venerdì 11 luglio 2014

Priscillianesimo, irrompe il potere secolare


In questo mio excursus sulle eresie che hanno costellato la storia del cristianesimo è il momento di dedicarsi alla figura di un laico spagnolo che diede origine ad un movimento religioso ascetico eterodosso che persistette per quasi duecento anni prima di sparire dalla storia: Priscilliano e il priscillianesimo. 

Il Priscillianesimo fu una sorta di sincretismo religioso che mescolò elementi manichei con lo gnosticismo docetista e il sabellianismo. I  punti caratterizzanti la sua dottrina furono, quindi, il manicheo disprezzo per natura umana, la negazione gnostica dell’incarnazione e risurrezione di Cristo e la negazione della Trinità tipica del sabellianismo, tratti teologici chiaramente contrari alla Scrittura e lontanissimi dalla rivelazione apostolica. Ma questa eresia è divenuta particolarmente nota per la vicenda del suo massimo esponente Priscilliano che, nell’immaginario collettivo laicista, essendo stato il primo condannato a morte per eresia, è divenuto il simbolo dell’inizio della repressione delle eresie da parte della Chiesa Cattolica. Come vedremo, invece, la tragica fine di Priscilliano non fu affatto una responsabilità della Chiesa, ma un atto del tutto “laico”. 

Sul finire del IV secolo una parte dei fedeli delle chiese della Spagna settentrionale e dell'Aquitania si discostarono dalla massa degli altri fedeli per lasciarsi irretire da filosofie orientali ascetiche. Alcuni vescovi cattolici, come Instanzio, Salviano, Simposio, e un laico, in nostro Priscilliano, si posero a capo del movimento affermando di essere gli eletti e i santi della Chiesa. La setta cominciò ad affermare che il battesimo doveva significare evasione da tutti i valori di questo mondo, quindi veniva praticata l’ascesi totale con il ripudio della vita sociale, astensione anche dai rapporti coniugali e si davano a interpretare la Scrittura avvalendosi di uno speciale dono d'intelligenza spirituale che essi dicevano di possedere in virtù della loro elezione. Anche in campo liturgico si discostavano sempre più dal resto della comunità cristiana con digiuni straordinari per la preparazione alle feste liturgiche, soprattutto la Pasqua e l'Epifania e praticavano l’Eucarestia privatamente sottraendosi alla comunione con il resto della Chiesa. Questa setta, detta dal suo ispiratore, priscillianista, attirò molte persone, non solo tra i nobili, ma anche tra la gente del popolo al punto che in talune contrade il numero dei priscillianisti era maggiore di quello dei cristiani ortodossi. Tutto ciò provocò inevitabilmente dei disordini sia tra i civili che in seno alla Chiesa spagnola al punto che alcuni vescovi come Itacio di Ossonuba e Idacio di Merida si videro costretti ad intervenire per riportare l’ordine e la concordia ricorrendo all’autorità civile che provvide, attraverso un decreto dell’imperatore Graziano, ad esiliare Priscilliano e i vescovi priscillianisti. Da parte religiosa un sinodo tenuto a Saragozza nel 380 condannò anche alcune pratiche dei priscillianisti ritenute eretiche, ma senza emettere condanne ad personam

A questo punto Instanzio, Salviano e Priscilliano cercarono un’approvazione dal vescovo di Roma, senza trovare ascolto né presso papa Damaso, e neppure presso Sant'Ambrogio, a Milano. Nella città lombarda riuscirono, però, a corrompere il magister officiorum imperiale, Macedonio, e ad ottenere da lui un rescritto che li reintegrava nel governo delle loro chiese. Tornati in Spagna, Priscilliano e i vescovi priscillianisti si conquistarono il favore anche del proconsole Volvenzio e indussero questo a incriminare Itacio quale perturbatore della pace sociale e delle chiese. Itacio fu costretto a fuggire nelle Gallie. Nel frattempo, siamo nel 383, si verificò il colpo di stato che diede il governo delle Gallie in mano all'usurpatore Magno Massimo e la fortuna di Priscilliano venne meno. Il nuovo padrone, supplicato da Itacio, ordinò che tutti i vescovi priscillianisti e gli esponenti principali della setta fossero condotti al giudizio di un concilio che si tenne a Bordeaux. Priscilliano, allora si appellò all'imperatore cosicché tutti gli imputati furono trasferiti a Treviri per essere giudicati, stavolta, davanti a un tribunale secolare. Per i priscillianisti non vi fu scampo e nonostante il coraggioso intervento di Sant Martino di Tours e di Sant’Ambrogio e la protesta generale della Chiesa cattolica, con in testa papa Siricio, furono tutti condannati a morte. L’esecuzione portò un tale ondata di sdegno nella Chiesa Cattolica al punto che Itacio ed Idacio furono destituiti. 

La morte di Priscilliano e dei vescovi priscillianisti fu quindi una autonoma azione presa dal potere secolare nei confronti di un pertubatore politico e religioso, nonostante la ferma opposizione della Chiesa. Questa vicenda dimostra ancora una volta come sia falsa la storiografia laicista. 


Fonte 

Sulpicio Severo (Historia Ecclesiastica Hispaniae II, capp. 46-51) 


Bibliografia 

E.-Ch. Babut, "Priscillien", Parigi 1909; 
K. Künstle, "Antipriscilliana", Friburgo in B. 1905.  
A. J. Davids, De Orosio "Sancto Augustino, priscillianistarum adversariis", L'Aia 1930 
E. Buonaiuti, "Instanzio o Priscilliano?", in Rivista di scienza delle religioni, I (1916), p. 41 segg.; 
Z. G. Villada, "Hist. ecles. de España", i, ii, Madrid 1929, pp. 91-145, 357-361; 
M. Niccoli, Il delitto di eresia alla fine del sec. IV in relazione al processo di Priscilliano, in Communications présentées au VIIe Congrès des sciences historiques, I, Varsavia 1933, p. 239 segg.

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