giovedì 29 marzo 2012

Gesù e i suoi "fratelli"

Una critica molto diffusa che viene rivolta all’esegesi cattolica dei vangeli è l’indicazione che Gesù abbia avuto dei fratelli o dei fratellastri, cioè i figli di un precedente matrimonio di Giuseppe e che, quindi, il dogma della perpetua verginità di Maria non sia giustificato dalla Scrittura. Ad esempio, vero e proprio cavallo di battaglia del laicista Corrado Augias sono i suoi continui riferimenti ad alcuni passi del vangelo in cui apparirebbe chiaro che Gesù avesse avuto dei fratelli e delle sorelle (Mt 13, 55; Mc 6, 3) e che fosse definito un “primogenito” (Mt 1, 25; Lc 2, 7). 

Al contrario della ferma sicurezza di Augias, in realtà la questione è molto dibattuta, esistono diverse interpretazioni, ma alla fine possono essere tutte ricondotte a tre ipotesi. La prima, prevalente presso le Chiese cristiane orientali, considera questi “fratelli” di Gesù come dei fratellastri, cioè dei figli che Giuseppe avrebbe avuto da un precedente matrimonio. Questa convinzione deriva, molto probabilmente, da un versetto del Protovangelo di Giacomo, un testo apocrifo del II secolo d.C., dove vengono messe in bocca a Giuseppe, al momento del matrimonio con Maria, le seguenti parole: «Ho figli e sono vecchio, mentre lei è una ragazza!» (Protovangelo di Giacomo 9,2). Per le Chiese Protestanti, invece, i vangeli farebbero riferimento a figli più giovani avuti da Giuseppe e Maria. In realtà, e siamo alla terza ipotesi, quella cattolica, la lettura più attenta e studiata dei vangeli e di tutta la Scrittura ci presenta un Gesù figlio unico. Tutti e quattro i vangeli canonici, gli Atti degli apostoli e alcune lettere paoline accennano a “fratelli” e, più vagamente, a “sorelle” di Gesù. Presso le prime comunità cristiane questi riferimenti non suscitavano alcun problema, né discussione, infatti in ambiente semita i termini “fratelli” e “sorelle” possono indicare anche i parenti e, in generale, i membri di un clan. Nel 160 d.C. un autore cristiano di origine palestinese, un certo Egesippo, afferma di conoscere alcuni discendenti della famiglia di Gesù. Nelle sue Memorie racconta che alcuni “fratelli” di Gesù erano in realtà dei cugini che furono processati dai Romani sotto l’imperatore Domiziano. Questa tesi fu adottata anche dal famoso traduttore latino della Bibbia, S. Girolamo, che, in una sua opera, “De perpetua virginitate”, scritta contro un certo Elvidio, considerò i “fratelli” e le “sorelle” di Gesù come dei suoi cugini, cioè gli appartenenti al clan familiare di Maria. Anche l’esegesi storico-critica moderna ha ribadito che dietro il termine greco del Nuovo Testamento per fratello, “adelfòs”, c’è l’aramaico “aha” e l’ebraico “ah” e questi termini possono significare sia il fratello, sia il cugino, sia il nipote, sia l’alleato, ma anche il membro della stessa tribù, il discepolo, ed anche il “prossimo” in generale, sempre che appartenente alla stessa città o nazione. Nell’ebraico moderno, ancora oggi, non esiste un termine per distinguere il fratello dal cugino e quindi gli israeliani devono ricorrere ad espressioni del tipo: “figlio della stessa madre” (o dello stesso padre). Nell’Antico Testamento sono innumerevoli i casi in cui la parola fratello, in ebraico “ah”, è usata per indicare le parentele o i legami più svariati. Nella Genesi Abramo chiama il nipote Lot “fratello” (Gn 13, 8) e così anche Labano fa col nipote Giacobbe (Gn 29, 15). Anche Paolo usa spessissimo il termine “fratello” per indicare una comunanza spirituale o un legame che non è quello carnale e familiare. Il noto biblista Gianfranco Ravasi considera l’espressione “fratelli del Signore” che troviamo in Atti 1, 14, oppure in 1 Corinzi 9, 5, come la designazione di un gruppo ben definito, ossia i cristiani di origine giudaica legati al clan nazaretano di Cristo (sarebbe la setta nominata da Paolo in Atti 24, 14 e che Gesù stesso, in Gv 20, 17, avverte della sua risurrezione mandando loro Maria di Magdala). 

