martedì 17 aprile 2012

Il Canone delle Scritture cristiane

       
Gran parte della più deteriore propaganda laicista anticristiana ed anticattolica, dagli pseudo storici come K. Deschner (Storia criminale del Cristianesimo) al romanziere D. Brown (Il Codice da Vinci), è assurdamente convinta che il Nuovo Testamento non sia altro che il frutto di una scelta operata a tavolino di testi funzionali ad un inganno perpetrato dalla Chiesa e di una soppressione di testi scomodi (apocrifi). Secondo questa folle teoria tale manipolazione sarebbe giunta a compimento nel Concilio di Trento del 1546 o, addirittura, opera nientemeno che dell’imperatore romano Costantino ritenuto il vero fondatore della Chiesa Cattolica.

     In realtà il Concilio di Trento, con il decreto ”De canonicis Scripturis”, non fece altro che riaffermare un elenco di libri canonici già riportata dal Concilio di Firenze del 1441. Questo decreto non fu altro che l’ufficializzazione di una scelta ormai consolidata che si formalizzò nei concili africani di Ippona (393 d.C.) e di Cartagine (397 d.C. e 419 d.C.). Il processo di formazione del Canone inizia e, sostanzialmente, si chiude molto tempo prima del Concilio di Nicea e, quindi, dell’avvento di Costantino. Nel II sec. d.C. esistevano diversi testi che riportavano i fatti della vita di Gesù e le sue parole, questi circolavano tra le nascenti comunità cristiane e venivano letti durante le celebrazioni liturgiche (Giustino Martire, Apologia - 150 d.C.). Nessuna autorità aveva ancora stabilito quale tra questi scritti poteva essere considerato degno di fede o meno. La situazione precipitò quando un certo Marcione, figlio del vescovo di Sinope, nel Ponto, nel 144 d.C., giunto a Roma, propose, per avvalorare le sue tesi, una rigida selezione degli scritti che dovevano essere reputati veritieri. Siccome rifiutava tutto l’Antico Testamento, perché espressione di un dio inferiore, accettava solo gli scritti cristiani meno influenzati dalla tradizione ebraica, quindi diverse lettere di Paolo e il solo vangelo di Luca, in quanto discepolo di Paolo. Considerato eretico e scomunicato, fonderà una chiesa che sopravvisse fino al V secolo. La sua iniziativa, però, ebbe l’effetto di suscitare la questione riguardante la selezione dei testi da ritenere sacri.
     Un documento della seconda metà del II secolo di eccezionale importanza che ci documenta la primissima scelta dei quattro vangeli canonici ed il rifiuto di tutti gli altri è il Frammento Muratoriano. Questo documento, risalente all’VIII secolo d.C., fa riferimento ad una  prima lista ufficiale scritta in latino (forse una traduzione dal greco) e approvata da Pio, vescovo di Roma, morto nel 157 d.C. In quell’epoca, si legge nel documento, vengono considerati sacri i quattro vangeli canonici, gli Atti degli Apostoli, attribuiti a Luca, e tredici lettere paoline. Inoltre vengono già rifiutati alcuni scritti, tra cui quelli gnostici, ritenuti falsi e non ispirati: “Non conviene che il fiele sia mescolato con il miele”. Interessante è notare in tale documento anche la condanna dello gnostico Valentino. Quindi già verso la metà del II secolo d.C. è unanime, da parte della Chiesa Cristiana degli inizi, l’esclusione totale degli scritti gnostici, e questo a circa 150 anni dal Concilio di Nicea.
Tutti gli scritti che oggi fanno parte del canone sono menzionati nel complesso dai Padri apostolici, cioè contemporanei o immediatamente successivi agli apostoli. Verso il 180 d.C., Ireneo, Vescovo di Lione, riconosce come “Scrittura Sacra” i quattro Vangeli del Nuovo Testamento (dice che il vangelo è unico, ma tetramorfo), le 13 lettere di Paolo, gli Atti degli Apostoli e alcune lettere cattoliche (la prima di Pietro e le prime due di Giovanni). Gli stessi vangeli sono riconosciuti “ispirati” e veritieri anche dall’apologista Tertulliano (150 – 222 d.C.) che a proposito afferma: «…costituiamo innanzitutto [il Nuovo Testamento] come strumento evangelico e apostolico…» (Adversus Marcionem, IV). Clemente (150 – 215 d.C.), vescovo di Alessandria, in Egitto, conosce questi testi e li accetta come canonici.
