giovedì 20 marzo 2014

La Chiesa e la violenza


La Chiesa, il sacro bordello. La storia della chiesa è piena di violenza e complotti, infiltrazioni e tradimenti”. Così riassume la storia della Chiesa il famoso giornalista e scrittore laicista Corrado Augias. La sua è la tipica posizione della falsa storiografia laicista che, tra le altre cose, accusa la Chiesa di aver portato e fomentato la violenza nella società umana durante i secoli in cui esercitava indiscusso il suo potere morale e politico. Per i laicisti la Chiesa avrebbe scatenato guerre per il proprio tornaconto, suscitato le crociate per la sua smania di proselitismo, sterminato intere popolazioni per il solo fatto di essere pagane o eretiche.

Come si può rispondere ad un’accusa così pesante? Possibile che la Chiesa di Cristo, chiamata a portare e a vivere in prima persona il suo messaggio di pace, possa essersi macchiata di un tale elenco di nefandezze? L’unica risposta possibile è lo studio della storia, libero e senza preconcetti, il quale mostra come sia strumentale e falsa la storiografia laicista. 

Dopo l’età antica, in cui la violenza era parte integrale della vita della società, e dopo le spaventose violenze dovute alle invasioni barbariche ed alle guerre che si susseguirono senza sosta fino al IX secolo, anche nell’Europa, ormai divenuta un impero cristiano, in cui sta affermandosi il feudalesimo, una società fondata essenzialmente su legami di vassallaggio tra il signore e il suo vassallo, la violenza è sempre presente. Infatti, nonostante il signore concedesse un beneficio feudale in cambio di servizi resi dal vassallo, questi legami sono spesso alquanto precari e la pace è difficile da mantenere. Capitava frequentemente che il signore tendesse a farsi giustizia per conto proprio muovendo guerra ai suoi nemici. La guerra privata era, quindi, un fenomeno quotidiano che portava insicurezza sociale per tutta la popolazione disarmata che viveva in quelle terre. I vari eserciti delle innumerevoli signorie tendevano a diventare una vera e propria casta ereditaria specializzata nel campo militare. 

Dalla fine del X secolo e fino al XII, la Chiesa lungi dall’essere promotrice di violenza, come afferma falsamente la storiografia laicista, cerca piuttosto, di mettere un freno alla violenza e “codificare” la guerra attraverso le istituzioni della “Pace di Dio” e della cavalleria. Già nel 989 e 980 i concili regionali di Charroux e di Narbona denunciarono la violenza diffusa e lanciarono il movimento della “Pace di Dio”. Con tale istituzione la Chiesa trovò il modo di imporre ai combattenti professionali, i milites romani che vanno trasformandosi in cavalieri, alcune regole: portare rispetto verso i poveri, le vedove, ecc., non portare armi in determinati periodi, né in determinati luoghi. Il combattente s’impegna a seguire queste regole e a prestare giuramento sul Vangelo. Nel 1016 il concilio di Verdun-sur-Doubs chiese a tutti i cavalieri di giurare sul Vangelo di difendere i deboli e di non abbandonarsi ad atti di violenza. Sotto l’ispirazione della Chiesa la cavalleria, da banda armata senza controllo, orienta la propria funzione verso la difesa del popolo e il mantenimento dell’ordine e della pace. Nacquero, così, per un’esigenza di difesa della pace le famose virtù cavalleresche che divengono un modello per tutta l’aristocrazia europea. Icona tipica di tale fenomeno è, nel XII secolo, la Canzone di Orlando, dove si delinea la figura tipo del cavaliere cristiano ”senza macchia e senza paura”. 

Nel XI secolo il movimento della “Pace di Dio” si estende alla Spagna, all’Italia, alla Germania in modo che in tutta l’Europa cristiana le forze originariamente violente vengono convogliate nella difesa del popolo e la tutela della pace. Nasce anche il movimento della “Tregua di Dio”, codificato nei concili di Arles (1037-1041), per ottenere l’interruzione dei conflitti almeno in certi periodi dell’anno (tempi liturgici maggiori e nelle domeniche). 

Oltre a tutto ciò bisogna anche ricordare la figura del “cavaliere di Cristo”, la “nova militia” costituita dai nascenti ordini militari o cavallereschi nati espressamente per proteggere i pellegrini. L’esempio più significativo è costituito dalle crociate che prendevano l’avvio proprio in quel periodo per un’oggettiva necessità di ripristino del diritto. Niente a che vedere con azioni di proselitismo o conquiste imperialiste, ma veri e propri pellegrinaggi armati per l’autodifesa. La Chiesa favorì anche la formazione di coalizioni armate per difendere gli inermi e proteggere la pace, come nella battaglia di Civitate del 1053. In quegli anni l’Europa cristiana era interessata dalle frequenti invasioni degli eserciti pagani come i normanni, provenienti dal nord, gli ungheresi dall’est e le incursioni dei mussulmani saraceni dal sud. L’attività degli eserciti chiamati sotto le insegne di Pietro e dei cavalieri degli ordini militari monastici, benché, talvolta deviata in vere e proprie operazioni di guerre di conquista e saccheggi, come lo scandalo della IV crociata o la barbarie dei cavalieri teutonici, episodi condannati dagli stessi papi del tempo, presentano la formula tipicamente medioevale del combattente cristiano che consacra la propria esistenza alla difesa dei fratelli e alla gloria di Cristo. 