Altro esempio di moderna esegesi del testo neotestamentario, che può fare ulteriore chiarezza sull’uso del termine “fratello”, è quello riguardante l’analisi dell’episodio delle nozze di Cana (Gv 2, 1). All’inizio del passo non vengono citati “fratelli” di Gesù, questi, però, compaiono alla fine dell’episodio (Gv 2, 12): “Dopo questo fatto, discese a Cafàrnao insieme con sua madre, i fratelli e [in greco: kai] i suoi discepoli….”. Un noto biblista, Josè Miguel Garcia, esperto di testi in aramaico, fa notare che la particella greca “kai” traduce l’aramaico “waw” che significa, in questo caso, “cioè”, “ossia”. Infatti nei vangeli ricorre spesso il termine “kai” con tale significato. Ad esempio in Luca 22, 26 troviamo: “I sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e [kai] tutto il Sinedrio…”, se kai non traducesse la parola “cioè”, “ossia”, la frase non avrebbe senso visto che quelle tre categorie rappresentavano già “tutto il Sinedrio”. Infatti nell’originale aramaico troviamo anche qui il termine “waw” e, quindi, la frase va letta: “... cioè tutto il Sinedrio”. Si tratta di una precisazione dell’evangelista che vuole indicare anche i componenti dell’illustre consesso. Per analogia, tornando all’episodio delle nozze di Cana, se Gesù è accompagnato da sua madre e i discepoli, come mai ritorna a Cafàrnao con la madre, i fratelli e (kai) i suoi discepoli? Per congruenza narrativa tra l’inizio e la fine del racconto il testo andrebbe letto: “con sua madre e i suoi fratelli, cioè i suoi discepoli”. Se fossero stati veri fratelli di Gesù, allora sarebbe stato più logico un ritorno a Nazaret, loro città natale, invece si dirigono a Cafàrnao, il luogo scelto da Gesù per il suo operato in Galilea, quindi questi “fratelli” sono in realtà i suoi discepoli. Alla luce di tutto ciò i passi dei vangeli a cui si riferisce Augias non dimostrano che Gesù avesse dei fratelli e delle sorelle, bensì dei cugini. In Matteo 13, 55-56 i “fratelli” di Gesù, Giacomo e Giuseppe, cioè Iose, sono in realtà i figli di una Maria discepola di Gesù che ritroviamo in Matteo 27, 55-56: «C’erano anche la molte donne che stavano ad osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe e la madre dei figli di Zebedèo» e in Mc 15, 40-41: «C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, e Salome [probabilmente la madre dei figli di Zebedèo che troviamo in Matteo, n.d.r.], che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme». Questa stessa donna, poco dopo, è designata in modo significativo come “l’altra Maria” in Matteo 28,1. Per Simone e Giuda, la parentela veniva dal loro padre Cleofa, fratello di Giuseppe (come ci informa Egesippo, uno scrittore giudeo-cristiano del II secolo d.C) e come questi discendente di Davide, il nome della loro madre, invece, non è noto. L’espressione che ritroviamo in questo passo “…non è costui il figlio del falegname?” in Mc 6, 3 diviene: “…non è costui il carpentiere?”, evidentemente Marco fa più attenzione alla nascita verginale di Gesù. In realtà, nei vangeli, molto raramente Gesù è chiamato il figlio di Giuseppe, ma solo il figlio di Maria e i cosiddetti “fratelli” e “sorelle” non sono mai chiamati i figli di Maria, ma sempre e solo i “fratelli” di Gesù. In ambiente semita, ed ebraico in particolare, il figlio non è mai chiamato con il nome della madre, a meno che il padre non sia morto o che la vedova non abbia altra prole. Dunque l’appellativo “Il figlio di Maria”, sempre riservato a Gesù, indica chiaramente il suo status di figlio unico. Anche i passi di Luca 2, 7 e Matteo 1, 25, dove Gesù è detto “il primogenito di Maria” non dimostrano che Gesù avesse avuto dei fratelli. In realtà il termine “primogenito” per gli ebrei ha un valore giuridico importante in quanto designa i diritti biblici connessi alla primogenitura. Infatti nella Bibbia questo termine non indica l’origine cronologica di una nascita, ma piuttosto la preminenza, la superiorità. Ad esempio, è famoso l’episodio della Genesi in cui Esaù vende la sua “Primogenitura” a Giacobbe per un piatto di lenticchie, in Deuteronomio 7, 6-8, Israele è chiamato “figlio primogenito” da Jahvè non perché creato prima degli altri popoli, ma per la sua elezione ad essere il “popolo eletto”. Allo stesso modo Davide, benché il più piccolo tra i figli di Jesse, in 1 Sam 16, 10-13, è costituito primogenito perché il più grande tra i re della terra. Così Gesù è detto Primogenito perché superiore a tutti, Egli è: “L’Alfa e l’Omega, il Primo e L’Ultimo, il Principio e Fine” (Ap 22, 13). Anche dal punto di vista archeologico abbiamo numerose conferme sull’importanza del titolo di “Primogenito”. Sono stati ritrovati, infatti, papiri scritti in aramaico del I secolo d.C. e lapidi dove vengono ricordate le morti di madri mentre partoriva

no i loro figli “primogeniti”. Se Gesù fosse stato davvero il primo di tanti fratelli, allora gli episodi di Mc 3, 21 e Gv 7, 5, in cui Gesù viene da loro rimproverato, descrivono situazioni assolutamente improbabili. Dice infatti la Genesi: «Sii padrone dei tuoi fratelli, si inchinino davanti a te i figli tua madre», quindi questi “fratelli”, per potersi permettere di criticare Gesù, devono essere per forza più anziani di Lui e allora non possono essere figli di Maria. 

Per concludere vorrei citare un ultimo episodio dei vangeli, molto toccante, che conserva il suo senso e la sua dolcezza solo nella visione cattolica dello status anagrafico di Gesù: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e li accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19, 25-27). Se Maria avesse avuto altri figli, come è possibile che Gesù morente l’affidi ad un suo discepolo, quello che amava più di tutti, l’unico presente sotto la croce? Tutto ciò si spiega solo con il fatto che Gesù era figlio unico e quindi la stava lasciando veramente da sola.


Bibliografia

V. MESSORI – “Ipotesi su Maria”, Ares Milano 2005.
G. RAVASI - “Gesù e i suoi fratelli” da Avvenire, Agorà, 24/11/2002.
R. REGGI - “I “fratelli” di Gesù, Considerazioni filologiche, ermeneutiche, storiche, statistiche sulla verginità perpetua di Maria” (Edizioni Dehoniane 2010)
J. BLINZER: “I fratelli e le sorelle di Gesù” Ed Paideia 1974

2 commenti:

  1. l'hai scritto così bene che l'ho spedito ad una comunità che fa anche incontri di catechesi.
    spero non ti dispiaccia....
    auguri di una serena Santa Pasqua. RR

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  2. Figurati, carissima Rita, fai quello che vuoi.
    Un serena Santa Pasqua anche a te!

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