità statale e, purtroppo, questo determinò soventemente il perpetrarsi di molti abusi (basta pensare alle persecuzioni dei valdesi, ecc.). Certamente è sempre pericoloso scatenare la violenza, anche in nome di una giusta causa. Gli eccessi della repressione provocano l’aumento della resistenza e la coercizione non è mai altro che un ripiego. Le grandi armi del cristianesimo rimangono gli incentivi alla santità, la persuasione, la carità eroica. Il ricorso troppo facile alla repressione rivela, il più delle volte, la perdita di un autentico slancio spirituale.


Bibliografia

A. Brucculeri S. I. ”Moralità della guerra” VI ed., Roma, 1953.
F. Calasso “Medioevo nel diritto” Giuffrè, Milano, 1954.
A.J. e R.W. Carlye “Il pensiero politico medioevale” Laterza, Bari, 1956.
A.Morisi “La guerra nel pensiero cristiano dalle origini alle crociate” Sansoni, Firenze, 1963.
P. Contamine “La guerra nel Medioevo” Bologna, 1986.
R. de Mattei “Guerra santa guerra giusta. Islam e Cristianesimo in guerra” Casale Monferrato, 2002.

10 commenti:

  1. @Luigi Ruggini

    "Per rispondere ad una tale accusa penso sia importante, innanzitutto, fissare un concetto basilare. Tutti conosciamo il famoso dettato evangelico del “porgere l’altra guancia” [...] Ciò non significa che non sia lecito difendersi e che occorra avallare l’ingiustizia. [...] la Chiesa [...] si è adoperata per censurare ed ostacolare le minacce portate dalle eresie e per contrastare gli attacchi delle forze ostili, quando ad essere stato messo in pericolo dall’eresia [...] è [...] il cemento stesso della società, la scala di valori che regola da secoli i rapporti all’interno della comunità civile, lo stile di vita forgiato dall’esempio dei santi, che ha modellato, a sua volta, la vita quotidiana, gli scambi economici e i modi di pensare."

    Stai dicendo che le violenze perpetrate dalla Chiesa sono avvenute per difendere la società?

    Un esempio concreto: in che modo cercare di costringere all'abiura, poi denudare nella pubblica piazza, con la lingua costretta in una morsa, e infine ardere vivo Giordano Bruno - sarebbe da considerarsi un atto per difendere la società?

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    1. La morte di Giordano Bruno fu il risultato di una serie di concomitanze assai sfortunate per il povero frate domenicano. Innanzitutto ci troviamo nel 1600, proprio nell'Anno Santo preparato dal papa Clemente VIII Aldobrandini in puro stile severo da Controriforma, un'epoca in cui i contrasti religiosi provocati dalla Riforma Protestante provocarono una certa crisi della fede, dove cominciavano a farsi largo le primissime fasi dello scetticismo, del pragmatismo di Bacone, il dubbio metodico di Cartesio, ecc. Insomma, la filosofia cominciava a staccarsi dalla teologia, ciò che era saldo, intoccabile, cominciava a vacillare e un precursore di tale cambiamento fu proprio Bruno, col suo razionalismo. Se ci mettiamo pure che il frate domenicano, già scomunicato e ricercato dagli stessi protestanti, partì per la tangente con le sue teorie panteistiche che insegnò e divulgò per mezza Europa, che promise di abiurare per due volte per poi ritrattare, si può capire come un papa ossessionato dall'ordine e dalla paure delle idee di Bruno perse la pazienza e lo fece condannare, l'ultimo eretico condannato dall'inquisizione romana.

      Quindi, ti dico di si, anche se per i nostri canoni moderni è un'assurdità, ma in quel momento l'esecuzione di Bruno parve al papa un modo per difendere la fede e la società.

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    2. @Luigi Ruggini

      "Quindi, ti dico di si, anche se per i nostri canoni moderni è un'assurdità, ma in quel momento l'esecuzione di Bruno parve al papa un modo per difendere la fede [...]"

      Dici bene: l'uccisione di Giordano Bruno è stato un modo per difendere la fede cattolica. Le sue idee erano in aperto contrasto con i dogmi della Chiesa e quindi ritenute troppo pericolose perchè avrebbero potuto spingere la gente ad accettare un pensiero alternativo al cattolicesimo.

      "[...] e la società."

      Ecco invece la società non correva alcun rischio per colpa di Giordano Bruno. L'eretico si limitava ad esprimire le proprie idee e queste non avevano nulla di malvagio. Per colpa di Bruno alcuni avrebbero potuto abbandonare la fede cattolica... e allora? Questa si chiama libertà di credo. La "scala di valori" che si era stabilita sarebbe stata messa in discussione... Benissimo! Infatti quella stessa scala di valori ha portato a condannare a morte l'innocente Giordano Bruno, quindi evidentemente era il caso che fosse messa in discussione.