Purtroppo la violenza è un fenomeno insito in ogni società umana e i diritti individuali e comunitari non si possono far valere senza ricorrere ad una certa violenza (guerre, scioperi, ecc.). Dare, quindi, la colpa alla Chiesa perché nel periodo storico in cui esercitava un'influenza diretta sulla società esisteva la violenza e la guerra è un’operazione chiaramente strumentale. D’altra parte lasciare che si propaghi l’abuso senza cercare di porre un rimedio può costituire un danno al bene comune. Se la violenza non può essere soppressa occorre almeno cercare di limitarla con tutti i mezzi. Invece di enunciare pii desideri, la Chiesa cercò di limitare la violenza attraverso l’educazione delle coscienze, esigendo che si rinunci ad imporre il proprio diritto con qualsiasi mezzo e restringendo il più possibile il campo della violenza legale. 

Oggi la Chiesa ha perso la sua influenza diretta sulla società e, in una società secolarizzata come la nostra, sembra difficile che possa ricondurre l’attività militare e la violenza in genere, in un contesto ecclesiale, attraverso un giuramento sul Vangelo. Ma non per questo i moniti della Chiesa sono mancati, in ogni tempo le condanne della violenza dei papi e dei vescovi, l'attività di molti membri della Chiesa in favore dei movimenti per la pace e per i diritti dell’uomo sono i segni di un’attenzione sempre presente per l’affermazione della pace. 

Bibliografia 

H. Mitteis “Le strutture giuridiche e politiche dell’età feudale”, Morcelliana, Brescia, 1962; 
W. Ullmann, “Individuo e società nel medioevo”, Laterza, Bari, 1974; 
C. Violante, “Studi sulla cristianità medioevale”, vita e Pensiero, Milano, 1972; 
J. Comblin, “Teologia della pace” Ed. Paoline, 1962-66; 
A. Morini, “La guerra nel pensiero cristiano dalle origini alle crociate”, Sansoni, Firenze, 1963. 
F. Agnoli, “Indagine sul Cristianesimo”, Ed. Piemme, Milano, 2010.

4 commenti:

  1. "Possibile che la Chiesa di Cristo, chiamata a portare e a vivere in prima persona il suo messaggio di pace [...]"
    Buon per la Chiesa che non ha seguito fino in fondo il messaggio del suo fondatore. Se infatti essa avesse porto l'altra guancia (il "porgere l'altra guancia" è, secondo me, una delle cose più assurde e contro-natura che ci siano), sarebbe ormai morta e sepolta da secoli.

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    1. Caro Max, se la sopravvivenza della Chiesa fosse dipesa solo dagli uomini, questa sarebbe già morta e sepolta da un pezzo, a prescindere dal fatto di avere o meno seguito in fondo il messaggio di pace del suo fondatore. La Chiesa è esistita per quasi duemila anni ed è viva ancora oggi solo per l'assistenza di Dio. Ricordati delle parole di Gesù: "Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18).

      Perché ritieni un fatto negativo porgere l'altra guancia? Sono d'accordo con te che è un atto non umano, quasi innaturale, ma proprio per questo lo si può ritenere un comportamento che ci avvicina a Dio.

      Vedi, porgere l'altra guancia non significa subire passivamente, avallando l'ingiustizia. Non sarebbe giusto e, quindi, non potrebbe essere un insegnamento di Dio. In realtà con quelle parole Gesù ci insegna che se vogliamo costruire la pace occorre perdonare dimenticando il torto subito ed essere sempre pronti a ricominciare. Solo questo comportamento può portare la pace, la vendetta causa sempre la guerra e la morte.

      Un saluto.

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  2. @Luis
    "In realtà con quelle parole Gesù ci insegna che se vogliamo costruire la pace occorre perdonare dimenticando il torto subito ed essere sempre pronti a ricominciare. Solo questo comportamento può portare la pace, la vendetta causa sempre la guerra e la morte."
    Luis, come si concilia questo messaggio di Cristo con le seguenti parole: "Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada!" (Matteo, 10, 34)?

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    1. @ Max

      Si concilia con il fatto che sono due discorsi differenti, espressi in momenti differenti. Noi sappiamo che Gesù è l'uomo della pace per eccellenza (Ef 2, 14), che ha intimato al suo discepolo di rimettere la spada nel fodero (Mt 26, 51-52), che, appeso alla croce, ha perdonato i suoi aguzzini (Lc 23, 34), quindi è logico che il riferimento all'uso della spada in Matteo 10 ha un significato metaforico.

      Gesù, nel brano che hai riportato, sta facendo un discorso missionario, cioè sta mandando i suoi discepoli ad evangelizzare, cioè ha diffondere la Parola di Dio. Nel farlo usa la metafora della spada che divide, cioè allude al fatto che la Parola di Dio non passa inosservata, suscita sempre una presa di posizione e, fatalmente, ci saranno sempre coloro che l'accoglieranno e coloro che la rifiuteranno, cioè una spaccatura. Per cui, quando Gesù dice di non essere venuto a portare la pace, allude al fatto che la Parola smaschererà il male e il peccato, precludendo ogni ipotetica benevole loro giustificazione.

      Un saluto.

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