Un quadro preciso della situazione di quel tempo ce lo fornisce Origene, il famoso teologo-filosofo cristiano nato nel 185 d.C. ad Alessandria e morto nel 254 d.C. Per sfuggire alle varie persecuzioni (quelle di Settimio Severo del 202 d.C e di suo figlio Caracalla nel 215 d.C.) Origene è costretto a spostarsi dall’Egitto verso la Palestina e venire, così, in contatto con molte comunità cristiane. Egli divide il Canone in scritti accettati da tutti e dovunque, cioè i quattro vangeli del nuovo Testamento, le 13 lettere paoline, gli Atti degli Apostoli, la prima lettera di Pietro, la prima di Giovanni con la sua Apocalisse, e scritti discussi, cioè la seconda lettera di Pietro, la lettera di Giacomo e la seconda e terza lettera di Giovanni (In Eusebio, Historia ecclesiastica VI, 25, 3-14).
        Tenendo conto di tutte queste testimonianze dei Padri Apostolici si può affermare con certezza che verso il 200 d.C., quindi oltre un secolo prima dell’avvento di Costantino, è ormai formato il nucleo centrale del canone ed è costituito dai quattro vangeli, da 13 lettere paoline, dagli Atti degli Apostoli e dall’Apocalisse di Giovanni.
Anche Eusebio, come Origene, divide gli scritti in “accettati” (il testo greco riporta il vocabolo “homologoúmena” cioè “sui quali vi è accordo”), “discussi” (nel testo greco “antilegómena”) e, aggiunge, “apocrifi”, cioè da rigettare. I quattro vangeli, anche qui denominati “la tetrade”, sono i primi ad essere universalmente accettati assieme agli Atti ed alle lettere di Paolo. Tra gli scritti rifiutati, è interessante notare, ci sono i vangeli provenienti dagli ambienti eretici (come quelli gnostici) che, per darsi autorità, si presentano sotto il nome degli apostoli. Tra questi c’è pure il famoso vangelo gnostico detto “di Tommaso”. Gli altri testi gnostici, tanto cari a D. Brown, non sono neppure menzionati singolarmente, ma respinti in blocco come “costruzioni di eretici…del tutto assurdi ed empi” (Historia Ecclesiastica III, 25, 1-7). 
Eusebio ci spiega anche il motivo di queste scelte: sono accettati solo quelli temporalmente più vicini al tempo di Gesù, che hanno un legame diretto con la predicazione apostolica come garanzia di fedeltà ai fatti narrati e che sono unanimemente accettati dalle comunità cristiane. Non è stata, quindi, una eliminazione di testi “scomodi” non allineati con la dottrina prevalente, tanto è vero che moltissimi testi in linea con la dottrina cristiana, ma che non rispondevano pienamente ai requisiti richiesti, non sono entrati nel canone. Questo è il caso, ad esempio, dell’Apocalisse di Pietro, del Pastore di Erma o della Didachè.
Quando, nel 367, il vescovo di Alessandria Atanasio stila una lista dei testi da ritenersi canonici non fa altro che riportare 27 scritti già da tempo largamente accettati ed approvati dalle comunità cristiane. Questa medesima lista sarà sottoposta alle decisioni conciliari di Ippona (393 d.C.) e Cartagine (397 e 419 d.C.) divenendo così, assieme a secondarie aggiunte successive, il Canone delle Scritture della Chiesa Cattolica. Quindi nessuna confisca e distruzione di testi scomodi, la formazione del Canone è stato un processo lungo ed articolato che si svolse nell’arco di tre secoli e che si concluse, sostanzialmente, molto tempo prima dell’avvento di Costantino.

Il nuovo Testamento è il prodotto della Testimonianza e della Tradizione della Grande Chiesa Cattolica, quella originatasi dalla primitiva comunità dei Dodici di Gerusalemme. Alla luce di ciò appare assurda la pretesa di alcune comunità di fratelli separati, e vari “liberi battitori”, adoratori della “dea ragione” piuttosto che del Signore, di poter criticare la Chiesa Cattolica circa l’interpretazione autentica dei vangeli e le definizioni di Fede dei primi Concili Ecumenici.

Bibliografia

Falbo G. “Il primato della Chiesa di Roma alla luce dei primi quattro secoli” Coletti 1989
Mazzucco C., Nicolotti A. “La formazione del Nuovo Testamento e la questione del Canone” – www.christianismus.it
Moraldi L. “Apocrifi del Nuovo Testamento” 4° Vol, Casale Monferrato 1994
Norelli E. “Apocrifi cristiani antichi” – www.christianismus.it


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