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    3. @ Myself

      Premetto subito che con Bruno l'inquisizione romana ha sicuramente esagerato, molto probabilmente le idee del domenicano non erano capaci di generare uno sconvolgimento sociale e religioso. Ma occorre considerare il periodo della Controriforma durante il quale la Chiesa Cattolica si sentiva costantemente sott'attacco da ogni idea che non riconosceva conforme al messaggio evangelico. Giordano Bruno propugnava un'idea di Dio completamente difforme dalla rivelazione della Scrittura e ciò, allora, poteva, come è stato, essere interpretato come una minaccia per la vera fede e, vedendo l'esempio della Riforma Protestante, generare un'altra spaccatura nella cristianità e, di conseguenza, nella società. Non devi dimenticare, mio caro Myself, che a quei tempi fede e società erano due concetti intimamente legati essendo ogni autorità considerata come proveniente da Dio stesso.

      L'esecuzione di Bruno non fa che confermare con precisione quello che ho scritto nel mio articolo.

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    4. @Luigi Ruggini

      Invece di ignorare le mie affermazioni e ripetere che la Chiesa ha agito per difendere la società, perchè non rispondi al secondo paragrafo del mio precedente post? In esso ho affermato e spiegato che la società non correva alcun rischio a causa delle idee di Giordano Bruno. Sei in grado di contraddirmi rispondendo in merito alle mie argomentazioni? Se sì, allora fallo! Ripetermi che "le idee di Bruno avrebbero potuto generare una spaccatura nella società" non aggiunge alcun contributo al discorso; poiché ho già spiegato che questa spaccatura altro non sarebbe stata che "libertà di religione" e rivalutazione di una scala di valori secondo cui era lecito condannare a morte chi esprimeva opinioni contrarie ai dogmi della Chiesa Cattolica.

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    5. @ Myself

      Ti ho già risposto: le idee del Bruno erano sovversive, miravano a minare l'autorità costituita e siccome in quel periodo cominciavano a nascere i conflitti sociali, sfociati in vere e proprie guerre, dovuti proprio al diffondersi della Riforma, cioè di idee eterodosse come quelle del frate domenicano. La sua eliminazione rientra tra le disposizioni messe in atto per impedire tali conflitti. Che, poi, le idee del nolano non fossero così pericolose può anche darsi, ma di certo non erano percepite in quel modo a quel tempo.

      Dire che la spaccatura eventualmente portata dal diffondersi di idee eterodosse sarebbe stata solo libertà di religione è solo una grande ingenuità. A quel tempo società, politica e religione erano un tutt'uno. Permettere lo sviluppo di una religione alternativa significava mettere in discussione la legittimità del potere politico costituito. La concetto di "libertà di religione", come lo intendiamo noi oggi, a quel tempo non esisteva. L'importante a quel tempo, era l'ordine di uno Stato forte e compatto, che non poteva permettersi l'insegnamento e la diffusione di idee sovversive, cioè l'attività di Giordano Bruno.

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    6. @Luigi Ruggini

      "le idee del Bruno erano sovversive, miravano a minare l'autorità [...] La sua eliminazione rientra tra le disposizioni messe in atto per impedire tali conflitti. [...] Permettere lo sviluppo di una religione alternativa significava mettere in discussione la legittimità del potere politico costituito. [...] L'importante a quel tempo, era l'ordine di uno Stato forte e compatto, che non poteva permettersi l'insegnamento e la diffusione di idee sovversive, cioè l'attività di Giordano Bruno. "

      E così, con questo argomentare, tu concludi che non è giusto accusare la Chiesa Cattolica di essere stata violenta, repressiva e intollerante con Giordano Bruno, ma anzi(!) essa ha agito per difendere la società.

      Ebbene, nel tuo discorso che ho citato, a "Giordano Bruno" sostituisci "Gesù Cristo" e concluderai che le autorità politiche e religiose dell'epoca di quest'ultimo non sono state violente, repressive e intolleranti, nel condannare a morte Gesù Cristo, ma anzi esse hanno agito per difendere la società.

      Concordi?

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    7. @ Myself

      No, non concordo. Si tratta di due circostanze completamente differenti.

      Gesù si poneva come il messia, il figlio dell'uomo, colui che adempiva le promesse di Dio verso Israele. La sua era una venuta prevista dalla Scrittura, dalle profezie, una figura che tutti in Israele aspettavano. Non venne, quindi, a proporre una religione alternativa, ma a portare il compimento del piano della salvezza di Dio. Egli raccolse in Israele un largo consenso in virtù dei suoi numerosi segni miracolosi. Ma i sommi sacerdoti, i farisei, i sadducei ed il re d'Israele, che ben sapevano tutto questo, per non perdere le loro prerogative lo accusarono di bestemmia e lo uccisero.

      Diverso è il caso di Giordano Bruno, il quale non si presentò come un mandato da Dio e la sua venuta non fu annunciata da alcuna profezia, non ebbe mai la pretesa di farsi passare come il vero messia, di essere lui il figlio di Dio. Il Bruno, invece, propugnò una visione alternativa all'originaria fede apostolica ponendosi subito come un nemico della Parola di Dio.

      Ciò, comunque, non toglie, e lo ribadisco ancora una volta, che la condanna del Bruno fu una esagerazione, un abuso del diritto alla legittima difesa. Un delitto che papa Clemente VIII ha sulla coscienza.

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    8. @Luigi Ruggini

      "No, non concordo. Si tratta di due circostanze completamente differenti."

      Comprendo, in un caso si tratta di un uomo condannato a morte dalla tua Chiesa, nell'altro caso di tratta della condanna a morte del tuo messia. Quindi è normale che tu debba cambiare i pesi e le misure per far tornare i conti. Vediamo come...

      "Gesù si poneva come il messia, il figlio dell'uomo, colui che adempiva le promesse di Dio verso Israele. La sua era una venuta prevista dalla Scrittura, dalle profezie, una figura che tutti in Israele aspettavano. [...] Diverso è il caso di Giordano Bruno, il quale non si presentò come un mandato da Dio e la sua venuta non fu annunciata da alcuna profezia, non ebbe mai la pretesa di farsi passare come il vero messia, di essere lui il figlio di Dio."

      Insomma, Giordano Bruno ha peccato... di modestia?

      "[Gesù] Non venne, quindi, a proporre una religione alternativa, ma a portare il compimento del piano della salvezza di Dio."

      Dici che non venne a proporre una religione alternativa perchè, a posteriori, per voi cattolici quella di Cristo è l'unica vera religione. Ma non puoi negare che all'epoca gli insegnamenti di Gesù costituirono una rottura sia con la religione ebraica che con le leggi e i culti di Roma. Anzi, se c'è qualcosa di cui ai cristiani piace parlare è proprio della "rivoluzione" portata da Cristo.

      Quindi "religione alternativa" o meno il punto è che Gesù mise eccome in discussione la legittimità del potere politico (già solo dichiararsi figlio di Dio), sotto dici tu stesso che il re d'Istraele temé per la sua posizione. Quindi, secondo il tuo ragionamento, la condanna a morte di Cristo fu un modo per proteggere la società da eventuali instabilità e conseguenti conflitti.

      "Egli raccolse in Israele un largo consenso in virtù dei suoi numerosi segni miracolosi. Ma i sommi sacerdoti, i farisei, i sadducei ed il re d'Israele, che ben sapevano tutto questo, per non perdere le loro prerogative lo accusarono di bestemmia e lo uccisero."

      Potrei rigirare il discorso e dire che la Chiesa Cattolica uccise Giordano Bruno per non perdere le proprie prerogative.

      "Ciò, comunque, non toglie, e lo ribadisco ancora una volta, che la condanna del Bruno fu una esagerazione, un abuso del diritto alla legittima difesa."

      L'abuso del diritto alla legittima difesa non è forse violenza?

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    9. @ Myself

      "Insomma, Giordano Bruno ha peccato... di modestia?"

      Carina la battuta... ma la modestia non c'entra niente. Gesù si proclamò il messia promesso dalla Scrittura. L'establishment ebraico, sia politico che religioso, sapeva bene che il loro potere era temporaneo e che avrebbe dovuto confrontarsi con il nuovo corso profetizzato. Invece di accogliere ciò che la loro stessa religione gli prospettava come la salvezza del popolo hanno preferirto chiedere gli occhi di fronte ai segni straordinari di Gesù e difendere le loro prerogative terrene. Il Bruno entrò, invece, in polemica filosofica con la Chiesa proponendo una nuova concezione della divinità, in aperto contrasto con la Scrittura. Non siamo, quindi, nella stessa situazione di Gesù. La Chiesa stessa è nata con la venuta del messia e aveva visto la realizzazione delle promesse dell'Antico Testamento. Lo stesso Gesù ammonì in proposito: "Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno" (Mt 24, 4). Penso, quindi, che tra le due vicende ci sia una bella differenza.

      " Ma non puoi negare che all'epoca gli insegnamenti di Gesù costituirono una rottura sia con la religione ebraica che con le leggi e i culti di Roma. Anzi, se c'è qualcosa di cui ai cristiani piace parlare è proprio della "rivoluzione" portata da Cristo"

      Falso. Gesù stesso disse: "Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento" (Mt 5, 17). Gli insegnamenti di Gesù non costituirono alcuna rottura nella religione ebraica, ma un completamento della Legge. Ciò che Gesù venne veramente a cambiare fu l'interpretazione morale di tale Legge, non più un rispetto formale, ma un accoglimento con il cuore. Fu questa la rivoluzione di cui parlano i cristiani.

      "Gesù mise eccome in discussione la legittimità del potere politico"

      Falso. Gesù non volle in nessun modo sostituirsi ai governanti o istituire un regno terreno, ripeteva sempre che il suo regno non era di questo mondo (Gv 18, 36). Anche quando i Farisei cercavano di farlo cadere in contraddizione, Gesù riconobbe l'autorità di Roma nella famosa frase di: "dare a Cesare quel che è di Cesare" (Mt 22, 21).

      "L'abuso del diritto alla legittima difesa non è forse violenza?

      Certo che lo è. La Chiesa, nel caso del Bruno, ha disposto male del suo diritto alla legittima difesa, avrebbe dovuto capire che l'attività del frate domenicano non sarebbe stata così pericolosa fino a doverlo uccidere. Ma ciò non toglie che si trattò di un errore, di un brutto errore, ma fatto con l'intenzione di operare per il bene.

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